Respinta la richiesta dei domiciliari per Alfredo Cospito, ma la lotta continua fino all’ultimo respiro. Proponiamo un’intervista dell’MFPR a Carla Serra e Maria Luna, avvocate di Nadia Lioce

“… E poi noi cosa chiediamo? Che venga rispettato il diritto – che non è il nostro, è il loro – e che venga rispettata la Costituzione. Quando tu chiedi queste cose non puoi ricattare nessuno, chiedi che vengano applicate le leggi e ci fan passare come quelli che ricattano. Cosa ricattiamo? Siamo ricattati casomai! Noi fino all’ultimo, fino a che Alfredo respira, lotteremo per evitare che muoia. Se Alfredo morirà la gente deve capire di chi è la responsabilità e deve capire quanto è orribile quello che sta succedendo” (Lello Valitutti, 25 Marzo 2023)

Respinta la richiesta di differimento della pena (domiciliari) per le condizioni di salute ad Alfredo Cospito, ormai in sciopero della fame da 159 giorni.

Il collegio presieduto dal giudice Giovanna Di Rosa, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano, ha inoltre rigettato la richiesta della procura generale milanese di collocare Cospito “in maniera stabile” nel reparto detenuti dell’ospedale San Paolo. Anche la Sorveglianza di Sassari ha respinto i domiciliari.

Nel provvedimento  lungo 8 pagine, si fa anche riferimento alla “strumentalità” dello sciopero della fame che “è assolutamente certa e ha dato corso alle patologie oggi presenti“. “Dagli atti risulta che la condizione clinica del detenuto è diretta conseguenza dello sciopero della fame che egli sta portando avanti fin dall’ottobre 2022“, si legge nel provvedimento firmato da Giovanna Di Rosa, presidente della Sorveglianza, e dalla giudice Ornella Anedda.

Il 41bis è tortura, è violenza della stessa natura umana, che sopprime il più elementare diritto, quello della parola, di esplicazione di un pensiero, è come tornare alla preistoria, quando ancora gli uomini non conoscevano la parola. Oltre questa aberrazione contro l’umanità, la sua applicazione ai detenuti politici rivoluzionari ha sempre più un valore verso l’esterno, di cui si vuole impedire anche la manifestazione del pensiero antagonista, del dissenso. Il timore dello Stato borghese, ora come ora, non è tanto del collegamento dei detenuti con le manifestazioni esterne e di un loro presunto ruolo di “incitatori” della lotta sociale e politica, assolutamente dimostrato non vero e non “necessario” – l’acutizzarsi della lotta di classe va per conto suo, ha ben altri “istigatori”, come la Francia per esempio sta dimostrando in questi giorni – ma piuttosto l’inverso: il collegamento dell’esterno con l’interno.

Pubblichiamo a tal proposito un’intervista a Carla Serra e Maria Luna, avvocate di Nadia Lioce, dal 2005 in 41 bis nel carcere di L’Aquila:

L’Aquila, 17/03/2023

Mfpr

Alfredo Cospito dal 20 ottobre è in sciopero della fame contro il regime di 41 bis, a cui è stato assegnato dal maggio scorso. Ma non è la prima volta che un prigioniero rivoluzionario viene sottoposto al regime di 41 bis, né è la prima volta che un prigioniero anarchico viene di fatto detenuto in condizioni di segregazione molto simili, se non sovrapponibili, a questo regime. Nel 2019 le anarchiche Anna e Silvia vennero trasferite nell’allora sezione AS2 del carcere dell’Aquila, la cosiddetta “sezione gialla”, adibita fino al 2012 a 41bis femminile, del quale mantenne pressoché tutte le restrizioni, aggravate dal carattere particolarmente angusto delle celle. Anche allora ci fu una lotta, innescata dallo sciopero della fame delle prigioniere anarchiche, che si allargò in altre carceri e vide coinvolto lo stesso Cospito. Una lotta che fu ripresa, attraverso battiture delle sbarre, dalle detenute e dai detenuti in 41 bis nel carcere dell’Aquila e rilanciata da Nadia Lioce con un comunicato di solidarietà. Ci furono numerosi presidi e iniziative di solidarietà in città e al carcere e alla fine quella sezione fu chiusa. Ad oggi però ci sono 12 o 13 donne al 41 bis nel carcere dell’Aquila. Tra loro la prigioniera comunista Nadia Lioce. Quali sono oggi le condizioni che si vivono nella sezione femminile del 41 bis del carcere aquilano?

