Serve una risposta unitaria nazionale alla repressione delle lotte sindacali, politiche e sociali.

Mercoledì 22 marzo al tribunale di Bergamo si sono tenute le udienze per due processi che riguardano aspetti importanti della repressione che colpiscono le lotte sindacali, sociali e politiche anche nella nostra provincia e in cui rimane aperto il problema per tutti di una risposta unitaria nazionale alla repressione,  su cui è necessario lavorare in questa fase nella prospettiva di un fronte unico di classe.

Cosa è e soprattutto cosa vuole essere e fare l’Assemblea proletaria anticapitalista. Dall’intervento introduttivo all’APA del 18 febbraio

Il primo riguarda l’udienza per la lettura del dispositivo della sentenza in relazione alla manifestazione del 20.10.2019 avanti la sede Unicredit di Bergamo in solidarietà con le popolazioni del Rojava bombardata dall’esercito turco, con l’accusa di non aver avvisato preventivamente il questore e per alcuni fumogeni accesi.

Una mobilitazione spontanea immediata e necessaria di solidarietà internazionalista come evidenziato dallo striscione “boicotta UniCredit finanziatrice della Turchia”, per cui era stato emesso un decreto penale di condanna a cui si era fatta opposizione.

L’accusa col PM aveva chiesto 4 mesi di arresto e 400 euro di ammenda per una decina di compagni sulla base di accertamenti della Digos in base ad un “generico riferimento a gruppi antagonisti locali” individuati tra quelli con un ruolo di organizzatori o comunque tra quelli più attivi nella protesta perchè tenevano uno striscione o parlavano al megafono o distribuivano volantini…

Non riponiamo una cieca fiducia dei tribunali ma questa volta siamo stati tutti assolti visto che il giudice ha ritenuto giustamente che “il fatto non sussiste” anche sulla base del diritto fondamentale di riunione (art. 17, co.1 Cost), per questo appena saranno disponibili faremo conoscere le motivazioni della sentenza.

Adesso un altro processo importante ancora aperto è quello contro le lotte nella logistica che hanno visto protagonista i lavoratori dello Slai cobas per il sindacato di classe nel magazzino di Brignano nella logistica Kamila-Italtrans, in cui si vuole colpire le libertà sindacali e il diritto di sciopero, rappresentato dalla battaglia di anni per migliori condizioni di lavoro e sicurezza contro nel sistema neo-schiavista degli appalti.Il processo riguarda una querela ai carabinieri fatta dai responsabili del consorzio e delle cooperative Cisa, contro i delegati e attivisti del sindacato in sciopero, accusati “…in concorso tra loro e con altri lavoratori…” di arbitraria invasione e occupazione di aziende, minacce. Una ritorsione per  aver  lottato fino alla fine contro l’azienda attivamente impegnata a mettere in discussione lavoro e i diritti dei lavoratori per imporre ritmi di lavoro e condizioni a rischio sicurezza come i gravi incidenti che si sono verificati.

Nell’udienza di questa mattina il PM ha chiesto 1 anno e 2 mesi a questi lavoratori e c’è un rinvio per la discussione tra le parti al 10 maggio. Un processo importante perchè cerca di ribaltare la realtà di una legittima protesta sindacale considerata un’azione criminosa  “…. col solo scopo di turbare il normale svolgimento del lavoro…” che danneggia i profitti dell’azienda e quindi fa chiudere le aziende!!!

Questa logica da fascismo padronale non può e non deve passare seguiranno quindi prossime info di approfondimento e iniziative.

Poliziotti: i serial killer degli Stati imperialisti

La brutalità poliziesca che produce violenze, vessazioni e morti, diventa sempre più – al di là della “naturale” repressione delle lotte proletarie e sociali – una caratteristica identitaria della polizia degli Stati imperialisti. Capofila e punta trainante di questo è come sempre la potenza imperialista egemone, i serial killer dell’imperialismo americano.

Il 6 marzo un video ha mostrato l’ennesimo abuso della polizia su un afroamericano con disturbi mentali. E la scena è sempre la stessa. Il 28enne Irvo Otieno è stato trattenuto a terra da poliziotti, questa volta neri, incatenato per 11 minuti, finchè è morto per asfissia.

L’unica novità rispetto agli altri episodi è che ai 7 poliziotti della Contea responsabili si sono aggiunti 3 operatori ospedalieri che hanno contribuito e coperto l’omicidio di “secondo grado”, che è poi, come dire, la via maestra per la loro impunità.

In Inghilterra le cose vanno nella stessa direzione.

Naturalmente con una variante in salsa inglese. Una inchiesta indipendente su Scotland Yard, fatta questa volta addirittura dalla baronessa Louise Casey, arriva a definire Scotland Yard un club machista, un covo di razzismo, misoginia e omofobia.

