Giustizia climatica: fin quando se ne parla va bene, ma quando si lotta son mazzate e arresti. Da Londra a Milano, la repressione dei movimenti ambientalisti

Gb: ambientalisti bloccano ancora autostrada M25, 11 arresti

Nonostante il divieto tassativo di manifestare arrivato dalla polizia di Londra, gli attivisti di Extinction Rebellion – il movimento ecologista nato nel Regno Unito circa un anno fa per fare pressione sui governi affinché mettano in atto politiche per fermare il cambiamento climatico – hanno continuato a scendere in piazza e ieri sono stati compiuti altri 11 arresti fra gli attivisti di Insulate Britain, un gruppo che fa parte del più vasto movimento Extinction Rebellion, per blocco dell’autostrada M25.

Nei giorni scorsi il ministero dell’Interno aveva ottenuto dall’Alta corte di Londra una ingiunzione allo sgombero contro gli ambientalisti che bloccano le autostrade. Sono migliaia gli attivisti ambientalisti arrestati nei giorni scorsi in GB

Blocchi stradali a Milano per la giustizia climatica, la polizia carica violentemente i giovani attivisti

Blocchi stradali nelle prime ore del mattino, a Milano, sui viali che portano a MiCo, dove in questi giorni si incontrano i governi di 40 paesi del mondo per la Pre-Cop26, che dovrebbe gettare le basi per la Cop26 (la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) prevista per novembre a Glasgow. Le attiviste e gli attivisti della Climate Justice Platform – che oggi pomeriggio inaugura il Milano Climate Camp (da oggi, 30 settembre, fino al 3 ottobre) – hanno formato tre blocchi, fermando il traffico su tre vie di accesso al centro congressi e rallentando l’arrivo delle delegazioni (compresa l’auto del ministro della Transizione ecologica italiano Cingolani).

Intorno alle 8:00, tra via Eginardo e via Gioia, uomini della polizia e della guardia di finanza hanno caricato i manifestanti di Rise Up 4 Climate Justice che bloccavano la strada con lo striscione “Block greenwashing, one solution revolution!”. Gli attivisti sono stati isolati nel tentativo di impedirne l’accesso al centro congressi.

Mimmo Lucano condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere, un bel servizio alla mafia, ai Salvini, a chi finanzia e promuove torture e assassinii. Massima solidarietà dal SRP

Infame sentenza nei confronti di Mimmo Lucano, condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere da una giustizia borghese al servizio di torturatori e assassini!
Il tribunale di Locri ha condannato Mimmo Lucano – l’ex sindaco di Riace – a 13 anni e 2 mesi di reclusione (Il pm e il procuratore capo avevano chiesto 7 anni e 11 mesi di pena) e la sua compagna, Lemlem Tesfahun,  a 4 anni e 10 mesi (per lei il pm aveva chiesto 4 anni e 4 mesi). L’accusa è associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa, peculato e abuso d’ufficio, ma sotto accusa in realtà e il modello “Riace”, quel modello concreto di accoglienza dei migranti che dal suo primo arresto è stato completamente distrutto. “Non ho parole, non me l’aspettavo” è la prima reazione di Mimmo Lucano. Poi lo sfogo: “Io non voglio disturbare più nessuno, mi ritiro da tutto, non mi importa più, voglio solo evitare dispiaceri ai miei familiari e ai miei amici, se devo morire, non c’è problema. Io sono morto dentro oggi. Non c’è pietà, non c’è giustizia”. Poi aggiunge: “Ribaltano completamente la realtà, la distruggono. Quando sono tornato dalle misure cautelari, perché mi avevano sospeso da sindaco e cacciato da Riace, i rifugiati mi aspettavano. Adesso Riace è finita”.
Di seguito il comunicato di Mediterranea Saving Humans.
Il tribunale di Locri ha condannato #MimmoLucano a 13 anni di galera.
Tutti sanno che questo era ed è un processo politico. E che Mimmo è un ostaggio politico nelle mani di una cricca composta da un pugno di magistrati, giornalisti, carabinieri e agenti dei servizi. Ma loro sono gli esecutori di questo che si configura come il più grave attacco repressivo nei confronti della cultura e della pratica della solidarietà nel nostro paese. I mandanti siedono in parlamento. Sono coloro che hanno ideato il “sistema Libia”, che ha al suo attivo migliaia di vittime innocenti in mare e in terra. Costoro si dicono “democratici”.
Hanno dato il via a questo delirio aberrante sul piano giuridico e sociale per distruggere una delle poche esperienze concrete di municipalismo solidale, che dimostrava con i fatti che accogliere, convivere, crescere insieme è non solo possibile in questo mondo dell’esclusione e dell’indifferenza, ma anche assolutamente doveroso se non vogliamo ritrovarci nel disastro tutti quanti.
Mimmo Lucano ha fatto il sindaco delle persone, non degli apparati. Ha avuto il coraggio di mettere al centro la dignità umana e non gli interessi. L’hanno coperto di menzogne, incarcerato, e ora lo vogliono in galera per questo. Si dice che la legge è uguale per tutti, ma non è vero. Chi è povero o migrante deve subire ogni violenza, e chi lo aiuta è considerato un criminale. Quale sarebbe la legittimità di questo tribunale? Quella che deriva dall’essere al servizio di un sistema che finanzia torturatori e assassini?
A volte nel corso della Storia, bisogna riconoscere come non sia più possibile accettare ed obbedire. A volte bisogna rispondere alle ingiustizie organizzando e difendendo con ogni mezzo necessario il mondo diverso che in tanti sogniamo e di cui tutti avrebbero bisogno.
Siamo al fianco di Mimmo Lucano, ci stringiamo a lui, e a tutti e tutte coloro che pagano caro per aver scelto di stare dalla parte degli ultimi. Ma non basta. Siamo a disposizione, ognuno di noi in carne e ossa e noi collettivamente come Mediterranea, per proteggere un fratello sotto attacco e ciò che rappresenta.
Non accettiamo e non obbediremo.

