Tunisia: La polizia politica reprime la libertà d’espressione – Libertà per il compagno Farid Alibi!

Mercoledì notte, 15 luglio 2020 vicino alla sua casa a Sfax, il membro dell’ufficio politico del partito Elkadihines il compagno Farid Alibi è stato oggetto dell’operazione “Brakaj” da un gruppo di elementi di sicurezza in borghese. È stato trasferito con la forza in un centro di sicurezza ed è stato incriminato per aver usato la locuzione “polizia di Juanjeh” [un termine che indica un membro dei Fratelli Musulmani n.d.t.] e il compagno è ancora incarcerato fino ad ora in attesa del suo processo martedì prossimo.
In relazione a ciò, il partito Elkadihines afferma:

1-condanna fermamente questo comportamento degli elementi della sicurezza, che riflette la continua pratica della polizia politica di rintracciare e reprimere gli attivisti politici e afferma che la libertà di parola è quasi l’unica conquista che il popolo ha ottenuto in seguito alla rivolta del 17 dicembre [2010 n.d.t.].
2-Il suo rifiuto delle accuse incriminanti il compagno, che l’Operazione Brakaj e l’arresto sono conseguenza di dichiarazioni politiche fatte dal compagno ai media e che il suo scopo è di minacciarlo e terrorizzarlo per mettere a tacere la sua voce.
3-Considera la piena responsabilità delle autorità ufficiali che lo detengono per le conseguenze dovute a questa sospensione per l’impegno con i suoi obblighi familiari e universitari.
4-Invita tutte le forze e le organizzazioni nazionali, democratiche e dei diritti a sostenere il compagno Farid per sollevarlo dall’oscurità a cui è esposto e resistere alla repressione della libertà di parola.

Strage nelle carceri in Campania, due suicidi in sole 48 ore

Già sei casi nel 2020 nella Regione, 29 in tutta Italia

Due suicidi in 48 ore nelle carceri campane. E dall’inizio dell’anno la conta nella regione arriva a sei morti. L’ultimo nel carcere di Poggioreale a Napoli. Di ieri invece la notizia di un altro uomo che si è tolto la vita a Santa Maria Capua Vetere, il carcere nel casertano già teatro di numerose proteste e di un altro suicidio lo scorso maggio. A confermarlo i Garanti dei detenuti della Regione e della città di Napoli Samuele Ciambriello e Pietro Ioia.

Sono 29 i detenuti che in tutto il territorio nazionale si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno. Negli istituti di pena si continua a muorire per suicidio 13,5 volte di più che all’esterno del carcere. Il numero di detenuti nelle carceri italiane è sceso del 13,9%, arginare il problema del sovraffollamento dunque non basta a contrastare il malessere della vita in carcere. Alfonso Fresca si è tolto la vita nel carcere napoletano a 39 anni. Luigi Rossetti detto “Ginetto” aveva 40 anni. È stato trovato impiccato nella sua cella del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Lo scorso cinque maggio nello stesso istituto si era tolto la vita Lamine H., algerino, nato nel giugno del 1992.

Per il Garante Regionale Samuele Ciambriello e quello Metropolitano di Napoli Pietro Ioia “anche se i suicidi sono ascrivibili a diverse motivazioni, il carcere continua ad uccidere. Pertanto chiediamo al Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e al responsabile dell’Osservatorio Regionale della Sanità Penitenziaria un incontro urgente tra più soggetti coinvolti nel mondo penitenziario per evitare che in questo periodo la solitudine e il vuoto trattamentale uccidano più di una pandemia. Il congelamento delle attività di risocializzazione, di volontariato, e di reinserimento, la diminuzione dei contatti con i propri affetti ha prodotto un evidente senso di abbandono e arrendevolezza”.

