Caso Cospito: “dichiaro di interrompere lo sciopero della fame”. Ma la battaglia contro la repressione, contro il carcere tortura/assassino deve continuare, ancora più forte

Dopo 181 giorni, Alfredo Cospito ha deciso di interrompere lo sciopero della fame contro il 41bis, iniziato il 20 ottobre 2022. Lo ha comunicato lui stesso su un modello prestampato a disposizione dei detenuti e in cui ha scritto: “Dichiaro di interrompere lo sciopero della fame” dopo 6 mesi di protesta, in cui ha perso 50 chilogrammi, con diversi problemi cardiaci e neurologici che ora andranno seguiti con molta attenzione e cura.

Solo ieri, martedì 18 aprile, la Consulta aveva bocciato come “illegittimo” il divieto alle attenuanti contro Cospito e Anna Beniamino, altra esponente anarchica sotto processo a Torino per le due bombe carta del 2006 fuori dalla scuola per allievi ufficiali carabinieri di Fossano, Cuneo, senza vittime nè feriti. La decisione della Consulta, oltre a segnare un punto di diritto universale, dovrebbe chiudere le porte alla richiesta di ergastolo per lo stesso Cospito, comunque per ora sottoposto ancora al 41 bis, istituto penale messo pubblicamente sotto accusa in questi mesi con uno degli scioperi della fame più lunghi mai realizzati in Italia.

Intanto i legali di Cospito hanno presentato un nuovo ricorso alla Corte di Strasburgo, questa volta contro direttamente il regime del 41bis. Nel ricorso si sostiene che sono stati violati diversi diritti di Cospito, tra cui quello a non essere sottoposto a maltrattamenti, perché “il regime differenziato applicato a Cospito è disumano per il suo carattere afflittivo, la sua illegittimità e sproporzione”.

Sulla vicenda l’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini, ha diffuso il seguente comunicato:

Comunicato stampa sulla vicenda involgente Alfredo Cospito

Era il 20 ottobre 2022 quando Alfredo Cospito, nel corso della prima udienza alla quale aveva diritto a partecipare dopo il suo trasferimento al 41 bis del 4 maggio 2022, dichiarava di voler iniziare uno sciopero della fame.

Le ragioni della protesta risiedevano nella aspra critica propugnata dall’anarchico contro il regime del 41 bis e l’ergastolo ostativo.

Dal 20 ottobre sono ormai trascorsi 181 giorni nei quali il Cospito, attraverso il suo corpo sempre più magro e provato, ha svelato cosa significhi in concreto il regime detentivo speciale: illogiche privazioni imposte ai detenuti, aspre limitazioni prive di una legittima finalità, deprivazione sensoriale, un ambiente orwelliano in cui si è costantemente osservati e ascoltati da telecamere e microfoni. Ed ancora, impossibilità di leggere, studiare ed evolvere culturalmente e di ricevere libri e riviste dall’esterno anche quando inviati da case editrici, detenuti anziani ai quali viene impedito per decenni di abbracciare, anche solo toccare la mano, di figli, coniugi, fratelli…

Grazie alla protesta di Cospito, alle mobilitazioni del variegato mondo dell’attivismo politico extraparlamentare, al movimento anarchico, agli intellettuali schieratisi a sostegno delle ragioni della protesta, al mondo dei media che ha permesso la veicolazione di questi scomodi argomenti nelle case delle persone, milioni di soggetti, tra cui soprattutto le nuove generazioni, hanno compreso l’incompatibilità del 41 bis o.p. con i principi di umanità della pena e quindi con la Costituzione nata dalla lotta antifascista.

Grazie alla vicenda Cospito, il 41 bis è sempre meno tollerato da una opinione pubblica che in questi mesi è stata chiamata ad un ruolo attivo che superasse e bandisse l’indifferenza nei confronti dell’altro. A questo risultato immediato se ne deve però aggiungere un altro ossia la dichiarazione di ricevibilità e conseguente registrazione del ricorso proposto dall’avv. Antonella Mascia di Strasburgo e dallo scrivente alla Corte europea dei diritti dell’uomo, avente proprio ad oggetto il regime penitenziario differenziato previsto dall’articolo 41-bis O.P.

Il ricorso, nel quale sono state lamentate gravi violazioni della Convenzione EDU, verrà valutato nel merito nel termine di due o tre anni (tali sono i tempi di una pronuncia) e potrebbe rappresentare il grimaldello giuridico che bandirà lo strumento inumano del 41 bis, così come avvenuto nel caso dell’ergastolo ostativo.

Da ultimo, ma non per minore importanza, l’oggettiva vittoria conseguita con la decisione di ieri, 18 aprile 2023, della Corte Costituzionale che, da quanto si apprende dal comunicato diffuso, non ha soltanto deciso sulle sorti del detenuto anarchico, ma ha compiuto una dichiarazione di incostituzionalità del divieto di prevalenza di tutte le attenuanti, nei confronti della recidiva reiterata, per tutti i reati la cui pena edittale sia fissa e contempli il solo ergastolo.

Conclusivamente la lotta intrapresa da Cospito può dirsi abbia raggiunto gli obiettivi prefissati, i tempi di attesa della decisione della Cedu, a differenza di quelli molto più contenuti della Consulta, non sono infatti compatibili con lo sciopero della fame mentre la decisione di Strasburgo merita di essere attesa.