Avv. Serra

Per quel che possiamo constatare, che ci viene riferito dalla nostra assistita, Nadia Lioce, possiamo rilevare come le condizioni, che sono più che altro ormai note, sono di totale isolamento, soprattutto per quel che riguarda la nostra assistita. Come tutte, lei ha soltanto un’ora d’aria e un’ora di socialità.

Mfpr

Puoi ricordare un po’ come sono stabiliti i gruppi di socialità? Chi stabilisce i gruppi di socialità?

Avv. Serra

I gruppi di socialità assolutamente non vengono decisi dal detenuto ma vengono decisi dal DAP, ossia dall’amministrazione, dal Ministero, che decide appunto di porre il detenuto in un gruppo di socialità – in genere i gruppi sono da tre o da 4, ma a L’Aquila adesso sono da due nella sezione femminile – che preveda che gli altri detenuti siano di diversa provenienza, l’organizzazione deve essere di diversa provenienza rispetto a quella dell’altro detenuto. Per dirla in breve non possono avere socialità due detenute che appartengono entrambe ad un’organizzazione di tipo mafioso o camorristico, quindi non vengono assolutamente decise dal detenuto o dalla detenuta.

Poi ovviamente ci sono tutte le restrizioni che conosciamo benissimo, fino appunto al divieto di parola, se non alle detenute che appartengono allo stesso gruppo di socialità, perché con le altre tu non puoi assolutamente avere nessun tipo di contatto, neanche un saluto. Ed è per questa ragione che si fece anche il processo che vide Nadia Lioce imputata nel 2017, in cui praticamente le si contestava di aver recato disturbo alle altre detenute perché faceva una battitura con una bottiglietta di acqua, e per cui sostenemmo che lei non avrebbe comunque neanche potuto sapere se stesse arrecando o meno disturbo, proprio perché non ci si poteva parlare, non solo, non si poteva in alcun modo neanche dirsi “mi dai fastidio”, “cosa stai facendo?”.

Diciamo che poi proprio quel processo fu l’occasione per far conoscere all’esterno le condizioni in cui si trova un detenuto o una detenuta in 41 bis, che non tutti conoscono, e che riguarda proprio un’afflizione della persona in tutto il suo esplicarsi, anche nella parola, non solo come impossibilità di spostarsi, di avere contatti con l’esterno, tanto che per la Lioce noi continuamente facciamo dei reclami sulla corrispondenza, perché le viene trattenuta quasi tutta la corrispondenza con l’esterno.

Avv. Luna

In particolare, sul trattenimento della corrispondenza, molti reclami sono stati accolti proprio perché la magistratura, e quindi l’autorità giudiziaria, ha rilevato e verificato che si trattava di lettere, di comunicazioni, totalmente prive di un contenuto o di un significato che anche solo lambisse la soglia della pericolosità, quindi dei collegamenti con l’esterno pericolosi, unico elemento che a rigore, almeno proprio a mente della legge, dovrebbe giustificare e legittimare il trattenimento e quindi la compressione di questo diritto costituzionalmente garantito.

In moltissimi casi, non perché lo avessimo sostenuto noi, o meglio, non solo perché lo avevamo sostenuto noi, ma perché lo ha constatato l’autorità giudiziaria, il trattenimento è risultato completamente sganciato da qualunque pericolosità, da qualunque contenuto di pericolosità concreta ed effettiva. E dunque, venuto meno questo presupposto, restava solo la parte vessatoria, afflittiva, che è quella che resta di molte di queste restrizioni, sulle quali i magistrati sono stati chiamati, sono stati sollecitati ad intervenire, proprio perché si ripristinasse anche il senso di queste norme, perché è evidente che se viene meno il requisito della pericolosità, per come è inteso, evidentemente resta solo la parte afflittiva della restrizione, e siccome va ad incidere sui diritti soggettivi, su prerogative della persona, come il pensiero, la sua libertà di manifestarlo, la parola, è evidente che la compressione si pone molto al limite con i diritti costituzionali, anzi, a nostro avviso, fuori dai diritti costituzionali.

