La solidarietà con le lotte dei detenuti e la difesa dei prigionieri politici è imprescindibile dalla lotta di classe

testo diffuso all’assemblea nazionale di bologna del 19 settembre

Le migliaia di provvedimenti giudiziari, montature, arresti, multe, condanne, fogli di via, cariche della polizia che colpiscono lavoratori e lavoratrici, protagonisti di lotte sindacali, sociali e del movimento antagonista, rendono la repressione e la prigionia politica un fenomeno potenzialmente di massa.

Oggi, nonostante il prolungato periodo di confusione e di stasi sociale che vive il nostro paese, le ragioni per ribellarsi al sistema capitalistico, per una società senza più classi, sfruttamento, discriminazioni, sono evidenti e tangibili, così come lo è l’obiettivo dei padroni, dello stato e dei governi al loro servizio, che toccano uno per toccare tutti, perché sanno che là dove c’è sfruttamento e oppressione c’è il germe della ribellione, della rivolta.

E dietro ogni rivolta c’è l’idra della rivoluzione, perché la rivoluzione è l’unica soluzione al sistema capitalista e imperialista che ancora oggi sparge il sangue dei nostri fratelli di classe, sia nei paesi oppressi, sia in fuga da essi, sia nelle cittadelle dell’imperialismo, dove si continua a morire sui luoghi di lavoro, in mare, negli ospedali, dove spesso non si riesce neanche ad entrare, nelle carceri.

E chiaramente il carcere é la pagina finale di questa violenza di stato.

La situazione delle carceri italiane durante l’emergenza covid-19 era esplosiva già prima dell’annuncio del lockdown, e le pessime condizioni oggettive di vita dei detenuti erano ben note: fatiscenza, sovraffollamento, carenza di presìdi sanitari degli istituti penitenziari. A ciò si sono aggiunti il pericolo del coronavirus, senza alcuna protezione per i detenuti, e il blocco dei colloqui con i familiari. E’ su queste infami condizioni di detenzione che sono scoppiate le rivolte della primavera 2020: chi ha deciso di ribellarsi ha avanzato richieste a difesa della propria e altrui salute, all’interno di un luogo già di per sé malsano e sovraffollato, svelando la drammatica situazione delle carceri di questo Paese, tornate ad essere, dopo il ciclo di lotte di 50 anni fà, il buco nero di questa società.

14 – 15 detenuti sono morti in seguito alla feroce repressione di quelle rivolte! Altri si sono ammalati e sono morti per la mancanza di adeguate misure deflattive da parte del governo. Molti hanno avuto il coraggio di denunciare le torture, i pestaggi, le vessazioni, le umiliazioni, sfidando la rappresaglia e i ricatti, anche verso i propri familiari, nel ventre della bestia, a rischio della loro vita. Alcuni di loro, giunti a fine pena, non sono stati scarcerati, ma trasferiti in altre carceri e sottoposti a rigida censura. Di loro, soprattutto gli immigrati, non si hanno più notizie.

Le varie procure, a cominciare da quella di Bologna, si sono affrettate ad archiviare le morti come conseguenza per overdose. Anche le denunce dei detenuti sono state insabbiate ed archiviate, ma i familiari e le associazioni in loro difesa non rinunceranno a fare battaglia per riaprire le indagini. Su questo c’è bisogno di una mobilitazione di massa in loro sostegno, perché i vasi di Pandora, come quello scoperchiato dai video della mattanza al carcere di S. Maria Capua Vetere, vengono immediatamente richiusi, mentre avanza rapidamente la macchina dell’ingiustizia borghese contro i detenuti ribelli,

In carcere si trovano prigioniere e prigionieri delle Brigate Rosse, sequestrati dallo stato borghese perché non hanno rinunciato alla loro identità politica e la loro storica battaglia contro lo stato del capitale! Tre di questi, tra cui Nadia Lioce, sono da 16 anni in 41 bis, un regime odioso di detenzione, che si dice nato per reprimere la mafia e la grande criminalità organizzata, ma viene utilizzato come vero e proprio strumento di tortura, di annientamento psicofisico, teso a piegare, cancellare, l’identità delle prigioniere e dei prigionieri rivoluzionari.

Nadia Lioce è ancora in 41 bis, mentre pluriomicidi mafiosi come Brusca, che hanno sulla coscienza centinaia di morti e bambini sciolti nell’acido sono liberi, protetti e pagati dallo Stato, un’ingiustizia assoluta!

La criminalità mafiosa è un aspetto del capitalismo, è la sua faccia illegale, il suo braccio illegale che sempre più spesso i padroni usano per schiacciare e intimidire i lavoratori.

Ma allora è la ragion di Stato che condanna Nadia Lioce ad un isolamento totale e perenne, dove è vietato leggere, scrivere, parlare, persino ascoltare! E’ la tendenza alla rivoluzione e la solidarietà di classe che Stato e padroni vogliono colpire, attraverso questi compagni e queste compagne! E’ il passato che li tormenta e il futuro che li attende lo scopo dell’applicazione del 41bis sui prigionieri politici!

