Soccorso Rosso Proletario

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19 june in Italy – very important speech of Soccorso Rosso Proletario and proletari comunisti

19 june in Italy – very important speech of Soccorso Rosso Proletario and proletari comunisti

IL GIORNO DELL’EROISMO. PERU’, 19 GIUGNO 1986 / 19 GIUGNO 2021

Il 19 giugno del 1986, nelle carceri peruviane del Fronton, Lurigancho e Callao, centinaia di prigionieri politici e di guerra del Partito Comunista del Perù in rivolta contro i piani di trasferimento e concentramento portati avanti dal regime peruviano furono massacrati dalle forze armate peruviane.
Truppe d’assalto di tutte e tre le armi con armamento e mezzi da guerra assaltarono le carceri, bombardarono dall’alto i padiglioni in cui si erano asserragliati i prigionieri in rivolta, falciarono con mitraglia e granate i prigionieri.
In 300 morirono dopo aver rifiutato ogni falsa proposta di accordo, consapevoli del costo che il nemico gli avrebbe fatto pagare per la loro fermezza. Scelsero di dare la vita per il loro popolo, il partito e la rivoluzione, resistendo e combattendo fino all’ultimo, come poterono, con le armi rudimentali che erno riusciti a costruirsi in cella.
Da allora il Partito Comunista del Perù ha chiamato il 19 giugno “Giorno dell’eroismo” e, a livello internazionale, si è andata affermando la tradizione di rivivere in questa giornata la memoria di quella battaglia e sacrificio eroici in unità coi prigionieri che lottano oggi per trasformare le galere dell’imperialismo in “luminose trincee di combattimento”.
E, cioè, non solo trincee di resistenza contro la toruta, l’isolamento e annientamento dei rivoluzionari ad opera degli aguzzini al servizio degli imperialisti, ma avamposti di lotta contro gli stati dell’imperialismo per la rivoluzione proletaria, parte della lotta di classe, fusa e non separata da esse.
Il “Giorno dell’ Eroismo” non è la denuncia di uno dei più efferati crimini contro i rivoluzionari prigionieri da rinnovare nella solidarietà con chi ancor oggi vive la prigionia politica, ma la memoria di una vittoria morale, politica e militare che i comunisti in Perù conquistarono sul campo, incarnando il principio per cui, quale che sia il costo da pagare, i comunisti non smettono di combattare e di colpire come possono il nemico.

Anche nelle carceri dei paesi imperialisti la borghesia coltiva lo stesso spirito e illusione di “soluzione finale” contro i prigionieri rivoluzionari che muove la mano genocida dei regimi servi dell’imperialismo nei paesi oppressi. L’inasprimento delle condizioni di detenzione dei prigionieri politici con l’applicazione del 41 bis in Italia, la dispersione dei prigionieri, l’allontanamento dalle loro famiglie sono parte delle tecniche di annientamento psicofisico, teso a piegare e cancellare l’identità

Viva il 19 giugno, Giorno dell’ Eroismo!

Viva la lotta internazionale dei prigionieri politici e di guerra!

Libertà per tutti i compagni arrestati!

 https://drive.google.com/file/d/1KLIGZQuUygtdTdbpUyR9jTym3XY6TtsU/view

il significato storico del 19 giugno e le campagne e iniziative in corso per i prigionieri politici nel mondo

la  criminalizzazione  degli anni 70… perchè temono che ritornino nelle forme indispensabili e necessarie oggi

 

stop criminalization of ‘seventy’ years in Italy 

DI CARCERE E DI ACCOGLIENZA SI MUORE. SOLIDARIETA’ CON GLI IMPUTATI DELL’EX CASERMA SERENA

Da Comitato Lavoratori delle Campagne

Il 17 giugno, nel tribunale di Treviso, si è tenuta l’udienza preliminare del processo contro Amadou, Abdourahmane e Mohammed, accusati di “aver guidato” a giugno 2020 la protesta dentro al centro di accoglienza ex caserma Serena di Treviso (1). Le accuse sono pesanti: devastazione e saccheggio e sequestro di persona, reati che prevedono pene che vanno fino a 15 anni di prigione.

