Sardegna: La musica antimilitarista è ritenuta un «oltraggio». Solidarietà al rapper Bakis Bekis, “oltraggiose” sono le basi Nato e la repressione del popolo sardo

Rapper alla sbarra. Nel 2018 Bakis Beks si era esibito in un concerto all’Exme di Nuoro contro i poligoni e le basi militari in Sardegna

di Costantino Cossu

Nel settembre del 2018 il rapper Bakis Beks, dopo essersi esibito in un concerto all’Exme di Nuoro con una canzone contro le basi militari in Sardegna, era stato raggiunto da un decreto penale emesso dalla procura della Repubblica. Lunedì scorso si è aperto il processo, davanti alla giudice monocratica del tribunale del capoluogo barbaricino Daniela Russo. L’accusa contro il rapper è di oltraggio a pubblico ufficiale, perché durante l’esecuzione del brano antipoligoni Bakis Beks si sarebbe rivolto ai poliziotti che erano lì per il servizio d’ordine con il dito medio della mano destra sollevato.

Nel mirino anche il testo della canzone «Messaggio», con la quale Bakis Beks si era pronunciato contro la presenza delle basi militari in Sardegna. «Non c’è tempo per mediazioni, indennizzi, conciliazioni,questo è un messaggio ai coloni. Basta, fuori dai coglioni!», questo il passaggio incriminato, accompagnato dal dito medio alzato dal rapper. «Non posso accettare l’accusa – ha spiegato il cantante prima dell’udienza – Sono ritenuto colpevole di atti che non ho compiuto, ovvero di aver inveito contro le forze dell’ordine quando in realtà ho soltanto fatto la mia performance contro le basi militari in Sardegna, esprimendo legittimamente la mia opinione». «Ci batteremo contro un’accusa infondata – aggiunge l’avvocata del rapper Giulia Lai – Nella canzone del mio assistito sono state pronunciate parole di opposizione alle politiche militari nell’isola e non insulti contro le forze dell’ordine».

 

Solidarietà al rapper dagli antimilitaristi nuoresi dell’associazione Libertade e dal gruppo Nuoro antifascista, che prima dell’udienza in tribunale hanno promosso un sit-in srotolando uno striscione con la scritta «L’arte non si reprime». «Siamo un bersaglio perché ci opponiamo, anche attraverso la musica, alle politiche militari in Sardegna – denuncia il presidente di Libertade Giampiero Cocco – Ma non ci faremo intimidire. Continueremo a lottare per liberare la nostra terra dalle servitù militari e a stare al fianco di Bakis Becks, a processo per aver espresso le proprie opinioni».

Contro le basi si batte in Sardegna un vasto fronte pacifista e antimilitarista. Sono oltre 35.000 gli ettari di territorio occupati nell’isola dalle forze armate: il 60 per cento di tutte le servitù militari italiane, concentrato in un’unica regione. Per dare un’idea dell’estensione basti pensare che in occasione delle esercitazioni viene interdetto alla navigazione, alla pesca e alla sosta uno specchio di mare di oltre 20.000 chilometri quadrati, una superficie quasi uguale all’estensione dell’intera Sardegna. Quasi tutte le basi sono state attivate dopo la seconda guerra mondiale, in un contesto geopolitico segnato dalla contrapposizione frontale tra Nato e blocco sovietico. Sull’isola ci sono poligoni missilistici (Perdasdefogu), per esercitazioni a fuoco (Capo Teulada), per esercitazioni aeree (Capo Frasca), aeroporti militari (Decimomannu) e depositi di carburanti (nel cuore di Cagliari) alimentati da una condotta che attraversa la città, oltre a numerose caserme e sedi di comandi militari (di esercito, aeronautica e marina). Sono strutture al servizio delle forze armate italiane o della Nato. La base di Capo Frasca (sulla costa occidentale) occupa oltre 1.400 ettari. Le servitù del Salto di Quirra (nella Sardegna orientale) di 12.700 ettari e il poligono di Teulada di 7.200 ettari sono i primi due poligoni italiani per estensione.

L’ultima grande esercitazione militare in Sardegna è iniziata il 3 maggio scorso e ha visto la presenza, sino al 27 dello stesso mese, di più di 4000 effettivi di sette nazioni Nato, con navi, sommergibili, caccia, elicotteri, mezzi anfibi che hanno operato su tutta la costa meridionale dell’isola e sui tratti sud delle coste orientale e occidentale. Alla manovra, cui è stato dato il nome di “Mare aperto”, gli Usa hanno partecipato con il cacciatorpediniere Bainbridge, con la portaerei Harry Truman e con i caccia di stanza a Sigonella.

da il manifesto