proteste in Iran contro l’esecuzione dei prigionieri politici

 

Suite à l’exécution de Saleh Mirhashemi, Majid Kazemi et Saïd Yaqoubi, trois prisonniers politiques du soulèvement, les Téhéranais ont exprimé leur indignation. Dans plusieurs quartiers de Téhéran, dont Ekbatan, Tehransar, Shahrziba, Neguin-e-Gharb, Tehranpars, Saadat-Abad et Apadana, les gens ont scandé des slogans contre Khamenei. Les cris ont résonné depuis les bâtiments et les toits : « à bas Khamenei l’assassin », « à bas la république des exécutions », « à bas Khamenei, maudit soit Khomeiny », « à bas le pouvoir tueur de la jeunesse » et « à bas le dictateur ». Pour tenter d’étouffer d’éventuelles protestations publiques, le régime a enterré clandestinement les corps de ces hommes dans trois points différents de la province d’Ispahan. Selon les familles, Majid Kazemi a été enterré à Habib Abad, Saïd Yaqoubi dans le village de Kurd Sofla et Saleh Mirhashemi dans le village de Baltaq. Les autorités ont déployé des forces répressives et des agents en civil le long des routes menant à ces cimetières, anticipant d’autres manifestations de protestation.

 

Dossier(s): Monde arabe et Iran Tags:

Continuano le violenze da parte dei fascisti in divisa, a Livorno un carabiniere colpisce con un calcio in faccia un giovane arrestato

Dopo il pestaggio a Milano di una trans brasiliana inerme, a Livorno un carabiniere sferra un calcio in faccia a un giovane arrestato per furto. Ma anche stavolta l’omertà delle forze dell’ordine è stata rotta dal video di un cittadino.

Un calcio in faccia, sferrato da un carabiniere ad un giovane appena fermato e immobilizzato in quel momento da un altro militare dell’Arma. Questo si vede da un video che ha iniziato a girare nella mattinata di ieri, giovedì 25 maggio su Telegram, sul canale ‘Welcome to Favelas’, immagini che nel giro di pochi istanti hanno invaso il web e hanno subito provocato una reazione dell’Arma che adesso “valuterà – spiegano dal comando provinciale – con la massima serenità il comportamento perché non in linea con le procedure”.

Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo nel video aveva rubato delle cuffie per il cellulare e del cibo per cani. Bloccato da uno dei due carabinieri è stato colpito in faccia dal secondo, quindi bloccato a terra e ammanettato. Nelle immagini diffuse si sente anche il ragazzo gridare “così no, mi state facendo male” e chiedere di lasciare la presa, dicendo di essere disposto a seguirli.

“Il pestaggio di una donna inerme è più fascista di mille braccia tese”

Ha ragione il giornalista di fanpage che titola così un suo articolo (vedi sotto) sul pestaggio di oggi a Milano e i metodi fascisti della polizia locale vedi il video, che dimostrano “cosa può arrivare a fare un corpo militare durante una dittatura, quando sente di avere il via libera dal Governo.”  

PER QUESTO E A MAGGIOR RAGIONE SERVE UNA RISPOSTA DI MOBILITAZIONE CONTRO OGNI EPISODIO CHE  RAFFORZA LA MARCIA IDEOLOGICA POLITICA CULTURALE VERSO UN MODERNO FASCISMO,  MA CON LA CONSAPEVOLEZZA CHE QUESTO SISTEMA CAPITALISTA-IMPERIALISTA CHE PRODUCE GUERRA, RAZZISMO, SESSISMO NON SI PUO’ CAMBIARE MA  SI DEVE SOLO ROVESCIARE PER UNA NUOVA SOCIETA’ SOCIALISTA.

I rappresentanti di fratelli d’Italia si schierano a difesa della polizia come il deputato Stefano Maullu: “Stupisce che dopo un fermo effettuato nei confronti di un trans brasiliano che, evidentemente fuori di sé…..ha compiuto atti di autolesionismo e di aggressione nei confronti degli agenti. Desidero esprimere piena solidarietà ai vigili che hanno fatto il loro dovere, evitando che quella persona potesse dare seguito alle minacce ai bambini di una scuola milanese”, e il vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera Riccardo De Corato: “Le immagini del video, che girano sui social e su alcuni siti, non sono chiare poiché mostrano solo alcuni momenti della dinamica avvenuta. Sala, prima di condannare gli Agenti, ascolti bene le parti direttamente interessate e, soprattutto, il Sindacato Unitario dei Lavoratori della Polizia Locale”….”all’agente che ha riportato una prognosi di 15 giorni a cui rivolgo la mia più  totale solidarietà e lo ringrazio molto per il prezioso lavoro che svolge per la nostra città”. 

Il sindaco-manager di Milano Sala (PD) con le sue ipocrite dichiarazione non condanna ma si schiera a copertura della polizia locale, preoccupato di non sporcare l’immagina della sua città vetrina tra affari e turismo  “mi sembra un fatto veramente grave. Però per potere formalmente intervenire è necessario che la polizia locale faccia una relazione, nelle more di questa relazione i vigili in questione sono stati messi in servizi interni”, poi “si potranno fare due cose: prendere provvedimenti come ad esempio la sospensione o anche arrivare a fare una denuncia, cosa da non escludere, da parte nostra all’autorità giudiziaria”. 