Questa indagine indipendente, nata dopo lo stupro e il brutale omicidio di una trentatreenne londinese, rapita e assassinata da un poliziotto, nell’inchiesta attuale si è arrivati almeno finora a 24 capi di accusa, decine per stupro, molestie, maltrattamenti. Nelle 363 pagine del report si parla di “deficienze sistemiche di un corpo “istituzionalmente razzista, misogeno, sessista e omofobo”.

A cui vanno aggiunte “vari casi di stupro sarebbero stati archiviati a causa di un frigo rotto, dove sono andate distrutte le prove. Discriminazione costante verso le poliziotte, con buste di urina contro le loro auto, sex toys nelle tazze del caffè, rituali di iniziazioni, ecc. Per non dire le tante vessazioni verso agenti di origine musulmana”.

Il rapporto arriva a dire che se non ci sarà una pulizia radicale interna la “gloriosa” Scotland Yard dovrebbe essere sciolta.

E’ inutile citare qui i casi della polizia in altri paesi imperialisti e in Italia, per dire che anche qui il modello politico sociale sistemico del moderno Stato borghese trasforma in questa direzione i corpi di polizia e i corpi militari, in una riforma, questa sì vera, dall’alto che arriva o arriverà fino all’ultimo vigile urbano.

Nordio: “mandiamo i detenuti in Albania”

Il governo fascio/carcerario e il Ministro Nordio hanno non solo deciso di lasciare come stanno le carceri con i sovraffollamenti, i suicidi, il garantismo per corrotti, ricchi, mafiosi (al di là della retorica demagogica), ma di unire l’aspetto repressivo con l’aspetto imperialista.

Nel silenzio della stampa e come sempre del parlamento nero, il Ministro della “giustizia” ha incontrato l’equivalente dell’Albania e ha definito un accordo per trasferire i detenuti in Albania; “chiaramente si parla di detenuti albanesi presenti nelle carceri italiane ma, data la massima disponibilità – scrive il Messaggero – si può pensare benissimo che la vicina Albania torni ad essere una neo colonia in compartecipazione con l’imperialismo Usa che richiede e avrà una Base militare, di truppe e soldati italiani, ma anche discarica di rifiuti tossici e di “rifiuti umani”, cioè i detenuti migranti che spesso riempiono le carceri italiane.

Questa linea di condotta è parte della linea reazionaria razzista del governo Meloni ed è uno dei modi di intendere di “mandare i migranti a casa loro”.

L’accordo con l’Albania è un accordo pilota. L’ignobile ministro Nordio ci informa infatti: “abbiamo una percentuale molto elevata di stranieri nelle nostre carceri. Ad esempio oltre 3.700 detenuti provenienti dal Marocco”; detto in questo contesto è evidente che l’impegno di questo governo è ad una nuova intesa, come quella con l’Albania, con il Marocco.

Per la procura generale di Milano Alfredo Cospito deve restare al 41bis. Per il difensore Alfredo è pronto a interrompere lo sciopero se si liberano altri detenuti in 41 bis anziani o malati

No ai domiciliari, Alfredo Cospito deve restare al 41bis. Il parere espresso dalla procuratrice generale Francesca Nanni e dal sostituto pg Nicola Balice non è vincolante ai fini della decisione. Il verdetto del Tribunale di Sorveglianza è atteso entro 5 giorni da oggi

Alfredo Cospito deve restare detenuto in carcere al 41 bis e non può andare agli arresti domiciliari nell’abitazione dalla sorella a Pescara. Lo ritiene la procura generale di Milano che ha espresso parere negativo alla richiesta della difesa, rappresentata dall’avvocato Flavio Rossi Albertini, di concedere all’anarchico il differimento della pena per motivi di salute con la formula della detenzione domiciliare. Il parere espresso dalla procuratrice generale Francesca Nanni e dal sostituto pg Nicola Balice non è vincolante ai fini della decisione. Il verdetto del Tribunale di Sorveglianza presieduto dal giudice Giovanna di Rosa è atteso entro 5 giorni da oggi.

Questa mattina  Decine di manifestanti si sono riuniti davanti al Palazzo di Giustizia di Milano per un presidio in solidarietà con Alfredo e contro il 41 bis

‘Oggi siamo qui -spiegano gli organizzatori- perché questo rimane il  luogo deputato a scegliere se salvare la vita di Alfredo o no. Abbiamo pensato di mantenere il presidio qui e di non andare al San Paolo  anche perché al San Paolo c’è la sofferenza di tanti, non solo quella  di Alfredo. E anche lui, quando è stato ricoverato li, ha espresso il  suo dispiacere per creare del disagio in un ospedale. Oltre ad avere  un grande coraggio, Alfredo ha un cuore grandissimo e noi speriamo che il suo cuore lo sostenga”.  ”Alfredo – aggiungono – sta portando avanti la lotta non soltanto per  lui, ma anche per tutti quelli che, appartengano alla mafia o meno,  sono sottoposti come lui al regime del 41bis, un regime di tortura che non può esistere. Una tortura dalla quale ti salvi solo se chini la  testa e rinneghi te stesso”.

