Niente estradizione per vincenzo vecchi – bene così per ora

Vincenzo Vecchi, l’ex-militant altermondialiste, coupable, selon la justice italienne, de « dévastation et pillage » lors des manifestations de Gênes en 2001, ne sera pas extradé vers l’Italie. La cour d’appel de Lyon, vers laquelle le dossier avait été renvoyé, a estimé ce vendredi que le mandat d’arrêt européen émis à son encontre n’était pas applicable. Après Rennes et Angers, c’est la troisième fois qu’une cour d’appel rend ce même verdict, le ministère public s’étant chaque pourvu en cassation – ce qu’il pourrait encore être tenté de faire.

libération de Vincenzo Vecchi

Francia, la polizia spara granate alla manifestazione contro la privatizzazione dell’acqua. Molto grave il bilancio dei feriti

Almeno 25mila persone, con trattori e mezzi agricoli, si sono recati sabato 25 marzo 2023 al megainvaso in costruzione a Sainte-Soline, nel dipartimento di Deux-Sèvres, ovest della Francia. Un’iniziativa dentro la tre giorni di mobilitazione internazionale lanciata dal sindacato contadino Confederation Paysanne contro la privatizzazione dell’acqua e la realizzazione di nuovi megainvasi per uso industriale e agroindustriale a Poitou, tra Poitiers e il porto atlantico di La Rochelle.

Tutta l’area del bacino artificiale era stata militarizzata. con l’arrivo dei dimostranti gli agenti hanno innescato violenti scontri, durati almeno due ore, con utilzzo di lacrimogeni idranti e granate GM2L. Molto grave il bilancio dei feriti: 250, di cui 10 in ospedale, 2 a rischio disabilità e 1 persona in pericolo di vita

La cronaca da Saint-Soline attraverso un’intervista di Radio Onda d’Urto con Federica del cento sociale Morion. Ascolta o scarica

Il governo fascista Meloni verso l’abolizione del reato di tortura “per tutelare l’immagine della polizia”

Lo aveva già annunciato nel 2018, il reato di tortura “impedisce agli agenti di fare il proprio lavoro e per questo andava abolito. Oggi che è presidente del Consiglio, Giorgia Meloni mantiene la promessa in merito a quell’annuncio.

Fratelli d’Italia ha presentato una proposta di legge per annullare il provvedimento introdotto nell’ordinamento italiano nel 2017, dopo un tormentato iter parlamentare.

La necessità di introdurre tale reato emerse dopo i drammatici fatti del G8 di Genova del 2001: l’Italia fu sanzionata nel 2015 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per per la mancanza di adeguate ed efficaci misure di prevenzione e repressione delle condotte di tortura, contrarie all’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, qualificando le violenze commesse in quei giorni dalle forze di polizia contro i manifestati come tortura.

Il testo della proposta di legge intende di fatto eliminare gli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale che introducevano il reato e si lascia in piedi solo una sorta di aggravante all’articolo 61 del codice “per dare attuazione agli obblighi internazionali

Da Il manifesto, di Patrizio Gonnella – Presidente di Antigone:

L’abolizione del reato di tortura sarebbe un triste primato

Sembra quasi fatto apposta. Nello stesso giorno in cui è stato pubblicato il rapporto del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt) che aveva visitato l’Italia circa un anno fa, Fdi presenta una proposta di legge per abrogare il reato di tortura. Era il 1992 quando ci fu la prima visita ispettiva in Italia di un Comitato di cui pochi conoscevano funzioni, potenzialità, forza.

Non era ovvio, e non lo è ancora, vedere esperti di altri paesi entrare in carceri, caserme, commissariati, ospedali psichiatrici, centri di detenzione per migranti senza dover elemosinare un’autorizzazione ministeriale. Il Cpt è un organismo del Consiglio d’Europa dotato di poteri ispettivi in un campo, quello penale e carcerario, dove gli Stati hanno sempre rivendicato la loro sovranità assoluta. La sovranità assoluta è però sempre fonte di violazioni di diritti fondamentali come ci hanno insegnato nella storia Kant, Kelsen, Einstein, Freud, Spinelli e, infine, Ferrajoli con la sua proposta di una Costituente per la terra.

Mi soffermo solo su tre tra le osservazioni conclusive del Cpt rivolte alle autorità italiane, dopo avere visitato, tra i tanti luoghi, le carceri di Roma Regina Coeli, Monza, Torino Lorusso e Cotugno, Milano San Vittore:

1) con il ritorno al normale funzionamento del sistema giudiziario, la popolazione carceraria ha iniziato ad aumentare di nuovo e, al momento della visita, ammontava effettivamente al 114% della capacità ufficiale di 50.863 posti. Il CPT ribadisce che affrontare il problema del sovraffollamento richiede una strategia più ampia per assicurare che la detenzione sia veramente la misura di ultima istanza.

