Il dolore di una madre: Khalida Jarrar
Khalida Jarrar è un’attivista per i diritti umani. Fa parte del Popular Front for the Liberation of Palestine (PFLP) e del Palestinian Legislative Council. Attualmente è imprigionata a Damon, Haifa. Ha dedicato gran parte della vita a lottare per una giustizia migliore nei confronti dei detenuti, che molto spesso vengono torturati ed umiliati, soprattutto se palestinesi. “La prigione non è solo un luogo fatto di alte mura, filo spinato e piccole celle soffocanti con pesanti porte di ferro; il carcere è fatto di storie di persone reali, sofferenze quotidiane e lotte contro le guardie carcerarie e l’amministrazione”.
Così racconta, in un suo contributo, nel libro These Chains Will Be Broken: Palestinian Stories of Struggle and Defiance in Israeli Prisons di Ramzy Baroud. Una lotta che non tramonta nelle mura delle prigioni, ma va al di là di ogni confine materiale. Pochi giorni fa, sua figlia Suha è deceduta improvvisamente per un infarto. Suha Jarrar lavorava come ricercatrice nel campo dei diritti di genere e ambientali.
Il governo sionista (anti-umano) le ha negato la possibilità di partecipare al funerale di sua figlia; non solo, le hanno anche impedito di mettersi in contatto con i suoi familiari. Khalida, spirito che non si arrende, ha scritto una lettera per il funerale della figlia e le sue parole provocano dei vuoti in chi la legge. “Il mio cuore ha raggiunto l’altezza del cielo desiderando di vederti…” Sono parole, sentimenti che oltrepassano le mura della schiavitù e che non si fermano di fronte ai limiti imposti dall’uomo. Queste parole sono il segno di una vita che resiste e che trasmettono a chi sta fuori lo spirito per una giusta lotta contro il male!
Il dolore di Khalida è il sintomo di un’umanità cieca, che non si ferma di fronte alle lacrime dell’altro e che pur restando sul trono del potere, preferisce non soccorrere l’indifeso. Con quale cuore si può negare a una madre l’ultimo saluto, l’ultimo bacio al/alla proprio/a figlio/a? L’umanità ha perso sé stessa, ha perso ciò che la rendeva umana per far spazio a una civiltà aliena senza sentimenti! Oggi bisogna ripartire rieducando all’amore, quell’ingrediente che salva ogni vita e senza il quale ogni uomo non avrebbe sapore.
INCARCERATA MA LIBERA
Provo molto dolore, figlia mia, solo perché mi manchi.
Provo molto dolore, figlia mia, solo perché mi manchi.
Dal profondo del mio dolore, ho raggiunto e abbracciato il cielo della nostra
patria attraverso le finestre della mia cella nella prigione di Damon, a Haifa.
Non ti preoccupare, figlia mia. Rimarrò a testa alta, e fedele, nonostante
le catene del mio carceriere. Sono una madre addolorata che desiderava
vederti un’ultima volta.
Questo non accade da nessuna parte nel mondo, se non in Palestina.
Ciò che desideravo era concedere a mia figlia un ultimo saluto, dandole un bacio
sulla fronte, e dirle che la amo quanto amo la Palestina.
Figlia mia, perdonami per non essere stata presente durante la
celebrazione della tua vita, per non esserti stata accanto durante
i tuoi ultimi dolorosi momenti.
Il mio cuore ha raggiunto l’altezza del cielo desiderando vederti,
accarezzarti e baciarti sulla fronte, attraverso la piccola finestra
della mia cella di prigione.
Suha, mio tesoro. Mi hanno negato la possibilità di darti un ultimo
bacio di addio. Ti porgo un addio con un fiore.
La tua assenza è a dir poco dolorosa, un dolore atroce, ma rimango a
testa alta e forte, come le montagne della nostra amata Palestina.