Carcere assassino: due suicidi a distanza di pochi giorni a San Vittore

Il problema: le lunghe liste di attesa per i detenuti con disturbi mentali prima di ricevere le cure specialistiche
C’è preoccupazione per i ripetuti suicidi, a distanza di pochi giorni, da parte dei detenuti del carcere milanese di San Vittore. Due giovani detenuti presso il settimo reparto della Casa Circondariale ‘Francesco De Cataldo’ San Vittore di Milano si sono tolti la vita a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, lo rende noto l’Osservatorio carcere e territorio di Milano.

Abou El Maati, un giovane di 24 anni, cittadino italiano di famiglia egiziana, si è ucciso nella notte di giovedì 26 maggio. Giacomo Trimarco, 21 anni, ha deciso di farla finita ieri. Era in attesa di trasferimento in luogo di cura da mesi e destinatario di misura di sicurezza in REMS (una struttura sanitaria per l’esecuzione delle misure di sicurezza dedicata alle persone affette da disturbi mentali). Aveva già tentato due volte il suicidio nelle settimane precedenti.

India, 5 quadri maoisti arrestati nell’ultima settimana di maggio. Intanto i tribali di Poombad hanno chiesto un’indagine sull’attacco missilistico al loro villaggio

Secondo il sovrintendente aggiuntivo della polizia di Bijapur Pankaj Shukla, una squadra di pattugliamento del 165° battaglione delle forze di polizia della riserva centrale (CRPF), dell’8° e 19° battaglione delle forze armate Chhattisgarh (CAF), della guardia della riserva distrettuale (DRG) e della polizia locale hanno preso in custodia Lalu Ram Modiyam, Nehru Kunjam, Lalsai Kunjam e Jayman Veko, sabato 28 maggio, vicino alle giungle del villaggio di Belnar.

I quattro erano attivi come membri della milizia nel partito maoista e da loro sono stati recuperati tre bombe tiffin, filo elettrico e batterie, ha detto l’ufficiale.

Nella settimana precedente la Speciale Task Force di Muzaffarpur, nel Bihar, ha arrestato Mansoori Devi, alias Mansoori Didi, alias Renu Devi, ritenuta membro del Comitato Sub-zonale Vaishali del CPI(maoista), membro attivo della Explosive Squad (una squadra specializzata nella fabbricazione di bombe) e responsabile della formazione rivoluzionaria delle donne, del collegamento delle donne al Partito, per le sue lotte per i diritti delle lavoratrici ecc.

Mansoori Didi è stata associata all’organizzazione Naxalita dall’anno 2011 fino al 2019. Era ricercata nel caso dell’esplosione al campo base della Hari Construction Company vicino alla stazione ferroviaria turca di Kudhni nell’aprile 2013. Da allora era in fuga. La squadra di STF ha ricevuto informazioni sui suoi movimenti e non appena ha saputo che era tornata nella sua casa ha fatto irruzione nel villaggio di Ramkrishna Dobiahi di Jaitpur OP nella tarda notte di sabato e l’ha catturata, interrogata e consegnata alla stazione di polizia di Kudhni. Dopo di che è stata presentata lunedì in un tribunale speciale. Ci sono una mezza dozzina di casi naxaliti registrati contro di lei nelle stazioni di polizia di Laukaria di Muzaffarpur a Kudhni, Sakra, Karja, Saraiya e Bagaha, per i quali l’antiterrorismo ha intenzione di ottenerne la custodia cautelare in carcere.

In India sono più di 10.000 i prigionieri politici che languiscono nelle carceri, esposti a ogni tipo di abuso, torture, negazione della libertà su cauzione, condizioni di vita disumane, trasferimenti arbitrari, aggressioni brutali e stupri se si tratta di donne!

Sono dirigenti, quadri e membri del PCI (maoista) e dell’Esercito Popolare Guerrigliero di Liberazione (PLGA), abitanti dei villaggi adivasi che hanno resistito all’evacuazione forzata; contadini che hanno lottato contro i protocolli di intesa firmati da governi e multinazionali per sfruttare il popolo e continuare il saccheggio imperialista delle risorse naturali; attivisti e attiviste delle minoranze nazionali organizzati contro la minaccia del fascismo indù. Tutti colpevoli di stare dalla parte del popolo a fronte della guerra al popolo scatenata dallo Stato indiano.

Perché di una guerra si tratta, combattuta ad armi impari, anche con attacchi missilistici, come quello scatenato dallo Stato nel marzo scorso in un’area forestale al confine del distretto di Bijapur-Dantewada, colpendo gli abitanti del villaggio di Poombad con granate a propulsione a razzo (RPG).