Avv. Serra

Sì e infatti ormai dopo 16 anni, constatiamo come in tutti i decreti di proroga del regime di 41 bis, si ripetano pedissequamente le stesse motivazioni, che toccano aspetti che nulla rilevano sul piano della pericolosità del soggetto. Come dire, lo si proroga indipendentemente da una qualche motivazione, da un qualche aspetto di messaggio che possa essere veicolato all’esterno, proprio in assenza totale di una pericolosità concreta. Dal che rileviamo come nonostante siano trascorsi 16 anni dalla sua prima applicazione, il decreto viene prorogato ogni due anni, di fatto in forma automatica, ma è chiaro che così facendo verrà prorogato per sempre, perché le motivazioni arrivano appunto a toccare aspetti che nulla rilevano, tipo la solidarietà esterna al soggetto che è detenuto in 41 bis, oppure il fatto che, pur essendo stato accertato che non esiste l’organizzazione di appartenenza all’esterno, (non essendoci elementi concreti, attuali di tale esistenza), si sostiene che, siccome vi sono dei problemi sociali, dei conflitti sociali, e quindi potrebbe rinascere la lotta armata, ciò legittimerebbe sempre l’applicazione della proroga del 41 bis. Ecco, questo è un aspetto che non ha nessun aggancio con le norme di riferimento, però purtroppo dobbiamo assistere ogni due anni alla proroga motivata in questo modo.

Mfpr

In un’intervista al Fatto Quotidiano della collega Calia si parlava infatti di motivazioni sganciate da qualsiasi presupposto di legge, motivazioni di questo tipo: Vanno valutate con la massima prudenza le temporanee eclissi del fenomeno brigatista che suggeriscono di non escludere la possibilità di una ripresa della lotta armata nel medio/lungo periodo, anche in considerazione di un panorama complessivo di scontri sociali, di un sempre crescente divario di condizioni di vita e di scarse occasioni di lavoro”.

Avv. Luna

Questo non c’entra niente con la ratio della norma

Avv. Serra

Infatti, che è quella appunto di evitare i collegamenti con l’organizzazione di appartenenza, però, nel caso appunto della Lioce, ma anche di tutti gli altri detenuti in 41 bis appartenenti a quella organizzazione, non ci sono elementi, almeno non ne indicano, da cui inferire che esista attualmente l’organizzazione, quindi quali sarebbero questi messaggi da veicolare?

Avv. Luna

E dunque quali sono questi pericoli tali da giustificare un complesso di restrizioni così gravi?

Mfpr

Tra i motivi di proroga del 41 bis, si citano, nei decreti ministeriali, anche le iniziative, i presidi di solidarietà, contro il 41 bis, ma è dal 2019 che non si fanno più presidi al carcere dell’Aquila. Eppure in un articolo del corriere della sera di un anno fa si legge che “i tre brigatisti superstiti hanno compiuto o stanno per compiere 19 anni di detenzione, e nonostante da tempo l’organizzazione non dia più segni di vita, sono tutti e tre ancora al «41 bis»”. Poi si aggiunge: “«l’attuale contesto sociopolitico, caratterizzato da forti tensioni, induce a ritenere concreto il pericolo di una ripresa di possibili azioni violente di natura eversiva». Tra i segnali di rischio ci sono anche i saluti a Nadia Lioce inviati con un documento pubblico da un sedicente Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario”. Si trattava di una lettera aperta, pubblica, di saluti di fine anno, che tra l’altro lei ha ricevuto.

Avv. Luna

In un nostro reclamo contro la proroga del 41bis, noi abbiamo censurato il fatto che si ponesse a sostegno della proroga, proprio l’esistenza di movimenti di solidarietà, quindi il presidio a L’Aquila e in generale il movimento di solidarietà contro il 41 bis. Lo abbiamo censurato come modalità argomentativa. Cioè ritenevamo e riteniamo che un regime detentivo quale quello del 41 bis non possa essere usato come deterrente per la formazione o manifestazione di un pensiero antagonista, non istituzionale, antistatale, quale che sia. E nell’ordinanza che decise quel reclamo, anche l’allora magistrato relatore scrisse nella sua motivazione, che pure prorogò, scrisse che quel riferimento al dissenso, ad utilizzare il regime di 41 bis su Nadia Lioce come strumento deterrente contro le formazioni di dissenso, di pensiero del dissenso, fosse quantomeno inopportuno. Dunque c’è evidentemente un profilo che non ha una veste giuridica, non può avere una veste giuridica di questo tipo, non può usarsi un regime detentivo così afflittivo come strumento di deterrenza rispetto al pensiero all’esterno, alla manifestazione del dissenso all’esterno. E’ evidente che c’è una distorsione, che avevamo rilevato noi e che aveva rilevato anche il magistrato, ma questo non è bastato ovviamente.