Rivolta al Don Bosco: «La rivolta in carcere fu una protesta a tutela dei diritti dei detenuti»

Ecco le motivazioni del giudice sull’archiviazione dei reati per tredici reclusi. I tafferugli dopo il suicidio di un carcerato. Agenti offesi, ma serviva la querela

PISA.Fu una protesta spontanea, nessuna aggressione, né resistenza a pubblico ufficiale. E anche se gli agenti della penitenziaria vennero insultati e offesi dai detenuti infuriati per il suicidio di un recluso, il reato aggravato di ingiuria o minaccia procedibile a querela di parte. Che nessuno aveva presentato.

È la motivazione con cui il gip Nunzia Castellano ha accolto la richiesta di archiviazione formulata dal pm Fabio Pelosi disponendo l’archiviazione per tredici detenuti (tra i difensori Tommaso Azzaro Roberto Nocent, che nell’agosto 2017 provocarono tafferugli al Don Bosco, al punto da far intervenire nel ruolo di pacificatore a Pisa Santi Consolo, l’allora direttore del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria a Firenze per un convegno. Pacifico che i carcerati nel momento di massima tensione scagliarono pietre contro le postazioni degli agenti. Così come altrettanto acquisito che i vetri vennero sfondati anche con il lancio di un tombino. Urla, offesa, spintoni ai poliziotti della penitenziaria. Una gazzarra repressa a fatica accompagnata anche da una sassaiola. «Analizzando i fatti attraverso la ricostruzione degli agenti si evince che gli spintonamenti erano volti ad entrare nel blindo e anche durante la sassaiola gli agenti non tenevano alcun comportamento che si potesse identificare come atto d’ufficio che l’azione dei detenuti nasceva in maniera del tutto estemporanea come forma di protesta e non di opposizione violenta o minacciosa ad atti di ufficio – si legge nel decreto di archiviazione –. La manifestazione dei detenuti si pone come l’unica modalità espressiva ritenuta idonea dai soggetti per far sentire la loro voce a tutela dei loro diritti, senza mai porre in pericolo l’integrità fisica degli agenti e dunque senza mai porre in essere condotte intese quali resistenze ad atti dei pubblici ufficiali. Quando il comportamento aggressivo nei confronti del pubblico ufficiale non sia diretto a costringere il soggetto fare un atto contrario ai propri doveri o a omettere un atto dell’ufficio, ma sia solo espressione di volgarità ingiuriosa e di atteggiamento genericamente minaccioso, senza alcuna finalizzazione ad incidere sull’attività dell’ufficio del servizio, la condotta non Integra il delitto nel delitto di cui l’articolo 337. Ma i reati di ingiuria o minaccia, aggravati dalla qualità delle persone offese per cui la procedibilità è necessaria la querela». Sui danni in carcere il gip afferma che «manca la prova di una volontà finalisticamente orientata a distruggere gli arredi della casa circondariale in assenza peraltro di una precisa indicazione dei beni asseritamente danneggiati».

