Archivi giornalieri: 27/03/2023
L’Aquila, la movida che conviene e la TAZ da reprimere
Solo 3 mesi fa, a pandemia ancora in corso, il Comune dell’Aquila sponsorizzava l’aperitivo della vigilia di natale riempiendo strade e piazze del centro storico di una marea di babbi natale, ma le casse dei commercianti del ludico valevano bene la marea di immondizia che ne è seguita.
A tre mesi da quell’evento si assiste invece al tentativo di criminalizzare dei giovani semplicemente perché si ritrovano in centro per divertirsi, socializzare e fare arte in maniera autonoma, riappropriandosi dello spazio pubblico al di fuori delle logiche del consumo e del profitto.
Dal comunicato di CaseMatte L’Aquila:
Sciopero del vitto in solidarietà con la lotta di Alfredo Cospito
Respinta la richiesta dei domiciliari per Alfredo Cospito, ma la lotta continua fino all’ultimo respiro. Proponiamo un’intervista dell’MFPR a Carla Serra e Maria Luna, avvocate di Nadia Lioce
“… E poi noi cosa chiediamo? Che venga rispettato il diritto – che non è il nostro, è il loro – e che venga rispettata la Costituzione. Quando tu chiedi queste cose non puoi ricattare nessuno, chiedi che vengano applicate le leggi e ci fan passare come quelli che ricattano. Cosa ricattiamo? Siamo ricattati casomai! Noi fino all’ultimo, fino a che Alfredo respira, lotteremo per evitare che muoia. Se Alfredo morirà la gente deve capire di chi è la responsabilità e deve capire quanto è orribile quello che sta succedendo” (Lello Valitutti, 25 Marzo 2023)
Respinta la richiesta di differimento della pena (domiciliari) per le condizioni di salute ad Alfredo Cospito, ormai in sciopero della fame da 159 giorni.
Il collegio presieduto dal giudice Giovanna Di Rosa, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano, ha inoltre rigettato la richiesta della procura generale milanese di collocare Cospito “in maniera stabile” nel reparto detenuti dell’ospedale San Paolo. Anche la Sorveglianza di Sassari ha respinto i domiciliari.
Nel provvedimento lungo 8 pagine, si fa anche riferimento alla “strumentalità” dello sciopero della fame che “è assolutamente certa e ha dato corso alle patologie oggi presenti“. “Dagli atti risulta che la condizione clinica del detenuto è diretta conseguenza dello sciopero della fame che egli sta portando avanti fin dall’ottobre 2022“, si legge nel provvedimento firmato da Giovanna Di Rosa, presidente della Sorveglianza, e dalla giudice Ornella Anedda.
Il 41bis è tortura, è violenza della stessa natura umana, che sopprime il più elementare diritto, quello della parola, di esplicazione di un pensiero, è come tornare alla preistoria, quando ancora gli uomini non conoscevano la parola. Oltre questa aberrazione contro l’umanità, la sua applicazione ai detenuti politici rivoluzionari ha sempre più un valore verso l’esterno, di cui si vuole impedire anche la manifestazione del pensiero antagonista, del dissenso. Il timore dello Stato borghese, ora come ora, non è tanto del collegamento dei detenuti con le manifestazioni esterne e di un loro presunto ruolo di “incitatori” della lotta sociale e politica, assolutamente dimostrato non vero e non “necessario” – l’acutizzarsi della lotta di classe va per conto suo, ha ben altri “istigatori”, come la Francia per esempio sta dimostrando in questi giorni – ma piuttosto l’inverso: il collegamento dell’esterno con l’interno.
