No Tav: Emilio è stato scarcerato, ma si continua a lottare contro l’estradizione

E’ uscito finalmente dal carcere Emilio Scalzo, storico compagno Notav valsusino, arrestato la scorsa settimana e sul quale pendeva un mandato di arresto internazionale, con tanto di richiesta di estradizione da parte della Francia.

L’accusa, come il riporta il portale Notav.info “si basa sui fatti accaduti lo scorso maggio al confine tra Claviere e il paese d’oltralpe durante una delle tante manifestazioni in solidarietà ai tanti migranti che ogni giorno tentano il passaggio del Monginevro” e si tradurrebbe, secondo l’assurda interpretazione dei magistrati francesi, in favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Ancor prima di quelli francesi, a prendere la parola saranno i giudici italiani che dovranno decidere in merito alla richiesta di estradizione il 29 settembre. “Siamo felici di sapere che tra poche ore Emilio potrà fare rientro a casa sua” scrive il movimento No Tav della Valsusa, dove stasera sono già cominciati i festeggiamenti per la lieta notizia, “ma” avverte “da domani torneremo ad urlare “NO ALL’ESTRADIZIONE”.

Con noi dalla Val Susa, Valerio Colombaroli, amico di Emilio e dei Comitati Popolari Notav di Bussoleno Ascolta o scarica

La repressione in Val di Susa però continua a colpire i militanti che si battono contro la grande e intule opera dell’Alta Velocità. In questi giorni sono ben due i processi che si stanno celebrando a Torino ai danni di un’altra storica attivista Notav, Nicoletta Dosio. A tenere banco, secondo i pm torinesi, la lunga lista di evasioni che avrebbe commesso nell’autunno-inverno del 2016, quando dichiarò pubblicamente che non avrebbe rispettato la misura arbitraria e ingiusta che le era stata imposta dal tribunale di Torino per aver partecipato a una manifestazione No Tav 5 anni prima.

Nel primo, tenutosi ieri, la Corte d’Appello ha confermato in un udienza per direttissima gli 8 mesi di condanna ricevuti in primo grado. Al centro la partecipazione di Nicoletta, da evasa, al presidio di solidarietà che si teneva al palazzo di “giustizia” di Torino per i compagni processati per la Resistenza del 27 giugno e 3 luglio 2011, alla Maddalena di Chiomonte. La scelta di non rispettare i divieti imposti da Questura e Procura sono stati sempre rivendicati da Nicoletta come diritto e dovere di Resistenza. Lo ribadiranno i suoi avvocati lunedì prossimo nel processo di primo grado per le “130 evasioni” che le vengono addebitate.

Ai nostri microfoni Nicoletta Dosio Ascolta o scarica

da Radio Onda d’Urto

L’Aquila: andranno a processo una trentina di compagni e compagne per la giornata di lotta del 17 giugno 2019 in solidarietà con Silvia ed Anna, allora in sciopero della fame nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila

Massima solidarietà del soccorso rosso proletario agli attivisti e alle attiviste processati. IL 41 BIS E’ TORTURA, protestare contro di esso è legittimo oltre che necessario.

Una trentina di attivisti appartenenti a gruppi e collettivi anarchici saranno sottoposti a processo per due blitz dimostrativi avvenuti il 17 giugno del 2019, uno all’interno del Comune nella sede di Palazzo Fibbioni e l’altro poco distante in Piazza Duomo, sopra ad una gru posizionata davanti la sede dell’Arcivescovado.

“Pretendiamo che le due compagne vengano trasferite – così recitava un passaggio nei volantini di protesta disseminati in quella giornata per l’intero centro storico – e che la sezione “AS2” nella quale sono detenute, peraltro ricavata da una vecchia e fatiscente sezione del regime 41bis, venga chiusa per sempre”.

Il Sindaco Pierluigi Biondi non usò mezzi termini per definire quell’azione di protesta andata in scena in quei pochi e concitati momenti “occupazione violenta di Palazzo Fibbioni nei riguardi dell’istituzione comunale e dei miei collaboratori”. Gli agenti della Digos della Questura avevano iniziato le indagini portando la Procura a richiedere l’archiviazione. Non c’è stato però l’assenso del Giudice per le indagini preliminari che ha disposto il processo per i protagonisti della protesta, ravvisando reati di danneggiamento, interruzione di pubblico servizio e violenza privata. In arrivo dunque un maxi processo per gli attivisti provenienti da diverse città quali Napoli, Trieste, Trento, Catania, Cuneo, Brescia, Roma. Di contro, i legali degli indagati, Caterina Calia già avvocato della brigatista Nadia Desdemona Lioce e Flavio Albertini Rossi hanno respinto le accuse, riconducendo il tutto ad una breve e pacifica manifestazione.

I motivi della protesta erano riconducibili al dissenso verso il 41 bis e al regime di carcere duro a cui erano sottoposte due attiviste anarchiche rinchiuse nel carcere Costarelle di Preturo.

