
La solidarietà è un’arma! Iniziativa benefit per compagn inquisit per la manifestazione a L’Aquila

Una nuova terribile storia di violenza e abuso da parte della polizia che l’IGPN (Ispettorato generale della polizia nazionale ) cercherà di archiviare. Liberation riporta l’agghiacciante testimonianza di Mahedine Tazamoucht. Picchiato “gratuitamente”, viene portato in ospedale dagli stessi poliziotti perché non riusciva più a respirare a causa dei gas lacrimogeni. Arrivato in ospedale, grida al personale medico di essere stato picchiato dagli agenti di polizia che lo scortano. Risultato? La polizia lo riporta in questura per farglielo pagare ancora di più!
La notte dal 9 al 10 maggio Mahedine trascorre una serata in un parcheggio con due amici. Intorno alle 3 del mattino, la polizia effettua un controllo, affermando di essere stata chiamata per una rissa. Le tre persone affermano a Liberation che non c’era rissa, e che il tono era molto calmo in quel momento.
Mahedine sta cercando le sue chiavi in macchina, quando un poliziotto lo afferra. Si ritrova rapidamente a terra, ammanettato. Afferma , dice di essere stato “gasato proprio negli occhi”, al punto da non poterli aprire. I suoi amici dichiarano di aver chiesto alla polizia di fermarsi, senza successo.
I tre amici vengono portati alla stazione di polizia di Juvisy-sur-Orge. In precedenza, una squadra di polizia ha portato Mahedine Tazamoucht in ospedale perché “non riesce più a respirare” a causa dei gas lacrimogeni. Ma non appena è entrato al pronto soccorso, ha gridato al personale che la polizia lo aveva aggredito. I poliziotti irritati lo prendono e lo portano fuori dall’ospedale. In macchina Mahedine dichiara di aver subito nuovi colpi e insulti razzisti: “Dirty Arab, bougnoule”. Questo è solo l’inizio del suo calvario!
Arrivato alla stazione di polizia, Mahedine è rimasto seduto su una sedia in mutande, a piedi nudi, con le mani ancora ammanettate, “in un corridoio senza telecamera. Stavo impazzendo, mi prendevano a pugni in faccia, mi prendevano a calci gli stinchi con la punta delle scarpe, mi calpestavano i piedi. Ci ridevano sopra, erano circa sei poliziotti in quel momento, tre dei quali mi stavano picchiando. Si sono anche divertiti a con il Taser nella spalla e uno nel collo, per poi minacciarmi di usarlo anche nelle parti intime.
Nel certificato medico consultato da Liberation, il referto ritrovato occupa 3 pagine! Il medico legale rileva quasi quaranta lesioni di diversi centimetri ciascuna, sul viso e su tutto il corpo: lividi, abrasioni, striature… Una lesione a livello dell’orecchio sinistro richiede un ulteriore esame da parte di un medico otorino. Quest’ultimo attesta che il sangue è visibile nel suo timpano e che c’è una perdita dell’udito.
Mahedine Tazamoucht ha sporto denuncia presso la delegazione parigina delle forze di polizia. Contattata da Liberation, la prefettura di Essonne si è rifiutata di rispondere con il pretesto che solo “l’accusa è competente” a comunicare sui fatti – il che è falso – e che sono state presentate “denuncia” senza fornire alcuna motivazione. La polizia accuserebbe di “disprezzo e ribellione” Mahedine ei suoi amici. Una linea di difesa usata quasi sistematicamente dagli agenti di polizia coinvolti nelle violenze e negli abusi.
Da Osservatorio repressione
Shireen Abu Akleh, coraggiosa giornalista di Al Jazeera, che descriveva la realtà dell’occupazione israeliana, dei crimini commessi dallo stato terrorista d’Israele, è stata uccisa dai militari nazisionisti. Noi siamo con le masse palestinesi che le hanno reso omaggio in uno dei più grandi funerali degli ultimi decenni. Sotto gli occhi dei popoli del mondo, l’ennesimo crimine dei cani sionisti.
la cronaca della giornata di ieri
pagineesteri
Migliaia di palestinesi hanno partecipato ieri ai funerali di Shireen Abu Akleh La polizia israeliana ha caricato il corteo funebre a Sheikh Jarrah e ha arrestato sei persone. La bara ad un certo punto ha rischiato di cadere.
Contemporaneamente a Hebron, durante le manifestazioni per l’uccisione di Shireen Abu Akleh, alcuni coloni israeliani, approfittando dell’assenza dei proprietari palestinesi, protetti dalle forze d’occupazione nazisionista, occupano l’edificio rubando ogni cosa.