Massacro in un carcere dell’Ecuador, detenuti decapitati e dati alle fiamme

116 morti e almeno 80 feriti è il bilancio della rivolta scoppiata nel Penitenziario Litoral di Guayaquil in Ecuador. Il numero è stato confermato in una conferenza stampa dal presidente del paese Sudamericano, Guillermo Lasso, che ha sottolineato che nessuna delle vittime appartiene alle forze dell’ordine e ha dichiarato lo “stato di eccezione” in tutto il sistema carcerario del Paese

Da tempo in Ecuador la situazione delle carceri è esplosiva, e questo ultimo massacro è il secondo con il maggior numero di vittime registrato quest’anno in una prigione del Paese. Il più violento si è verificato il 23 febbraio scorso nelle carceri di Guayaquil, Cuenca e Latacunga. In quell’occasione ci furono 79 morti.

Secondo i media locali, anche questa volta la rivolta sarebbe stata innescata dagli scontri tra bande, che dal carcere gestiscono attività e traffici di droga anche grazie alla rete di complicità di funzionari corrotti.

Ma la violenza nelle prigioni del Sudamerica si ripropone costantemente, essa riflette la barbarie di un sistema sociale che si regge sulla violenza, la corruzione, il razzismo e la discriminazione sociale. Nello stato ecuadoriano, alle prese con una crisi economica terribile aggravata dalla pandemia, metà della popolazione vive in povertà e le uniche possibilità di sopravvivenza sono quelle legate ad attività illegali e al narcotraffico. A popolare le già sovraffollate carceri dell’Ecuador si aggiunge anche la repressione e la violenza istituzionale contro le sollevazioni indigene e le proteste popolari.

Nonostante i vari stati di eccezione, proclamati anche dal precedente governo, la crisi carceraria non è mai stata risolta,  e le rivolte sanguinose sono una costante dei penitenziari ecuadoriani, dove circa 40mila detenuti vivono stipati come bestie in carceri che hanno una capienza di appena 28mila unità. Alla promiscuità dei detenuti, costretti a vivere ammassati anche con quelli di gang rivali, senza vestiti, senza spazi dove consumare il cibo, senza acqua, in condizioni igienico sanitarie rese ancor più drammatiche dalla pessima gestione della pandemia, la risposta presidenziale è sempre stata la stessa: lo stato di emergenza ed ulteriore violenza, anche in termini di apparato repressivo.

APPEL AU MOIS INTERNATIONAL D’ACTIONS POUR LA LIBERATION DE GEORGES ABDALLAH

du 24 septembre au 23 octobre 2021

Premiers signataires : Campagne unitaire pour la libération de Georges Abdallah – Collectif pour la libération de Georges Ibrahim Abdallah (CLGIA) – ANC (Association Nationale des Communistes) – Le Parti des travailleurs de Turquie (DIP) – Le Collectif Rouge Internationaliste pour la défense des prisonniers révolutionnaires (Le CRI Rouge) – Les Amis de la Palestine contre l’impérialisme et le sionisme (Turquie) – Comité d’actions et de soutien aux luttes du peuple marocain – Comité de défense populaire de Tunisie – Comité pour le Respect des Libertés et des Droits de l’Homme en Tunisie – Secours Rouge International – Secours Rouge de Belgique – Secours Rouge arabe – L’Appel belge pour la libération de Georges Ibrahim Abdallah – Union syndicale solidaire – Collectif 65 pour la libération de Georges Abdallah – Réseau de solidarité des prisonniers palestiniens (Samidoun) – UL CGT Paris 18e – Collectif Palestine vaincra – L’Association Couserans-Palestine – Dimitri Konstantakopoulos, journaliste et écrivain, ancien membre du Secrétariat du Comité Central de SYRIZA (Grèce) – Comité international de soutien à la guerre populaire en Inde (Italie)Proletari comunisti (Italie) – Soccorso rosso proletario (Italie) – Aline Pailler – L’AFPS 63 – Solidaire 31 – Ligue de la Jeunesse Révolutionnaire – A2C (Autonomie de classe) –