Pubblichiamo a tal proposito un’intervista a Carla Serra e Maria Luna, avvocate di Nadia Lioce, dal 2005 in 41 bis nel carcere di L’Aquila:
L’Aquila, 17/03/2023
Mfpr
Alfredo Cospito dal 20 ottobre è in sciopero della fame contro il regime di 41 bis, a cui è stato assegnato dal maggio scorso. Ma non è la prima volta che un prigioniero rivoluzionario viene sottoposto al regime di 41 bis, né è la prima volta che un prigioniero anarchico viene di fatto detenuto in condizioni di segregazione molto simili, se non sovrapponibili, a questo regime. Nel 2019 le anarchiche Anna e Silvia vennero trasferite nell’allora sezione AS2 del carcere dell’Aquila, la cosiddetta “sezione gialla”, adibita fino al 2012 a 41bis femminile, del quale mantenne pressoché tutte le restrizioni, aggravate dal carattere particolarmente angusto delle celle. Anche allora ci fu una lotta, innescata dallo sciopero della fame delle prigioniere anarchiche, che si allargò in altre carceri e vide coinvolto lo stesso Cospito. Una lotta che fu ripresa, attraverso battiture delle sbarre, dalle detenute e dai detenuti in 41 bis nel carcere dell’Aquila e rilanciata da Nadia Lioce con un comunicato di solidarietà. Ci furono numerosi presidi e iniziative di solidarietà in città e al carcere e alla fine quella sezione fu chiusa. Ad oggi però ci sono 12 o 13 donne al 41 bis nel carcere dell’Aquila. Tra loro la prigioniera comunista Nadia Lioce. Quali sono oggi le condizioni che si vivono nella sezione femminile del 41 bis del carcere aquilano?
Avv. Serra
Per quel che possiamo constatare, che ci viene riferito dalla nostra assistita, Nadia Lioce, possiamo rilevare come le condizioni, che sono più che altro ormai note, sono di totale isolamento, soprattutto per quel che riguarda la nostra assistita. Come tutte, lei ha soltanto un’ora d’aria e un’ora di socialità.
Mfpr
Puoi ricordare un po’ come sono stabiliti i gruppi di socialità? Chi stabilisce i gruppi di socialità?
Avv. Serra
I gruppi di socialità assolutamente non vengono decisi dal detenuto ma vengono decisi dal DAP, ossia dall’amministrazione, dal Ministero, che decide appunto di porre il detenuto in un gruppo di socialità – in genere i gruppi sono da tre o da 4, ma a L’Aquila adesso sono da due nella sezione femminile – che preveda che gli altri detenuti siano di diversa provenienza, l’organizzazione deve essere di diversa provenienza rispetto a quella dell’altro detenuto. Per dirla in breve non possono avere socialità due detenute che appartengono entrambe ad un’organizzazione di tipo mafioso o camorristico, quindi non vengono assolutamente decise dal detenuto o dalla detenuta.
Poi ovviamente ci sono tutte le restrizioni che conosciamo benissimo, fino appunto al divieto di parola, se non alle detenute che appartengono allo stesso gruppo di socialità, perché con le altre tu non puoi assolutamente avere nessun tipo di contatto, neanche un saluto. Ed è per questa ragione che si fece anche il processo che vide Nadia Lioce imputata nel 2017, in cui praticamente le si contestava di aver recato disturbo alle altre detenute perché faceva una battitura con una bottiglietta di acqua, e per cui sostenemmo che lei non avrebbe comunque neanche potuto sapere se stesse arrecando o meno disturbo, proprio perché non ci si poteva parlare, non solo, non si poteva in alcun modo neanche dirsi “mi dai fastidio”, “cosa stai facendo?”.
Diciamo che poi proprio quel processo fu l’occasione per far conoscere all’esterno le condizioni in cui si trova un detenuto o una detenuta in 41 bis, che non tutti conoscono, e che riguarda proprio un’afflizione della persona in tutto il suo esplicarsi, anche nella parola, non solo come impossibilità di spostarsi, di avere contatti con l’esterno, tanto che per la Lioce noi continuamente facciamo dei reclami sulla corrispondenza, perché le viene trattenuta quasi tutta la corrispondenza con l’esterno.
Avv. Luna
In particolare, sul trattenimento della corrispondenza, molti reclami sono stati accolti proprio perché la magistratura, e quindi l’autorità giudiziaria, ha rilevato e verificato che si trattava di lettere, di comunicazioni, totalmente prive di un contenuto o di un significato che anche solo lambisse la soglia della pericolosità, quindi dei collegamenti con l’esterno pericolosi, unico elemento che a rigore, almeno proprio a mente della legge, dovrebbe giustificare e legittimare il trattenimento e quindi la compressione di questo diritto costituzionalmente garantito.