Commando israeliano ucciso e 13 palestinesi feriti a Jenin. A Gerusalemme polizia carica funerale Shireen Abu Akleh
di redazione | 13 Mag 2022
AGGIORNAMENTO ORE 15
Un commando della polizia israeliana, Noam Raz, 47 anni, è stato ucciso e 13 combattenti palestinesi sono rimasti feriti (due sono in condizioni critiche) durante un violento scontro a fuoco a Jenin e nel villaggio di Burin durante incursioni delle forze armate israeliane nel nord della Cisgiordania occupata.
AGGIORNAMENTO ORE 14
Migliaia di palestinesi hanno partecipato oggi ai funerali della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh uccisa due giorni fa a Jenin durante un raid militare israeliano. La polizia ha caricato il corteo funebre alla sua partenza, dall’ospedale S.Joseph a Sheikh Jarrah, nel settore arabo di Gerusalemme, ha lanciato alcune granate stordenti e arrestato almeno sei persone che sventolavano la bandiera palestinese. Ad un certo punto la bara con la salma di Abu Akleh ha rischiato di cadere.
AGGIORNAMENTO ORE 8
Nuova incursione questa mattina dell’esercito israeliano a Jenin dove due giorni fa è stata uccisa la giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh. Forte tensione nella città. È stato ferito Daoud Zubeidi, fratello di Zakaria Zubeidi, ex comandante delle Brigate di Al Aqsa a Jenin e protagonista lo scorso anno di una clamorosa evasione dal carcere israeliano di Gilboa assieme ad altri cinque detenuti palestinesi. I fuggitivi furono catturati alcuni giorni dopo.
Nella giornata in cui 11 militanti di Askatasuna sono stati colpiti da misure cautelari da parte della Polizia, a seguito degli incidenti avvenuti lo scorso 18 febbraio all’Unione Industriale di Torino, il centro sociale è al centro di una vasta inchiesta della procura e della Digos per associazione sovversiva.
Un centinaio gli indagati
Nel fascicolo compaiono a vario titolo i nomi di quasi un centinaio di indagati e compaiono anche reati (non meglio specificati) di terrorismo attribuiti a singole persone.
Il caso verrà discusso la prossima settimana davanti al Tribunale del riesame di Torino: una prima richiesta di misure cautelari è stata Infatti respinta da un gip e la procura ha presentato ricorso.
Migliaia di intercettazioni acquisite dal 2019
Il procedimento si innesta su migliaia di intercettazioni eseguite a partire dalla fine del 2019, dalle quali gli inquirenti ricavano, fra l’altro, che gli attivisti parlavano di egemonizzare il movimento No Tav, di infiltrarsi tra gli ambientalisti di Freedom for Future, di prestare aiuto ai migranti a condizione che aderissero alle loro ideologie.
Era gennaio quando la notizia di Lorenzo Parelli morto durante uno stage in alternanza scuola-lavoro squarciò il velo della normalità alla quale dovremmo essere abituati secondo chi comanda. Lorenzo aveva 18 anni e quel giorno invece di andare a scuola morì schiacciato da una putrella, sul posto di lavoro deciso dal suo istituto scolastico. Da quel momento in tantissime città d’Italia tantissimi giovani sono scesi in strada, hanno occupato le scuole, hanno preso in mano il loro presente per costruire un futuro più giusto e vivibile. È nato un movimento, un’agitazione viva e trasversale, che ha reso palpabile la richiesta chiara e semplice di voler vivere bene, di non essere costretti a lavorare invece che studiare, di farlo in condizioni umane. Dopo due anni di pandemia i bisogni e i desideri di una vita bella si sono fatti sempre più dirompenti, alimentati dalla dura e violenta risposta delle istituzioni sia scolastiche che cittadine.