Ci sono più di 10 campi delle forze di sicurezza (CRPF) nella regione del Gange, alcuni dei quali sono stati completati e altri stanno per essere allestiti attraverso l’acquisizione forzata di terreni. Uno di questi si trova a Pusnar, che comprende il villaggio di Poombad, e preoccupa molto la gente del posto.

Dopo l’attacco del 3 marzo, si sono svolte varie discussioni nella comunità tribale da Poombad a Bijapur. Nonostante la polizia abbia affermato che si trattava di un’operazione maoista, gli abitanti del villaggio affermano il contrario.

Secondo fonti locali, quel giorno nessun maoista era venuto al villaggio e non ci sarebbero stati scontri. Gli abitanti del villaggio affermano invece che quel giorno una squadra di forze di sicurezza aveva pattugliato il villaggio attraverso il percorso della collina di Dantewada e dopo essere entrate nel villaggio, tra le 12:00 e le 13:00, hanno mangiato e bevuto fino alle quattro di sera, quando hanno iniziato ad attaccare con RPG alcuni lavoratori intenti a lavorare sugli alberi.

Molti abitanti del villaggio sono stati testimoni oculari dell’attacco. Hanno visto cadere le persone dagli alberi quando le forze di sicurezza le hanno attaccate, e le hanno viste correre verso le loro case in cerca di un riparo. Hanno anche visto le guardie inseguire le persone dalla cima di una palma. Alcuni razzi sono caduti inesplosi nel mezzo del villaggio, dove giocano i bambini.

Secondo i tribali non si è trattato di “incidente” ma di una cospirazione per sfrattarli dal villaggio

Il presidente locale di Bachao Manch, Soni Poonam, ha affermato che le forze di sicurezza stavano chiedendo agli abitanti del villaggio di lasciare la zona e andare ovunque. “Da tempo si parla di allestire un nuovo campo nel nostro villaggio. Da allora gli abitanti del villaggio hanno protestato”. Secondo l’attivista tribale Soni Sori, questo è un modo per intimidire e terrorizzare i tribali.
Oltre all’evacuazione degli abitanti del villaggio, molti tribali sospettano che lo scopo principale dell’attacco fosse quello di accamparsi nell’intera area con il pretesto di un’operazione antimaoista e di trasferire acqua, foreste e terra al settore aziendale nel prossimo futuro.

Per questo hanno chiesto, con altri attivisti per i diritti umani, un’inchiesta sull’attacco RGP al loro villaggio.

Per questo noi chiediamo, anche qui in Italia, che gli attivisti e le attiviste per i diritti umani facciano sentire la propria voce contro la decisione del governo indiano di scatenare attacchi aerei sulle aree abitate in maggioranza da adivasi.

Neanche la più brutale repressione potrà mai fermare la guerra di liberazione delle masse indiane.

Istanbul, la polizia attacca una veglia di familiari in solidarietà con i prigionieri politici

Ieri, giovedì, la polizia ha attaccato una veglia di parenti di prigionieri politici a Istanbul e ha arrestato sei persone. I parenti, per lo più madri, stanno combattendo per la vita dei loro figli imprigionati.

Da mesi, il giovedì, i parenti dei prigionieri politici tengono una “veglia di giustizia” davanti al Palazzo di Giustizia Çağlayan di Istanbul per chiedere il rilascio di coloro che sono gravemente malati e continuano a essere imprigionati nonostante abbiano completato le loro condanne. La veglia è stata nuovamente attaccata dalla polizia ieri, con sei arresti.

Per sostenere i parenti e le loro richieste, un gran numero di persone si è recato in tribunale, tra cui il vice dell’HDP Musa Piroğlu, la portavoce dell’HDK Esengül Demir, i membri dell’Associazione degli avvocati per la libertà (ÖHD), il Consiglio dei giovani dell’HDP e il partito socialista SYKP. Quando i parenti hanno cercato di presentare le loro richieste, la polizia è intervenuta riferendosi al divieto ufficiale di assembramenti. Piroğlu ha protestato contro il divieto arbitrario e ha detto: “Siamo qui perché i diritti umani vengono violati nelle carceri. Siamo qui perché Aysel Tuğluk e Mehmet Özkan non debbano morire in prigione. Nessun altro dovrebbe morire in prigione. Le madri presenti qui non vogliono che i loro figli escano di prigione in una bara”.

La polizia ha aggredito la folla e diverse persone sono state spinte a terra e arrestate.