Le 19 septembre 2020 dernier, la Campagne Unitaire pour la Libération de Georges Abdallah appelait à un mois international d’actions pour la libération de notre camarade. Guidés par la ferme conviction que ce combat devait se mener sur le terrain politique puisque le refus par l’Etat français de libérer Georges Abdallah relève bien d’une décision politique, nombreux avaient été alors les organisations et collectifs à soutenir cet appel et à s’engager concrètement sur le terrain des luttes, partout en France et à l’international, afin d’amplifier la mobilisation et contribuer à faire connaître la situation et le combat de Georges Abdallah.

Cet appel reposait sur une ligne politique et une ligne de défense de notre camarade claires : l’identité politique que Georges Abdallah énonce lui-même dans ses déclarations. Une ligne rappelant que :

1. Georges Abdallah est un résistant arabe, communiste libanais, symbole aujourd’hui du combat contre l’impérialisme, le sionisme, le capitalisme et les Etats réactionnaires arabes.

2. Georges Abdallah est un combattant de la cause palestinienne qui s’est battu contre la guerre d’invasion du Liban par les sionistes et continue à se battre pour la libération de toute la Palestine.

3. Georges Abdallah est un prisonnier politique de l’Etat français depuis désormais plus de 37 ans et ce sous les applaudissements des Etats-Unis et de l’entité sioniste.

4. Nous nous reconnaissons pleinement dans le combat de Georges Abdallah. Nous nous reconnaissons dans son engagement révolutionnaire internationaliste sans faille durant ses trois décennies d’incarcération pour la fin du colonialisme à travers le monde, sous toutes ses formes, pour la fin du capitalisme et de l’exploitation et en soutien à la lutte des peuples contre toutes les oppressions.

5. Nous nous reconnaissons dans sa farouche détermination et sa conscience indéfectible à mener le combat pour sa libération non sur le terrain des « arguties judiciaires » d’une justice de classe mais bien au niveau des instances politiques – lieu véritable où l’on décide de la place et du poids du rituel judiciaire du moment où il est question des prisonniers politiques.

6. Nous partageons sa ligne de conduite quant au soutien à lui apporter pour sa libération : « C’est sur le terrain de la lutte que l’on peut et que l’on doit apporter le soutien le plus significatif à nos camarades embastillés ». Et en l’occurrence dans son cas, comme il le dit lui-même très clairement, « il ne suffit pas que l’État du Liban “exige” ou plutôt “demande” ma libération, il faut encore que le rapport de force réellement existant puisse faire comprendre aux représentants de l’impérialisme français que mon incarcération commence à peser plus lourd que les possibles menaces inhérentes à ma libération. C’est seulement dans ce cas que l’ordre de mon expulsion vers le Liban ne trouvera plus alors d’opposition. C’est pourquoi, cher·e·s Ami·e·s et Camarades, la solidarité la plus appropriée que l’on peut apporter à tout protagoniste révolutionnaire incarcéré, est celle que l’on développe toujours plus sur le terrain de la lutte contre le système d’exploitation et de domination ». (Lannemezan, le 19 octobre 2019).

Cette ligne de défense de notre camarade, sur cette base politique qui est la sienne, était la nôtre les années passées et le demeure toujours aujourd’hui.

Elle est plus que jamais d’actualité à l’heure où l’Etat français continue à maintenir Georges Abdallah en prison sans que soit signé par le Ministre de l’Intérieur l’avis d’extradition conditionnant sa libération. Elle est aussi plus que jamais d’actualité à l’heure où Georges Abdallah continue à faire face à ses geôliers, à ne rien céder, à résister et où la mobilisation pour sa libération se renforce toujours plus, jour après jour : partout en France, les initiatives pour exiger sa libération sont menées auprès des élus, au cœur des villes et devant les instances de l’Etat lors de campagnes d’affichage, de rassemblements et de tables tenues, lors de meetings, de repas et fêtes solidaires, par des appels à signatures et des courriers envoyés au plus haut représentant de l’Etat, lors des fêtes de partis politiques, et naturellement au sein des cortèges de toutes les luttes sociales et politiques. Georges Abdallah, au quotidien, est de nos luttes et pas un acte militant n’est mené sans que nous réaffirmions que nous sommes de son combat. Cet engagement en région et sur le plan national est désormais aussi large sur le plan international où Georges Abdallah compte des soutiens sur presque tous les continents (en Amérique latine – au Brésil, au Mexique, en Argentine, au Chili, aux Etats-Unis, au Maghreb et en Orient arabes – en particulier en Palestine et au Liban, en Inde, en Europe).

