Aggiornamento dopo i pestaggi e il trasferimento punitivo da Rebibbia a Viterbo

Pochi giorni fa alcune familiari di persone detenute a Rebibbia hanno fatto emergere un gravissimo episodio avvenuto nel reparto G12. Il 13 gennaio sono stati accertati nuovi contagi, eppure la direzione e la Asl hanno trattato la preoccupante situazione con la solita colpevole negligenza: nessun tampone, nessuna sanificazione. La “cura” è sempre la stessa: le persone vengono semplicemente chiuse nelle celle sovraffollate per tutto il giorno senza rassicurazioni, mentre la positività di chi è stato appena spostato nel reparto Covid continua ad aleggiare nell’aria come uno spettro che agita i pensieri. Le richieste sono giuste, semplici, sensate: sanificazioni, medici e tamponi per tutelare sé e gli altri.
Le familiari raccontano di una reazione inaspettatamente violenta: le guardie accorronno in gran numero, non con i tamponi né con il gel disinfettante, bensì coi lacrimogeni e i manganelli per picchiare e intimorire chi ha osato chiedere l’applicazione di profilassi igienico sanitarie. Un ragazzo viene manganellato sulle dita mentre stringe le sbarre del cancello chiedendo a gran voce un incontro tra detenuti e direzione. Viene picchiato e trasferito nel carcere di Viterbo, costruito come carcere di massima sicurezza e tristemente famoso per violenze e suicidi sospetti. Un carcere punitivo dove piegare chi ha moti di dignità.
I medici hanno atteso l’esito del tampone prima di trasferirlo? No, non è stato neanche fatto un tampone. È sufficiente l’isolamento “sanitario” preventivo in cui è stato rinchiuso all’arrivo a Viterbo, un isolamento che rivela la sua vera natura a seguito di un trasferimento evidentemente punitivo. E la visita medica? Come ha refertato il medico i lividi e le contusioni?
Nella fretta di trasferirlo, i suoi pochi effetti personali sono stati lasciati a Rebibbia, per essere certi di spersonalizzarlo qualora l’isolamento non bastasse. A Viterbo fa freddo e il ragazzo ha da più di una settimana la stessa tuta, quella che indossava mentre chiedeva alla direzione di Rebibbia spiegazioni di tanta pericolosa noncuranza, la stessa con cui è stato picchiato in tutta risposta, la stessa con cui è stato portato a smaltire le botte e la paura in una cella di isolamento del carcere di Mammagialla. Tutto è utile nel tentativo di prostrare, indebolire, spaventare, compreso omettere che una madre piena di dolore ha caricato del denaro a suo nome sul conto del carcere per consentirgli di parlare con l’avvocato.
A quasi un anno dalla dichiarazione dell’emergenza sanitaria, questa storia assomiglia a tante altre. Da Modena a Foggia i detenuti stanno pagando a caro prezzo l’emergenza sanitaria. Qualcuno non potrà neanche più raccontarlo. Ci fa dolore, ci fa rabbia. Dobbiamo agire, attivarci in ogni luogo in cui si trovano i responsabili di tanta sofferenza, dai burocrati degli uffici ai medici conniventi, dai responsabili politici agli esecutori materiali.
Loro ci stanno mettendo il corpo, non lasciamoli soli.

Lettera dal carcere di Rebibbia: “…Questa non è galera, è una tortura”

“Penso che la situazione è molto molto seria adesso. In queste mura sta scoppiando a dismisura. Questa non è galera, è una tortura”. Questo è quanto scrive un detenuto nel carcere romano di Rebibbia al proprio avvocato raccontando di come la diffusione del Covid nel carcere romano sta diventando critica. La missiva è del 12 gennaio scorso. Negli ultimi giorni sono stati molti i processi rinviati nel tribunale di Roma a causa della situazione epidemiologica nella struttura, e in base a quanto riferiscono alcuni avvocati, si è proceduto alla chiusura dei settori G11, G12 e Alta Sicurezza. “Ieri mi hanno mandato in isolamento preventivo perché un altro detenuto era positivo ed era con me in cella ma asintomatico – scrive il detenuto -. In questo momento, martedì 12 gennaio, hanno chiuso tutto il reparto G12, anche i detenuti comuni, tutti chiusi in cella”. Nella mail inviata al penalista, si afferma che “tutto è partito nel reparto 1S con 38 contagiati”. “Ora anche qui sotto ai detenuti comuni. Io sono in un reparto dove siamo tre in quarantena e c’è anche un positivo da oggi che era il lavorante di sezione”. Il detenuto, che è in regime cautelare in attesa di giudizio, prosegue: “Siamo da 24 ore chiusi anche con la porta blindata e questa mattina non è passato il vitto per mangiare poiché dicono che ci sono cuochi infetti, abbiamo tutto nelle nostre celle. L’ispettore ci ha detto che se non venivano giù ci denunciava”. “Penso che la situazione è molto molto seria adesso – conclude -. E’ giusto che vi tenga aggiornati della mia situazione perché se dovesse precipitare ho tre figli piccoli, tutti con problemi. Un grande saluto da un ragazzo sfortunato. Help”.

Altro che contenere i contagi, arrestato un altro compagno a Genova

Riceviamo e pubblichiamo:

GENOVA: SALUTO AL CARCERE DI MARASSI IN SOLIDARIETA’ A FRA

Stamattina gli sbirri hanno fatto visita a Francesco sul posto di lavoro. Francesco Carrieri è un compagno condannato per la manifestazione di Roma del 15 Ottobre 2011, quando circa 200.000 persone scesero in piazza, a Roma, in quella che fu una delle manifestazioni più partecipate, in tutta Europa, nella giornata di manifestazioni internazionali critiche rispetto alle politiche di austerità dei Governi.

Le Forze dell’Ordine intervennero con lacrimogeni e cariche contro l’intero corteo. Per tutto il pomeriggio ci furono pesanti scontri, in Piazza San Giovanni, fra manifestanti e Forze dell’Ordine che intervennero anche con gli idranti, per la prima volta dal G8 di genova (2001).

Francesco non sarebbe dovuto rientrare in carcere vista la pena inferiore ai 4 anni. A questo però i cani da guardia hanno trovato modo di aggiungere altre 2 condanne definitive, aumentando la pena di 4 mesi e trovando così il modo di portarlo in carcere.

Siccome i mali non vengono mai da soli, gli sbirri hanno proceduto anche alla perquisa di casa sua, con esito negativo.

Vediamoci domani Venerdì 22 Gennaio alle h 18 sotto il carcere di
Marassi per fare un saluto solidale a Francesco e a tutti i detenuti.

> Nessun passo indietro!!!
> Fra Libero, liberi tutti!!!

Nell’avvicinarsi dell’ 8 marzo, quando lo scorso anno si perpetuò la strage al carcere di Modena con 14 morti, è ancora più importante esprimere la solidarietà con i reclusi che ogni giorno sfidano il contagio e combattono contro i vari regimi di reclusione.