Devastazione e saccheggio è un reato di stampo fascista, nato per reprimere chi si ribella e chi sceglie di lottare, da sempre utilizzato in questo senso. Un reato, questo, che ha già strappato la libertà a moltissime persone, in importanti momenti di piazza, alle frontiere (non ultimo il processo per il corteo contro le frontiere al Brennero), nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (ad esempio la rivolta del 29 dicembre 2015 nel CARA di Mineo, quella nel CARA di Borgo Mezzanone nel 2017, quella a Bari nel  2014) e nei centri di permanenza per il rimpatrio (come le rivolte che distrussero il CIE di Crotone nel 2012 o quello di Caltanissetta nel 2017) (2). E non stupisce infatti che sia stato usato anche nell’ultimo anno contro gli immigrati che hanno lottato nel centro di accoglienza di Treviso, ma anche contro chi ha partecipato alle coraggiose rivolte nelle carceri di tutta italia a partire da marzo 2020. Decine e decine di detenuti di diverse carceri, come quelle di Milano, Pavia, Roma, Frosinone, per citarne alcune, sono indagate con queste accuse. Di qualche giorno fa è la notizia che i 21 detenuti accusati di devastazione e saccheggio per la rivolta nel carcere di Frosinone l’8 marzo 2020 sono stati assolti. I rivoltosi di Rebibbia avranno l’udienza invece il prossimo 30 giugno. La stessa accusa è rivolta anche contro ragazzi giovanissimi per le proteste inerenti la mancanza di reddito (come quelle a Torino nell’ottobre del 2020) (3).  Un reato utilizzato contro tanti e tante che lottano, screditandone ogni forma di rivendicazione politica, come se dietro delle carceri o dei centri di accoglienza danneggiati non ci fosse un rifiuto delle proprie condizioni di vita e detenzione e la volontà di tutelare la propria vita e la propria salute da una quotidianità fatta di segregazione e soprusi.

E di pari passo con la dura rappresaglia contro chi lotta, tutte le responsabilità dei massacri che lo Stato e i suoi apparati hanno compiuto vengono negate e nascoste. Messo in isolamento nel carcere di Verona, Chaka Ouattara, uno dei quattro arrestati dell’ex caserma Serena di Treviso, viene trovato morto nella sua cella. Si parlerà di suicidio e poi più niente. Così come per gli 8 morti, tutti immigrati, nel carcere di Sant’Anna. Nonostante le numerose testimonianze di pestaggi, di violenze, della strage avvenuta, il 17 giugno scorso le indagini su queste morti sono state archiviate. Un massacro mascherato da suicidio di massa per impedire che sia fatta verità.

Al coraggio di chi, in un campo o in un carcere, ha lottato contro le leggi razziste, contro lo sfruttamento, contro la detenzione, deve corrispondere la nostra solidarietà concreta. Di fronte a tutte queste morti e davanti alla repressione che in tanti e tante devono affrontare, non possiamo restare in silenzio.

Contro la repressione e il razzismo, solidarietà agli imputati!

L’audio dello streaming del 20 giugno dedicato alla giornata del 19 giugno – importante ascoltarlo e farlo circolare in tutte le forme

L’audio dello streaming del 20 giugno dedicato alla giornata del 19 giugno – importante ascoltarlo e farlo circolare in tutte le forme

 https://drive.google.com/file/d/1KLIGZQuUygtdTdbpUyR9jTym3XY6TtsU/view

 nei prossimi giornì il video ufficiale

tra i temi affrontati

il significato storico del 19 giugno e le campagne e iniziative in corso per i prigionieri politici nel mondo

la  criminalizzazione  degli anni 70… perchè temono che ritornino nelle forme indispensabili e necessarie oggi

la manifestazione a parigi per la liberazione di Georges Ibrahim Abdallah del 19 giugno e la dichiarazione di GIA uscita dalla prigione

soccorso rosso proletario italia vi ha aderito ed E’ firmatario dell’appello di convocazione

abbiamo portato a roma alla manifestazione per adil e nello streaming del 20 tutto il nostro appoggio e tutta la valorizzazione di questa manifestazione

 

 

Déclaration de Georges Abdallah lue lors de la Manifestation nationale à Paris du 19 juin 2021 organisée par la Campagne Unitaire pour la Libération de Georges Abdallah

in via di traduzione

Cher·e·s Camarades, cher·e·s ami·e·s

 

