Violenze al carcere di Santa Maria: in aula i video dei detenuti fatti inginocchiare e picchiati

Detenuti picchiati da agenti penitenziari, alcuni dei quali muniti di casco e manganello, mentre percorrono il corridoio che dalla loro cella porta all’area di socialità – uno con la felpa rossa pestato con violenza – quindi fatti mettere in ginocchio con faccia al muro, e uno in particolare, il marocchino Faqiri Marouane, costretto a muoversi sulle ginocchia a piccoli passettini per raggiungere il suo posto.

Prosegue così il processo per i pestaggi dei detenuti, in corso all’aula bunker del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con la proiezione delle immagini choc delle violenze avvenute il 6 aprile 2020 estratte dalle telecamere interne del carcere sammaritano. Ieri sono state proiettate le immagini relative al primo piano del padiglione «Nilo», quelle in cui i detenuti vengono fatti uscire dalle celle e portati nell’area socialità, dove c’è il biliardo e i reclusi possono svagarsi. Ovviamente quel giorno per i detenuti non ci furono momenti di svago, ma tante botte, come si vede dalle immagini. Dall’area socialità alle celle, nel percorso a ritroso, i detenuti sono stati costretti a passare tra due ali di poliziotti che li picchiavano, molti con caschi e mascherina e ancora non identificati. Ma il detenuto Marouane, dice il brigadiere dei carabinieri Vincenzo Medici, che dalla scorsa udienza del 10 maggio sta ricostruendo con l’aiuto delle immagini quanto accaduto più di tre anni fa, «è stato particolarmente attenzionato». In effetti Marouane resta da solo nell’area socialità, dove viene colpito con il manganello in testa, quindi fatto alzare e inginocchiare nuovamente ad altezza di un agente e alla fine riportato in cella tra gli agenti che lo pestano. «Lei ha visto immagini di detenuti che hanno fatto resistenza?», chiede al teste il sostituto procuratore di Santa Maria Capua Vetere Daniela Pannone. «No, solo un detenuto si è avvinghiato alla grata della cella per evitare di essere trasferito in un altro reparto, ma è stato picchiato con violenza e lo hanno comunque portato via».

70 indagati per i presidi al carcere di Bancali in Sardegna, ma la lotta continua

70 fra compagne e compagni indagati per i presidi tenuti fra Novembre e Gennaio fuori al carcere di bancali, dove era detenuto Alfredo Cospito in regime di 41bis. Le accuse sono per manifestazione non autorizzata. Inoltre nelle settimane scorse è uscito un articolo di giornale, firmato dalla giornalista Nadia Cossu, con elencati i nomi e i cognomi di tutti e 70 gli indagati.

I compagni sardi proseguono, nonostante le denunce, a portare avanti presidi sotto le carceri e i cpr sardi, dove proseguono le lotte di alcuni detenuti, anch’essi in 41 bis, come Alessio Attanasio in sciopero del vitto, e Domenico Porcelli, in sciopero della fame da oltre 2 mesi e le cui condizioni peggiorano sempre più nel silenzio di media ed istituzioni.

Di seguito un’intervista di ROR ad un compagno di Cagliari e un aggiornamento sulla situazione di Domenico Porcelli ed Alessio Attanasio

Domenico Porcelli, detenuto in custodia cautelare al 41bis nel carcere sardo di Bancali, è in sciopero della fame dal 28 febbraio. Come altri detenuti, che però sono nel frattempo morti, ha deciso di seguire la strada dell’anarchico Alfredo Cospito. Il motivo della sua protesta, oltre che la solidarietà ad Alfredo, è stata la proroga del regime speciale che considera priva di presupposti.
In questo periodo ha perso ben 13 kg di peso e la sua condizione è andata deteriorandosi nel corso delle settimane. A causa delle sue condizioni precarie – durante il suo sciopero ha manifestato disestesie alla mano destra e dolore all’avambraccio destro, Porcelli ha dovuto affidarsi alle flebo per mantenere un minimo di forza. Ma da due sabati a questa parte gli sarebbe stato negato questo supporto vitale. La sua vicenda, come quella dei due detenuti morti recentemente nel carcere siciliano di Augusta, non risulta attenzionata da nessun parlamentare, né tantomeno dal ministero della Giustizia, nonostante i numerosi solleciti. Della vicenda è stato attenzionato anche il garante nazionale delle persone private della libertà, che ha inviato una risposta scritta all’avvocata, ma non è mai andato a trovarlo in questi due mesi di sciopero. Come afferma l’avvocata Pintus “Esistono detenuti di serie A e detenuti di serie B anche all’interno del regime detentivo speciale del 41 bis, ma il diritto alla salute non è garantito per nessuno!”

Alessio Attanasio è in custodia cautelare per fatti accaduti nel 2001 e sono in corso due processi d’Appello. Ha già scontato 30 anni di carcere, di cui 20 ininterrottamente in regime di 41 bis, e dopo un periodo di regime in AS 1 nel carcere di Oristano, è di nuovo in 41 bis nel carcere di Nuoro, nonostante non ci siano più i presupposti per questo regime di detenzione. Inoltre è anche sottoposto alla sorveglianza speciale art.14 bis. Dal 5 marzo 2023 ha iniziato uno sciopero del vitto sempre in solidarietà con la lotta intrapresa da Alfredo Cospito.