Ilaria Cucchi: «Quella consuetudine di pestare gli arrestati»

Da popoffquotidiano

Ilaria Cucchi: «per la difesa di Mandolini è consuetudine maltrattare gli arrestati». Consip, condannato il generale Del Sette, che c’entra con Cucchi?

«La difesa di Roberto Mandolini sta dicendo che è una consuetudine da parte delle forze dell’ordine maltrattare e pestare gli arrestati. Che c’è stata troppa attenzione per questo su quanto accaduto a Stefano». Così in un post su Facebook Ilaria Cucchi, ha commentato l’udienza di ieri del processo d’Appello, che si è svolta a porte chiuse, per l’uccisione di suo fratello Stefano in cui ha preso la parola il difensore del maresciallo dei Carabinieri Roberto Mandolini.

Nel procedimento, forse il più noto caso di malapolizia, in cui sono imputati quattro carabinieri, Mandolini è accusato di falso e per lui il pg ha sollecitato una condanna a 4 anni e mezzo. Per capirci Mandolini è quello che ha detto a quello che poi sarebbe diventato il supertestimone, Francesco Tedesco: «Tu non ti preoccupare, devi dire che stava bene. Tu devi seguire la linea dell’Arma se vuoi continuare a fare il carabiniere».

Ora la linea dell’Arma potrebbe essere riassunta nella consuetudine all’abuso che i suoi difensori hanno sbandierato come argomento difensivo?

Secondo la sentenza di primo grado, è stato Mandolini a dare il via a una concatenazione di falsificazioni che sarebbe continuata su input di alcuni ufficiali ed è ora oggetto di un processo specifico. In questi anni di processi abbiamo appreso che il maresciallo è un tipo ambizioso, secondo i suoi sottoposti voleva gonfiare il numero degli arresti per mettersi in luce con i suoi superiori. Pochi giorni dopo il delitto Cucchi ci fu un corteo nel suo quartiere, Torpignattara, e qualcuno raccontò come in quel periodo quel quadrante della periferia romana sembrava il far west per come fossero “bruschi e disinvolti” i tutori dell’ordine. E’ in quel clima che potrebbe essere maturato il contegno violentissimo dei carabinieri che pestarono Stefano Cucchi che, sei giorni dopo, sarebbe morto, nascosto dagli sguardi, nel “repartino”, il reparto penitenziario del Pertini?

Nello stesso periodo altri carabinieri romani furono protagonisti di un tentativo di ricatto dell’allora presidente della Regione, Marrazzo, e di un clamoroso errore scaturito dall’ansia di far dimenticare all’opinione pubblica quell’episodio: venne sbattuto in prima pagina uno straniero accusato di uno stupro al parco della Caffarella ma era assolutamente estraneo ai fatti. Mandolini iniziò, secondo le ricostruzioni agli atti dei processi, le prime operazioni di insabbiamento. Un ministro (post fascista, all’epoca regnava Berlusconi), La Russa pronunciò un anatema a reti unificate contro chiunque avesse sospettato dei carabinieri: «Non ho strumenti per accertare, ma di una cosa sono certo: del comportamento assolutamente corretto da parte dei carabinieri in questa occasione». Pochi giorni dopo la morte, il 26 ottobre 2009, i vertici romani dell’Arma inviarono tre note di «plauso» e «apprezzamento» alla compagnia dei carabinieri che aveva operato l’arresto del geometra, deceduto 4 giorni prima, una settimana dopo essere stato arrestato per droga.

E un cono d’ombra avvolse per anni l’Arma, finché le testimonianze di alcuni carabinieri, a sei anni dai fatti, non permisero con «elementi di dirompente novità» nuove indagini e l’approdo a due processi per una varietà impressionante di abusi in divisa, uno per il delitto, l’altro per la catena di depistaggi e falsificazioni che, secondo l’accusa (il primo grado è in corso), sarebbero stati ordinati ed effettuati da ufficiali, sottufficiali e militari della Benemerita.

Negli anni avremmo messo a fuoco anche la figura di Mandolini, quello della «consuetudine di ciancicare gli arrestati», Popoff lo descrisse come il “maresciallo felice”, come lui stesso, con i post sui social, affermava di essere i primi giorni di gennaio 2016: «Ad oggi ho ricevuto quasi 3000 messaggi in privato di padri e madri di famiglia, di cittadini onesti, di persone che non delinquono nella vita per vivere, genitori attenti all’educazione dei figli… ».