Da Il riformista

Per Manu, per Juan, per un’autodifesa collettiva

Riceviamo e pubblichiamo questo appello di anarchiche e anarchici per un presidio di solidarietà:

*Mercoledì 22 luglio, alle ore 13,00, presso il tribunale di Brescia, si
terrà il processo di appello contro Manu*. Arrestato nel maggio del 2019,
detenuto in carcere fino al marzo del 2020 e tutt’ora agli arresti
domiciliari, il 22 novembre scorso Manu è stato condannato a 3 anni e 2
mesi con l’accusa di aver aiutato Juan durante la sua latitanza. Con un
precedente tanto strampalato quanto grave, il tribunale di Brescia non gli
ha contestato solo “procurata sottrazione alla pena”, ma anche
“favoreggiamento” con l’aggravante di “terrorismo” perché Juan, uccel di
bosco per una serie di definitivi legati soprattutto alla lotta contro il
TAV in Valsusa, è stato arrestato dopo più di due anni di latitanza con
l’accusa di aver attaccato la sede della Lega di Treviso, procedimento di
cui nessuno – né Juan né tanto meno Manu – poteva essere a conoscenza. Se
in anni recenti ben di rado è successo che chi offriva ospitalità o aiuto a
un latitante venisse arrestato, è la prima volta, ci sembra, che al
“favoreggiamento” si aggiunge l’aggravante di “terrorismo”, in questo caso
con un salto logico assai ardito. Si tratta di un attacco ben preciso alla
solidarietà, di un monito a chiunque in futuro decidesse di dare una mano
ai ricercati, ai fuggiaschi, ai clandestini, contrapponendo alla legge la
pratica del mutuo appoggio, le regole – antiche quanto il mondo – di una
comunità che si apre senza chiedere i documenti, lo slancio generoso che
unisce chi sfida l’autorità e le sue ingiustizie. Visto che in tante e
tanti potrebbero trovarsi nella situazione di Juan – come già milioni di
esseri umani, per motivi diversi, vivono e si spostano braccati dalla
polizia perché non hanno in tasca un determinato pezzo di carta –, ribadire
forte e chiaro che la solidarietà è cosa buona e giusta non è solo un gesto
di vicinanza a Manu (e a Juan), ma un elemento di autodifesa collettiva.
Quel *mondo sotterraneo* in cui leggi e polizia non riescono ad entrare è
proprio il tessuto etico che ha scritto le pagine più belle dell’umanità
ribelle, che ha permesso – e ancora permette ai quattro angoli del Pianeta
– ai movimenti rivoluzionari di tenere duro. In quella *storia* *bandita* è
ancora inscritto il nostro futuro.

*Per queste ragioni, e altre ancora, invitiamo compagne e compagni, amici e
solidali, a una presenza di appoggio fuori del tribunale di Brescia,
mercoledì 22 luglio, dalle ore 12,30. *

*anarchiche e anarchici *

Chi contesta il carcere è un terrorista

Il carcere come questione maledetta. Delle ragioni per cui nella prima decade di marzo durante le rivolte morirono 15 detenuti si continua a non sapere nulla e gli inquirenti sul punto tacciono. La magistratura invece si fa viva sul versante opposto. La procura di Milano sulla rivolta che portò i reclusi a protestare sui tetti come non accadeva da anni ha chiuso le indagini e accusa 34 persone di devastazione, che inevitabilmente saranno processate. Ma come se ciò non bastasse la solidarietà ai detenuti e le lotte per mettere in discussione il carcere costano incriminazioni per associazione sovversiva finalizzata al terrorismo. È accaduto a Bologna dove 7 anarchici erano stati arrestati e poi scarcerati dal Riesame a distanza comunque di tre settimane. Nei prossimi giorni saranno depositate le motivazioni del provvedimento.

A Roma invece è andata diversamente. Su cinque militanti finiti in prigione uno solo è stato liberato. «Per fatti bagattellari come scritte sui muri volantini e persino presunti furti di cemento si contesta l’accusa di terrorismo – dice l’avvocato Eugenio Losco legale di Pierloreto Fallanca, l’unico liberato per insussistenza delle esigenze cautelari – accade che se contesti l’istituzione carceraria dall’interno come detenuto metti a rischio l’incolumità e anche la vita, come stiamo tragicamente verificando di questi tempi. Se fai la stessa cosa dall’esterno ti affibbiano l’etichetta di terrorista e ti mettono in galera». Secondo un altro legale, Ettore Grenci, «il Riesame di Roma per confermare le misure cautelari si è discostato dalla giurisprudenza della Cassazione che in materia di associazione sovversiva aveva fissato dei paletti ben precisi».