——————————————–

 Il pestaggio di una donna inerme è più fascista di mille braccia tese

I fatti di Milano sono inquietanti, al punto da spingerci a riflettere sulla deriva di questo Paese.

A cura di Saverio Tommasi

Agenti a Milano picchiano una donna

Scusate, mi sono perso il momento preciso in cui siamo diventati la succursale di Pinochet. Cioè ora la Polizia Locale può picchiare una donna inerme? Si può spruzzarle il peperoncino anche se ha le braccia alzate? È possibile prenderla a calci, davvero? Non lo sapevo. Pensavo fosse reato, invece vedo che uomini in divisa, a Milano e in pieno giorno, lo fanno certi dell’impunità. E poi quelle bastonate in testa e sul corpo, pensavo fossero una prerogativa dei poliziotti americani sulle minoranze del Paese. E’ ovvio che mi sia sbagliato, vi chiedo scusa. Lo capisco solo ora.

La polizia colpisce con violenza una donna per strada a Milano: manganellate e spray al peperoncino

Avevo sbagliato qualche tempo fa a prendermela con chi ha i busti del duce esposti in casa, commemora a braccia tese, parla di razze.

I primi sono decorativi, ai secondi prudeva l’ascella destra e i terzi erano pesci: lo sanno tutti quanto sono buone le razze pescate e fritte. O quanto siano accoglienti le case con un Benito in gesso.

Del resto io ho sempre sbagliato nella vita, ho iniziato a sbagliare a Genova 2001, quando alla scuola Diaz i poliziotti entrarono di notte per portare tutti quei libri e tinteggiarono le pareti di rosso che sembrava il tramonto, sciocco io a credere che fosse sangue.

A non credere che Stefano Cucchi fosse caduto dalle scale.

Ho sbagliato a non capire che il pericolo viene dagli ambientalisti e non dalla catastrofe climatica.

Ho sbagliato anche qualche giorno fa, quando ho alzato la mano per dire che denunciare le attiviste per aver contestato una Ministra era sbagliato, perché la Costituzione è nata proprio per garantire le opposizioni. Mi sono sbagliato io, dicevo, perché non avevo inteso che i veri perseguitati oggi sono i medici obiettori, sono i credenti fondamentalisti, sono i Ministri italiani, poverini. Per questo bisogna tutelarli i Ministri, come facciamo con i Panda. Chi è che oggi fischierebbe mai a un Panda?

Ho sbagliato ad aver temuto il fascismo come metodo, prima ancora che come fenomeno. Sono solo parole.

E oggi di nuovo, in pieno giorno, ho sbagliato per l’ennesima volta quando sono sobbalzato vedendo la Polizia Locale picchiare una donna transgender, inerme, con le braccia alzate, prendendola a calci, a bastonate, più volte, da soli e in gruppo. Ma è ovvio che in realtà fosse una scena teatrale, che stessero rappresentando cosa può arrivare a fare un corpo militare durante una dittatura, quando sente di avere il via libera dal Governo. Ma era un’ipotesi, una finzione. Cioè, dai, è chiaro. Quella è una rappresentazione fascista, ma è teatro. Non è successo nella realtà, dico bene? Perché se fosse successo veramente, dai, v’immaginate che casino? Vorrebbe dire che anche tutti gli altri erano tasselli, preparazione, fughe in avanti, avamposti, avanscoperte fasciste.

Ma se abbiamo detto che mi sono sempre sbagliato, che ci siamo sempre sbagliati, anche quella di oggi era finzione e non c’entra niente con i “metodi fascisti”. O forse è davvero soltanto un altro passo verso l’irrigidimento democratico. Delle due, l’una.

https://www.fanpage.it/

No tav – ma il lavoro socialmente utile degli attivisti è la lotta sociale, politica e territoriale contro la TAV

notizia stampa

Scontri No Tav in Val Susa, per 6 attivisti niente carcere ma lavori socialmente utili

Le difese hanno presentato la proposta per gli antagonisti che devono scontare pene inferiori a 3 anni. La Procura generale ha dato parere favorevole

Lavori socialmente utili al posto del carcere. Così un gruppo di 6 attivisti No Tav sconterà la condanna per gli scontri avvenuti in Val di Susa nell’estate 2011, quando venne aperto il cantiere per la realizzazione del tunnel geognostico della Torino-Lione.

Gli imputati sono stati condannati in via definitiva a pene inferiori a tre anni di reclusione e i loro legali hanno chiesto alla Corte di appello di Torino di convertire il periodo detentivo in lavori socialmente utili in strutture e associazioni convenzionate con gli uffici giudiziari. Un beneficio inserito dalla recente riforma Cartabia, che ha aperto la strada a misure alternative per una certa tipologia di reati. La richiesta — discussa il 24 maggio — davanti alla Corte d’appello ha già ottenuto il parere positivo della Procura generale.

