Pubblichiamo, da Associazione Yairaiha Onlus, la lettera di familiari dei detenuti di Caltanissetta sullo sciopero messo in atto dai propri parenti in carcere:
Archivi giornalieri: 05/07/2020
Sospensione dei colloqui via skype: proteste anche nel carcere di Lecce
Tensione nella casa circondariale di Lecce per una protesta dei detenuti che ha messo in allarme la polizia penitenziaria. Nei giorni scorsi, racconta il sindacato Osapp, circa 500 detenuti hanno cominciato a sbattere contro le inferriate alcuni oggetti recuperati nelle celle provocando rumore per circa un’ora.
Il motivo? “I detenuti non hanno accolto positivamente la circolare di sospensione del sistema skype che consentiva di tenersi in contatto con le famiglie – spiega il sindacato.
Ancora trasferimenti punitivi dal carcere di Santa Maria Capua Vetere, per arginare le nuove proteste dovute alla sospensione della sorveglianza dinamica e dei colloqui via skype
I cosiddetti “promotori” sono stati trasferiti in altre strutture; si tratta di una ventina di detenuti, tutti del reparto maschile, ma si potrebbe arrivare a una cinquantina di trasferimenti a breve.
“La situazione è tesa e diventa grave. Chiediamo una repressione totale delle violenze che avvengono all’interno degli istituti carcerai. Ci sono dei detenuti che fanno il bello ed il cattivo tempo, decidono le sorti della vita carceraria, questo non deve più essere concesso. Il carcere deve servire da punizione e da monito e allora è necessario prendere delle misure affinché alcuni individui rispettino le regole e non prendano il comando della situazione, lo Stato deve farsi sentire.”
“i detenuti ormai hanno dichiarato guerra allo Stato. L’unico baluardo rimasto a difendere le Leggi e a far rispettare le regole a chi non le ha mai rispettate è la Polizia Penitenziaria.
Una guerra che è sotto gli occhi di tutti, ma che si tende a sottovalutare o addirittura negare, in virtù dell’iper garantismo imperante in questo Paese dove le carceri sono lasciate alla deriva.
Ma abbiamo già dimenticato che fior di galantuomini sono in carcere? Mafiosi, camorristi, ndranghetisti, violentatori di bambini, spacciatori di morte, malati mentali, tossici, extracomunitari, fiancheggiatori dell’estremismo islamico, sicuramente non mammolette o personcine a modo vittime del sistema.
Eppure, nonostante le rivolte di marzo, nonostante l’arroganza che travalica anche il buon senso, c’è in Italia questa tendenza a compatire, a perdonare, a difendere gli oppressi anche se questi hanno messo a ferro e fuoco gli Istituti di pena, non si riesce a trasferirli in modo automatico lontano da casa, non si riesca ad applicare loro il 14 bis, non si riesce a farsi risarcire i danni (moltissimi di questi non hanno né avranno mai un centesimo nella “libretta”), non si riesce a far comprendere ad una certa magistratura che in certe situazioni quando c’è da ristabilire la sicurezza, l’uso del manganello è legittimo (art.41 O.P.) […] E se la Polizia Penitenziaria nega qualcosa pretesa come un “diritto” … allora ti devi aspettare sommosse, rifiuti di entrare in cella, aggressioni. Insomma una vera e propria guerra dichiarata da lestofanti e delinquenti della peggiore specie cui lo Stato non riesce a rispondere adeguatamente, ovvero con la giusta severità o con provvedimenti di legge eccezionali che vengono presi quando c’è una guerra in atto e bisogna che lo Stato si riappropri del territorio (in questo caso delle sue carceri).”