Il y a moins d’un mois, on commémorait la Nakba dans une ambiance toute particulière. Les réactionnaires de tous bords ne juraient alors que par le “deal du siècle” et claironnaient sur tous les toits les soi-disant bénéfiques retombées pour la paix régionale de la normalisation des rapports entre l’entité sioniste et les régimes réactionnaires arabes. Ils répétaient à longueur de journée la fin de la cause palestinienne. 28 ans après les accords d’Oslo, l’entité sioniste a fini par croire avoir enterré réellement à tout jamais le peuple palestinien. La direction sioniste a toujours considéré qu’avec le temps “les vieux mourraient et les jeunes oublieraient”… C’est ainsi que cette direction a commis l’erreur d’estimer qu’elle pourrait profiter de la confusion générale et en finir une fois pour toute avec Al Quds, en démantelant ses grandes agglomérations palestiniennes et chasser les familles de leurs maisons à Cheikh Jarrah, Silwan et Khan Al Ahmar pour être remplacées par des colons juifs suprémacistes.

 

 

73 ans après la Nakba, toucher une nouvelle fois à Al Quds et l’explosion ne pouvait qu’être générale. Les masses populaires palestiniennes n’ont que faire de la confusion et de l’indétermination de leur direction en pareille situation. Et c’est ainsi que de Cheikh Jarrah à Gaza et à toutes les villes et localités de la Cisjordanie et des territoires de 48, les Palestiniens et les Palestiniennes, tout âge confondu, se sont redécouverts tout un peuple en pleine mobilisation. La Palestine, Terre et Peuple, est unifiée plus que jamais. Les secousses de ce volcan sont loin d’être circonscrites à la seule Palestine ; les masses palestiniennes des camps de réfugiés dans les pays arabes limitrophes sont à l’unisson avec les masses arabes en solidarité avec la Palestine, incarnation de toute la dignité et de tous les espoirs. Les secousses de ce volcan populaire pulvérisent non seulement le “deal du siècle”, mais aussi et surtout les accords d’Oslo. Ce n’est que pour endiguer cette Intifada populaire et pour tenter d’empêcher ses répercussions régionales que les puissances impérialistes et les réactionnaires de la région se sont empressés, après onze jours de criminel bombardement, à instaurer un cessez-le-feu…

 

Tout naturellement cette Intifada populaire d’un type particulier ne va pas s’arrêter là. Elle est appelée à faire bouger les lignes et à ne pas permettre à la direction d’Oslo de revenir comme s’il ne s’était rien passé. Force est de constater Camarades, que depuis ce cessez-le-feu, pas un seul jour ne se passe en Cisjordanie sans qu’il n’y ait de nouveaux martyrs jeunes ou moins jeunes… Regardons la situation à Beita, cette localité au sud de Naplouse, ou à Jénine dans le Nord, sans parler de tout ce qui se passe en provocations et répressions à Al Quds et dans les territoires de 48 et les raids de temps à autre à Gaza…

 

Camarades et Ami·e·s, la Résistance sous toutes ses formes paye toujours… C’est seulement la Résistance qui remet la cause palestinienne à sa juste place sur le devant de la scène régionale et mondiale. Les militants du Fatah, comme les militants de toutes les organisations en Cisjordanie ont scandé les noms des Résistants gazaouis et se sont engagés plus que jamais à défendre l’Intifada populaire en cours, à en finir avec toute forme de crapulerie capitularde et à se débarrasser de l’occupant une fois pour toute. Certainement c’est la Résistance qui a permis aux masses populaires palestiniennes de transformer la 73e commémoration de la Nakba en une Nakba pour l’entité sioniste. En dépit du coût énorme en sang et en destructions, la joie de la victoire finale, comme l’affirmait un commandant des brigades Abou Ali Mustapha, sera encore plus grande…

 

 

 

Camarades et Ami·e·s, de derrières les abominables murs, Ahmad Sa’adat ainsi que les milliers de Camarades embastillés dans les geôles sionistes, vous transmettent leurs salutations révolutionnaires et attirent votre attention sur ce qui se passe dans les territoires de 48, et certainement ils peuvent compter plus que jamais sur vous pour ne pas faire abstraction ou sous-estimer la portée des ratonnades organisées par les groupes fascistes et suprémacistes à Ramleh, Lydda, Haïfa et Oum Al Fahm, ouvertement soutenues par la police israélienne.

