Soccorso Rosso Proletario

Soccorso Rosso Proletario

Ancora repressione di Stato contro il movimento Antifascista/antirazzista. Massima solidalidarietà ai compagni di Genova e Pavia

Condannati a 8 mesi per aver saldato la porta di una sede neofascista a Genova. Identica condanna a 8 mesi per i 3 neonazi  che nel 2018 hanno accoltellato alla schiena un compagno antifa

I compagni: “saldare una porta o accoltellare un uomo sarebbe uguale?”

Genova Antifascista

14 nov

L’AZIONE ANTIFASCISTA FA PAURA

Questa settimana alcuni nostri compagni sono stati condannati per aver chiuso simbolicamente con dell’acciaio liquido l’ormai ex sede di Lealtà Azione. Nel 2017 quei compagni avevano dato vita all’Assemblea Permanente di Genova Antifascista, un coordinamento fra realtà e cani sciolti che si riconoscevano nella pratica dell’antifascismo militante e che sentivano l’urgenza e il dovere di fermare con ogni mezzo necessario il tentativo di avanzata dei neofascismi nella nostra città. Ogni sabato per diverse settimane l’Assemblea si è riunita in Via Serra per esigere che quella sede, che costituiva uno sfregio per Genova, venisse chiusa. Da quel 2017 ad oggi sono state tante le denunce ai quei compagni, che sempre in prima linea, si sono battuti con forza contro il fascismo, e se non sempre

i risultati sono arrivati, sicuramente a loro va il merito di aver alzato il livello del conflitto nelle nostre strade. Quel conflitto, che dopo le grandi conquiste degli anni Settanta, senza il quale non sarebbero state possibili, è stato messo a tacere in nome della pace sociale. Quel conflitto che agli occhi dei ben pensanti, ormai totalmente assopiti dalla retorica mainstream, coincide con la violenza, ed è allora che il sistema capitalistico incorpora in sé il dissenso rendendolo innocuo e socialmente accettabile, ed ecco il proliferare di macchiettistici flash mob, performance e presidi. Ma la violenza non è costituita da una porta sigillata, da un muro colorato o da un fumogeno, la vera violenza è la VOSTRA: di chi con la sua impassibilità complice sta a guardare i morti in mare, i lavoratori ridotti a schiavi, la sanità pubblica al collasso, la scuola che cade su se stessa e tutte le altre storture del sistema capitalistico.

CERTI DI ESSERE DALLA PARTE GIUSTA DELLA BARRICATA,

NON LASCEREMO MAI NESSUNO INDIETRO.

L’ANTIFASCISMO NON SI PROCESSA

Pavia: Due decreti di condanna penale per una assemblea di Black Lives Matter

Osservatorio

A Pavia sono stati emessi 2 decreti penali di condanna nei confronti di due compagni del Movimento locale per aver partecipato e promosso il 20 giugno 2020 un’assemblea in solidarietà alle lotte antirazziste che si stavano producendo negli Stati Uniti d’America dopo l’assassinio di George Floyd.

Una assemblea di “Black Lives Matter” si era  tenuta in piazza Duomo e aveva visto la partecipazione di “migranti, lavoratrici e lavoratori sfruttati, giovani di seconda generazione, disoccupati e persone pesantemente colpite dalla crisi economica e sanitaria” come ricorda il Movimento Pavese in una nota in cui denuncia quanto accaduto.

Ricordano che “in quell’occasione vi furono collegamenti con altre piazze dagli Stati Uniti a Parigi, grazie a Radio Onda d’Urto, a Bologna con il Coordinamento Migranti Bologna” e  precisano che “questa assemblea, senza le necessità di contenimento imposte dalla pandemia, si sarebbe tenuta al chiuso, come anche specificato ai funzionari di p.s. accorsi a gestire la situazione”.

novembre 15, 2020

il comunicato:

 Ci chiediamo se questa ridicola condanna non rappresenti la precisa volontà di colpire con un’ammenda molto salata (2300 € a testa) chi porta avanti le lotte sociali in questa città. Per una questione di metodo, non ci piace lagnarci delle denunce e della repressione che subiamo, tuttavia, riteniamo sia giusto portare all’attenzione delle cronache questo episodio, che fa seguito ad altre decreti penali che ci hanno raggiunto in questi mesi, di cui uno per una manifestazione di solidarietà con il popolo palestinese nel pieno delle proteste contro la decisione di Trump di trasferire l’ambasciata americana in Israele a Gerusalemme e vari altri per aver partecipato attivamente alle lotte della logistica al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici del Si Cobas. Vogliamo denunciare questo ennesimo episodio di repressione nei nostri confronti perché si inscrive in una gestione degli spazi cittadini da parte di una giunta leghista che ha utilizzato l’allarmante emergenza pandemica come pretesto per chiudere arbitrariamente spazi pubblici ai cittadini, lasciandone aperti altri. Guarda caso, si è scelto di chiudere quegli spazi di aggregazione a costo zero, come i gradini del duomo o il ponte coperto, per dare spazio ai locali della movida beneficiati di ampi dehors.

Ci rendiamo conto della natura vendicativa di questo provvedimento, anche alla luce dei numerosi tentativi di criminalizzazione a mezzo stampa e non solo, portati avanti da questa giunta che continua a evitare un confronto con noi sui temi dell’emergenza abitativa perché saremmo, a loro dire, delinquenti e non una controparte. Non ci ha fermato la pandemia, non ci ferma neanche questa piccola subdola vendetta.

Sappiamo che gli spazi, come i diritti, si prendono e si conquistano con la lotta…riteniamo che le nostre lotte contro un sistema che anche a livello locale non fa niente per tutelare la vita umana e i diritti umani, valgano bene una misera vendetta da parte di quelle stesse istituzioni che sappiamo essere le prime responsabili, per incapacità, inettitudine, interessi particolari, di questo macello.

Al fianco di Matteo e Delo, quel giorno c’eravamo tutt*

il carcere assassino uccide ancora ad Ivrea

L’isolamento di quarantena è stato fatale a un detenuto rumeno

Nel carcere di Ivrea si allunga la lista dei suicidi. Come già nel 2018 e nel novembre 2019 anche nel 2020 un detenuto si è tolto la vita, questa volta impiccandosi nel bagno della cella. Arrivato da Asti con denunce di maltrattamento della moglie, l’uomo, di nazionalità rumena di 39 anni, da tre giorni era stato posto in isolamento, 14 giorni, come da regolamento per prevenzione Covid. Lunedì 9 novembre è stato però trovato morto dagli agenti di Polizia penitenziaria.
Le norme di quarantena preventiva applicate in una struttura come quella carceraria si sommano evidentemente con l’isolamento già vissuto normalmente dai detenuti, cui in questo periodo sono negati anche visite parentali, colloqui e attività sportive. In questo senso si può enumerare anche questa tra le vittime del Covid, visto che anche per una denuncia di maltrattamento un detenuto viene posto in un isolamento rigido come un capo mafioso, senza contromisure che ne mitighino l’effetto di solitudine.
Esiste un “protocollo anti-suicidiario” ma evidentemente non è misura sufficiente, in specie nella attuale situazione di sovrapposizione con l’emergenza sanitaria Covid.
L’elenco dei detenuti suicitatisi in cella arriva così in Italia nel 2020 a 51 persone, 5 dei quali in Piemonte, 2 italiani e 3 stranieri, su un totale di 130 morti in totale nelle carceri. Cioè quasi la metà delle morti sono volontarie e la percentuale non varia molto negli anni precedenti. A Ivrea purtroppo ogni anno, con tragica ripetitività, la lista si allunga e la percentuale è ben maggiore rispetto alle altre carceri piemontesi.
Nella Casa circondariale di Ivrea, struttura giudicata tra le più carenti sia dai detenuti che dal personale, sono state sospese, per “prevenzione Covid” dai primi di marzo scorso, le attività scolastiche, di volontariato, i colloqui in presenza, l’uso del campo sportivo interno, senza che venisse attivata qualunque attività alternativa in modalità online. In verità il campo sportivo è stato dotato di moderne attrezzature ginniche ma la soddisfazione dei detenuti è durata solo un giorno, visto che poi sono state subito accantonate e mai utilizzate.
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giu’ le mani dagli antifascisti genovesi – massima solidarietà e mobilitazione nelle forme possibili – SRP

Condannati a 8 mesi per aver saldato la porta di una sede neofascista a Genova. Identica condanna a 8 mesi per i 3 neonazi  che nel 2018 hanno accoltellato alla schiena un compagno antifa

I compagni: “saldare una porta o accoltellare un uomo sarebbe uguale?”