Mfpr

Questo continuano a farlo, anche adesso con gli anarchici

Avv. Serra

Esatto. Ne abbiamo un esempio lampante di come si è strumentalizzato appunto tutto questo movimento, proprio per giustificare l’applicazione di questo regime detentivo, nonostante per gli anarchici si sappia che l’ideale è completamente differente rispetto a quello di un’organizzazione, di un livello verticistico.

Mfpr

Si dice che l’art. 41 bis sia nato sulla scia delle stragi mafiose del ‘92, in realtà esso è stato introdotto nell’ordinamento penitenziario dalla legge Gozzini nell’86, per prevenire situazioni di rivolta, esclusivamente interne al carcere. Dopo la strage di Capaci ad esso fu aggiunto un secondo comma, per prevenire situazioni di rischio esterne al carcere, impedendo il passaggio di comunicazioni tra i destinatari della misura con le loro organizzazioni di appartenenza all’esterno. Ma chi ha attraversato le lotte degli anni ‘70 conosce bene tutta la legislazione speciale che si è sviluppata in quegli anni, passando per le carceri speciali e trovando il suo culmine nell’articolo 90. Dopo l’articolo 90 si è arrivati alla vera e propria tortura contro i prigionieri politici, tortura che è stata praticata dai primi anni ‘80 fino all’86 ed è tutto documentato. Poiché non era accettabile per uno “Stato di diritto” che si torturasse fisicamente delle persone, l’uso della tortura ha subito un’evoluzione, si è passati alla tortura bianca, e il 41 bis racchiude tutto questo.

Applicato prima ai mafiosi o presunti tali, perché in gran parte sono del sud, poi sui prigionieri delle BR-PCC, ora agli anarchici, si allarga sempre di più il bacino dei destinatari di questa misura, magari perché ritenuti socialmente pericolosi anche se non hanno effettivamente commesso determinati reati ma in quanto potenzialmente potrebbero commetterne.

Avv. Serra

Purtroppo sì, la deriva è questa, il pericolo di una deriva ancora maggiore. E quindi cerchiamo di far sì, soprattutto, che più persone, anche non del settore, conoscano le condizioni, in modo che ci si renda conto, quando si parla di applicazione del 41 bis, quali siano realmente le condizioni e se è giusto che in uno Stato che assume di essere democratico e di diritto vi siano queste forme esasperate di condizioni di vita del detenuto, condizioni inumane, afflittive ingiustificatamente. Ecco, per questo si parla di tortura.

 

Comunicato stampa su S., un compagno la cui vita è in pericolo dopo la manifestazione di Sainte-Soline

Sabato 25 marzo a Sainte- Soline, il nostro compagno S. è stato colpito alla testa da una granata esplosiva durante la manifestazione contro il bacino idrico.
Nonostante il suo stato di assoluta emergenza, la prefettura ha consapevolmente impedito ai servizi di assistenza sanitaria prima di intervenire, e dopo di trasportarlo in un ospedale in cui potesse ricevere le cure adeguate. Attualmente si trova in terapia intensiva neurochirurgica. La sua prognosi vitale è ancora riservata.
L’esplosione di violenza che i manifestanti hanno subito ha provocato centinaia di feriti, con diverse lesioni fisiche gravi, come riportano i vari bilanci disponibili.
I 30.000 manifestanti erano venuti con l’obiettivo di bloccare la costruzione del mega-bacino idrico di Sainte-Soline: un progetto di monopolizzazione dell’acqua da parte di una minoranza e a vantaggio di un modello capitalista che non ha più nulla da difendere se non la morte. La violenza del braccio armato dello Stato democratico ne è l’espressione più evidente.
Nella breccia aperta dal movimento contro la riforma delle pensioni, la polizia mutila e cerca di assassinare per impedire la rivolta, per difendere la borghesia e il suo mondo.
Nulla indebolirà la nostra determinazione a porre fine al loro dominio. Martedì 28 marzo e nei giorni successivi, rafforziamo gli scioperi e i blocchi, scendiamo in piazza, per S. e per tutti i feriti e i rinchiusi dei nostri movimenti.
Viva la rivoluzione.
Dei compagni di S.
PS: Se avete informazioni sulle circostanze del ferimento di S., contattateci all’indirizzo: s.informations@proton.me.
Desideriamo che questo comunicato venga diffuso il più possibile.

