Sabato 22 aprile – Presidio al carcere di L’Aquila

Stando all’ultimo rapporto del garante nazionale di chi è privato/a della libertà, pubblicato a fine marzo, sono 740 le persone detenute in 41 bis, tra cui 12 donne. Nel carcere di L’Aquila, l’unico ad avere una sezione femminile di quel regime di totale isolamento, sono rinchiuse ben 150 persone. Il numero più alto di tutti gli altri 60 reparti distribuiti in 12 carceri.
E’ stato detto più volte, la lotta portata avanti con il proprio corpo da Alfredo, compagno anarchico, ha disvelato cosa si nascondeva dietro ciò che è stato definito, sin dalla sua nascita, uno strumento magari un po’ contraddittorio ma necessario ai fini della “democratica” lotta alla criminalità organizzata, della eroica lotta dei paladini del “bene” contro il “male”.
Il 41bis si è rivelato essere ciò che realmente è: un regime carcerario che vuole silenzio, non solo al suo interno ma anche intorno a sé.
Nato come provvedimento emergenziale si è trasformato gradualmente in prassi, sino ad essere normato come luogo di sperimentazione di tutte quelle pratiche e restrizioni che servono a dividere ed indebolire
l’intera popolazione carceraria. Dal divieto della parola, della socialità, della corrispondenza, dei rapporti familiari al divieto della lettura. Luogo di esasperazione del carcere in cui tutto può succedere e divenire consuetudine.
Ciò che finalmente è emerso è la brutalità del 41bis, agghiacciante nella sua “logica” regolamentare e di giustificazione autoassolutoria.
Strumento ritorsivo e di annichilimento della volontà, identità e dignità della persone a cui è applicato.
E poiché, per altro, tale condizione può aver fine solo attraverso la collaborazione con lo Stato e le sue forze repressive, ecco che definire il 41bis uno dei moderni strumenti di tortura, non può avere il sapore di una spropositata enfatizzazione. Resti chiuso/a lì dentro fino a che non ti dissoci, fino a che non collabori. Tutto il resto, la privazione più totale delle relazioni e sensazioni, non ha importanza: sei un numero e devi imparare ad accettarlo e far tua questa consapevolezza.
Emblematica la decisione di applicare ad Alfredo il 41bis.
Siamo nel pieno di una guerra esterna, questa volta molto vicina a noi.
Si profilano mutate strategie geopolitiche, scontri egemonici per l’accaparramento di risorse. Pioggia di miliardi per i signori della guerra, per chi finanzia l’industria delle armi e la ricostruzione dei territori, miseria e lutto per gli/le esclusi/e.
La indotta crisi economica e sociale può portare con sé le condizioni affinché il dissenso cresca e si trasformi in qualcosa che vada a modificare, magari ribaltandoli, gli equilibri sempre più fragili che stanno alla base del sistema di sfruttamento che ha portato al peggioramento delle condizioni di vita: lavoro, sanità, scuola e ambiente sono ormai ridotti allo stremo.
Per questo è necessario che alla guerra esterna venga affiancata una guerra interna, ormai sempre più evidente: propaganda, paure e razzismo sono la ricetta che i governi vari propongono per allontanare l’incubo dei conflitti interni.
È necessario, al fine di promuovere ulteriori strette repressive che arriveranno a colpire anche il dissenso dei più sinceramente democratici, creare un nuovo nemico interno. Lasciare morire Alfredo, esaspera ed esaspererà gli animi dei solidali che si mobilitano, per poi poter tuonare sulla “intollerabile violenza” rappresentata da qualche incendio, vetrina rotta o scritta sul muro. Tutte le azioni di rabbia e solidarietà saranno tacciate di “terrorismo”.
L’obiettivo: “colpirne uno per educarne 100”. Isolare, controllare e intimidire al fine di prevenire qualsiasi espressione di protesta contro le politiche di uno Stato che ha, per esempio, come ministro della difesa un mercante d’armi che ci sta portando a passi da gigante verso una guerra nucleare.
Per chi non ci sta, non si sottomette, sono pronti sgomberi, licenziamenti, repressione e carcerazione, di cui il 41bis è il fiore all’occhiello e punta dell’iceberg.
Il carcere di L’Aquila, con la sua quasi totalità di persone detenute in 41bis, rappresenta la quintessenza della cinica e sprezzante arroganza di chi sta fagocitando le nostre vite. Di chi porta avanti politiche di annientamento corporeo e mentale. Di chi è responsabile di stragi in mare, nelle strade, nei luoghi di lavoro e non ultimo nelle carceri.
La lotta contro il 41bis, che ha acquisito maggior respiro da quando Alfredo ha iniziato lo sciopero della fame, non può prescindere dal farla conoscere a chi quel regime lo vive sulla propria pelle.
Rompiamo l’isolamento.
Tutte e tutti a L’Aquila – sabato 22 aprile ore 15 – PRESIDIO AL CARCERE

Nuova giornata per la liberazione dei prigionieri palestinesi – manifestazione a Parigi


AUX PRISONNIERS POLITIQUES ET RÉVOLUTIONNAIRES, FLAMBEAUX DE LA RESISTANCE !

