La polizia penitenziaria ai familiari dei detenuti: “ritirate le denunce”

Lo striscione attaccato a Pozzuoli
“Gli agenti dopo 15, 20 giorni volevano far ritirare le denunce, io non l’ho mai fatto. Lo chiedevano ai detenuti, di tornare in una situazione di pace tra di loro e ritirare le denunce.
Quel video mi ha turbato, perché ho riconosciuto mio marito.”
Il racconto di Flavia, moglie di uno dei detenuti picchiati nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.

“Pestaggi anche in altre carceri”

Quanto accaduto a Santa Maria Capua Vetere è stato una cosa eclatante, ma non è accaduto solo lì“. Così il garante dei detenuti di Napoli, Pietro Ioia, nella conferenza stampa dopo i fatti avvenuti nel carcere casertano, con 52 misure cautelari ai danni di esponenti della polizia penitenziaria per pestaggi ai detenuti.

Ioia ha lanciato un appello “agli altri colleghi garanti dei detenuti di altre città. Queste cose succedono anche in altre carceri del Sud, del Centro e del Nord“. Ioia, ex detenuto che ha trascorso alcuni anni nel carcere napoletano di Poggioreale, ha spiegato che “il sistema Poggioreale”, al quale alcuni agenti della penitenziaria fanno riferimento nelle chat finite nell’ordinanza del gip, “non esiste più. Era il sistema per cui i poliziotti in branco assalivano i detenuti, successe anche a me tanti anni fa. Oggi non esiste più“.

Presenti alla conferenza stampa anche gli altri 4 garanti provinciali campani e il garante regionale Samuele Ciambriello.

Scriveremo una lettera – ha detto Ciambriello – perché noi garanti vogliamo essere ascoltati dal capo del Dap, Bernardo Petralia, dal vice Roberto Tartaglia, e anche da Gianfranco De Gesu, direttore nazionale dei detenuti e trattamento, dirigente designato in questi giorni a intervenire a livello di coordinatore commissione interna indetta dal ministero“. “Vogliamo anche essere ricevuti dal nuovo provveditore campano pro tempore, Carmelo Cantone“, ha continuato Ciambriello, il quale ha chiesto infine il completamento campagna vaccinale nelle carceri.

Non solo pestaggi ma stupri. Non c’è fine allo schifo di questi fascisti in divisa

Nel carcere di Santa Maria Capua Vetere c’è una stanza per le punizioni e ci sono video peggiori di quello pubblicato sinora dai media. Le testimonianze dei detenuti davanti al pm e i colloqui con lo psichiatra svelano altre violenze.

Ispezioni intime, obbligo di spogliarsi nudi e flessioni, sputi in faccia e in bocca. E abusi anche peggiori. Le testimonianze dei detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere davanti ai pubblici ministeri e le confessioni allo psichiatra disegnano una serie di episodi che non sono emersi nei video divulgati nell’inchiesta della Procura di Caserta.

Secondo il garante campano delle persone private della libertà, Samuele Ciambirello, nelle mani degli inquirenti che indagano sui pestaggi dei detenuti avvenuti il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, ci sarebbero video «ancora più raccapriccianti» di quelli già pubblicati in Rete. Una convinzione che non nasce dalla conoscenza di atti riservati, ma da quanto Ciambirello ha appreso dai detenuti incontrati in carcere, da quei racconti che lo spinsero poi a presentare l’esposto dal quale è nata l’inchiesta della Procura che ha portato all’arresto di ventisei tra funzionari e agenti di polizia penitenziaria e ad altrettante interdizioni, compresa quella del provveditore regionale del Dap Antonio Fullone, che proprio ieri nell’interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Nelle testimonianze dei detenuti che hanno subito i pestaggi, in effetti, non si parla soltanto delle botte prese nei corridoi del reparto Nilo, lungo le scale e nella sala dedicata alla socialità. Si riferisce anche di atti degradanti come ispezioni intime, obbligo di spogliarsi nudi e fare flessioni e sputi sulla faccia e in qualche circostanza anche in bocca. E sarebbe avvenuto di peggio. Abusi di cui le vittime non sono riuscite a parlare con le due pm che conducono l’inchiesta e che hanno trovato il coraggio di riferire soltanto allo psichiatra. «Sono stato urinato addosso dalle guardie, ero in una pozza di sangue e mi hanno urinato addosso, sono stato sputato in bocca e in faccia più volte», racconta un detenuto. E aggiunge: «Davanti ai miei occhi hanno preso un ragazzo e lo hanno violentato. Un altro ragazzo stava molto male, volevo farlo bere, le guardie mi diedero una bottiglietta d’acqua ma era vuota e, quando lo feci presente, loro deridendomi mi portarono in bagno e, tirato lo sciacquone del water, mi dissero di riempirla lì». E ancora: «Ho visto violentare un ragazzo. E a me hanno sputato in bocca»