Taranto – violenza dei vigili urbani contro un lavoratore SDA in servizio, vanno sospesi

Una petizione che rilanciamo:

Il video che ritrae la scena di un driver di SDA violentemente aggredito dalla polizia locale a Taranto e pubblicato su YouTube, lascia sconcertati.
Scene che sembrano ricordare gli infami pestaggi razzisti messi in atto negli USA dalle forze dell’ordine contro gli afroamericani, e ora ad essere denunciati sono il lavoratore e i cittadini intervenuti in suo soccorso

Questa gravissima vicenda dei vigili contro un lavoratore deve avere conseguenze verso tutti i responsabili del Comune.

Ora il Sindaco Melucci, l’assessore di destra, Ciraci, addetto ai vigili nella giunta Melucci, il Comando dei vigili vogliono far quadrato e, invece di ammettere le responsabilita’ dei vigili, neanche chiedono scusa, scaricano la colpa di quanto è successo tutto sul lavoratore, e vogliono denunciare il lavoratore aggredito e addirittura dichiarano di voler denunciare anche i cittadini che sono andati in soccorso del lavoratore aggredito.

Ci stiamo opponendo a tutto questo come lavoratori Slai cobas e cittadini

L’inaccettabile violenza dei vigili deve essere condannata e sanzionata – servono le scuse e il sostegno legale e umano al lavoratore aggredito e il ringraziamento ai lavoratori e cittadini intervenuti –  ogni altra strada è un crimine e un danno verso i lavoratori e la città.

Questi vigili devono essere subito sospesi dal servizio

Niente estradizione per vincenzo vecchi – bene così per ora

Vincenzo Vecchi, l’ex-militant altermondialiste, coupable, selon la justice italienne, de « dévastation et pillage » lors des manifestations de Gênes en 2001, ne sera pas extradé vers l’Italie. La cour d’appel de Lyon, vers laquelle le dossier avait été renvoyé, a estimé ce vendredi que le mandat d’arrêt européen émis à son encontre n’était pas applicable. Après Rennes et Angers, c’est la troisième fois qu’une cour d’appel rend ce même verdict, le ministère public s’étant chaque pourvu en cassation – ce qu’il pourrait encore être tenté de faire.

libération de Vincenzo Vecchi

Francia, la polizia spara granate alla manifestazione contro la privatizzazione dell’acqua. Molto grave il bilancio dei feriti

Almeno 25mila persone, con trattori e mezzi agricoli, si sono recati sabato 25 marzo 2023 al megainvaso in costruzione a Sainte-Soline, nel dipartimento di Deux-Sèvres, ovest della Francia. Un’iniziativa dentro la tre giorni di mobilitazione internazionale lanciata dal sindacato contadino Confederation Paysanne contro la privatizzazione dell’acqua e la realizzazione di nuovi megainvasi per uso industriale e agroindustriale a Poitou, tra Poitiers e il porto atlantico di La Rochelle.

Tutta l’area del bacino artificiale era stata militarizzata. con l’arrivo dei dimostranti gli agenti hanno innescato violenti scontri, durati almeno due ore, con utilzzo di lacrimogeni idranti e granate GM2L. Molto grave il bilancio dei feriti: 250, di cui 10 in ospedale, 2 a rischio disabilità e 1 persona in pericolo di vita

La cronaca da Saint-Soline attraverso un’intervista di Radio Onda d’Urto con Federica del cento sociale Morion. Ascolta o scarica

Il governo fascista Meloni verso l’abolizione del reato di tortura “per tutelare l’immagine della polizia”

Lo aveva già annunciato nel 2018, il reato di tortura “impedisce agli agenti di fare il proprio lavoro e per questo andava abolito. Oggi che è presidente del Consiglio, Giorgia Meloni mantiene la promessa in merito a quell’annuncio.