 

Ceci dit Camarades les masses populaires palestiniennes engagées dans cette Intifada populaire en cours peuvent compter, et doivent pouvoir compter, sur votre mobilisation face à toute l’infâme propagande de la bourgeoisie impérialiste, dans votre pays particulièrement… Les conditions de détention dans les geôles sionistes ne cessent de s’empirer de jour en jour. Et comme vous le savez Camarades, pour y faire face, la solidarité internationale s’avère une arme indispensable. Tout naturellement les masses populaires palestiniennes et leurs avant-gardes révolutionnaires peuvent toujours compter sur votre mobilisation et votre solidarité active.

 

Que mille initiatives solidaires fleurissent en faveur de la Palestine et de sa prometteuse Résistance !

Que mille initiatives solidaires fleurissent en faveur des Fleurs et Lionceaux palestiniens !

La solidarité, toute la solidarité avec les résistants dans les geôles sionistes et dans toutes les cellules d’isolement ailleurs de par le monde !

La solidarité, toute la solidarité avec les jeunes prolétaires des quartiers populaires !

Honneur aux Martyrs et aux masses populaires en lutte !

A bas l’impérialisme et ses chiens de garde sionistes et autres réactionnaires arabes !

Le capitalisme n’est plus que barbarie, honneur à tous ceux et toutes celles qui s’y opposent dans la diversité de leurs expressions !

Ensemble Camarades et ce n’est qu’ensemble que nous vaincrons !

La Palestine vivra et la Palestine, certainement, vaincra !

A vous tous, Camarades et Ami·e·s, mes salutations révolutionnaires.

 

Votre Camarade Georges Abdallah

19 juin 2021

 

Cari amici e sostenitori dei prigionieri politici, 

Vorremmo condividere con voi questo importante appello.
Noi del Comitato Solidale Grup Yorum, abbiamo deciso di aderire all’appello dei volontari del Comitato per la Libertà di Ali Osman Köse, che hanno organizzato un giorno di sciopero della fame internazionale con la richiesta di rilascio immediato del prigioniero politico malato.
L’ultima richiesta di Ali Osman Köse alla Corte Costituzionale in Turchia di rilasciarlo per un trattamento adeguato è stata rifiutata come lo è stata per molte altre richieste legali a favore della sua salute e la sua vita.
La Corte, che è già nota per le sue decisioni politiche, ha commentato che, secondo loro, il malato di cancro potrebbe ricevere un trattamento adeguato in prigione.
Questo tribunale ha impiegato più di due mesi per rispondere alla domanda presentata il 1° aprile e ha deciso di farlo rimanere in carcere, solo dopo la difficile operazione chirurgica di Ali Osman Köse.
È ovvio che in tali condizioni di detenzione, che non gli hanno nemmeno permesso di ottenere un esame adeguato e che hanno fatto sì che la ciste cancerosa nel suo rene si sviluppasse fino ad uno stadio pericoloso per la vita, porterà piuttosto ad una morte lenta e dolorosa che alla sua guarigione.
Inoltre, il personale della prigione ha persino delegato il suo compagno di cella il compito di fargli la medicazione, affermando che non c’era un medico disponibile nell’infermeria.
Dovremmo quindi inviare un forte segnale di solidarietà alle autorità turche e alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che dovrebbe probabilmente essere la prossima istanza per la richiesta di liberare il prigioniero gravemente malato.
Vi invitiamo e vi chiediamo quindi di unirvi al nostro sciopero della fame internazionale questo VENERDI’ 25 GIUGNO e di annunciare il vostro sostegno con un breve video di solidarietà, parlando o tenendo in mano un poster con delle scritte. Il testo può essere il seguente:
“Io/noi sosteniamo lo sciopero della fame di un giorno il 25 giugno per il prigioniero politico malato in Turchia, Ali Osman Köse e chiediamo il suo rilascio immediato per le cure”.
Probabilmente puoi trovare uno o più amici che si uniscano all’azione..
Dimostriamo che il Comitato per la Libertà di Ali Osman Köse è internazionale, potente e attivo!
L’azione dello sciopero della fame sarà sostenuta da molti volontari, come confermato da Regno Unito, Francia, Austria, Grecia, Italia, Germania, da sostenitori turchi/curdi così come da internazionalisti iraniani, siriaci, irlandesi, filippini e questi esempi possono sicuramente essere estesi.
Cerchiamo di essere centinaia di Voci di Libertà diffuse in tutto il mondo!
Inviateci i vostri video di solidarietà con il vostro annuncio di sostegno allo sciopero della fame, se possibile entro giovedì.
Anche un messaggio con la suddetta richiesta di libertà, se non potrete partecipare allo sciopero della fame per motivi personali, sarebbe fantastico.
Aspettiamo i vostri messaggi e video…
Che la nostra solidarietà abbia successo!

