Francia – ultima proposta del movimento per la liberazione di Georges Ibrahim Abdallah

 

Bonjour camarade,
pour continuer à faire pression sur les autorités françaises, voici en pièce jointe la lettre que chacun d’entre nous peut envoyer au Ministre de l’Intérieur pour lui rappeler l’impérieuse nécessité de signer l’arrêté d’expulsion afin que notre camarade Georges Abdallah soit enfin libéré.
Cette lettre a déjà été envoyée au nom de la campagne unitaire avec en copie le Ministre de la Justice.
Salutations rouges internationalistes et solidaires

 

carcere tortura di torino – vogliamo giustizia e ‘vendetta’ per i detenuti vessati da direzione e vigliacchi in divisa

«Caduti dalle scale». Mistero su 166 feriti in 9 mesi di prigione

La denuncia che ha dato il via all’inchiesta
Un ferito ogni due giorni. « Infortuni accidentali», la definizione usata dagli amministratori del carcere di Torino per etichettare ben 166 casi di strane «cadute» avvenute all’interno del « Lorusso e Cutugno» in nove mesi, dal primo gennaio al due ottobre 2018. E quasi la metà di quelle misteriose contusioni, per l’esattezza 75, si erano verificate nel padiglione C, quello dei detenuti accusati di reati sessuali. Sono alcuni dei dati scritti da Mauro Palma, Garante nazionale dei detenuti e da Emilia Rossi, componente del Collegio in una denuncia inviata il sei dicembre 2018 al procuratore dell’epoca, Armando Spataro. Il documento, che fa parte delle 5.800 pagine degli atti dell’inchiesta sulle presunte torture alle Vallette (sono 21 gli agenti di polizia penitenziaria indagati), è stato fondamentale per gli inquirenti.
In nove pagine Palma e Rossi descrivono «plurimi casi di atti di aggressione e di maltrattamenti a danno di persone detenute nel padiglione C, e, in particolare ancorché non esclusivamente, nelle sezioni che ospitano i cosiddetti protetti per riprovazione sociale».

il carcere tortura di torino smascherato anche alle donne psicologhe

Dalla garante alle psicologhe: l’omertà nel carcere di Torino vinta grazie al coraggio delle donne

Un detenuto seminudo, ammanettato e brutalmente imbavagliato mentre le guardie gli sputavano addosso e i medici e gli infermieri lo immobilizzavano, si trasformava in un folle cui avevano dovuto mettere una “mascherina, per evitare che sputasse”. Lui agli altri, quando a dover dare una spiegazione era il direttore del carcere, Domenico Minervini. I lividi segnalati non erano mai opera degli agenti. Le ferite venivano refertate come frutto di risse tra vicini di cella. Ed è andata così per molti anni, forse da sempre. Come ammette lo stesso Minervini in una telefonata, “coercizione all’interno del carcere c’è sempre stata ma abusiva e non tracciata”.

Finché un movimento di indignazione e poi di denuncia sembra essere nato, leggendo le carte dell’inchiesta, al Lorusso e Cutugno intorno al 2017, per poi continuare a crescere, nonostante i tentativi di insabbiare i soprusi. Ed è stata sprattutto la tenacia silenziosa delle donne a far venire a galla quel che era sempre rimasto nascosto con l’inchiesta che vede indagate 25 persone, compreso il direttore Domenico Minervini. Insegnanti, psicologhe, assistenti legali. Professioniste con la vocazione dell’uguaglianza dei diritti, che periodicamente entravano in carcere, lasciandosi tutto alle spalle e immergendosi in un mondo diverso, con regole diverse. Una su tutti, Monica Gallo, nominata garante dei detenuti della Città di Torino nel 2015, anima di questa inchiesta penale che ha portato all’arresto di sei agenti della polizia penitenziaria e, ieri, alla rimozione dei vertici dell’amministrazione del carcere torinese.

Nell’autunno del 2019, dopo che per mesi aveva cercato di ottenere provvedimenti per far cessare le violenze che si perpetravano al Lorusso e Cutugno, le sue relazioni sono finite tutte insieme in un fascicolo d’inchiesta della procura di Torino. Lei, le funzionarie che assistono i detenuti durante il percorso riabilitativo, le psicologhe, tutte avevano raccolto le confidenze dei detenuti, in particolare dal padiglione dei cosiddetti sex-offender, visto che da più parti arrivavano voci su come una ” squadretta” di agenti di polizia penitenziaria infieriva da quelle parti. E hanno dato corpo all’indagine mettendo in fila almeno undici casi analoghi a quello di Daniele Caruso, il detenuto sottoposto a Tso il 24 settembre 2018 con quelle modalità inspiegabili.

Gallo, dopo qualche giorno, saputo dell’episodio era passata dal dirigente sanitario delle Vallette per chiedergli come mai Caruso fosse stato trasportato in ospedale quasi nudo, ammanettato e con un bavaglio alla bocca. Ma i vertici avevano sempre una spiegazione che ribaltava le responsabilità e proteggeva i violenti. Lei segnalava e le segnalazioni cadevano nel vuoto. Fino a novembre del 2019, quando l’inchiesta del pm Francesco Pelosi è entrata nel vivo e tutte quelle donne che nei mesi precedenti avevano preso carta e penna, senza rassegnarsi, sono diventate testimoni utili a riscostruire la realtà dietro le sbarre.