Fratelli d’Italia ha presentato una proposta di legge per annullare il provvedimento introdotto nell’ordinamento italiano nel 2017, dopo un tormentato iter parlamentare.

La necessità di introdurre tale reato emerse dopo i drammatici fatti del G8 di Genova del 2001: l’Italia fu sanzionata nel 2015 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per per la mancanza di adeguate ed efficaci misure di prevenzione e repressione delle condotte di tortura, contrarie all’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, qualificando le violenze commesse in quei giorni dalle forze di polizia contro i manifestati come tortura.

Il testo della proposta di legge intende di fatto eliminare gli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale che introducevano il reato e si lascia in piedi solo una sorta di aggravante all’articolo 61 del codice “per dare attuazione agli obblighi internazionali

Da Il manifesto, di Patrizio Gonnella – Presidente di Antigone:

L’abolizione del reato di tortura sarebbe un triste primato

Sembra quasi fatto apposta. Nello stesso giorno in cui è stato pubblicato il rapporto del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt) che aveva visitato l’Italia circa un anno fa, Fdi presenta una proposta di legge per abrogare il reato di tortura. Era il 1992 quando ci fu la prima visita ispettiva in Italia di un Comitato di cui pochi conoscevano funzioni, potenzialità, forza.

Non era ovvio, e non lo è ancora, vedere esperti di altri paesi entrare in carceri, caserme, commissariati, ospedali psichiatrici, centri di detenzione per migranti senza dover elemosinare un’autorizzazione ministeriale. Il Cpt è un organismo del Consiglio d’Europa dotato di poteri ispettivi in un campo, quello penale e carcerario, dove gli Stati hanno sempre rivendicato la loro sovranità assoluta. La sovranità assoluta è però sempre fonte di violazioni di diritti fondamentali come ci hanno insegnato nella storia Kant, Kelsen, Einstein, Freud, Spinelli e, infine, Ferrajoli con la sua proposta di una Costituente per la terra.

Mi soffermo solo su tre tra le osservazioni conclusive del Cpt rivolte alle autorità italiane, dopo avere visitato, tra i tanti luoghi, le carceri di Roma Regina Coeli, Monza, Torino Lorusso e Cotugno, Milano San Vittore:

1) con il ritorno al normale funzionamento del sistema giudiziario, la popolazione carceraria ha iniziato ad aumentare di nuovo e, al momento della visita, ammontava effettivamente al 114% della capacità ufficiale di 50.863 posti. Il CPT ribadisce che affrontare il problema del sovraffollamento richiede una strategia più ampia per assicurare che la detenzione sia veramente la misura di ultima istanza.

2) La delegazione del CPT ha ricevuto denunce di maltrattamento di detenuti da parte del personale di Polizia penitenziaria in ciascuno degli istituti visitati. Tuttavia, la vasta maggioranza delle persone incontrate nelle carceri visitate ha affermato che il personale di sorveglianza ha tenuto un comportamento corretto nei loro confronti

3) In relazione alle misure restrittive e ai regimi di isolamento, il CPT chiede una serie di interventi, tra cui: l’abolizione della misura di confinamento solitario imposto dal tribunale ai sensi dell’Articolo 72 del Codice penale, noto come isolamento diurno; il riesame della misura di segregazione secondo l’Articolo 32 del Regolamento di esecuzione dell’ Ordinamento penitenziario per assicurare che le decisioni riguardanti la collocazione e il rinnovo della misura siano pienamente motivate, che sia in atto un ricorso a un organismo indipendente e che sia offerto un programma di attività personalizzate; il riesame della gestione dei detenuti sottoposti al regime “41-bis”, in linea con le raccomandazioni di lunga data del CPT. Continua a leggere

Cariche violente, arresti e fermi contro i disoccupati napoletani, e denunce alla velocità della luce. Info solidale

All’indomani delle violente cariche sul movimento disoccupati organizzati a Napoli cominciano ad arrivare denunce per le iniziative di lotta della giornata del 15 Marzo, quando i disoccupati hanno rivendicato legittimamente, prima al Palazzo Reale e poi a Via Verdi la necessità di essere ricevuti per capire i motivi dei rinvii sugli impegni assunti dalle Istituzioni.
Come sempre lo Stato non perde tempo quando si tratta di criminalizzare e reprimere le lotte dei disoccupati, mentre per dare risposte concrete per il lavoro i tempi sono biblici.

