Egitto: prima gli interessi dei padroni, poi forse i diritti umani….

Con il silenzio assenso del governo italiano, l’Egitto rinnova la detenzione per Patrick Zaky per 45 giorni.
Non è un problema di “decisioni inumane”, ma di interessi economici e imperialisti che vengono messi al di sopra di tutto

L’entità del rinnovo, fino ad oggi di 15 giorni, ricorda anche che per lo studente e attivista egiziano è iniziata la seconda fase della carcerazione preventiva senza regolare processo, che in Egitto può avere una durata massima di due anni: quella in cui i rinnovi non sono più di 15 giorni, ma di un mese e mezzo

Non finisce il calvario di Patrick George Zaki, lo studente egiziano dell’università di Bologna arrestato il 7 febbraio scorso all’aeroporto del Cairo con l’accusa, tra le altre, di propaganda sovversiva su Facebook. Il tribunale della capitale, riferisce la rete di attivisti in contatto con i suoi legali, ha deciso di rinnovare la carcerazione preventiva per altri 45 giorni. “Avevamo veramente sperato in un esito diverso, ma la notizia che arriva dal Cairo è ulteriormente choccante e inumana“, ha commentato il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury, tra coloro che più di tutti si è speso, insieme all’organizzazione, per chiedere la liberazione del giovane.

L’entità del rinnovo, fino ad oggi di 15 giorni, ricorda anche che per lo studente e attivista egiziano è iniziata la seconda fase della carcerazione preventiva senza regolare processo, che in Egitto può avere una durata massima di due anni: la fase in cui i rinnovi non sono più di 15 giorni, ma di un mese e mezzo. Zaki si trova in carcere ormai da 158 giorni, rinchiuso nella famigerata Sezione II Scorpion della prigione di Tora dedicata agli oppositori del regime di Abdel Fattah al-Sisi.

Quest’ultimo rinnovo era ipotizzabile, visto che in tutte le occasioni precedenti i giudici non hanno mai dato l’impressione di prendere veramente in considerazione la sua liberazione, anche dopo la pandemia di coronavirus, nonostante il ragazzo sia asmatico. Ma l’ultima concessione del governo, che il 4 luglio, aveva fatto recapitare alla famiglia una sua lettera datata 21 giugno in cui rassicurava parenti, amici e sostenitori riguardo alle sue condizioni fisiche, aveva fatto sperare chi da mesi chiede la sua liberazione.

La decisione dei giudici, invece, non è cambiata: “Decisione inumana, arbitraria che consegna Patrick alla prigione di Tora per un tempo lungo nel quale le autorità egiziane immaginano che noi dimenticheremo la sua sorte. Sbagliano, questo è certo”, aggiunge Noury.

Carceri peruviane e prigionia politica. Intervista a Frieda Tarazona militante dell’ “ Asociación de Familiares de Desaparecidos y Víctimas de Genocidio”

Los grupos vinculados a Sendero Luminoso exigieron a la CIDH la libertad de Abimael Guzmán. (Foto: GEC)

Perù: “Ciò equivale a una condanna a morte effettiva

(junge Welt 11 luglio 2020)

Incontro con Frieda Tarazona militante dell’ “ Asociación de Familiares de Desaparecidos y Víctimas de Genocidio

Anche in Perù la Corona Pandemia per le persone in carcere rappresenta un rischio particolarmente elevato. Nelle prigioni, chiaramente, il Virus può estendersi più rapidamente. Qual’è la situazione attuale?

E’ assolutamente allarmante a causa del sovraffollamento e dell’isolamento. Lo stato peruviano è ampiamente distante dall’aver cura e dall’allestire le minime condizioni per combattere la Pandemia. Le persone in carcere vengono abbandonate al loro destino, senza cura medica, senza medicamenti. Ciò equivale a una condanna a morte effettiva, benchè una simile condizione non sia disposta dalla Costituzione peruviana. Le, i prigionier* politic* , nella lunga permanenza in carcere sono stat* e vengono colpit* da tante malattie che rafforzano i rischi per la salute.

Quanti prigionier* politic* ci sono attualmente in Perù?

In totale circa 200, di cui 30 sono in carccere da oltre 28 anni. Sono in prigione dai tempi dei movimenti di guerriglia del Partito Comunista del Perù, (PCP), più precisamente del Movimento Rivoluzionario Tùpac Amaru, MRTA, che sono meno numeros*. Dall’anno 2000 sono stat* imprigionat* sempre di più anche attivist* e sindacalist*.

Fra le-i prigionier* politic* di lunga durata bisogna tener conto anche di Manuel Rubèn Abimael Guzmàn Reinoso, fondatore della PCP-Scissione che ha preso il nome di Sendero Luminoso (SL). Si conoscono le condizioni della sua salute?

Su Guzmàn, che ha 86 anni, oggi non ci sono informazioni. I carcerieri rifiutano ogni informazione. Sua moglie Elena Iparraguirre, anche lei in carcere da 28 anni, a fine maggio si è rivolta al tribunale. Ha chiesto di poter disporre, data la sua età, dell’arresto domiciliare sotto controllo medico. La richiesta è stata respinta ed è ora affidata alla sentenza d’appello.

Abbiamo sicurezze rispetto ai prigionieri Margot Liendo, Osmàn Morote e della prigioniera Silvia Gonzales, colpita dal Coronavirus.

Tutt* hanno la salute molto aggravata. Fino ad ora si contano tre morti, ma sospettiamo che ci sono più trappole. La disposizione di condoni e liberazioni da parte del governo è dichiaratamente esclusa.

Questo è il retroscena dell’ergastolo?

In Perù dal 1980 fino al 1992 è infuriata la ‘Guerra Popular’ condotta dal PCP-SL. Anche dopo la sua fine i governi del Perù hanno proseguito la repressione militare e la persecuzione politica. Le leggi antiterrorismo sono state mantenute. In Perù c’è letteralmente persecuzione politica contro chi mette in dubbio il sistema politico e il governo. Da un punto di vista legale, i processi contro alcun* comunist* sono stati una farsa, che comunque impedisce di lasciare la prigione.

Negli anni novanta il governo non ha diposto un’amnistia, in seguito sono state liberate parecchie migliaia di prigionier* politic*?

L’amnistia non c’è mai stata. Guzmàn Reinoso nel 1993 propose di passare dalla lotta politica con le armi alla lotta politica senza armi, ma non ne è seguito alcun accordo con il governo. Le-I prigionier* politic* nel 2003 hanno ottenuto di affrontare nuovi processi e venir liberat* in migliaia. Una parte di loro è stata condannata ed è ancora in carcere. Invece di lavorare per una soluzione politica del conflitto, il governo ha adottato una politica di vendetta e continua a farlo oggi. Noi facciamo appello all’opinione pubblica internazionale ad impegnarsi in una campagna per la vita e il rilascio de* prigionier* politic* in Perù.