 

 

ADIL UCCISO DA UN SERVO DEL PADRONE – La nostra rabbia e solidarieta – Tutti a ROMA

NON E’ STATO UN INCIDENTE:
ADIL E’ STATO AMMAZZATO IN NOME DEL PROFITTO!

Stamane, durante lo sciopero nazionale della Logistica Adil Belakhdim, nostro coordinatore della sede di Novara e membro del Coordinamento nazionale SI Cobas, è morto travolto da un Tir che ha forzato un picchetto davanti la LIDL di Biandrate (Novara).
Il presidio, composto da alcune decine di lavoratori, è stato investito da un autista criminale, che alla vista del presidio non ha esitato a premere l’acceleratore dell’automezzo travolgendo prima due lavoratori che a malapena sono riusciti a malapena a salvarsi e che ora sono ricoverati in ospedale, e poi schiacciando il nostro compagno, passandogli addosso e scappando.
Adil aveva 37 anni, era sposato e con due bambini piccoli, ed è stato per anni operaio della Tnt, quando aveva scelto di tornare al suo paese per avviare una attività. Le cose non andarono come erano state da lui programmate, e così era tornato da noi in Italia e si era attivato nel SI Cobas.
È lui che ha dato il suo impegno in quel di Novara per costruire quel coordinamento provinciale, lavorando quotidianamente per sviluppare il SI Cobas sul territorio novarese. I compagni di altre città hanno avuto la possibilità di sentirlo all’ultimo coordinamento nazionale svoltosi domenica scorsa a Bologna, dove ha incitato alla lotta e alla partecipazione alla manifestazione di domani a Roma. Due anni fa, quando il SI Cobas si è incontrato in Marocco con il maggior sindacato, lui era presente con la nostra delegazione e con generosità ci aveva ospitato a casa sua.
In queste ore caotiche e strazianti risuonano ancora nelle nostre orecchie il messaggio vocale che Adil nella tarda serata di ieri ha inviato ai suoi lavoratori di Novara, nelle quali spiegava le ragioni dello sciopero nazionale di oggi e li invitava al presidio fuori a quegli stessi cancelli in cui ha incontrato la morte.
Per quanto ancora increduli ed esterrefatti, non possiamo tacere la nostra rabbia per una tragedia che non è in alcun modo derubricabile come un semplice incidente (come alcuni organi di stampa avevano fatto passare in un primo momento), ne tantomeno come la semplice opera di un folle isolato!!!
L’omicidio di Adil avviene infatti all’apice di una escalation di violenza organizzata contro il Si Cobas, che si trascina da mesi ed è oramai senza limiti.
Le cariche alla FedEx TNT di Piacenza, gli arresti, i fogli di via e le multe contro gli scioperi, le aggressioni armate di body guard e crumiri a San Giuliano e Lodi, passando per i raid punitivi alla Texprint di due giorni fa, sono parte di un unico disegno che vede i padroni e la criminalità organizzata (che fa giganteschi affari nella logistica) agire in maniera unita e concentrica per schiacciare con la forza e la violenza gli scioperi dei lavoratori contro il supersfruttamento e in difesa delle conquiste strappate negli anni dal sindacalismo conflittuale, in primo luogo dal SI Cobas: una violenza che che è quasi sempre spalleggiata e alimentata dalla repressione spietata condotta dalle forze dell’ordine contro gli scioperi e le lotte operaie.

I PADRONI VOLEVANO IL MORTO E CI SONO RIUSCITI.