2) La delegazione del CPT ha ricevuto denunce di maltrattamento di detenuti da parte del personale di Polizia penitenziaria in ciascuno degli istituti visitati. Tuttavia, la vasta maggioranza delle persone incontrate nelle carceri visitate ha affermato che il personale di sorveglianza ha tenuto un comportamento corretto nei loro confronti

3) In relazione alle misure restrittive e ai regimi di isolamento, il CPT chiede una serie di interventi, tra cui: l’abolizione della misura di confinamento solitario imposto dal tribunale ai sensi dell’Articolo 72 del Codice penale, noto come isolamento diurno; il riesame della misura di segregazione secondo l’Articolo 32 del Regolamento di esecuzione dell’ Ordinamento penitenziario per assicurare che le decisioni riguardanti la collocazione e il rinnovo della misura siano pienamente motivate, che sia in atto un ricorso a un organismo indipendente e che sia offerto un programma di attività personalizzate; il riesame della gestione dei detenuti sottoposti al regime “41-bis”, in linea con le raccomandazioni di lunga data del CPT. Continue reading

Cariche violente, arresti e fermi contro i disoccupati napoletani, e denunce alla velocità della luce. Info solidale

All’indomani delle violente cariche sul movimento disoccupati organizzati a Napoli cominciano ad arrivare denunce per le iniziative di lotta della giornata del 15 Marzo, quando i disoccupati hanno rivendicato legittimamente, prima al Palazzo Reale e poi a Via Verdi la necessità di essere ricevuti per capire i motivi dei rinvii sugli impegni assunti dalle Istituzioni.
Come sempre lo Stato non perde tempo quando si tratta di criminalizzare e reprimere le lotte dei disoccupati, mentre per dare risposte concrete per il lavoro i tempi sono biblici.

Questo il comunicato emesso  venerdi dai movimenti di lotta napoletani.

CARICHE, MANGANELLATE, ARRESTI. QUESTA LA RISPOSTA PER LA VERTENZA DEI DISOCCUPATI ORGANIZZATI DI NAPOLI. MOBILITIAMOCI IN TUTTA LA CITTÀ IN SOSTEGNO DEL MOVIMENTO

Giù le mani dai disoccupati. Toccano uno, toccano tutti.

In queste settimane il Movimento dei Disoccupati Organizzati di Napoli, formato dalle sigle 7 Novembre e Cantiere 167 Scampia, ha partecipato a vari incontri istituzionali, accompagnati da giornate di piazza e di lotta. La pressione esercitata dai disoccupati e dalle disoccupate è legata alla necessità di avere risposte immediate e concrete per una vertenza in corso oramai da 9 anni. Quando sembra che si stia arrivando a soluzioni per le necessità occupazionali della platea, iniziano a presentarsi molteplici complicazioni.

In queste settimane, dopo alcuni passaggi positivi usciti dagli incontri convocati dalla Prefettura con tutti gli enti istituzionali competenti, ci sono stati rallentamenti e intoppi sul percorso di formazione della platea che non sono mai stati spiegati fino in fondo. Un rallentamento che ha fatto esplodere la rabbia dei disoccupati e delle disoccupate.

Nella giornata di oggi, 24 Marzo, era stato convocato un nuovo incontro in Prefettura che avrebbe dovuto dare risposte immediate a questi impedimenti. Risposte che puntualmente non sono arrivate e che hanno nuovamente scatenato la rabbia collettivo del Movimento. Nel corso dei presidi e degli spostamenti da un palazzo istituzionale a un altro la polizia, come già aveva tentato di fare in alcuni degli ultimi appuntamenti di lotta, ha cominciato a caricare a freddo i disoccupati con una violenza inaudita. Si contano, nel corso di cariche che si sono susseguite una dopo l’altra, decine di feriti, alcuni dei quali per malori o per le contusioni sono dovuti ricorrere alle cure ospedaliere, il fermo di Ciro, da poco rilasciato, e altri fermi evitati dalla determinazione e dalla compattezza del Movimento.

