Rivolta nel carcere di Isernia durante il lockdown, chiesto il processo per 16 detenuti

La Procura di Isernia ha chiesto il rinvio a giudizio per 16 detenuti per la sommossa nel carcere pentro. I fatti risalgono al 9 marzo 2020, all’inizio del lockdown quando molte strutture carcerarie erano in rivolta per la sospensione dei colloqui in presenza con i familiari e le pessime condizioni sanitarie in carcere, aggravate dall’emergenza pandemica da Covid-19.
Come affermato a suo tempo dallo stesso Procuratore della Repubblica Carlo Fucci, nel carcere di Isernia le forze dell’ordine circondarono la casa circondariale con una doppia cinturazione e l’unico detenuto che tentò la fuga fu bloccato, facendo desistere anche gli altri dall’evasione. La rivolta rientrò quando, in seguito a una trattativa, fu garantito ai detenuti il ripristino dei colloqui via skype e la dotazione di mascherina agli agenti di polizia penitenziaria.
Ora 16 detenuti sono accusati di devastazione e saccheggio, violenza o minaccia a pubblico ufficiale ed evasione, rischiando pene pesantissime per aver preteso il rispetto minimo dei loro diritti.
Lottare per la propria e altrui salute, lottare per il diritto all’affettività delle persone detenute non è reato!

Senza le rivolte della primavera 2020 le infami condizioni di chi è recluso non sarebbero mai emerse.

15 detenuti sono morti in seguito alla feroce repressione di quelle rivolte! Altri si sono ammalati e sono morti per la mancanza di adeguate misure deflattive da parte del governo. Molti hanno avuto il coraggio di denunciare le torture, i pestaggi, le vessazioni, le umiliazioni, sfidando la rappresaglia e i ricatti, anche verso i propri familiari, nel ventre della bestia, a rischio della loro vita. Alcuni di loro, giunti a fine pena, non sono stati scarcerati, ma trasferiti in altre carceri e sottoposti a rigida censura. Di loro, soprattutto gli immigrati, non si hanno più notizie.

Le varie procure, a cominciare da quella di Bologna, si sono affrettate ad archiviare le morti come conseguenza per overdose, ma i familiari e le associazioni in loro difesa non hanno rinunciato a fare battaglia per riaprire le indagini. Su questo c’è bisogno di una mobilitazione di massa in loro sostegno, perché i vasi di Pandora, come quello scoperchiato dai video della mattanza al carcere di S. Maria Capua Vetere, vengono immediatamente richiusi, mentre avanza rapidamente la macchina dell’ingiustizia borghese contro i detenuti ribelli.

Ed è giusto e necessario opporre a questa macchina i paletti della solidarietà proletaria

Ribellarsi è giusto, solidarietà ai detenuti sotto processo!

SRP

La casa è un diritto, difenderlo è un dovere oltre che una necessità. Ma lo stato borghese non rispetta diritti se non quello della sacra proprietà privata e del profitto. Solidarietà ai compagni condannati per aver difeso il diritto all’abitare

Bologna: Condanne per lo sgombero di Via Irneri

Il Tribunale di Bologna ha condannato quattro attivisti, ad 8 mesi di reclusione, per i fatti avvenuti in occasione dello sgombero dell’occupazione abitativa di Via Irnerio 13 a Bologna. Di seguito il comunicato di AsIA/Usb e Cambare Rotta

Oggi 20 ottobre 2021 abbiamo ricevuto la condanna per i fatti avvenuti in occasione dello sgombero dell’occupazione abitativa di Via Irnerio 13 a Bologna, attuato il 3 maggio del 2016.

Il giudice ha condannato ad 8 mesi quattro compagni per resistenza a pubblico ufficiale. Il Tribunale dunque accoglie parzialmente l’istanza dell’accusa che aveva richiesto pene di 8 mesi per 10 compagni, alcuni accusati di aver occupato lo stabile, altri per resistenza e un altro ancora per manifestazione non autorizzata.

Certo siamo contenti per i compagni assolti, ma non possiamo nascondere la nostra rabbia nel vedere condannati compagni e solidali per asserita resistenza, quando le dinamiche di quella giornata sono ben riscontrabili dai numerosi video di quel giorno, che hanno visto violentissime e numerose cariche a freddo.

L’occupazione di via Irnerio13, organizzata da Asia Usb, è durata 3 anni e ha dato un tetto ad oltre 60 persone di cui 15 minori. Ha rappresentato una delle più longeve denunce di come le istituzioni pubbliche abbiano abbandonato il diritto all’abitare, garantendo piuttosto gli interessi del mercato privato che speculano e imperano sui bisogni pubblici. Ha rappresentato anche un ponte tra le istanze sociali/sindacali e quelle politiche: all’interno dell’occupazione – al Terzo Piano – è nata anche Noi Restiamo, ora Cambiare Rotta – organizzazione giovanile comunista, che da qui ha iniziato un percorso estesosi a tutti i piani della condizione giovanile: dalla questione della casa e degli alloggi, fino all’università e al precario mondo del lavoro, ha permesso di individuare la cornice di crisi di prospettive che questo sistema offre alle giovani generazioni.

Questa sentenza, a cui sicuramente faremo appello, non ci fermerà nelle nostre battaglie per il diritto all’abitare. Questo processo infatti vede come condannati non solo gli attivisti, ma anche i solidali, attaccando così quella parte di città che direttamente o indirettamente ha lottato per un modello di città differente da quello sostenuto e portato avanti dalle istituzioni, anche tramite le pratiche di lotta come le occupazioni abitative per rivendicare diritti basilari per tutte e tutti.