In moltissimi casi, non perché lo avessimo sostenuto noi, o meglio, non solo perché lo avevamo sostenuto noi, ma perché lo ha constatato l’autorità giudiziaria, il trattenimento è risultato completamente sganciato da qualunque pericolosità, da qualunque contenuto di pericolosità concreta ed effettiva. E dunque, venuto meno questo presupposto, restava solo la parte vessatoria, afflittiva, che è quella che resta di molte di queste restrizioni, sulle quali i magistrati sono stati chiamati, sono stati sollecitati ad intervenire, proprio perché si ripristinasse anche il senso di queste norme, perché è evidente che se viene meno il requisito della pericolosità, per come è inteso, evidentemente resta solo la parte afflittiva della restrizione, e siccome va ad incidere sui diritti soggettivi, su prerogative della persona, come il pensiero, la sua libertà di manifestarlo, la parola, è evidente che la compressione si pone molto al limite con i diritti costituzionali, anzi, a nostro avviso, fuori dai diritti costituzionali.
Avv. Serra
Sì e infatti ormai dopo 16 anni, constatiamo come in tutti i decreti di proroga del regime di 41 bis, si ripetano pedissequamente le stesse motivazioni, che toccano aspetti che nulla rilevano sul piano della pericolosità del soggetto. Come dire, lo si proroga indipendentemente da una qualche motivazione, da un qualche aspetto di messaggio che possa essere veicolato all’esterno, proprio in assenza totale di una pericolosità concreta. Dal che rileviamo come nonostante siano trascorsi 16 anni dalla sua prima applicazione, il decreto viene prorogato ogni due anni, di fatto in forma automatica, ma è chiaro che così facendo verrà prorogato per sempre, perché le motivazioni arrivano appunto a toccare aspetti che nulla rilevano, tipo la solidarietà esterna al soggetto che è detenuto in 41 bis, oppure il fatto che, pur essendo stato accertato che non esiste l’organizzazione di appartenenza all’esterno, (non essendoci elementi concreti, attuali di tale esistenza), si sostiene che, siccome vi sono dei problemi sociali, dei conflitti sociali, e quindi potrebbe rinascere la lotta armata, ciò legittimerebbe sempre l’applicazione della proroga del 41 bis. Ecco, questo è un aspetto che non ha nessun aggancio con le norme di riferimento, però purtroppo dobbiamo assistere ogni due anni alla proroga motivata in questo modo.
Mfpr
In un’intervista al Fatto Quotidiano della collega Calia si parlava infatti di motivazioni sganciate da qualsiasi presupposto di legge, motivazioni di questo tipo: “Vanno valutate con la massima prudenza le temporanee eclissi del fenomeno brigatista che suggeriscono di non escludere la possibilità di una ripresa della lotta armata nel medio/lungo periodo, anche in considerazione di un panorama complessivo di scontri sociali, di un sempre crescente divario di condizioni di vita e di scarse occasioni di lavoro”.
Avv. Luna
Questo non c’entra niente con la ratio della norma
Avv. Serra
Infatti, che è quella appunto di evitare i collegamenti con l’organizzazione di appartenenza, però, nel caso appunto della Lioce, ma anche di tutti gli altri detenuti in 41 bis appartenenti a quella organizzazione, non ci sono elementi, almeno non ne indicano, da cui inferire che esista attualmente l’organizzazione, quindi quali sarebbero questi messaggi da veicolare?
Avv. Luna
E dunque quali sono questi pericoli tali da giustificare un complesso di restrizioni così gravi?
Mfpr
Tra i motivi di proroga del 41 bis, si citano, nei decreti ministeriali, anche le iniziative, i presidi di solidarietà, contro il 41 bis, ma è dal 2019 che non si fanno più presidi al carcere dell’Aquila. Eppure in un articolo del corriere della sera di un anno fa si legge che “i tre brigatisti superstiti hanno compiuto o stanno per compiere 19 anni di detenzione, e nonostante da tempo l’organizzazione non dia più segni di vita, sono tutti e tre ancora al «41 bis»”. Poi si aggiunge: “«l’attuale contesto sociopolitico, caratterizzato da forti tensioni, induce a ritenere concreto il pericolo di una ripresa di possibili azioni violente di natura eversiva». Tra i segnali di rischio ci sono anche i saluti a Nadia Lioce inviati con un documento pubblico da un sedicente Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario”. Si trattava di una lettera aperta, pubblica, di saluti di fine anno, che tra l’altro lei ha ricevuto.