Temps est venu désormais de faire en sorte que Georges Abdallah ne soit pas seulement, comme le disait Leïla Khaled « un symbole pour les révolutionnaires à travers le monde » mais bien un symbole de la résistance unanimement reconnu dont tout un chacun exige la libération au nom du droit juste et légitime à se révolter et à résister. Temps est venu de faire reconnaître Georges Abdallah comme symbole unanimement reconnu de la résistance à l’heure où partout dans le monde, les contradictions certes s’aiguisent mais aussi les résistances des peuples, qui entrent désormais en confrontation directe avec le pouvoir et revendiquent par la révolte ce qui leur est dû ; à l’heure où la résistance du peuple palestinien, dans sa lutte de libération nationale, mène assaut sur assaut contre l’occupant sioniste portant ses coups jusqu’au cœur même des colonies les plus sécurisées ou de ses prisons de haute sécurité ; à l’heure où il est grand temps de réclamer des comptes et de faire en sorte que la peur change de camp !

Alors qu’au Liban vient de se constituer un nouveau gouvernement avec à sa tête comme Premier ministre M. Najib Mikati qui, en son temps, en 2012, avait revendiqué la libération de Georges Abdallah et réclamé son retour au pays en tant que citoyen libanais, temps est donc venu de durcir le rapport de force en amplifiant toujours plus la mobilisation pour la libération de notre camarade.

C’est en ce sens et pour toutes ces raisons – en restant fidèles aux principes d’action et à la ligne politique rappelés ici – que nous appelons aujourd’hui à un nouveau mois d’actions, du 24 septembre au 23 octobre 2021, pour que nous tous, les soutiens à notre camarade, nous ne laissions pas un espace politique libre sur le plan local, régional, national et international sans que soit mise à l’ordre du jour l’exigence de sa libération.

A Albertville, Amiens, Annecy, Aubagne, Aubervilliers, Besançon, Bordeaux, Clermont-Ferrand, Gennevilliers, Grenay, Grenoble, Lannemezan, Lille, Lyon, Marseille, Montauban, Montpellier, Morlaix, Nanterre, Nîmes, Paris, Pau, Saint-Denis, Saint-Etienne, Tarbes, Thionville, Toulouse, Troyes ; dans les Alpes-Maritimes, en Corse, dans le Finistère, le Gers, en Gironde, en Haute-Marne, dans les Hautes-Pyrénées, l’Hérault, l’Ile de France, le Lot-et-Garonne, dans le Nord et le Pas-de-Calais, au Pays de Cornouailles, en Poitou-Charentes, au Puy-de-Dôme, en région Rhône-Alpes, en Seine-Maritime et dans le Tarn-et-Garonne. ; en Algérie, en Allemagne, en Angleterre, en Argentine, en Belgique, au Brésil, au Canada, en Espagne, en Grèce, en Inde, en Italie, au Kurdistan, au Liban, au Luxembourg, au Maroc, en Palestine occupée, au Pérou, en Pologne, en Roumanie, en Tunisie, en Turquie – partout en France et dans le monde où le combat de Georges Abdallah est relayé et l’exigence de sa libération portée, partout où nous sommes tous – soutiens solidaires actifs à notre camarade – , multiplions les actions de mobilisation et intensifions la pression sur les représentants et les lieux du pouvoir de l’Etat français pour qu’enfin soit signé par le ministre de l’Intérieur actuel l’avis d’expulsion conditionnant la libération de notre camarade et que soit gagné ce combat de mise à mort de cette perpétuité réelle inique.