Se negli ultimi anni la forte emergenza abitativa è stata affrontata solo con criminalizzazione e repressione, non mettendo un campo nessuna soluzione concreta, oggi l’emergenza abitativa non solo è rimasta, ma si è acuita con la crisi sociale ed economica che stiamo attraversando, dimostrando come nulla sia cambiato in questi cinque anni nell’approccio a questo tema da parte delle istituzioni.

Gli sfratti sono ripresi e aumenteranno, con migliaia di famiglie che, a fronte di lavori precari e sottopagati, non possono permettersi gli affitti del mercato privato di questa città. Le case popolari, che dovrebbero essere garanzia per il diritto alla casa, vengono invece lasciate all’abbandono, con centinaia di appartamenti sfitti e liste infinite per le assegnazioni.

Mentre amministrazioni e tribunali cercano di criminalizzare, processare e reprimere chi lotta per il diritto all’abitare e i diritti sociali, vedendo nelle nostre rivendicazioni una grave condotta da punire, noi continueremo ad organizzarci insieme a tutti quelli che subiscono condizioni di sfruttamento e precarietà.

Siamo convinti più che mai che sia necessario continuare e rilanciare quelle pratiche di lotta e organizzazione che ci appartengono, per imporre la centralità del diritto alla casa contro istituzioni capaci solo di portarci a processo e fare tante promesse che nei fatti si dimostrano solo belle parole.

Non è un caso infatti che la conferenza stampa di oggi sia stata convocata proprio in via Zampieri 13, in cui è stato occupato da Asia-USB un alloggio Acer il giorno dello sciopero generale l’11 ottobre e che non abbiamo intenzione di lasciare fino a quando non si procederà con l’assegnazione dello sfitto. Questa occupazione è in perfetta continuità con i nostri percorsi di lotta portati avanti negli anni, e non sarà di certo l’ennesima misura repressiva a fermarci.

Ieri come oggi, troppe case vuote e troppa gente senza casa. È tempo di cambiare rotta!

Asia-USB

Cambiare Rotta

Da osservatorio repressione

Il questore di Roma vieta le manifestazioni, anche statiche, a lavoratrici e lavoratori

Il governo usa le azioni dei fascisti/novax per una stretta repressiva indiscriminata contro cortei e manifestazioni. Invece di colpire seriamente i fascisti novax e rompere con i loro referenti politici Salvini/Meloni, colpisce le manifestazioni legittime e necessarie di lavoratori e lavoratrici. Proprio il questore di Roma, che il 9 ottobre si è reso responsabile dell’assalto fascista a una sede sindacale, si permette ora di sospendere il diritto a manifestare, costituzionalmente garantito, delle lavoratrici Alitalia.

Da Osservatorio repressione

“Dovete stare zitti e buoni”. La Questura di Roma sospende i diritti costituzionali

La questura di Roma vieta, senza spiegare il motivo, due manifestazioni statiche indette dall’Usb in piazza SS. Apostoli

Riceviamo notizia in queste ore di una sospensione (temporanea?) dei diritti costituzionali.

La settimana passata sono state convocate due manifestazioni statiche, una prevista in piazza SS. Apostoli venerdì 22 ottobre per la gratuità dei tamponi nelle aziende partecipate pubbliche ed una convocata sempre a piazza SS. Apostoli per oggi, mercoledì 20 ottobre promossa dalle lavoratrici Alitalia. Le due manifestazioni erano state, ovviamente, regolarmente comunicate alle autorità competenti.

Una “informale” telefonata della Questura di Roma, ricevuta dalla sede nazionale della Confederazione USB, ha comunicato verbalmente il divieto di svolgere le manifestazioni, senza spiegarne le ragioni, senza spiegarne i motivi, i fondamenti giuridici, senza indicare la fonte da cui è partito il divieto se non con un generico riferimento al Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica.

È stato inoltre dichiarato il diniego a mettere per iscritto il divieto.

La mancanza di forma scritta impedisce di fatto ogni reazione che si inscriva nei fondamenti dello Stato di diritto e proietta questo divieto nella categoria, di matrice autoritaria, degli ordini indiscutibili.

Ma noi abbiamo da sempre il vizio di porre delle domande, anche quelle più scomode. Chi ha deciso che non si può più manifestare? Il divieto riguarda tutti, qualsiasi soggetto promotore di una manifestazione? Riguarda qualsiasi tema? Attiene a qualsiasi piazza? È un divieto permanente? Ed è definitivo pure il diniego a fornire motivazioni? Di indicare le fonti normative e le autorità preposte che hanno stabilito questa arbitraria sospensione delle garanzie costituzionali?

Quanto sta accadendo è di una gravità senza precedenti. USB e Centro Iniziativa Giuridica (Ce.In. G.) non staranno né zitti né buoni. Rivendichiamo “il diritto di riunirsi pacificamente”, chiederemo che ci vengano indicati “i comprovati motivi di sicurezza e si incolumità pubblica”, debitamente specificati per le due manifestazioni. Rivendichiamo il diritto di parola, di pensiero. E di dissentire. Appunto, né zitti, né buoni.

Unione Sindacale di Base

Centro Iniziativa Giuridica Abd El Salam