VERDINI FUORI, A RIPARO DAL CONTAGIO. GLI ALTRI CARCERATI POSSONO MORIRE

Denis Verdini ai domiciliari, nella villa in Toscana. I carcerati, figli di nessuno, stanno in galera ad impestarsi di Covid19. Se si ribellassero, come a marzo dell’anno scorso, avrebbero tutte le ragioni del mondo, anche se 14 pagarono con la vita …
Denis Verdini ai domiciliari, nella villa in Toscana. I carcerati, figli di nessuno, stanno in galera ad impestarsi di Covid19. Se si ribellassero, come a marzo dell’anno scorso, avrebbero tutte le ragioni del mondo, anche se 14 pagarono con la vita …

Caro Operai Contro, l’ex senatore Denis Verdini esce da Rebibbia e si accende una sigaretta, nonostante la direzione carceraria l’abbia rimesso in libertà proprio per le sue “condizioni croniche già compromesse”, che lo rendono un soggetto fragile a rischio del focolaio Covid a Rebibbia.
Mentre Verdini va agli arresti domiciliari nella sua villa patrizia sui colli fiorentini, restano in galera una massa di prigionieri “sconosciuti”, ma con gravi problemi di salute anch’essi a rischio del focolaio Covid. Una semplice ma doverosa constatazione di come funziona la giustizia dei padroni.
La scarcerazione di Verdini ha fatto sobbalzare il Garante dei detenuti di Roma, Gabriella Stramaccioni che intervistata dal Fatto Quotidiano si chiede: “Perché solo lui e non anche gli altri?”. Come mai solo a lui le pratiche burocratiche sono state “espletate con una velocità che normalmente non è consuetudine all’interno del carcere?”
Nel marzo 2020 i prigionieri nelle carceri italiane hanno dovuto ribellarsi, 14 di loro morirono negli scontri con un numero imprecisato di feriti, seguirono misure punitive e trasferimenti in condizioni peggiori. Tra le 189 carceri in Italia, fu necessaria la rivolta in 70 istituti penitenziari e una forte mobilitazione in altre 30, con le quali i prigionieri ottennero che l’emergenza Covid venisse riconosciuta anche nelle carceri, seppur con grossi limiti.


Un provvedimento del governo Conte bis apriva le porte del carcere per 7.711 detenuti mandandogli agli arresti domiciliari. Il totale nelle patrie galere scese da 61.235 detenuti a 53.524. I domiciliari furono riconosciuti a tutti i detenuti con residuo di pena inferiore a 18 mesi, esclusi i condannati per delitti gravi. Un provvedimento che col passare dei mesi viene applicato in modo discriminatorio dall’autorità carceraria che usa 2 pesi e 2 misure.
Verdini non è un condannato comune. Non rientra nella schiera dei detenuti che sono stati costretti a delinquere, perché schiacciati da una condizione sociale insostenibile, e che nelle rivolte delle carceri hanno pagato con la vita il prezzo più alto: “Sono morti quelli del terzo letto, i detenuti più poveri che nei letti a castello stanno nella parte superiore quella più scomoda”, come constatò il magistrato Catello Maresca.
A trovare Verdini in carcere c’era la processione di parlamentari di centrodestra ma anche di centrosinistra, e non mancavano imprenditori famosi come Antonio Angelucci, noto come il “re delle cliniche romane”.
Verdini è finito in galera dove è rimasto 85 giorni, dopo una condanna per bancarotta a 9 anni in primo grado, ridotti prima in appello poi in cassazione a 6 anni e mezzo, per il crac del Credito cooperativo fiorentino.
Ma la sua notorietà risale al 2014 quando Renzi allora segretario del Pd e capo del governo, lo ingaggiò come anello di congiunzione tra il Pd e Forza Italia. Organizzò gli incontri tra Renzi e Berlusconi dalle cui trattative nacque il “Patto del Nazareno”. Già allora Renzi cercava un consenso parlamentare più ampio, dopo che d’accordo con gli industriali aumentò di 80 euro i salari, escludendo le fasce più basse di operai e lavoratori. 80 euro usati come vaselina non solo per i percettori degli 80 euro, ma per tutti gli operai e lavoratori dipendenti del settore privato, per i quali abolì l’articolo 18, varò il Jobs act, ecc. ecc.
Oggi a rievocare Verdini con il “Patto del Nazareno” è proprio il via vai di politici che gli han fatto visita in carcere. Soprattutto Renzi proprio nei giorni che alzava il tiro per far cadere il governo Conte bis.
Tornando all’intervista la Stramaccioni precisa che: “Ci sono detenuti che dopo 5 o 6 mesi ancora devono ottenere le visite mediche. Molte istanze sono state rigettate negando la presenza del Covid”.
“Nell’ultimo mese 30 istanze di sollecito per visite mediche per altrettanti pazienti in carcere, con patologie incompatibili con l’emergenza Covid, sono state respinte”. Esempio un serbo di 69 anni Miodrag Miletic con “la metà del polmone fuori uso e gravi problemi cardiovascolari”.
Non mandando ai domiciliari i detenuti con fragilità a rischio Covid, si condannano a morte sicura tramite contagio. Una situazione in cui la responsabilità delle direzioni carcerarie, si divide con la complicità del parlamento della repubblica italiana che, troppo preso dalla crisi di governo, finge di non vedere.
La giustizia dei ricchi non ha nemmeno il sentimento della vergogna e merita solo la rivolta. I carcerati hanno dimostrato pochi mesi fa, che si può fare.
Saluti Oxervator