Faccio parte del Soccorso Rosso Internazionale, ma in questo caso partecipo soprattutto come componente dell'”assemblea di sostegno ad Alfredo Cospito e ai prigionieri rivoluzionari in lotta”. Questa è la definizione di questa assemblea, che da maggio scorso si è costituita dopo l’assegnazione di Cospito al 41 bis. Questa mobilitazione in realtà è avviata da molto tempo; ha preso ovviamente vigore a partire dal 20 ottobre, quando Alfredo ha dichiarato lo sciopero della fame a oltranza, cioè fino alla morte. Abbiamo capito immediatamente la portata della sua dichiarazione, Scioperi della fame ce ne sono stati tanti nel tempo e non erano neanche in generale una bella forma di lotta, perché per esempio, all’epoca degli anni ’70 – ’80 uno dei più clamorosi fu quello fatto da Franceschini e altri brigatisti a Nuoro, ed era un atto di resa nei fatti, era un atto di disperazione, non ne potevano più e si sono messi su questa forma di lotta, in dialettica ovviamente con radicali e altre forze del genere, per spianare la strada alla resa, alla dissociazione, che avvenne rapidamente. Quindi qui in Italia non c’era proprio una cultura di questo genere qui.
Quando, però, Cospito dichiara lo sciopero fino alla morte ne capiamo la portata, per di più lui ha dichiarato che è una battaglia di interesse collettivo, lui non si vuole personalizzare. Pur essendo anarchico individualista, non ne vuole fare ovviamente una cosa a beneficio suo. E’ una lotta che lui ha fissato su tre cardini, contro il 41 bis, che è considerato una tortura, e come rivoluzionari, in linea di principio, siamo contrari all’uso della tortura; contro l’ergastolo ostativo, che parimenti è una forma di tortura perché è una forma di detenzione di ergastolo effettivo, come diversi compagni e compagne stanno pagando; e poi in continuità con la lotta rivoluzionaria.
Alfredo su questo non solo non ha fatto un passo indietro, ma dice che questo è un modo suo di contribuire allo sviluppo dei contenuti e della lotta rivoluzionaria, da un punto di vista ovviamente anarchico. Questa cosa è molto forte perché anche nelle nostre differenze – ovviamente, io sono comunista e anche alcuni che partecipano a questa assemblea sono comunisti – ma condividiamo lo scopo rivoluzionario, questa base comune. Pur stando in carcere, pur lottando contro aspetti della repressione, lo si fa sempre nell’interesse dello sviluppo della lotta generale anti capitalista, anti imperialista. Questo è quello che ha dato vigore a tutti.
A partire da novembre in particolare, soprattutto dopo la grossa manifestazione l Gioacchino Belli a Trastevere, che finì in un momento di scontro con le forze repressive, e dove eravamo comunque 300 persone all’incirca, la mobilitazione ha cominciato a prendere dimensioni sempre più grandi.
Si sono inserite a quel punto le prime prese di posizioni democratiche, Manconi, Cacciari e via dicendo, su cui noi né ci aspettavamo, né ci contiamo, ma si sono manifestate, ed è quello che succede nella lotta reale, cioè si smuovono anche altre forze. Queste, tra l’altro, in buona parte, fanno della questione Cospito una questione personale, cioè di un evidente ingiustizia, di una sproporzione tremenda: uno ha l’ergastolo effettivo, il 41 bis senza aver provocato un morto, e neanche un ferito con quegli attentati per cui paga. Il ferito l’ha fatto in un altro contesto, il dirigente di Ansaldo nucleare, ma che ha già pagato con 10 anni di carcere in alta sicurezza.
Quindi questi democratici si muovono su quel piano, Sappiamo, d’altra parte, da che “scuderie” vengono, per es. Manconi del Partito Democratico, schierato con la NATO, ecc. Quindi sono neanche alleati, sono semplicemente forze che si muovono e che concorrono, può darsi, al risultato. Ma noi ci siamo mossi sempre contando su noi stessi, come organismo di lotta militante, di rivoluzionari, in linea generale.
Poi c’è l’aspetto internazionale che riguarda sia gli anarchici, che per definizione hanno una rete internazionale assai sviluppata e quindi si sono mossi rapidamente, sia nuclei di prigionieri che si sono messi in sciopero della fame, e poi soprattutto all’esterno, vi sono state moltissime azioni, iniziative, dall’America Latina all’Asia, al mondo arabo e naturalmente in Italia e in Europa. Anche il SRI ci ha messo del suo, noi siamo una realtà ben più modesta, ma ovviamente su queste cose ancora prima del maggio scorso, e anche con voi del Soccorso rosso proletario, è da anni che ci mobilitiamo su 41 bis, per esempio a L’Aquila in particolare, a Terni e altrove.