Avv. Luna
In un nostro reclamo contro la proroga del 41bis, noi abbiamo censurato il fatto che si ponesse a sostegno della proroga, proprio l’esistenza di movimenti di solidarietà, quindi il presidio a L’Aquila e in generale il movimento di solidarietà contro il 41 bis. Lo abbiamo censurato come modalità argomentativa. Cioè ritenevamo e riteniamo che un regime detentivo quale quello del 41 bis non possa essere usato come deterrente per la formazione o manifestazione di un pensiero antagonista, non istituzionale, antistatale, quale che sia. E nell’ordinanza che decise quel reclamo, anche l’allora magistrato relatore scrisse nella sua motivazione, che pure prorogò, scrisse che quel riferimento al dissenso, ad utilizzare il regime di 41 bis su Nadia Lioce come strumento deterrente contro le formazioni di dissenso, di pensiero del dissenso, fosse quantomeno inopportuno. Dunque c’è evidentemente un profilo che non ha una veste giuridica, non può avere una veste giuridica di questo tipo, non può usarsi un regime detentivo così afflittivo come strumento di deterrenza rispetto al pensiero all’esterno, alla manifestazione del dissenso all’esterno. E’ evidente che c’è una distorsione, che avevamo rilevato noi e che aveva rilevato anche il magistrato, ma questo non è bastato ovviamente.
Mfpr
Questo continuano a farlo, anche adesso con gli anarchici
Avv. Serra
Esatto. Ne abbiamo un esempio lampante di come si è strumentalizzato appunto tutto questo movimento, proprio per giustificare l’applicazione di questo regime detentivo, nonostante per gli anarchici si sappia che l’ideale è completamente differente rispetto a quello di un’organizzazione, di un livello verticistico.
Mfpr
Si dice che l’art. 41 bis sia nato sulla scia delle stragi mafiose del ‘92, in realtà esso è stato introdotto nell’ordinamento penitenziario dalla legge Gozzini nell’86, per prevenire situazioni di rivolta, esclusivamente interne al carcere. Dopo la strage di Capaci ad esso fu aggiunto un secondo comma, per prevenire situazioni di rischio esterne al carcere, impedendo il passaggio di comunicazioni tra i destinatari della misura con le loro organizzazioni di appartenenza all’esterno. Ma chi ha attraversato le lotte degli anni ‘70 conosce bene tutta la legislazione speciale che si è sviluppata in quegli anni, passando per le carceri speciali e trovando il suo culmine nell’articolo 90. Dopo l’articolo 90 si è arrivati alla vera e propria tortura contro i prigionieri politici, tortura che è stata praticata dai primi anni ‘80 fino all’86 ed è tutto documentato. Poiché non era accettabile per uno “Stato di diritto” che si torturasse fisicamente delle persone, l’uso della tortura ha subito un’evoluzione, si è passati alla tortura bianca, e il 41 bis racchiude tutto questo.
Applicato prima ai mafiosi o presunti tali, perché in gran parte sono del sud, poi sui prigionieri delle BR-PCC, ora agli anarchici, si allarga sempre di più il bacino dei destinatari di questa misura, magari perché ritenuti socialmente pericolosi anche se non hanno effettivamente commesso determinati reati ma in quanto potenzialmente potrebbero commetterne.
Avv. Serra
Purtroppo sì, la deriva è questa, il pericolo di una deriva ancora maggiore. E quindi cerchiamo di far sì, soprattutto, che più persone, anche non del settore, conoscano le condizioni, in modo che ci si renda conto, quando si parla di applicazione del 41 bis, quali siano realmente le condizioni e se è giusto che in uno Stato che assume di essere democratico e di diritto vi siano queste forme esasperate di condizioni di vita del detenuto, condizioni inumane, afflittive ingiustificatamente. Ecco, per questo si parla di tortura.