Da settimane i padroni e i loro complici stanno veicolando sui luoghi di lavoro, con ogni mezzo e con ogni tipo di provocazione, il messaggio che i picchetti si possono sfondare, che operai e sindacalisti possono essere liberamente pestati a sangue, che gli scioperi possono essere schiacciati e le lotte messe a tacere con metodi mafiosi, il tutto con la complicità o il silenzio-assenso dello Stato e della polizia.
Questa violenza esplicita e dispiegata è solo la punta dell’iceberg di una strategia politica tesa a silenziare le rivendicazioni dei lavoratori e a isolare il sindacalismo di classe, funzionale a spianare la strada alle prossime misure governative di attacco alle condizioni di vita e salariali di milioni di lavoratori, su tutte l’imminente sblocco dei licenziamenti.
In queste ore stiamo assistendo al solito balletto di dichiarazioni di sconcerto e di prese di posizione da parte dei vertici del governo, con in testa il premier Draghi che invita a “far luce” su quanto accaduto a Biandrate, e con Cgil-Cisl-Uil che, come di consueto, si decidono a proclamare lo sciopero solo quando il sangue operaio è già stato versato.
Una dinamica simile a quella che è avvenuta anni fa alla Gls di Piacenza, quando Abd El Salaam venne travolto da un tir durante uno sciopero indetto da Usb: dopo qualche ora di indignazione a reti unificate, tornò a regnare il silenzio totale sulla condizione dei facchini e delle migliaia di lavoratori della logistica quotidianamente sfruttati, sottopagati e soggetti a ogni forma di ricatto e di angheria.
LA MORTE DI ADIL RENDE ANCOR PIU’ EVIDENTE CIO’ CHE ERA GIA’ CHIARO ALLA LUCE DELLA CRESCITA ESPONENZIALE DELLE MORTI SUL LAVORO REGISTRATE IN QUESTI MESI DI CRISI PANDEMICA:
PER I PADRONI I PROFITTI VALGONO PIU’ DELLA VITA UMANA.

Il premier Draghi piuttosto che versare lacrime di coccodrillo dovrebbe spiegare per quale motivo da oltre 3 mesi il SI Cobas sta chiedendo al governo un tavolo di crisi al MISE per risolvere la vertenza alla Fedex di Piacenza con 280 lavoratori buttati per strada solo a causa della loro appartenenza al nostro sindacato, senza ricevere mai risposta e, anzi, ricevendo in cambio cariche e manganellate della polizia quando lo scorso 21 maggio ci siamo recati in presidio sotto a Palazzo Chigi; dovrebbe spiegare come mai da oltre un anno il SI Cobas si batte per ottenere dal governo (prima Conte, ora l’attuale) il varo di protocolli vincolanti sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro senza mai aver ricevuto alcuna risposta; dovrebbe spiegarci come mai il governo stia sponsorizzando piani di ristrutturazione che prevedono migliaia di licenziamenti e una generale precarizzazione dei contratti (oggi in Fedex, domani dappertutto) senza che le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nella logistica siano convocate ai tavoli di trattativa.
I vertici di Cgil-Cisl-Uil dovrebbero spiegarci come si concilia il giusto sciopero per la morte di Adil con l’opera sistematica di demonizzazione e criminalizzazione condotta dai confederali contro il SI Cobas (solo per restare agli eventi più recenti, gli inviti alla polizia ad intervenire contro le lavoratrici e i lavoratori in sciopero alla Ceva di Stradella) e, più in generale, contro il sindacalismo combattivo.
Per questo denunciamo con forza che questa morte non è stata provocata dalla follia di un singolo, bensì è il frutto di una guerra a tutto campo contro la classe lavoratrice, alimentata dell’omertà delle istituzioni e dal collaborazionismo dei vertici confederali.
Domani Adil sarebbe stato con noi a Roma per manifestare contro lo sblocco dei licenziamenti, contro il rinnovo-farsa del CCNL Trasporto merci e logistica, e a sostegno della lotta dei lavoratori Fedex di Piacenza.
Il dolore per la perdita del nostro dirigente nazionale ad opera di un vigliacco criminale è indescrivibile, ma non appanna, anzi rafforza le ragioni della manifestazione di domani a Roma: perchè si tratta delle stesse ragioni e della stessa causa per cui Adil si batteva da anni e che sono alla base della tragedia di stamattina: la lotta per l’emancipazione dei proletari dalla barbarie capitalistica.
Saremo alle 14 a Piazza della Repubblica per portare la nostra rabbia e le nostre lotte fin nel cuore del capitale, e invitiamo tutti i lavoratori e i solidali alla massima partecipazione.
Al contempo, sosteniamo fin d’ora ogni iniziativa tesa a denunciare e smascherare le responsabilità oggettive del gruppo LIDL per il barbaro assassinio di Adil.