Quindi sull’aspetto internazionale sapevamo di contarci, e questa mobilitazione non fa che svilupparsi. C’è stato anche un apporto molto significativo, quello degli 11 prigionieri del DHKP-C in Grecia, dei compagni di Turchia, che hanno avuto condanne a 30 anni a testa, e per cui c’è stata una campagna specifica; loro sono “abituati” a fare gli scioperi della fame a oltranza, fino alla morte, e spesso ci sono morti. Loro li concepiscono come un atto rivoluzionario, come un atto sempre all’interno della guerra rivoluzionaria che conducono con altri mezzi all’esterno. E quando hanno visto la determinazione di Cospito, hanno colto subito che era nello stesso senso, e hanno espresso anche dei comunicati, come prigionieri in particolare e non solo. I compagni che li sostengono sono venuti ad alcune delle nostre mobilitazioni, e hanno per esempio usato una formula: “la nostra Resistenza ci unisce, la resistenza e la lotta è la base dell’internazionalismo, la nostra Resistenza, come prigionieri, unisce anche i nostri popoli”; cioè cercavano tutto quello che univa, la base comune e rivoluzionaria, e questo è stato anche un bel salto in avanti, di qualità.
Lottare in questo modo, mettendo soprattutto in avanti il contenuto rivoluzionario, strategico, di futuro, è una questione fondamentale, perché purtroppo in carcere, dagli anni 80 in poi, la disfatta interna dell’organizzazione è stata pesantissima, per cui il più delle volte, quando si poneva la questione dei prigionieri, la si poneva anteponendo la resa, la dissociazione, la capitolazione, soluzioni politiche e altre questioni. In pratica lo scambio fra libertà o miglioramento delle condizioni carcerarie, e l’abbandono della lotta, delle motivazioni della lotta rivoluzionaria.
In questi casi, invece, vengono coniugate le due cose, i prigionieri, ma all’interno della lotta rivoluzionaria.
E questo è importantissimo, questo è valido già da prima per Nadia Lioce e gli altri 2 compagni delle BR-PCC, nonché per Diana Blefari che è stata suicidata dal 41 bis. Loro non hanno mai mollato su questa fermezza. Bisogna dirlo, bisogna saperlo, a questi prigionieri sarebbe bastato che scrivessero una paginetta, qualche dichiarazione con sofismi politici alla moda: è cambiata la fase, oltrepassamento degli schemi, volontà di aprire gli orizzonti a una nuova dialettica sociale e politica…, insomma tutte le cazzate che si è capace di inventare nel politichese, e lo Stato capisce che è la resa e gli apre le porte. Nadia Lioce e gli altri, se facessero un atto di resa politica verrebbero tirati fuori dal 41 bis, così come gli altri 16 compagni e compagne che sono in carcere da 41 anni, perché continuano a non cedere, a non voler fare segno di ravvedimento, segno di autocritica, di superamento.
Il fatto che noi abbiamo dei prigionieri, delle prigioniere di questa qualità è una cosa davvero preziosa, che dobbiamo difendere e solidarizzare al massimo, perché, come loro dicono modestamente di sé stessi, non si considerano eroi, dicono “noi siamo espressione della forza della lotta di classe in questo paese”. Per quanto ci sia stato poi il riflusso e si sia in difficoltà, però è stato espresso un ciclo di lotta, che è stato di un grande livello, e da cui non si torna indietro; e loro difendendolo, rappresentando questo ciclo di lotta e aprendolo al futuro, ci danno un valore enorme.
La questione anche importante è che Cospito abbia fatto deflagrare la questione del 41 bis come mai è successo, oggi ne parlano tutti, tutti i giorni e su tutti i media e in tutti gli ambiti, e questa cosa lo ha popolarizzato, perché a livello popolare abbiamo molti riscontri di come molta gente, anche comune, proletari semplici, si sono sensibilizzati, certo per la sproporzione e l’ingiustizia feroce che lui subisce, ma comunque hanno cominciato ad aprire il discorso e lo sguardo su questa faccenda.
E poi c’è l’altra questione. Siccome la repressione sociale ormai ha raggiunto livelli altissimi, e diffusi: dall’associazione a delinquere, all’accusa di estorsione, devastazione e saccheggio, resistenza a pubblico ufficiale ecc, tutte cose che ormai sono una cappa di piombo per tutti, per tutte le lotte, sta a noi far comprendere il legame fra i vari livelli repressivi e che il 41 bis e l’ergastolo ostativo, in particolare per i militanti di classe. Sono proprio la cappa di piombo che ricatta, in più collegata allo stato di guerra, perché viviamo in stato di guerra imperialista.
Quindi tutto questo va fatto vivere, e devo dire che nell’assemblea a cui partecipo, gli anarchici su questo sono stati anche molto sensibili e rispettosi, certo anche per la nostra presenza ma non solo; cioè loro hanno da subito evocato la resistenza dei prigionieri brigatisti, la questione della repressione generale e dello stato di guerra, da parte loro ci aggiungono anche molto la questione del lockdown e lo stato di emergenza creato. Questo ci permette anche di metterci in rapporto alle masse all’interno delle varie situazioni con delle tematiche che siano il più possibile comunicative e di interesse comune.