Fra i condannati figura il toscano Antonio Ginetti, 71 anni, indicato dalle forze dell’ordine come ex appartenente a Prima Linea (ma nel corso del maxi-processo No Tav, all’udienza del 29 giugno 2014, sottolineò che nel 1990 era stato assolto a Firenze), che ha proposto di lavorare a Pistoia in una cooperativa che si occupa di cura del verde pubblico e di sicurezza dei parchi. Un altro No Tav si è offerto di prestare servizio a Torino nel centro studi Sereno Regis, spazio culturale che opera nel settore della peace research, della peace education e della nonviolenza. «Il nostro — ha spiegato il suo legale — è un gesto di forte valenza simbolica, visto che si tratta di un’attività che va in direzione opposta rispetto a quanto affermato dai giudici nella sentenza di condanna». La Corte d’appello deciderà nei prossimi giorni: i richiedenti abitano in diverse località italiane e bisogna verificare se le strutture che hanno indicato sono convenzionate con i Tribunali della zona di competenza.

Il processo è quello che riguarda le due giornate di lotta, il 26 giugno e il 3 luglio 2011, sfociate in violentissimi scontri tra i boschi di Chiomonte: una vera e propria guerriglia al termine della quale si contarono centinaia di feriti tra le forze dell’ordine e i manifestanti. Alla prima udienza dibattimentale, nel 2014, sul banco degli imputati c’erano più di cinquanta attivisti. L’udienza che si è celebrata oggi rappresenta una delle ultime appendici di quel maxi procedimento.

Contro la giustizia borghese la nostra lotta non è finita – Lunedì 22 maggio manifestazione sotto il Ministero di Giustizia

Non è finita
Non è finita con l’interruzione dello sciopero della fame di Alfredo durato 182 giorni. Alfredo è ancora sottoposto al regime di tortura del 41bis insieme ad altri 740 detenuti di cui 12 donne.
Uno di loro, Domenico, detenuto nel carcere di Bancali, è in sciopero della fame da oltre 2 mesi.
Non è finita per le morti di carcere, quelle etichettate come suicidi. Stando ai dati ufficiali, al 17 maggio di quest’anno già 22 persone si sono tolte la vita.
Ed è solo di pochi giorni fa la notizia della morte, per sciopero della fame, nel carcere di Augusta di Liborio e Victor e di un’altra persona, di cui non viene detto neanche il nome, ricoverata di urgenza in ospedale dal carcere di Rebibbia. La stampa parla di “massimo riserbo” da parte delle autorità. Noi la chiamiamo “omertà” dell’apparato repressivo.
E sempre della stessa omertà si tratta quando propiziamente spariscono i referti dei detenuti a Santa Maria Capua Vetere durante la mattanza del 6 aprile 2020.
Non è finita la violenza di Stato e non solo all’interno delle galere.
Non è finita la nostra lotta.
Appuntamento in Via Arenula, sotto il Ministero di Giustizia – Lunedì 22 maggio alle ore 16.00

Violenze al carcere di Santa Maria: in aula i video dei detenuti fatti inginocchiare e picchiati

Detenuti picchiati da agenti penitenziari, alcuni dei quali muniti di casco e manganello, mentre percorrono il corridoio che dalla loro cella porta all’area di socialità – uno con la felpa rossa pestato con violenza – quindi fatti mettere in ginocchio con faccia al muro, e uno in particolare, il marocchino Faqiri Marouane, costretto a muoversi sulle ginocchia a piccoli passettini per raggiungere il suo posto.

Prosegue così il processo per i pestaggi dei detenuti, in corso all’aula bunker del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con la proiezione delle immagini choc delle violenze avvenute il 6 aprile 2020 estratte dalle telecamere interne del carcere sammaritano. Ieri sono state proiettate le immagini relative al primo piano del padiglione «Nilo», quelle in cui i detenuti vengono fatti uscire dalle celle e portati nell’area socialità, dove c’è il biliardo e i reclusi possono svagarsi. Ovviamente quel giorno per i detenuti non ci furono momenti di svago, ma tante botte, come si vede dalle immagini. Dall’area socialità alle celle, nel percorso a ritroso, i detenuti sono stati costretti a passare tra due ali di poliziotti che li picchiavano, molti con caschi e mascherina e ancora non identificati. Ma il detenuto Marouane, dice il brigadiere dei carabinieri Vincenzo Medici, che dalla scorsa udienza del 10 maggio sta ricostruendo con l’aiuto delle immagini quanto accaduto più di tre anni fa, «è stato particolarmente attenzionato». In effetti Marouane resta da solo nell’area socialità, dove viene colpito con il manganello in testa, quindi fatto alzare e inginocchiare nuovamente ad altezza di un agente e alla fine riportato in cella tra gli agenti che lo pestano. «Lei ha visto immagini di detenuti che hanno fatto resistenza?», chiede al teste il sostituto procuratore di Santa Maria Capua Vetere Daniela Pannone. «No, solo un detenuto si è avvinghiato alla grata della cella per evitare di essere trasferito in un altro reparto, ma è stato picchiato con violenza e lo hanno comunque portato via».