ADIL VIVE NELLE NOSTRE LOTTE!
IL SUO SANGUE NON SARA’ VERSATO INVANO!
ONORE A TE, COMPAGNO!

18.06.2021

Si Cobas nazionale

* nelle prossime ore avvieremo una raccolta-fondi pubblica per sostenere i familiari di Adil

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Giustizia borghese è fatta: a Modena non fu strage ma suicidio collettivo.

Le botte e tutto il resto? Ignorate/legittimate da una “sproporzione in termini numerici fra rivoltosi e guardie penitenziarie”. Così il gip Andrea Romito ha liquidato la strage di stato nel carcere di Modena. Non ci stupisce ma ci indigna, però sappiamo che solo una giustizia proletaria potrà porre fine a questo sistema fondato sui privilegi, le ingiustizie, lo sfruttamento, le stragi e il terrorismo di stato.

Modena, 17 giugno 2021 – Il gip Andrea Romito ha respinto le opposizioni all’archiviazione del fascicolo relativo al decesso di otto detenuti morti a seguito della rivolta avvenuta nel carcere di Sant’Anna l’8 marzo del 2020. Respinte dunque le opposizioni dell’associazione Antigone onlus, dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute e private della libertà personale e dai parenti di una delle vittime , Chouchane Hafedh. Per il decesso di quest’ultimo, di Methnani Bilel, Agrebi Slim, Bakili Ali, Ben Mesmia Lifti, Hadidi Ghazi, Iuzu Artur e Rouan Abdellah non ci saranno ulteriori indagini; il fascicolo che ipotizzava l’omicidio colposo e morte o lesioni come conseguenza di altro delitto sarà appunto archiviato. Il gip ha dichiarato inammissibili gli atti per l’opposizione all’archiviazione presentati da Antigone e dal Garante nazionale, trattandosi “di soggetti privi della qualifica di persone offese in riferimento ai reati ipotizzati o, pur solo astrattamente enucleabili”. Lo stesso gip sottolinea come la «causa unica ed esclusiva» del decesso dei nove carcerati (la nona vittima è Salvatore Piscitelli morto dopo il trasferimento ad Ascoli, dove sono ancora in corso indagini) sia stata l’asportazione violenta e l’assunzione di «estesi quantitativi di medicinali correttamente custoditi all’interno del locale a ciò preposto “. Un profilo, quello della causa dei decessi che Romito sottolinea essere “debitamente approfondito nel corso delle attività di consulenza e non investito di alcuna contestazione”. Rimarcando anche la “sproporzione in termini numerici fra rivoltosi e guardie penitenziarie” e “il contesto sanitario nel quale gli accadimenti ebbero luogo”, il gip rileva che “alcuna responsabilità è ascrivibile in capo ai soggetti intervenuti nel complesso iter procedimentale che conduceva, il 9 marzo, alla definitiva cessazione dei tumulti”.
«Non è accettabile che una vicenda così grave che ha visto la morte di otto detenuti si chiuda con un provvedimento così motivato» . L’associazione Antigone, per voce dell’avvocato Simona Filippini commenta così l’archiviazione firmata dal gio di Modena. “Stiamo valutando quale sia l’azione più opportuna da prendere ma sicuramente l’associazione andrà avanti affinché – aggiunge Filippini – venga fatta chiarezza sulle ragioni della morte di tutte queste persone”. Ad esprimere sorpresa ed amarezza è anche l’avvocato Luca Sebastiani che rappresenta i parenti di una delle vittime: “Dalla lettura del provvedimento del giudice modenese, si evince come siano stati ignorati una serie di elementi e criticità sollevate nell’atto di opposizione depositato, che avrebbero meritato più attenzione e la dovuta considerazione. Sono troppe le zone d’ombra che – dice l’avvocato – non sono state chiarite in questa triste vicenda e questo non possiamo accettarlo. Pertanto siamo pronti a ricorrere nelle opportune sedi, confidando che prima o poi i familiari di queste giovani vittime avranno le risposte che meritano”.