Di seguito un video che riproduce quella giornata di lotta:

Associazione a delinquere? Giù le mani da Maria, giù le mani da chi lotta!

Associazione a delinquere – Nuovo attacco al Movimento dei disoccupati 7 novembre

Ieri anche Maria, che tutti coloro impegnati nelle lotte sociali conoscono da anni, è stata informata di essere indagata per “associazione a delinquere” art. 416 c.p.

Veniamo indagati per associazione a delinquere perché per loro la lotta per il salario e per il lavoro è un delitto, un disegno criminoso che continuiamo a portare avanti quotidianamente.

Sappiamo bene che la nostra lotta ha dimostrato che gli unici delinquenti sono le istituzioni responsabili di non dare risposte ad un movimento che ha indicato risorse, progetti e lavori di pubblica utilità che potrebbero dare salario e servizi alla città.

Proprio non riescono a pensare che una donna come Maria possa essere un riferimento per centinaia di proletari della città che si organizzano ed alzano la testa insieme.

Costruiremo una grande campagna per rispondere alla repressione ed alla criminalizzazione delle lotte che portiamo avanti senza nasconderci: non siamo delinquenti, siamo sovversivi.

Vogliamo sovvertire un mondo basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dell’uomo sulla natura, un sistema basato sui profitti messi davanti alle nostre vite, un modello economico capitalistico che produce guerre, disuguaglianze, povertà, miseria e che conduce l’umanità verso la barbarie.

E lo stiamo facendo partendo da qui.Perché il nemico è in casa nostra!

Giu’ le mani da Maria!

Giu’ le mani da chi lotta!

Fabiola De Costanzo finalmente a casa. A lei va anche il nostro abbraccio

Da infonotav
Fabiola è finalmente uscita dal carcere delle Vallette di Torino, il Tribunale di Sorveglianza ha disposto i domiciliari con divieto d’incontro. A lei, in questa lettera, il grande abbraccio della Valle che Resiste!
Cara Fabi,
ti abbiamo seguita in tutti questi mesi, da quel 31 dicembre 2020 che ormai sembra così lontano. Sono passati 9 lunghi mesi.
Ma non ci siamo mai lasciat*. Anzi ci siamo conosciut* e nuovamente incontrat*.
Come movimento No Tav abbiamo partecipato ai presidi alle Vallette insieme alle Mamme in piazza per la libertà di dissenso e da lì, ad un certo punto, abbiamo dovuto aggiungere anche il tuo nome ogni volta. Ma dentro quel chiamarti c’erano quella gioia e quella voglia di farci sentire, per davvero, di arrivare anche a te. Rivolgerci anche a te insieme a Dana e a tuttaltre detenute e detenuti che potevano sentirci.
Così, ti abbiamo vista portare avanti questa dura esperienza sempre a testa alta, fin dall’inizio, passando per lo sciopero della fame per ultimo quello del carrello, passando dalla pesante routine quotidiana, alle tante volte che hai firmato gli appelli che riuscivano ogni volta a centrare nel segno, riportando con estrema chiarezza e lucidità quali fossero i problemi concreti e le condizioni di vita all’interno della struttura penitenziaria.
Cara Fabi, l’abbiamo imparato ormai fin troppo bene che il carcere non solo non serve, ma punta a toglierti tutto e di come, invece, anche tu sia un grande esempio di dignità e forza per tutte e tutti.
Ora non sarà la libertà, non ancora, ora inizia un nuovo percorso, anch’esso con diversi ostacoli, ma sarà proprio fare ritorno a casa che aprirà nuovi orizzonti. Ti aspetteremo sui sentieri della amate montagne della Valsusa.
E continueremo a sostenerti perché “si parte e si torna insieme”.
Forza Fabi! Forza No Tav!
Tutt* Liber*!
Ricordiamo a tutte e tutti il presidio per Emilio, questa sera alle ore 18 alle Vallette (ritrovo al capolinea del 3).

La solidarietà con le lotte dei detenuti e la difesa dei prigionieri politici è imprescindibile dalla lotta di classe

testo diffuso all’assemblea nazionale di bologna del 19 settembre

Le migliaia di provvedimenti giudiziari, montature, arresti, multe, condanne, fogli di via, cariche della polizia che colpiscono lavoratori e lavoratrici, protagonisti di lotte sindacali, sociali e del movimento antagonista, rendono la repressione e la prigionia politica un fenomeno potenzialmente di massa.

Oggi, nonostante il prolungato periodo di confusione e di stasi sociale che vive il nostro paese, le ragioni per ribellarsi al sistema capitalistico, per una società senza più classi, sfruttamento, discriminazioni, sono evidenti e tangibili, così come lo è l’obiettivo dei padroni, dello stato e dei governi al loro servizio, che toccano uno per toccare tutti, perché sanno che là dove c’è sfruttamento e oppressione c’è il germe della ribellione, della rivolta.