Nous tous, – anarchistes, autonomes, antifascistes, anti-impérialistes, antisionistes, communistes, démocrates, écologistes, internationalistes, libertaires, marxistes-léninistes, marxistes-léninistes-maoïstes, républicains insoumis, révolutionnaires, trotskystes ; engagés dans des partis, syndicats, fronts, campagnes, associations, collectifs, comités, mouvements et réseaux multiples ; engagés aux côtés de notre camarade dans les luttes politiques pour la Palestine, en soutien à l’Intifada et contre la Normalisation ; pour la défense des luttes des peuples et de leurs résistances ; pour la défense des prisonniers politiques et des prisonniers révolutionnaires ; contre l’enfermement carcéral ; contre les violences policières ; pour la défense des immigrations et des quartiers populaires ; contre le racisme ; pour la défense des travailleurs, de leurs acquis et de leurs droits ; pour celle des gilets jaunes ; pour le combat de l’émancipation des femmes ; contre la torture et la peine de mort – mobilisons-nous une fois de plus, tous ensemble là où nous sommes, dans cette diversité qui est la nôtre, du 24 septembre 2021 au 23 octobre 2021 pour qu’à cette date, la onzième manifestation à Lannemezan soit la dernière et que nous puissions enfin être à ses côtés pour continuer la lutte.

Une, deux, trois, mille initiatives pour la libération de Georges Abdallah !

Il est de nos luttes, nous sommes de son combat !

Palestine vivra, Palestine vaincra !

La victoire ou la victoire !

Paris, le 19 septembre 2021

campagne.unitaire.gabdallah@gmail.com

 

Premiers signataires : Campagne unitaire pour la libération de Georges Abdallah – Collectif pour la libération de Georges Ibrahim Abdallah (CLGIA) – ANC (Association Nationale des Communistes) – Le Parti des travailleurs de Turquie (DIP) – Le Collectif Rouge Internationaliste pour la défense des prisonniers révolutionnaires (Le CRI Rouge) – Les Amis de la Palestine contre l’impérialisme et le sionisme (Turquie) – Comité d’actions et de soutien aux luttes du peuple marocain – Comité de défense populaire de Tunisie – Comité pour le Respect des Libertés et des Droits de l’Homme en Tunisie – Secours Rouge International – Secours Rouge de Belgique – Secours Rouge arabe – L’Appel belge pour la libération de Georges Ibrahim Abdallah – Union syndicale solidaire – Collectif 65 pour la libération de Georges Abdallah – Réseau de solidarité des prisonniers palestiniens (Samidoun) – UL CGT Paris 18e – Collectif Palestine vaincra – L’Association Couserans-Palestine – Dimitri Konstantakopoulos, journaliste et écrivain, ancien membre du Secrétariat du Comité Central de SYRIZA (Grèce) – Comité international de soutien à la guerre populaire en Inde (Italie) – Proletari comunisti (Italie) – Soccorso rosso proletario (Italie) – Aline Pailler – L’AFPS 63 – Solidaire 31 – Ligue de la Jeunesse Révolutionnaire – A2C (Autonomie de classe) –

 

Mirko, detenuto di 27 anni, con problemi psichici, suicidato dallo stato nel carcere di Benevento

Mirko si è impiccato all’interno del carcere di Benevento, dopodiché, la magistratura ha aperto un’inchiesta. Sabato scorso il 27enne napoletano era arrivato da Palermo dopo aver girato vari istituti penitenziari. Sarà il magistrato Federica Colucci che si occuperà del caso caso: si tratta del secondo suicidio dell’anno avvenuto nel carcere di Benevento. La salma di Mirko sarà sottoposta ad autopsia.

Il Garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello afferma: “Contrariamente alle altre volte, non intendo interrogarmi sulle cause che hanno indotto il giovane detenuto, con problemi psichici, a compiere il gesto estremo, Non intendo farlo né per sfuggire alla disamina attenta ed approfondita del dato né per trattare la triste notizia con superficialità ma semplicemente perché la risposta, è ben nota a tutti coloro che sono responsabili di questo ulteriore tragico evento. Solo ed esclusivamente le Istituzioni che ai vari livelli: sanitario, dell’amministrazione penitenziaria, della magistratura, Dipartimenti di salute mentale e in primis la politica finta e pavida. Che la retorica lasci spazio ai facta concludentia!! In presenza di soggetti affetti da problemi psichici per una cura dei medesimi presso strutture alternative laddove possibile, diversamente, se obbligati a rimanere in carcere , che vengano seguiti e monitorati da figure professionali ad hoc e a tempo pieno: in primis Psichiatri, tecnici della riabilitazione, psicologi, assistenti sociali. A Benevento, e in tantissimi Istituti penitenziari della Campania non è così”.