I disoccupati e le disoccupate anche questa volta hanno reagito e hanno risposto tenendo la piazza, ma dalle immagini e i video circolati in queste ore è evidente come le forze dell’ordine hanno scaricato una violenza indiscriminata verso la piazza. La gestione dell’ordine pubblico è oramai saltata e i tentativi di mediazione da parte della Questura sono sempre meno capaci di contenere la situazione.
Una situazione che è saltata per evidenti motivi e responsabili: in primis il Comune di Napoli, il quale continua a proporre soluzioni senza avere la capacità vera di applicarle e tentennando su ognuno dei punti proposti da loro stessi; la Prefettura che si è fatta garante di questo processo senza realmente incidere sulle difficoltà emerse; e infine la Questura di Napoli che continua ad alzare il livello della tensione in piazza per parare le responsabilità degli enti istituzionali per poi andare giù pesante con le centinaia di denunce emesse e gli attuali scontri in piazza.

La lotta dei Disoccupati è ad oggi la lotta che rappresenta maggiormente le contraddizioni e le difficoltà della maggior parte degli abitanti della città. Contemporaneamente ha rappresentato in questi anni il baluardo di lotta e resistenza attorno al quale si sono saldate le battaglie ambientali, quelle dei lavoratori, quelle di vari territori, contro la marginalità e contro tutte le derive che sta continuando a prendere questa città.

Chiediamo pubblicamente un sostegno e un supporto attorno alla vicenda dei Disoccupati Organizzati, non solo per non lasciare da solo chi ha tenuto alto il presidio della lotta in tutti questi anni, ma per costruire attorno ad essa la sempre più forte necessità di ribaltare i rapporti di forza cittadini, di ricominciare ad imporre i bisogni dei disoccupati, dei lavoratori e degli studenti di questa città, e assaltare quei palazzi del potere ad oggi vuoti di ogni capacità di rappresentanza ma pieni di ostilità e repressione verso chi alza la testa contro questo stato di cose.

Movimento di lotta Disoccupati 7 novembre
Cantiere 167 Scampia

Serve una risposta unitaria nazionale alla repressione delle lotte sindacali, politiche e sociali.

Mercoledì 22 marzo al tribunale di Bergamo si sono tenute le udienze per due processi che riguardano aspetti importanti della repressione che colpiscono le lotte sindacali, sociali e politiche anche nella nostra provincia e in cui rimane aperto il problema per tutti di una risposta unitaria nazionale alla repressione,  su cui è necessario lavorare in questa fase nella prospettiva di un fronte unico di classe.

Cosa è e soprattutto cosa vuole essere e fare l’Assemblea proletaria anticapitalista. Dall’intervento introduttivo all’APA del 18 febbraio

Il primo riguarda l’udienza per la lettura del dispositivo della sentenza in relazione alla manifestazione del 20.10.2019 avanti la sede Unicredit di Bergamo in solidarietà con le popolazioni del Rojava bombardata dall’esercito turco, con l’accusa di non aver avvisato preventivamente il questore e per alcuni fumogeni accesi.

Una mobilitazione spontanea immediata e necessaria di solidarietà internazionalista come evidenziato dallo striscione “boicotta UniCredit finanziatrice della Turchia”, per cui era stato emesso un decreto penale di condanna a cui si era fatta opposizione.

L’accusa col PM aveva chiesto 4 mesi di arresto e 400 euro di ammenda per una decina di compagni sulla base di accertamenti della Digos in base ad un “generico riferimento a gruppi antagonisti locali” individuati tra quelli con un ruolo di organizzatori o comunque tra quelli più attivi nella protesta perchè tenevano uno striscione o parlavano al megafono o distribuivano volantini…

Non riponiamo una cieca fiducia dei tribunali ma questa volta siamo stati tutti assolti visto che il giudice ha ritenuto giustamente che “il fatto non sussiste” anche sulla base del diritto fondamentale di riunione (art. 17, co.1 Cost), per questo appena saranno disponibili faremo conoscere le motivazioni della sentenza.

Adesso un altro processo importante ancora aperto è quello contro le lotte nella logistica che hanno visto protagonista i lavoratori dello Slai cobas per il sindacato di classe nel magazzino di Brignano nella logistica Kamila-Italtrans, in cui si vuole colpire le libertà sindacali e il diritto di sciopero, rappresentato dalla battaglia di anni per migliori condizioni di lavoro e sicurezza contro nel sistema neo-schiavista degli appalti.Il processo riguarda una querela ai carabinieri fatta dai responsabili del consorzio e delle cooperative Cisa, contro i delegati e attivisti del sindacato in sciopero, accusati “…in concorso tra loro e con altri lavoratori…” di arbitraria invasione e occupazione di aziende, minacce. Una ritorsione per  aver  lottato fino alla fine contro l’azienda attivamente impegnata a mettere in discussione lavoro e i diritti dei lavoratori per imporre ritmi di lavoro e condizioni a rischio sicurezza come i gravi incidenti che si sono verificati.