Cancellare la storia e chiudere ogni prospettiva rivoluzionaria alla lotta di classe, alle lotte sociali, per spegnerle, per allontanare i fantasmi, quelle “ombre rosse” che tanto li hanno fatti tremare….questo è ciò che emerge chiaramente dall’ennesimo decreto ministeriale di proroga del 41bis a Nadia Lioce.

Ecco perché pensiamo che la lotta contro il carcere/assassino e il carcere/tortura sia una lotta che è parte della repressione antiproletaria e riguardi tutti i proletari e le masse popolari e che la difesa delle condizioni di vita dei prigionieri politici debba essere sostenuta e assunta dai lavoratori in lotta.

Soccorso rosso proletario

settembre 2021

Dava rifugio ai migranti, gomberata ieri la casa cantoniera di Claviere, in alta valle di Susa

Pochi giorni di vita per questo presidio solidale, sulla frontiera tra Italia e Francia, punto essenziale di accoglienza e assistenza per i tanti in fuga dalla guerra e dalla fame, lungo sentieri che dovrebbero essere di speranza, ma che sono invece di fatiche indescrivibili, pericoli, disperazione e, per tanti, morte. Ora la casa è di nuovo chiusa, abbandonata al degrado, mentre gli occupanti sono stati denunciati, ma non si arrendono, perché sono nel giusto.

Basta criminalizzare l’umanità e la solidarietà! E’ ora che tutti quanti hanno espresso la giusta indignazione verso una sentenza infame, quale quella comminata a Mimmo Lucano, faccia altrettanto con gli anarchici denunciati, ai quali va la solidarietà del SRP senza se e senza ma.

Di seguito il comunicato dei compagni e delle compagne sullo sgombero della casa cantoniera di Claviere:

Da passamontagna.info

SULLO SGOMBERO DELLA CASA CANTONIERA DI CLAVIERE

7 Ottobre 2021 Di PASSAMONTAGNA

Ieri hanno sgomberato la casa cantoniera di Claviere, rifugio autogestito occupato da sabato scorso.
Alle prime luci dell’alba, agenti della DIGOS hanno aspettato che venissero aperte le barricate dietro alla porta principale per poi sfondarla e entrare nel rifugio. Le camionette sono arrivate verso le sette, mezz’ora dopo, mentre le 19 persone all’interno venivano identificate e denunciate per occupazione.
I digossini non si sono risparmiati nelle loro provocazioni e atteggiamenti coatti, spintonando e minacciando le compagne accorse in solidarietà.
Il teatrino dell’umanitario si è ripetuto anche stavolta: un mezzo e qualche volontario della croce rossa sono accorsi sul posto insieme alle camionette e hanno osservato le operazioni di sgombero durante tutta la mattinata. Anche i pompieri non sono potuti mancare. Mentre lo sgombero non era ancora completato, quattro mezzi dell’ANAS sono arrivati e hanno subito cominciato a rimuovere le finestre della casa. Abbiamo saputo che l’edificio, ufficialmente abbandonato dal 2012, veniva in realtà usato comodamente come casa vacanza dai dirigenti ANAS fino a poco prima della pandemia.
Nel rifugio non erano presenti persone di passaggio: i numerosi gruppi e famiglie che lo avevano attraversato e vissuto erano partiti durante la notte verso i sentieri di confine.
Un altro sgombero lampo, il terzo negli ultimi sette mesi su questa frontiera. Vogliono distruggere sul nascere ogni esempio di autogestione e organizzazione collettiva. Vogliono nascondere e controllare chi definiscono “illegale”, non tollerano l’esistenza di spazi liberati in cui nessun* è ospite ma ognun* può autodeterminarsi e scegliere come affrontare il proprio viaggio. A Claviere, villaggio semideserto per gran parte dell’anno in cui l’unica cosa che conta è il turismo che riempie le tasche di pochi, tutto questo viene attaccato.
La repressione cresce e aumenta il controllo su questa frontiera che ha già ucciso cinque volte e che continua a mettere a rischio le vite delle persone.
È di poche settimane fa la notizia di due ragazzi afghani che, cercando di raggiungere la Francia, sono precipitati nel torrente Sommeiller, non lontano da Bardonecchia. Nel pomeriggio del 5 ottobre invece, 16 persone sono rimaste bloccate nella zona del Mont de la Plane (oltre Cesana) per poi essere trasportate all’ospedale di Briancon.
Succede sempre più spesso che le persone in viaggio, non conoscendo il territorio e non incontrando le informazioni necessarie, si affidano alle mappe online per raggiungere la Francia, spesso tramite sentieri pericolosi, su montagne troppo alte e troppo fredde.
Paf, sbirri e gendarmi e gli stati che li mandano, difendono questa frontiera e la rendono mortale.
Il business dell’umanitario e il turismo collaborano a tutto questo.
Organizziamoci per contrastare la repressione e il controllo: facciamo un appello alla solidarietà diretta di tutt* e ad azioni spontanee, la risposta sarà forte!
A breve lanceremo un appuntamento per discutere e organizzarci insieme, seguite gli aggiornamenti dal blog per sapere dove e quando.
Fuoco alle frontiere!