SETTIMO SUICIDIO NEL CARCERE, I CASI DENUNCIATI

Mirko è il settimo detenuto che si è tolto la vita nelle carcere della Campania, il secondo si verificò a Benevento a seguire ci furono eventi drammatici a Avellino, Poggioreale, Avellino. Inoltre si tolse la vita giovane anche in una Casa Alloggio di Caserta, precisamente a Santa Maria Capua Vetere. Complessivamente in Italia dall’inizio dell’anno si sono verificati 32 suicidi.

Ciambriello denuncia le annose carenze nelle carceri campane di figure professionali. Pur essendoci tanti detenuti che entrano con problemi psichici, in tantissime carceri manca il reparto di articolazione psichiatrica o anche dove c’è come a Benevento non c’è lo psichiatra a tempo pieno.

Infine il Garante dei Detenuti conclude: “Per fronteggiare gli innumerevoli casi critici come quello di Mirko, una vita difficile e travagliata, ho chiesto al Provveditore campano dell’Amministrazione penitenziaria di convocare subito un incontro con i responsabili regionali e provinciali della sanità penitenziaria, i garanti territoriali, i presidenti della magistratura di sorveglianza. Quattro detenuti su dieci in Campania hanno problematiche psichiatriche, mentre il 65% convive con un disturbo della personalità e nel 2020 la percentuale degli psicofarmaci somministrati ai detenuti rappresenta il 43% dell’utilizzo complessivo di farmaci.

Domenica 26 settembre, infine la festa per Paola. Combattente comunista rivoluzionaria, ha conosciuto il carcere anche direttamente, sempre al fianco dei prigionieri politici

Da Fondazione La Rossa Primavera

Domenica 26 settembre, infine la Festa per Paola, voluta da Paola. Una giornata eccezionale, di partecipazione commossa delle tante/i compagne/i e persone di altri ambiti che hanno potuto vivere, in qualche modo, un tratto di strada , esperienze con lei. Gli stessi gruppi musicali e teatrali hanno riportato nei loro pezzi, nei loro commenti, tutta l’intensità di aspetti e sfumature di un rapporto e delle tematiche affrontate insieme. Perché certo un tratto caratteristico di Paola è stata l’apertura, la capacità di relazionarsi e interagire con ambienti e questioni anche molto diverse. I suoi stessi interessi culturali spaziavano ampiamente fra passato (pure remoto) e presente, fra realtà sociali diverse, comunque appartenenti al lato dell’oppressione di classe. Ma il tutto nella forte convinzione delle potenzialità trasformative, rivoluzionarie, insite nelle lezioni del passato e nelle sofferenze del presente. Perché certo la vita di Paola si è snodata su un filo rosso ben preciso e saldo, la determinazione, la militanza rivoluzionaria. Ha attraversato i decenni più difficili schierandosi contro l’accettazione delle sconfitte, la resa, il riflusso nel campo istituzionale, quando queste dilagavano all’interno dei movimenti. Ha mantenuto saldo il rapporto con gli ambiti politici più coerenti, e difficili da praticare, con i compagni/e che cercavano di ritessere percorsi e organizzazione conseguenti. Perciò proprio le sue ultime opere sono incentrate su questi soggetti e il lavoro di memoria che se ne è avviato ha trovato il suo sbocco anche nella nostra Rossa Primavera. Ma non solo, è stata ancora partecipazione alla progettualità politica per il futuro, alla ricerca dei passi necessari per avanzare di nuovo verso “il sol dell’avvenir”. Ecco, questa sua ammirevole determinazione, nutrita da un profondo amore per la vita, per l’umanità, è stata la sua arma nella sua battaglia contro il cancro, nel suo “Vivere la tempesta”. Come ha voluto, nonostante le grandi sofferenze, è morta in piedi! Lottando! Perché “la vita è lotta”e (con Frida Khalo) “Devo lottare con tutte con tutte le mie forze affinché quel poco di positivo che la salute mi consente di fare sia nella direzione di contribuire alla rivoluzione. La sola vera ragione per vivere.”
Grazie Paola, le tante compagne e compagni felici di aver vissuto e lottato insieme a te.
Ciao bella, ciao

Ciao bella, ciao. Una bandiera rossa per la nostra partigiana