 

 

Genova Antifascista

14 nov

L’AZIONE ANTIFASCISTA FA PAURA

Questa settimana alcuni nostri compagni sono stati condannati per aver chiuso simbolicamente con dell’acciaio liquido l’ormai ex sede di Lealtà Azione. Nel 2017 quei compagni avevano dato vita all’Assemblea Permanente di Genova Antifascista, un coordinamento fra realtà e cani sciolti che si riconoscevano nella pratica dell’antifascismo militante e che sentivano l’urgenza e il dovere di fermare con ogni mezzo necessario il tentativo di avanzata dei neofascismi nella nostra città. Ogni sabato per diverse settimane l’Assemblea si è riunita in Via Serra per esigere che quella sede, che costituiva uno sfregio per Genova, venisse chiusa. Da quel 2017 ad oggi sono state tante le denunce ai quei compagni, che sempre in prima linea, si sono battuti con forza contro il fascismo, e se non sempre i risultati sono arrivati, sicuramente a loro va il merito di aver alzato il livello del conflitto nelle nostre strade. Quel conflitto, che dopo le grandi conquiste degli anni Settanta, senza il quale non sarebbero state possibili, è stato messo a tacere in nome della pace sociale. Quel conflitto che agli occhi dei ben pensanti, ormai totalmente assopiti dalla retorica mainstream, coincide con la violenza, ed è allora che il sistema capitalistico incorpora in sé il dissenso rendendolo innocuo e socialmente accettabile, ed ecco il proliferare di macchiettistici flash mob, performance e presidi. Ma la violenza non è costituita da una porta sigillata, da un muro colorato o da un fumogeno, la vera violenza è la VOSTRA: di chi con la sua impassibilità complice sta a guardare i morti in mare, i lavoratori ridotti a schiavi, la sanità pubblica al collasso, la scuola che cade su se stessa e tutte le altre storture del sistema capitalistico.

CERTI DI ESSERE DALLA PARTE GIUSTA DELLA BARRICATA,

NON LASCEREMO MAI NESSUNO INDIETRO.

L’ANTIFASCISMO NON SI PROCESSA

solidali con eddi

“Bombing per Eddi” dopo l’oscuramento dei profili social della combattente contro l’Isi

La Marcucci è sottoposta a sorveglianza speciale: “i social unico strumento per comunicare”
I profili social di Eddi Marcucci, la compagna torinese che nel 2017 si unì, in Siria, alle milizie curde che combattevano lo Stato Islamico, sono stati oscurati. Così, nell’attesa di avere spiegazioni, i compagni annunciano di essere pronti al social bombing nel caso non venissero riaperti. Marcucci, 29 anni, lo ha comunicato ieri, giorno successivo all’udienza al palazzo di Giustizia di Torino per il ricorso contro il regime di sorveglianza speciale cui è stata sottoposta. Anche in virtù di questo appuntamento i profili social erano stati riempiti di messaggi di solidarietà e di vicinanza ma ora sono irraggiungibili. “Stiamo cercando di avere informazioni specifiche sulle motivazioni della loro chiusura, confidando di poterli riaprire presto”, si legge sulla pagina web dei compagni

Nel post, titolato “Bombing per Eddi”, ricordano anche le restrizioni a cui è stata sottoposta Eddi con la sorveglianza speciale richiesta dalla procura di Torino,  come il ritiro di passaporto e patente, la carta di identita invalidata per l’espatrio e il divieto di partecipare a eventi e manifestazioni pubbliche ma anche frequentare locali pubblici dopo le 18 o lasciare l’abitazione tra le 21 e le 7. “In questi mesi Eddi, privata della possibilità di parlare in pubblico, ha potuto continuare a fare informazione sulla Rivoluzione Confederale in Siria del nord-est, a cui ha preso parte tra le fila dell’Unità di difesa delle donne (YPJ) , e far conoscere la sua vicenda soltanto tramite i social network, denunciando l’assurdità della misura a cui è sottoposta, e ribadendo l’importanza di lottare per la libertà da ogni forma di oppressione e per un mondo in cui la libertà delle donne e la difesa e l’autonomia dei territori sono centrali”. E annunciano “se non riusciremo a riaprire l’account, tutti/e pronti/e a spammare quello nuovo”.