Ivrea – “Portateci via da questo inferno”

Ivrea, il grido dei detenuti picchiati: “Portateci via da questo inferno”

Pestaggi, pasti negati e violenze psicologiche: 45 indagati tra cui due direttori dell’istituto (continua solo per gli abbonati, n.d.r.)

CORRIERE DELLA SERA (TORINO)

Carcere di Ivrea, botte e torture ai detenuti: 45 indagati

Al momento gli indagati iscritti sono 45, tra appartenenti alla polizia penitenziaria, medici in servizio presso la Casa circondariale di Ivrea, funzionari giuridico pedagogici e direttori pro-tempore

Avrebbero rinchiuso detenuti dentro apposite celle, picchiandoli e impedendo loro di vedere anche i difensori: per questo diversi agenti della polizia penitenziaria in servizio al carcere di Ivrea sono indagati per tortura; oltre ad altre persone tra cui medici, educatori e direttori-pro tempo (in tutto 45), cui vengono contestati altri reati, tra cui il falso in atto pubblico. Episodi che – secondo la Procura di Ivrea – continuavano ad accadere, nonostante le indagini della Procura Generale riferite a fatti del 2015, in cui erano già finite indagate 25 persone per  pestaggi ai detenuti avvenuti nello stesso carcere di Ivrea. Per questo, nel cuore della notte scorsa (22 novembre), personale del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria, del comando provinciale dei carabinieri di Torino e della guardia di finanza di Torino, hanno dato esecuzione a 36 perquisizioni domiciliari, notificando altrettante informazioni di garanzia. Gli accessi sono avvenuti nella casa circondariale e nelle abitazioni degli indagati.

La nuova indagine riguarda numerosi fatti riferiti agli anni successivi (a quelli oggetto di accertamento da parte della Procura Generale), e in particolare diversi episodi dell’ultimo biennio, alcuni anche recentissimi, sino all’estate scorsa. Al momento gli indagati iscritti sono 45, tra appartenenti alla polizia penitenziaria, medici in servizio presso la Casa circondariale di Ivrea, nonché funzionari giuridico pedagogici e direttori pro-tempore: i reati ipotizzati sono quelli di tortura con violenze fisiche e psichiche nei confronti di numerosi detenuti, falso in atto pubblico e reati collegati. Le indagini finora svolte – secondo gl investigatori, coordinati dal pubblico ministero Valentina Bossi – hanno consentito di raccogliere precisi e gravi elementi probatori oggettivi che hanno fornito riscontro alle denunce prodotte alla Procura nel corso degli anni (da alcuni detenuti), permettendo così di individuare la cosiddetta “cella liscia” nonché il cosiddetto “acquario”, celle entro le quali i detenuti venivano picchiati e rinchiusi in isolamento senza poter avere contatti con alcuno, nemmeno con i loro difensori.

I reati risultavano tuttora in corso, situazione che ha reso ineludibile l’intervento degli inquirenti. Le indagini proseguono, per meglio chiarire le responsabilità di ognuno in relazione ai fatti già noti e per verificare l’eventuale sussistenza di ulteriori episodi in danno dei detenuti.

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Pestaggi e umiliazioni nel carcere di Ivrea. Detenuto in isolamento 15 giorni per far guarire le ferite

Agenti di polizia penitenziaria, medici, educatori e dirigenti non avrebbero mai interrotto le violenze fisiche e psicologiche dietro le sbarre

Li picchiavano nella cella liscia, li portavano nell’acquario, denudati, tenuti al buio per interminabili ore. Imponevano il silenzio, punivano con provvedimenti disciplinari inventati o pretestuosi, al solo scopo di infondere la paura. Il rischio per i detenuti era quello di veder andare in fumo gli sconti dei giorni per la libertà anticipata. Tutti sapevano, pochi parlavano. È la storia di un inferno che è proseguito come se nulla fosse, nonostante un’indagine pregressa che già coinvolgeva il carcere di Ivrea, nonostante l’attenzione che altre procure, e gli stessi media, hanno riservato agli intollerabili pestaggi nei confronti dei detenuti. Botte, vessazioni, minacce e relazioni falsificate.