A Torino la prima manifestazione indetta in ricordo di Lorenzo venne brutalmente repressa impedendo fisicamente agli studenti e alle studentesse presenti in piazza Arbarello di partire in corteo. Dita, braccia, teste rotte per silenziare un grido di rabbia giusta. Successivamente numerosissime furono leoccupazioni delle scuole nella nostra città e in tantissime città d’Italia, qui ci siamo ripresi il tempo negato, lo spazio chiuso e asettico degli istituti scolastici è stato riempito dai nostri bisogni, dalle nostre volontà, dalla nostra voglia di stare al mondo come lo decidiamo noi. Davanti a tutto questo il Ministro Bianchi, le istituzioni scolastiche, i responsabili dell’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro non hanno preso parola né hanno mosso un dito per ascoltare le rivendicazioni che hanno attraversato le scuole di tutta Italia. Anzi, hanno lasciato fare ad altre istituzioni, quelle poliziesche e giudiziarie, che nulla hanno a che spartire con il mondo della formazione, hanno lasciato che gestissero le manifestazioni di migliaia di giovani e giovanissimi trattandoli alla stregua di pericolosissimi criminali. Hanno lasciato agire indisturbate le forze dell’ordine come guardia privata di Confindustria, prontamente difesa dalla ministra degli interni Lamorgese, fracassando di botte chi non ha accettato la morte di Lorenzo e di Giuseppe, coetanei uccisi dal governo e dagli interessi degli industriali di questo paese. Ricordiamo la richiesta degli studenti e delle studentesse davanti al MIUR, a seguito dei tentativi di dividere il movimento tra buoni e cattivi, di prendere posizione e ascoltare finalmente le rivendicazioni di migliaia di giovani.
È evidente il tentativo di silenziare una voce forte e determinata e di negare l’autonomia e la capacità di movimento dei giovani che non vedono più possibilità per il futuro e che considerano insopportabili le condizioni di scuola, di lavoro e di vita a cui sono sottoposti. È evidente come funzioni il sistema politico di questo paese, i suoi interessi e le sue priorità: davanti a due studenti uccisi dall’alternanza scuola-lavoro, davanti a centinaia di migliaia di giovani inascoltati, davanti a decine di studenti e studentesse ferite l’unica risposta è stata preservare il profitto e la strenua volontà di perpetrare un sistema atto a produrre e guadagnare sulla pelle delle persone. Oggi arriviamo al nuovo vergognoso capitolo di questa storia: 11 misure cautelari di cui tre arresti in carcere e quattro ai domiciliari, oltre a obblighi di firma giornalieri. Un’operazione indegna nei confronti di poco più che maggiorenni per delle manifestazioni studentesche crea un precedente inaccettabile, da rifiutare con tutte le nostre forze.
Non possiamo stare zitti di fronte a un attacco simile atto ancora una volta a disgregare la solidarietà e gli esperimenti di comunità, a distruggere legami basati su altri principi, volti a costruire un presente e un futuro a misura delle nostre aspettative e dei nostri desideri. Vogliamo libertà, la libertà per i nostri amici e le nostre amiche, vogliamo risposte e vogliamo chiedere conto di tutto questo.
Le mobilitazioni erano nate in risposta alla morte dei due giovani durante uno stage in alternanza scuola-lavoro, a Torino la prima manifestazione era stata duramente repressa da parte della violenta gestione di piazza con il risultato di decine di feriti tra studenti e studentesse. Nei mesi successivi si sono susseguite occupazioni di istituti scolastici e cortei con la rivendicazione chiara di abolire l’alternanza scuola-lavoro e per una scuola più vivibile. Oggi tre studenti sono stati tradotti in carcere, quattro ai domiciliari tra cui una studentessa per il solo fatto di aver parlato al megafono e altri quattro con l’obbligo di firma giornaliero.
La persecuzione giudiziaria nei confronti di chi si oppone al modello di scuola esistente non ha colpito solo a Torino ma anche a Roma ed in altre città del nostro paese. Questo è il modo in cui le istituzioni affrontano ormai da tempo le richieste dei giovani che si trovano un presente devastato ed un futuro incerto a causa di una classe politica ed imprenditoriale che ha messo al primo posto il profitto sopra ogni cosa.
La capacità di movimento, l’autonomia e la forza espressa da studenti e studentesse in occasione delle mobilitazioni di febbraio è stato un segnale importante in mezzo alla rassegnazione ed alla fatica che si vive ogni giorno sulla propria pelle tra la pandemia e l’esplosione della guerra in Ucraina.
Un segnale che vuole essere ad ogni costo silenziato, con un’operazione invocata a gran voce dalla Ministra Lamorgese per provare a spaccare l’unità studentesca e scomporre quella volontà di cambiare le traiettorie delle proprie esistenze verso una vita più dignitosa e una formazione che risponda alle esigenze dei giovani finalmente.
Il clima a Torino ormai da anni è sempre più militarizzato e securitario e i temi sociali vengono ridotte costantemente a questioni di ordine pubblico. A tal punto da mandare in carcere e ai domiciliari giovani appena maggiorenni. Ma la rabbia di una generazione non disposta a piegarsi tracima da ogni fessura di questa città asfittica.
da infoaut