Nell’udienza di questa mattina il PM ha chiesto 1 anno e 2 mesi a questi lavoratori e c’è un rinvio per la discussione tra le parti al 10 maggio. Un processo importante perchè cerca di ribaltare la realtà di una legittima protesta sindacale considerata un’azione criminosa  “…. col solo scopo di turbare il normale svolgimento del lavoro…” che danneggia i profitti dell’azienda e quindi fa chiudere le aziende!!!

Questa logica da fascismo padronale non può e non deve passare seguiranno quindi prossime info di approfondimento e iniziative.

Poliziotti: i serial killer degli Stati imperialisti

La brutalità poliziesca che produce violenze, vessazioni e morti, diventa sempre più – al di là della “naturale” repressione delle lotte proletarie e sociali – una caratteristica identitaria della polizia degli Stati imperialisti. Capofila e punta trainante di questo è come sempre la potenza imperialista egemone, i serial killer dell’imperialismo americano.

Il 6 marzo un video ha mostrato l’ennesimo abuso della polizia su un afroamericano con disturbi mentali. E la scena è sempre la stessa. Il 28enne Irvo Otieno è stato trattenuto a terra da poliziotti, questa volta neri, incatenato per 11 minuti, finchè è morto per asfissia.

L’unica novità rispetto agli altri episodi è che ai 7 poliziotti della Contea responsabili si sono aggiunti 3 operatori ospedalieri che hanno contribuito e coperto l’omicidio di “secondo grado”, che è poi, come dire, la via maestra per la loro impunità.

In Inghilterra le cose vanno nella stessa direzione.

Naturalmente con una variante in salsa inglese. Una inchiesta indipendente su Scotland Yard, fatta questa volta addirittura dalla baronessa Louise Casey, arriva a definire Scotland Yard un club machista, un covo di razzismo, misoginia e omofobia.

Questa indagine indipendente, nata dopo lo stupro e il brutale omicidio di una trentatreenne londinese, rapita e assassinata da un poliziotto, nell’inchiesta attuale si è arrivati almeno finora a 24 capi di accusa, decine per stupro, molestie, maltrattamenti. Nelle 363 pagine del report si parla di “deficienze sistemiche di un corpo “istituzionalmente razzista, misogeno, sessista e omofobo”.

A cui vanno aggiunte “vari casi di stupro sarebbero stati archiviati a causa di un frigo rotto, dove sono andate distrutte le prove. Discriminazione costante verso le poliziotte, con buste di urina contro le loro auto, sex toys nelle tazze del caffè, rituali di iniziazioni, ecc. Per non dire le tante vessazioni verso agenti di origine musulmana”.

Il rapporto arriva a dire che se non ci sarà una pulizia radicale interna la “gloriosa” Scotland Yard dovrebbe essere sciolta.

E’ inutile citare qui i casi della polizia in altri paesi imperialisti e in Italia, per dire che anche qui il modello politico sociale sistemico del moderno Stato borghese trasforma in questa direzione i corpi di polizia e i corpi militari, in una riforma, questa sì vera, dall’alto che arriva o arriverà fino all’ultimo vigile urbano.

Nordio: “mandiamo i detenuti in Albania”

Il governo fascio/carcerario e il Ministro Nordio hanno non solo deciso di lasciare come stanno le carceri con i sovraffollamenti, i suicidi, il garantismo per corrotti, ricchi, mafiosi (al di là della retorica demagogica), ma di unire l’aspetto repressivo con l’aspetto imperialista.

Nel silenzio della stampa e come sempre del parlamento nero, il Ministro della “giustizia” ha incontrato l’equivalente dell’Albania e ha definito un accordo per trasferire i detenuti in Albania; “chiaramente si parla di detenuti albanesi presenti nelle carceri italiane ma, data la massima disponibilità – scrive il Messaggero – si può pensare benissimo che la vicina Albania torni ad essere una neo colonia in compartecipazione con l’imperialismo Usa che richiede e avrà una Base militare, di truppe e soldati italiani, ma anche discarica di rifiuti tossici e di “rifiuti umani”, cioè i detenuti migranti che spesso riempiono le carceri italiane.

Questa linea di condotta è parte della linea reazionaria razzista del governo Meloni ed è uno dei modi di intendere di “mandare i migranti a casa loro”.

L’accordo con l’Albania è un accordo pilota. L’ignobile ministro Nordio ci informa infatti: “abbiamo una percentuale molto elevata di stranieri nelle nostre carceri. Ad esempio oltre 3.700 detenuti provenienti dal Marocco”; detto in questo contesto è evidente che l’impegno di questo governo è ad una nuova intesa, come quella con l’Albania, con il Marocco.