E ancora una volta il reato di tortura: la procura eporediese ha messo insieme quattro anni di denunce e nella notte tra lunedì e martedì ha proceduto ad effettuare 36 perquisizioni. Ma sono 45 in tutto gli indagati coinvolti, per la maggior parte agenti della polizia penitenziaria ma anche medici in servizio nel carcere, funzionari giuridico pedagogici e direttori pro-tempore della casa circondariale. Personale della polizia penitenziaria, carabinieri e guardia di finanza hanno bussato alle abitazioni degli indagati, sequestrando cellulari e supporti informatici. Poi li hanno portati in carcere dove hanno proceduto alla perquisizione dei loro armadietti. Le guardie – il cui gruppo più numeroso è difeso dall’avvocato Celere Spaziante – negano ogni accusa e si dicono fiduciosi di chiarire al più presto le proprie posizioni.

Quello che ha stupito gli inquirenti è che il carcere di Ivrea negli anni sia rimasto il penitenziario più temuto, quello in cui i detenuti non volevano essere portati e quello sul quale, appena venivano trasferiti, raccontavano gli orrori subiti, nel famoso “acquario”, l’anticamera dell’infermeria che equivale a una cella liscia. Un carcere in cui i direttori hanno condiviso il ruolo in altre sedi, risultando spesso assenti.

Dopo l’inchiesta avocata dalla procura generale per i fatti risalenti al 2015 e 2016, per cui ci sono stati 25 avvisi di garanzia, la procura guidata da Gabriella Viglione ha deciso di riunire in un solo fascicolo tanti episodi – sarebbero una ventina quelli in indagine – tutte le denunce sporte tra il 2019 e l’agosto 2022. Storie di violenze fisiche e psicologiche sui detenuti spesso più fragili, italiani e stranieri. Come il tunisino trasferito dal carcere di Vercelli che aveva dimenticato in cella le foto del padre e del figlio. Dopo aver chiesto di riaverle per giorni, alcuni agenti sarebbero arrivati nella sua cella dicendogli di seguirli per riprenderle. Invece lo avrebbero portato nell'”acquario”: l’avrebbero denudato, ammanettato e picchiato.

Altri due detenuti stranieri avevano fatto racconti simili. Un italiano sarebbe stato messo in isolamento per 15 giorni solo perché guarissero lividi e ferite e nessuno se ne accorgesse, per poi essere anche trasferito per nascondere le violenze. Gli esposti si sono susseguiti nei mesi, correlati ad abusi psicologici, minacce di ritorsioni o ispezioni in cella quasi quotidiane, per dispetto, con annessi rapporti disciplinari destinati all’archiviazione ma comunque in grado di vessare i detenuti. Un italiano ne ha ricevuti una dozzina, uno dopo l’altro: entravano nella sua cella e sostenevano di aver trovato qualcosa di illecito. Ancora, il caso di un italiano di 22 anni, a cui era stato rotto un braccio. Non durante un pestaggio ma nel “braccio di ferro” con un agente: un fatto ufficialmente catalogato come una caduta per le scale. Al padre, il giovane avrebbe raccontato la reale dinamica. Ma a quel punto per lui sarebbe cominciato l’inferno. Assistito dall’avvocato Gianluca Orlando, è stato sentito più volte. E sono emerse le minacce e le relazioni falsificate proprio per coprire quel fatto. I medici sarebbero invece accusati di omissioni, per aver coperto o evitato di denunciare le lesioni riscontrate sui detenuti.
Tra gli ultimi episodi finiti al vaglio degli investigatori anche quello di un ragazzo italiano detenuto dal 24 luglio al 31 agosto, denudato, picchiato e costretto ad assumere psicofarmaci. La madre aveva raccontato in una lettera, l’orrore senza fine del carcere di Ivrea.