LUNDI 17 AVRIL 2023 – 18H – RASSEMBLEMENT AU MÉTRO MÉNILMONTANT (11e)

« La solidarité, toute la solidarité avec les résistants dans les geôles sionistes et dans les cellules d’isolement au Maroc, en Turquie, en Grèce, aux Philippines et ailleurs de par le monde ! ». Ce mot d’ordre, ceux qui le connaissent, l’associent instantanément et automatiquement à la parole de Georges Abdallah. C’est, en effet, un des mots d’ordres clés qui clôt depuis des années chacune des déclarations de notre camarade.

Pour Georges Abdallah, ce mot d’ordre n’est pas que parole : comme pour tous les combats qu’il a menés durant toute sa vie, le verbe va inéluctablement de pair avec l’action. Cette dialectique de la théorie et de la pratique jalonne l’ensemble de son expérience et de sa lutte et on ne compte plus les occasions – avant naturellement mais aussi pendant ses très longues années de détention – où cette solidarité clamée s’est aussi traduite dans les actes.

Ce 17 avril 2023 prochain – journée des prisonniers palestiniens et des prisonniers politiques – sera une nouvelle occasion qui nous sera donnée pour exprimer notre soutien inconditionnel à la lutte héroïque du peuple palestinien et en particulier notre entière solidarité avec la lutte armée que mènent les lionceaux de cette résistance contre l’occupant sioniste. Ce 17 avril 2023 prochain sera une nouvelle occasion qui nous sera donnée pour exiger aussi la libération des flambeaux de cette résistance tombés aux mains de l’ennemi : celle de tous les prisonniers palestiniens, de Walid Dakka en particulier dont l’état de santé est désormais alarmant et de notre camarade Georges Abdallah détenu par l’Etat français depuis maintenant plus de 39 ans.

Et à ce titre, nous appelons donc toutes les organisations amies et tous les soutiens de la Palestine et de notre camarade Georges Abdallah à participer au rassemblement que la Campagne Unitaire organisera au métro Ménilmontant, place Jean Ferrat, en ce lundi 17 avril 2023, à partir de 18h.

Ensemble Camarades, et ce n’est qu’ensemble que nous vaincrons !

La solidarité, toute la solidarité avec les résistants dans les geôles sionistes et dans les cellules d’isolement au Maroc, en Turquie, en Grèce, aux Philippines et ailleurs de par le monde !

Liberté pour Georges Abdallah, pour Walid Dakka, pour tous les prisonniers palestiniens et pour tous les prisonniers révolutionnaires !

Paris, le 13 avril 2023

Campagne unitaire pour la libération de Georges Ibrahim Abdallah

Migranti subsahariani in Tunisia caricati e gasati dalla polizia

Dal blog Proletari comunisti

il 12 aprile su richiesta del responsabile dell’UNHCR-Tunisia: il miserabile Vincent Cochetel.
ultime notizie da tunisi
La novità di oggi è che gli arrestati sono saliti a 20
Migranti subsahariani in Tunisia caricati e gasati dalla polizia il 12 aprile su richiesta del responsabile dell’UNHCR-Tunisia: il miserabile Vincent Cochetel.
L’UNHCR, l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, davanti al limbo migratorio e legale a cui sono destinati i migranti subsahariani a cui non vengono forniti documenti e carte di soggiorno, costringendoli all’illegalità per anni (e quindi alla repressione delle stessa polizia tunisina) invece di farsene carico, chiama la polizia tramite il proprio capo in Tunisia Vincent Cochetel per sgomberare il sit-in di protesta davanti alla propria sede nel quartiere-vetrina di Lac 1.
Vincent Cochetel è lo stesso cane che pochi mesi fa aveva invocato la repressione contro le madri tunisine dei dispersi in mare che invocavano giustizia per i propri figli in manifestazioni a Zarzis e Medenine nel sud della Tunisia.
I migranti hanno reagito all’attacco a freddo della polizia tunisina nell’unico modo possibile: respingendo la carica con pietre e rispedendo i larimogeni al mittente, come segno di protesta è stato eseguito anche qualche danneggiamento nel quartiere più chic della capitale tunisina.
Mentre 20 subsahariani sono stati arrestati per un paio di automobili danneggiate, ancora nessun tunisino è stato arrestato tra quelli che ha preso parte alle innumerevoli “imprese” di fine febbraio fatte di aggressioni fisiche, stupri, incendi di abitazioni a danno di subsahariani.
La Federazione tunisina dei Diritti Economici e Sociali oggi in una conferenza stampa ha espresso piena solidarietà ai migranti subsahariani in Tunisia.
E anche noi comunisti marxisti-leninisti-italiani esprimiamo il nostro massimo sostegno a questi migranti.