Questo il comunicato emesso  venerdi dai movimenti di lotta napoletani.

CARICHE, MANGANELLATE, ARRESTI. QUESTA LA RISPOSTA PER LA VERTENZA DEI DISOCCUPATI ORGANIZZATI DI NAPOLI. MOBILITIAMOCI IN TUTTA LA CITTÀ IN SOSTEGNO DEL MOVIMENTO

Giù le mani dai disoccupati. Toccano uno, toccano tutti.

In queste settimane il Movimento dei Disoccupati Organizzati di Napoli, formato dalle sigle 7 Novembre e Cantiere 167 Scampia, ha partecipato a vari incontri istituzionali, accompagnati da giornate di piazza e di lotta. La pressione esercitata dai disoccupati e dalle disoccupate è legata alla necessità di avere risposte immediate e concrete per una vertenza in corso oramai da 9 anni. Quando sembra che si stia arrivando a soluzioni per le necessità occupazionali della platea, iniziano a presentarsi molteplici complicazioni.

In queste settimane, dopo alcuni passaggi positivi usciti dagli incontri convocati dalla Prefettura con tutti gli enti istituzionali competenti, ci sono stati rallentamenti e intoppi sul percorso di formazione della platea che non sono mai stati spiegati fino in fondo. Un rallentamento che ha fatto esplodere la rabbia dei disoccupati e delle disoccupate.

Nella giornata di oggi, 24 Marzo, era stato convocato un nuovo incontro in Prefettura che avrebbe dovuto dare risposte immediate a questi impedimenti. Risposte che puntualmente non sono arrivate e che hanno nuovamente scatenato la rabbia collettivo del Movimento. Nel corso dei presidi e degli spostamenti da un palazzo istituzionale a un altro la polizia, come già aveva tentato di fare in alcuni degli ultimi appuntamenti di lotta, ha cominciato a caricare a freddo i disoccupati con una violenza inaudita. Si contano, nel corso di cariche che si sono susseguite una dopo l’altra, decine di feriti, alcuni dei quali per malori o per le contusioni sono dovuti ricorrere alle cure ospedaliere, il fermo di Ciro, da poco rilasciato, e altri fermi evitati dalla determinazione e dalla compattezza del Movimento.

I disoccupati e le disoccupate anche questa volta hanno reagito e hanno risposto tenendo la piazza, ma dalle immagini e i video circolati in queste ore è evidente come le forze dell’ordine hanno scaricato una violenza indiscriminata verso la piazza. La gestione dell’ordine pubblico è oramai saltata e i tentativi di mediazione da parte della Questura sono sempre meno capaci di contenere la situazione.
Una situazione che è saltata per evidenti motivi e responsabili: in primis il Comune di Napoli, il quale continua a proporre soluzioni senza avere la capacità vera di applicarle e tentennando su ognuno dei punti proposti da loro stessi; la Prefettura che si è fatta garante di questo processo senza realmente incidere sulle difficoltà emerse; e infine la Questura di Napoli che continua ad alzare il livello della tensione in piazza per parare le responsabilità degli enti istituzionali per poi andare giù pesante con le centinaia di denunce emesse e gli attuali scontri in piazza.

La lotta dei Disoccupati è ad oggi la lotta che rappresenta maggiormente le contraddizioni e le difficoltà della maggior parte degli abitanti della città. Contemporaneamente ha rappresentato in questi anni il baluardo di lotta e resistenza attorno al quale si sono saldate le battaglie ambientali, quelle dei lavoratori, quelle di vari territori, contro la marginalità e contro tutte le derive che sta continuando a prendere questa città.

Chiediamo pubblicamente un sostegno e un supporto attorno alla vicenda dei Disoccupati Organizzati, non solo per non lasciare da solo chi ha tenuto alto il presidio della lotta in tutti questi anni, ma per costruire attorno ad essa la sempre più forte necessità di ribaltare i rapporti di forza cittadini, di ricominciare ad imporre i bisogni dei disoccupati, dei lavoratori e degli studenti di questa città, e assaltare quei palazzi del potere ad oggi vuoti di ogni capacità di rappresentanza ma pieni di ostilità e repressione verso chi alza la testa contro questo stato di cose.

Movimento di lotta Disoccupati 7 novembre
Cantiere 167 Scampia