Lettera di Beppe dal carcere di Pavia

carissimi/e
spero che questa mia vi trovi bene!
Vi scrivo per segnalarvi una situazione (l’ennesima!) grave che mi sono trovato ad affrontare tra il pomeriggio del 3/7 e la mezzanotte del 4/7!
Come sarete a conoscenza sono rinchiuso da circa 1 anno in una cella da solo nella sezione “protetti” delle galera di Pavia!!
ho da sempre rifiutato tale collocazione mettendo in atto varie forme di lotta (sciopero della fame, sciopero dell’aria…)
La (parola che non riesco a capire) sanitaria della galera di Pavia pur non avendomi mai sottoposto a nessuna visita medica (anche se c’era una richiesta specifica del GIP Basilone) ha dichiarato che sono in trattamento (con cosa?) per il linfonodo alla tiroide (mai controllata qui) e che ho avuto una grave forma di bronco-polmonite e in caso di necessità avrebbero provveduto a soccorrermi!!
Venerdì (3/7) pomeriggio su Pavia è arrivato un grosso temporale con raffiche di vento, non facendo in tempo a chiudere la finestra, il vento ha chiuso il blindo della mia cella, qui accade sovente quando c’è tanto vento…devo precisare che i campanelli per chiamare i secondini non funzionano, devi solo urlare!! in questo caso il detenuto lavorante avvisa il secondino di turno che sono “chiuso”, lo sento dalla mia cella…non ho mai chiamato un secondino da quando sono rinchiuso in questa fogna, la loro presenza mi irrita…
aspettando che si sarebbero degnati di riaprire il blindo come tutti in sezione, mi occupo di altro nella cella sapendo che verso le ore 21 sarebbero comunque passati con l’infermiere che distribuisce psico-farmaci…alle ore 20:30 circa il secondino zelante apre lo spioncino del blindo e gli dico subito di aprire il blindo come tutti gli altri che sono molto agitato e non riesco a respirare!
Mi risponde con un Sì e sparisce!!
verso mezzanotte, con il cambio turno dei secondini fanno la conta…non so cosa sia successo, non ricordo niente, mi sono ritrovato sul pavimento pieno di bava con 4-5 secondini che mi continuavano a chiamare, qualcuno diceva che forse ero morto!!
non hanno mai chiamato il medico, né l’infermiere, non sono mai stato visitato anche in ueste circostanze…ho capito da un pezzo perché sono stato collocato in questa sezione in questo carcere!
Alle ore 10:30 circa vengo chiamato in infermeria (04/07/20) dopo aver avvisato l’infermiere del mio malessere e di aver perso conoscenza durante la notte. Davanti al medico di turno gli dico l’accaduto durante la notte: è presente l’infermiera e un secondino “graduato” che assiste alla conversazione, mentre mi prende i parametri gli manifesto al medico un dolore forte alla fronte per la botta presa con la caduta, l’infermiera mi dice che non si vede nulla e nel spiegargli che sarebbero venuti a mezzanotte quando ero disteso ul pavimento com’era quando mi hanno trovato i secondini in turno magari si sarebbero accertati sul momento!
A sto punto interviene il secondino presente che con tono minaccioso mi dice che “parlo troppo” e che devo parlare solo di medicine!! Presenti il medico di turno e l’infermiera (dicono la moglie di un secondino) non fanno una piega!!
ho fatto richiesta delle cartelle cliniche vediamo se me le portano!!
Spero che questa vi arrivi e non sparisca!!
Vi chiedo di essere partecipi con me contro questo collocamento in questa sezione e questa galera!!Fate girare a più persone e siti possibili!
Di galere si muore!
Mi rialzo A TESTA ALTA Vomitando tutto il mio odio a questo collocamento!!
Libertà per i compa romani*!

04/07/2020

Beppe.

Giuseppe Bruna
C.C
Via Vigentina n. 85
27100 Pavia

* Indirizzi aggiornati dei compagni anarchici arrestati nell’operazione Bialystok:

Francesca Cerrone
Casa Circondariale di Latina
Via Aspromonte 118
04100 Latina

Claudio Zaccone
CC di Siracusa, strada monasteri 20
96014, cavadonna, (SR)

Flavia Digiannantonio
C.C di Roma Rebibbia
via Bartolo Longo 72
00156, Roma

Roberto Cropo
Num ecrou : 1010197
Centre pénitentiaire
1 allée des thuyas
94261 Fresnes CEDEX
FRANCIA

Nico Aurigemma
Casa Circondariale di Terni
Str delle Campore 32
cap 05100 Terni
(TR) Italia

Solidarietà con la rivolta scoppiata al Cpr di Gradisca d’Isonzo dopo l’ennesima morte nel lager di Stato dove regna l’arbitrio assoluto e impunito della violenza poliziesca

Al CPR di Gradisca d’Isonzo un cittadino albanese morto per ” un eccesso di sedativi e tranquillanti” e due feriti dei quali uno si è dato fuoco.