Queste scene, che sarebbero avvenute per lo più nell’ufficio matricola, nei video circolati finora non ci sono. Ma agli atti dell’inchiesta ci sono quasi venti ore di registrazioni, e che ci siano o meno le immagini relative a questi episodi, Procura e gip ritengono le testimonianze attendibili, anche sulla base degli accertamenti psicodiagnostici ai quali sono stati sottoposti i detenuti vittime dei soprusi. Anzi, da tutto quello che i detenuti hanno messo a verbale, sembrerebbe che non si possa circoscrivere la violenza di alcuni agenti penitenziari soltanto a ciò che accadde il 6 aprile dell’anno scorso. Un recluso riferisce un episodio del passato, avvenuto in occasione di una lite tra un italiano e uno straniero: «Sono intervenuti circa 50 agenti, che hanno soppresso la lite, picchiando i partecipanti e sputandogli addosso». Al reparto Nilo «vi è una squadretta di cui fanno parte tale “il marcianisano”, “il palestrato” e “Pasquale il drogato”, che a mio avviso sono quelli esaltati». Un altro recluso parla della «squadretta», ma non fa nomi, e della «stanza zero»: «La squadretta è composta sempre dalle stesse persone e la stanza zero è una cella al piano terra del reparto Nilo usata dalla squadretta per punire i detenuti».

E alla luce di tutto questo il carcere di Santa Maria, dove solo nel 2020 ci sono stati due suicidi, trenta tentativi di suicidio e 196 atti di autolesionismo, diventa un caso anche in Europa, con il portavoce dell’esecutivo comunitario per la Giustizia, Christian Wiegand, che dice: «È dovere delle autorità nazionali proteggere tutti i cittadini dalla violenza e tenerli al sicuro in ogni circostanza». E fa sapere che la Commissione non commenta l’inchiesta giudiziaria ma «si aspetta un’indagine indipendente e approfondita da parte delle autorità italiane competenti».

Ieri intanto Repubblica ha pubblicato nuovi video con immagini ancora più raccapriccianti, che immortalano il pomeriggio di torture e maltrattamenti nel Reparto Nilo della Casa Circondariale “Francesco Uccella”. Quattro ore di “ignobile mattanza”, come l’ha definita il giudice per le indagini preliminari:

https://video.repubblica.it/edizione/napoli/pestaggi-in-carcere-nuovi-video-da-santa-maria-capua-vetere/391037/391751?video

Nei video decine di operatori della Penitenziaria accerchiano uno o due detenuti per volta: chi assesta un colpo alla testa, chi li prende a calci, chi li picchia sulla schiena o sulla nuca. In alcune circostanze, più agenti si concentrano contemporaneamente su un’unica vittima. I reclusi si muovono a passi lenti, piegati dalla paura, le mani in testa nel tentativo di parare i colpi.

A partecipare alla spedizione punitiva, secondo l’accusa, il personale della penitenziaria di quel carcere insieme al Gruppo speciale di Supporto, creato dal provveditore Fullone per arginare la crisi scoppiata nei giorni del lockdown anche nei penitenziari della Campania: 283 operatori in tutto. “Operazione pulizia, non si è salvato nessuno”, scrivevano nelle chat, poco dopo, mentre i detenuti erano abbandonati sotto il peso di ecchimosi, lividi e fratture.