Alfredo Cospito è pronto a terminare la sua protesta se gli venisse concesso “di tornare a casa” oppure se il tribunale di Sorveglianza “liberasse altri detenuti dal 41 bis” in particolare “persone anziane e malate che vogliono tornare a riabbracciare la propria moglie dopo 30 anni” di duro regime carcerario. Lo sostiene il difensore, l’avvocato Flavio Rossi Albertini, al termine dell’udienza milanese sulla richiesta di differimento pena ai domiciliari a casa della sorella.

Durante il presidio è stata letta la dichiarazione di Alfredo Cospito durante l’udienza di riesame per le misure cautelari dell’operazione Sibilla

Il presidio si è concluso con la lettura, da parte di un lavoratore della Dalmine, della bellissima lettera ad Alfredo di un operaio dell’ex Ilva di Taranto

Dal presidio la corrispondenza di Radio Onda d’Urto con Stefania dell’Assemblea milanese di solidarieta’ ad Alfredo Cospito Ascolta o scarica

L’Aquila, l’Università, al servizio della polizia, revoca un’aula regolarmente concessa agli studenti per lo svolgimento di un’assemblea pubblica per gli spazi e le lotte sociali, contro la repressione. Ma l’assemblea si è tenuta ugualmente, all’aperto

Ieri abbiamo partecipato a L’Aquila all’assemblea contro la repressione delle lotte, in difesa del campetto occupato e contro le misure di sorveglianza speciale richieste per un compagno del campetto come prodromo per lo sgombero dello spazio sociale. Uno spazio popolare, che ha offerto anche soluzioni abitative per chi una casa non ce l’ha, e intorno alle cui lotte si è creata un’ampia e sedimentata solidarietà.  L’Assemblea avrebbe dovuto svolgersi all’interno di un’aula, regolarmente concessa dall’Università, ma la concessione è stata revocata qualche ora prima, sotto evidenti pressioni esterne, che si sono materializzate in un pattugliamento della zona 2 ore prima dell’assemblea, da parte di 2 volanti dei carabinieri.
Secondo gli studenti era la prima volta che succedeva, ma evidentemente parlare di spazi sociali, lotte e repressione fa così paura che lo si deve cercare di impedire. Non gli é riuscito, l’assemblea si è svolta comunque all’aperto e sotto l’università, con la partecipazione di tant* compagni e compagne che sono intervenut*, tra cui CaseMatte L’Aquila, il collettivo Freaktion, Fuori Genere, Casa del Popolo Teramo, Collettivo Malelingue, compagne e compagni della Cassa di solidarietà “La Lima”.
I prossimi appuntamenti già fissati (probabilmente ne usciranno anche degli altri), sono il primo aprile un’iniziativa al Campetto occupato , con dibattito e concerto, e il 4 aprile fuori il Tribunale de L’Aquila, per l’udienza della Sorveglianza Speciale contro il nostro compagno.
Contro sgomberi e repressione.
Unit* possiamo tutto!

La Francia nega l’estradizione a Vincenzo Vecchi

Dal Presidio a Milano per Vincenzo Vecchi e Alfredo Cospito

Secondo i giudici di Lione, la situazione personale di Vincenzo – “Risiede da 13 anni in Francia”, “ha fondato una famiglia da tanti anni”, è “ben inserito socialmente”, “dispone di un lavoro da falegname” – sommata da un lato alla vetusta’ dei fatti commessi nel luglio 2001, cioè oltre ventuno anni fa, e, dall’altro, alla gravità oggettivamente modesta del reato di devastazione e saccheggio che lo riguarda, essendo gli unici elementi fattuali imputati personalmente all’interessato il “danneggiamento” dei locali di una banca e l’incendio di un autoveicolo, nonostante la severità della pena pronunciata e l’interesse tutelato, in quanto caratterizzato essenzialmente dall’appartenenza a un gruppo di persone che hanno commesso danni materiali, senza la necessità di commettere atti personali positivi, se non la partecipazione a una manifestazione durante la quale sono stati commessi danni, porta a concludere che la consegna costituirebbe una violazione sproporzionata del diritto di Vincenzo Vecchi al rispetto della vita privata e familiare.