Il 20 gennaio 2020 era morto in ospedale Vakhtang Enukidze, cittadino Georgiano.

Il comunicato di LasciateCIEntrare:

“Sono 18 i cittadini tunisini trasferiti dall’hotspot di Pozzallo al CPR di Bari.

Tra loro dei minori, poi trasferiti in accoglienza solo successivamente alla nostra segnalazione al Garante dei minori.

Dopo Bari, alcuni sono stati trasferiti prima a Roma, al CPR di Ponte Galeria per due giorni, quindi a Gradisca d’Isonzo. Da qui siamo stati contattati per le precarie condizioni di salute di un cittadino tunisino con problemi di asma.

Ieri due reclusi hanno protestato: uno si è dato fuoco. L’altro si è tagliato le vene. Ci dicono si tratti di due cittadini albanesi condotti poi in ospedale ieri sera, ma di cui non conosciamo le attuali condizioni.

Stamattina una nuova segnalazione: un altro morto di CPR. Pare che sia uno ragazzo albanese di 28 anni e la causa sia dovuta a un eccesso di sedativi e tranquillanti, ma siamo in attesa di dettagli.

Anche la stampa inizia a diffondere la notizia: “Esclusi al momento segni di colluttazione, ma le cause del decesso del giovane sono ancora tutte da chiarire“.

Una nuova morte annunciata dopo quella di gennaio di Vakhtang Enukidze.

I CPR continuano a rappresentare luoghi di abuso.
I CPR uccidono.
I CPR vanno chiusi.“

Le violenze della polizia

da nofrontierefvg.noblogs.org

sabato 4 luglio, verso le 9 di mattina, le forze dell’ordine sono entrate nella cella di alcuni reclusi per sequestrare gli accendini. “Come facciamo a fumare se ci tolgono gli accendini?”, chiede qualcuno. Ci dicono che molti stavano ancora dormendo, perché i pensieri impediscono di prendere sonno se non quando è già mattina.

Ci raccontano che qualcuno ha chiesto “perché?”, ma che che sono stati comunque buttati fuori in malo modo, tanto che una persona è caduta sul pavimento bagnato, e ha avuto bisogno dell’assistenza medica della struttura. Ci raccontano che altri reclusi hanno protestato per questo comportamento gridando alle persone in divisa di spiegargli il perché dell’intervento e chiedendo di non essere trattati come animali, tirati fuori dal letto e buttati fuori dalle stanze in malo modo.

Ci raccontano che in questo momento un ragazzo che protestava in difesa degli altri è stato preso di mira venendo manganellato da due poliziotti, colpito alla schiena e sulla testa, mentre altri detenuti gli dicevano di uscire nel cortile, dove sarebbe stato protetto dal fatto che ci sono le telecamere.

Ci raccontano che questa persona è svenuta diverse volte ogni giorno nei quattro giorni seguenti, in una di queste occasioni all’interno del CPR gli è stata fatta una rianimazione cardiopolmonare, ed è stata portata al Pronto soccorso di Gorizia. Gli svenimenti avvenivano secondo alcuni per il sangue perso, secondo altri per le botte prese in testa, secondo altri ancora perché nei giorni successivi non mangiava più.

Ci raccontano che questa persona, una volta tornata nel CPR, è stata privata di alcune delle sue lettere di dimissione dal Pronto soccorso e ci dicono che nonostante continui a richiederle non gli vengono consegnate, e quindi non conosce i risultati delle analisi che gli sono state fatte. “L’ha presa quello mafioso che comanda noi tutti in CPR [..] stiamo morendo noi qua”, ci dicono. L’ultimo video è di ieri, a terra c’è sangue.
Ma, una volta uscito, ci raccontano che preso dallo sconforto per quell’ingiustizia subita, ha preso una lametta e si è tagliato tutto il corpo. Il video che alleghiamo riguarda un momento appena successivo a questo avvenimento.

“Mi hanno picchiato, poi sono caduto giù e sono uscito fuori di testa, ho preso la lametta e mi sono tagliato. […] siamo la stessa carne, siamo lo stesso sangue, non va bene che mi trattano come un topo.