Come moltissimi tutori dell’ordine anche il maresciallo sembrava convinto di servire con onore uno stato, troppo permissivo, che non difende adeguatamente i propri servitori. Per esempio il post del 20 settembre 2014: “Le forze dell’ordine arrestano……e i giudici liberano…..!!!! È sempre stato così in Italia e sempre così sarà”. Forse per questo la consuetudine di maltrattare gli arrestati come unico argomento difensivo. Anche le intercettazioni dei suoi uomini forniscono uno spaccato inquietante della visione del mondo che li ispira: «Se mi congedano, te lo giuro sui figli miei, non sto giocando, che mi metto a fare le rapine (…). Vado a fare le rapine agli orafi, quelli là che portano a vedere i gioielli dentro le gioiellerie», dice uno dei tre indagati per il pestaggio, lo stesso che l’ex moglie rimprovera di essersi divertito a pestare Cucchi. Dirà la donna agli inquirenti che quel pestaggio non fu un caso isolato: «Quando raccontava queste cose Raffaele rideva e, davanti ai miei rimproveri, rispondeva “Chill è sulu nu drogatu e’ merda”».

Il comandante generale dell’Arma di quel periodo, Tullio Del Sette (nella foto), ha dichiarato, 5 anni fa, mentre emergeva l’evidenza della responsabilità dei suoi uomini nel caso Cucchi: «Siamo determinati nel ricercare la verità, ma no alla delegittimazione dei Carabinieri».  Poche ore prima che finissimo di scrivere questo articolo Del Sette è stato condannato a 10 mesi (pena sospesa) nell’ambito di un processo-stralcio della maxinchiesta sul caso Consip dall’ottava sezione collegiale del tribunale di Roma. Era accusato di rivelazione del segreto di ufficio e favoreggiamento.

Si potrebbe dire che ieri è stata una pagina nera per l’Arma, si potrebbero riempire quaderni di frasi fatte sulle mele marce. Oppure si potrebbe ragionare su come viene costruito un tutore dell’ordine, con quale immaginario, quale subcultura, quale tacito patto d’impunità, quale opacità e osservare gli argomenti di chi, lontano da qui, scende in piazza per gridare “Defund the police”.

Ora i proletari hanno altri 3 buoni motivi per combattere il carcere, ma la strada è una sola: unità e lotta di classe a 360°

52.000 persone a rischio covid. A questo numero elevatissimo corrispondono bambini al seguito delle madri, anziani, ammalati gravi di varie patologie, disabili, persone in custodia cautelare, migliaia di persone a cui mancano pochi mesi per uscire ma non escono perché condannati per reati “ostativi”. L’80% della popolazione detenuta è colpevole di essere povera, emarginata e facilmente ricattabile. Si tratta per lo più di meridionali e migranti, e il carcere è un’istituzione profondamente classista, è l’espressione di una giustizia a senso unico, quella borghese. E se non bastassero questi dati a convincercene, andiamo a leggere la cronaca di ieri:

  • Denis Verdini è stato scarcerato e da oggi sconta agli arresti domiciliari nella sua villa di Firenze la pena di sei anni e sei mesi per la bancarotta del Credito Cooperativo Fiorentino. Il tribunale di sorveglianza di Roma ha provvisoriamente accolto l’istanza dei suoi difensori, preoccupati per un focolaio Covid scoppiato all’interno del carcere di Rebibbia dove Verdini è recluso dallo scorso novembre.

Nella sua breve permanenza in carcere Verdini è stato trattato come un detenuto “eccellente”: in cella singola, mentre agli altri detenuti stipati in 7/8 erano impediti colloqui e assistenza sanitaria adeguata, ha ricevuto visite, non solo mediche, ma di numerosi parlamentari, politici, imprenditori mafiosi. Dal genero Salvini a Matteo RenziLuca Lotti e tanti ex compagni di centrodestra: dal “re delle cliniche romane” Antonio Angelucci a Ignazio Larussa e Daniela Santanché, fino a Maurizio Lupi e Renata Polverini. Sempre manettari nei confronti dei proletari, sempre solidali con il loro comitato d’affari e con la polizia al servizio dello stato dei padroni.
La stessa polizia che 2 o 3 settimane fa ha risposto con lacrimogeni, manganelli e trasferimenti punitivi al grido di aiuto dei detenuti comuni, preoccupati per lo sviluppo del focolaio covid. Qui riportiamo lo sfogo di una familiare che ha scritto a tutti i politici, fino a Mattarella, una lettera che merita di essere letta da tutti e non solo da chi non ha orecchie per gli ultimi:

“oggi ho voluto esprimere il mio dissenso ma a molti nn è piaciuto!
Giusto x rimare in tema giustizia,combinazione ieri Verdini e’ stato scarcerato( arresti domiciliari ma anche quelli dureranno meno della carcerazione ) LA LEGGE NN È UGUALE PER TUTTI,PERCHÉ NON TUTTI SONO UGUALI PER LA LEGGE!!
DATE UN’ESEMPIO DI PAESE DEMOCRATICO, SIAMO IN PIENA PANDEMIA E NONOSTANTE TUTTO FATE FINTA DI NIENTE ,DETENUTI CONTAGIATI ,MORTI,PER NON PARLARE DI SUICIDI ,MALTRATTAMENTI,DETENUTI PRIVATI DEI LORO DIRITTI,A NOI IMPONETE IL DISTANZIAMENTO MENTRE LORO NELLE CELLE SONO IN 7/8 ..PER NN PARLARE DELLA SANITÀ !! FATE UN ATTO D’ONORE : DATE L’AMNISTIA,DATE L’INDULTO, FATE IN MODO DI ESSERE RICORDATI COME ESSERI UMANI CAPACI DI PROVARE EMPATIA E UMANITÀ SOPRATTUTTO IN QUESTO MOMENTO DELICATO E CRITICO DEL PAESE!! SIAMO ANCORA IN UN PAESE DEMOCRATICO O SIAMO IN PIENA DITTATURA ?

PRESIDENTE #Mattarella LA PREGO DI MEDITARE E DI NN GIRARSI DALL’ALTRA PARTE COME HANNO FATTO TUTTI FINO AD ORA !!”

  • Dal Resto del Carlino – Modena: “Morti in carcere dovute a overdose Nessuna violenza”. “La Procura di Modena ha già accertato che nove detenuti del carcere Sant’Anna sono deceduti per l’assunzione di sostanze stupefacenti sottratte dalla farmacia e non per violenze esercitate nei loro confronti durante la rivolta dell’8 marzo”. Lo ha detto ieri, nella sua relazione in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi”, la cui credibilità ora è messa in discussione dalla stessa magistratura per il suo coinvolgimento nel caso Palamara.

Ora dopo le denunce dei detenuti, l’esposto alla procura di Modena che ha costato il trasferimento punitivo di 5 di essi, queste dichiarazioni suonano come una minaccia/promessa di rappresaglia e non possiamo far calare su queste denunce il silenzio. L”inchiesta su Repubblica e quella di Report hanno mostrato e disvelato  quello che è avvenuto nelle carceri in occasione della rivolta generale della primavera scorsa , che è quello che avviene spesso e volentieri anche in questo autunno inverno, come diversi blog e organi di stampa denunciano. Quindi non possiamo chiudere gli occhi su questo.

  • Da gonews.it di oggi sulle torture al carcere di Sollicciano: Pestaggi in carcere, revocati gli arresti domiciliari: tornano liberi ispettrice e agenti. Sono stati revocati gli arresti domiciliari per i due agenti della polizia penitenziaria del carcere fiorentino di Sollicciano arrestati l’8 gennaio scorso e accusati di tortura verso alcuni detenuti e falso ideologico in atto pubblico. I giudici del riesame hanno accolto le richieste del difensore. È stata quindi disposta per i tre la misura dell’interdizione dall’incarico per 12 mesi. Nell’inchiesta sono indagati altri sei agenti della penitenziaria, nei confronti dei quali il riesame ha revocato la misura dell’obbligo di dimora e ridotto quella dell’interdizione dall’incarico da 12 a 6 mesi. Tra gli arrestati c’e anche un 55enne residente a San Miniato, mentre tra gli indagati figurano anche tre persone residenti nell’Empolese Valdelsa.

Noi vogliamo che i responsabili delle torture e dei pestaggi vengano perseguiti fino in fondo e che i proletari prigionieri escano tutti dal carcere come salvaguardia della loro salute. Per questo dobbiamo impegnarci il più possibile a sostenere i detenuti e i loro familiari nelle denunce. Ed è importante che questa battaglia esca dai confini dell’area anticarceraria, che nei presidi e nelle manifestazioni sotto le carceri e il ministero ci vengano tutti/e: dai familiari dei carcerati a quelli delle vittime delle altre stragi di stato, a quelli delle vittime sul lavoro, ai lavoratori e lavoratrici ai disoccupati, con la consapevolezza che “nessuno può salvarsi da sé”.

Ma per far questo è fondamentale sensibilizzare l’opinione pubblica e in particolare quella di classe: è giusto che chi ruba miliardi, chi uccide ogni giorno i lavoratori per il profitto, chi massacra i proletari nelle carceri non paghi e i proletari pagano con la vita, in carcere e fuori, questa ingiustizia di classe?