Quindi Alfredo Cospito, trascorsi 180 giorni di digiuno e dopo aver esposto a rischio la propria vita, essere dimagrito 50 chilogrammi e aver ormai irrimediabilmente compromesso la propria funziona deambulatoria dovuta allo scadimento irreversibile del sistema nervoso periferico, il 19 aprile 2023 ha deciso di porre fine allo sciopero della fame. Ciò facendo, il medesimo, ringrazia tutti e tutte coloro che hanno reso possibile questa tenace quanto inusuale forma di protesta.

Avv. Flavio Rossi Albertini

Per Alfredo Cospito prima incrinatura contro la linea forcaiola/assassina di Governo, Nordio, Stato. Bene! Ora avanti, la battaglia continua

La Corte Costituzionale ha deciso che Cospito non può essere condannato all’ergastolo
Fuori Alfredo dal 41 bis ORA!

(da Repubblica) 

La Consulta dà ragione all’anarchico: “Incostituzionale non riconoscere le attenuanti

Alla Consulta hanno vinto Alfredo Cospito e il suo avvocato Flavio Rossi Albertini. La Corte costituzionale apre dunque la via per uno sconto di pena all’anarchico, facendo cadere la norma che avrebbe vincolato la Corte d’assise d’appello di Torino a condannarlo necessariamente all’ergastolo per l’attentato alla Scuola allievi carabinieri di Fossano del 2006.

La pena “rigida” dell’ergastolo chiesta dalla Cassazione ai giudici di Torino dovrà invece tenere conto delle circostanze attenuanti. Perché, scrive la stessa Corte nel rendere nota la sua decisione appena assunta, “il carattere fisso della pena dell’ergastolo esige che il giudice possa operare l’ordinario bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti” previsto dall’articolo 69 del codice penale che disciplina la gradazione delle pene.

Bocciato come  “costituzionalmente illegittimo” l’articolo del codice “nella parte in cui vieta al giudice di considerare eventuali circostanze attenuanti come prevalenti sulla circostanza aggravante della recidiva nei casi in cui il reato è punito con la pena edittale dell’ergastolo”.

L’avvocato di Cospito: “Finalmente una buona notizia, restituita dignità alle questioni giuridiche sottese alle vicende umane, non ultima quella di Alfredo Cospito”.

Netta sconfitta per l’Avvocatura dello Stato che ancora stamattina (ieri ndr) aveva sostenuto l’assoluta rigidità del codice nel vietare le attenuanti, soprattutto per un reato come quello di Cospito. E sconfitta anche per il governo e per il Guardasigilli, Carlo Nordio, che si era pronunciato per mantenere il regime del 41 bis. Ma sconfitta pure per la stessa Corte di Cassazione che non solo a luglio aveva chiesto di contestare a Cospito il reato di strage, quindi senza attenuanti, ma un mese fa ha anche confermato il regime del 41 bis deciso dal tribunale di sorveglianza..

 A Fossano non ci furono né morti né feriti, ma solo danni. Per questo, secondo la Corte d’appello di Torino, si sarebbe potuta riconoscere l’attenuante dei fatti di lieve entità, riducendo la pena di un terzo.

Opposta l’opinione dell’Avvocatura dello Stato che ha sposato in pieno la tesi della Cassazione, e cioè la “strage politica”, e quindi il reato più grave, il 285 del codice penale che obbliga i giudici a comminare la pena dell’ergastolo. Ovviamente per l’Avvocatura dello Stato, che rappresenta in udienza le posizioni del governo che ha preso posizione altrettanto dura su Cospito come il Guardasigilli Carlo Nordio confermando il 41 bis, chi attenta alla sicurezza dello Stato commette uno “tra i reati più gravi in una democrazia”…

Palermo: studentessa condannata per aver invitato gli studenti a partecipare ad un corteo contro l’alternanza scuola-lavoro

Studentessa palermitana condannata per aver  “istigato” un certo numero di studenti a partecipare ad un corteo in programma a Palermo da piazza Politeama a piazza Verdi: il caso viene raccontato dall’Ansa e riguarda la studentessa Ludovica Di Prima per un fatto accaduto il 4 febbraio dell’anno scorso.

Per la questura Ludovica Di Prima era la “promotrice” di una manifestazione organizzata dal coordinamento Studenti Palermitani per protestare contro l’alternanza scuola-lavoro, protesta attivata anche dopo la morte di due ragazzi durante degli stage.
La notizia è stata data in una conferenza stampa nel Laboratorio Sociale Malaspina.
L’imputata è stata condannata alla pena base di 110 euro e 5 giorni di arresto, convertita in una multa complessiva di 660 euro per aver violato i decreti anti Covid, che autorizzavano solo presidi statici.

“La responsabilità penale di una libera scelta di espressione del dissenso, condivisa da tutta la piazza, ricade secondo la Questura unicamente su una singola persona” ha detto la studentessa che ha aggiunto: “Il divieto, arrivato la sera prima della manifestazione, veniva giustificato coi famosi decreti anti Covid e dunque con la ‘scusa’ della diffusione del contagio, anche se ormai da tempo non vi erano più restrizioni in molti ambiti della vita pubblica”.

La studentessa è stata condannata con un decreto penale e quindi senza un normale processo penale che le avrebbe dato almeno la possibilità di difendersi.

Ludovica Di Prima ha ancora detto: “A un anno da quelle manifestazioni in cui migliaia di giovani in tutta Italia mettevano in discussione un modello di scuola che manda gli studenti a morire in posti di lavoro insicuri, le rivendicazioni sono rimaste inascoltate e l’unica risposta è stata la repressione. La libertà di dissenso in uno Stato che si finge democratico è, dunque, garantita solo se compatibile con le scelte politiche dei governi”.

da La tecnica della scuola