E dietro ogni rivolta c’è l’idra della rivoluzione, perché la rivoluzione è l’unica soluzione al sistema capitalista e imperialista che ancora oggi sparge il sangue dei nostri fratelli di classe, sia nei paesi oppressi, sia in fuga da essi, sia nelle cittadelle dell’imperialismo, dove si continua a morire sui luoghi di lavoro, in mare, negli ospedali, dove spesso non si riesce neanche ad entrare, nelle carceri.

E chiaramente il carcere é la pagina finale di questa violenza di stato.

La situazione delle carceri italiane durante l’emergenza covid-19 era esplosiva già prima dell’annuncio del lockdown, e le pessime condizioni oggettive di vita dei detenuti erano ben note: fatiscenza, sovraffollamento, carenza di presìdi sanitari degli istituti penitenziari. A ciò si sono aggiunti il pericolo del coronavirus, senza alcuna protezione per i detenuti, e il blocco dei colloqui con i familiari. E’ su queste infami condizioni di detenzione che sono scoppiate le rivolte della primavera 2020: chi ha deciso di ribellarsi ha avanzato richieste a difesa della propria e altrui salute, all’interno di un luogo già di per sé malsano e sovraffollato, svelando la drammatica situazione delle carceri di questo Paese, tornate ad essere, dopo il ciclo di lotte di 50 anni fà, il buco nero di questa società.

14 – 15 detenuti sono morti in seguito alla feroce repressione di quelle rivolte! Altri si sono ammalati e sono morti per la mancanza di adeguate misure deflattive da parte del governo. Molti hanno avuto il coraggio di denunciare le torture, i pestaggi, le vessazioni, le umiliazioni, sfidando la rappresaglia e i ricatti, anche verso i propri familiari, nel ventre della bestia, a rischio della loro vita. Alcuni di loro, giunti a fine pena, non sono stati scarcerati, ma trasferiti in altre carceri e sottoposti a rigida censura. Di loro, soprattutto gli immigrati, non si hanno più notizie.

Le varie procure, a cominciare da quella di Bologna, si sono affrettate ad archiviare le morti come conseguenza per overdose. Anche le denunce dei detenuti sono state insabbiate ed archiviate, ma i familiari e le associazioni in loro difesa non rinunceranno a fare battaglia per riaprire le indagini. Su questo c’è bisogno di una mobilitazione di massa in loro sostegno, perché i vasi di Pandora, come quello scoperchiato dai video della mattanza al carcere di S. Maria Capua Vetere, vengono immediatamente richiusi, mentre avanza rapidamente la macchina dell’ingiustizia borghese contro i detenuti ribelli,

In carcere si trovano prigioniere e prigionieri delle Brigate Rosse, sequestrati dallo stato borghese perché non hanno rinunciato alla loro identità politica e la loro storica battaglia contro lo stato del capitale! Tre di questi, tra cui Nadia Lioce, sono da 16 anni in 41 bis, un regime odioso di detenzione, che si dice nato per reprimere la mafia e la grande criminalità organizzata, ma viene utilizzato come vero e proprio strumento di tortura, di annientamento psicofisico, teso a piegare, cancellare, l’identità delle prigioniere e dei prigionieri rivoluzionari.

Nadia Lioce è ancora in 41 bis, mentre pluriomicidi mafiosi come Brusca, che hanno sulla coscienza centinaia di morti e bambini sciolti nell’acido sono liberi, protetti e pagati dallo Stato, un’ingiustizia assoluta!

La criminalità mafiosa è un aspetto del capitalismo, è la sua faccia illegale, il suo braccio illegale che sempre più spesso i padroni usano per schiacciare e intimidire i lavoratori.

Ma allora è la ragion di Stato che condanna Nadia Lioce ad un isolamento totale e perenne, dove è vietato leggere, scrivere, parlare, persino ascoltare! E’ la tendenza alla rivoluzione e la solidarietà di classe che Stato e padroni vogliono colpire, attraverso questi compagni e queste compagne! E’ il passato che li tormenta e il futuro che li attende lo scopo dell’applicazione del 41bis sui prigionieri politici!

Cancellare la storia e chiudere ogni prospettiva rivoluzionaria alla lotta di classe, alle lotte sociali, per spegnerle, per allontanare i fantasmi, quelle “ombre rosse” che tanto li hanno fatti tremare….questo è ciò che emerge chiaramente dall’ennesimo decreto ministeriale di proroga del 41bis a Nadia Lioce.

Ecco perché pensiamo che la lotta contro il carcere/assassino e il carcere/tortura sia una lotta che è parte della repressione antiproletaria e riguardi tutti i proletari e le masse popolari e che la difesa delle condizioni di vita dei prigionieri politici debba essere sostenuta e assunta dai lavoratori in lotta.

Soccorso rosso proletario

settembre 2021

Solidarietà agli antifascisti di Cesena!

 

Una condanna da Stato di polizia a difesa dei neofascisti!

 

Ai compagni antifascisti di Cesena, colpiti da una pesante condanna dal Tribunale di questo Stato, i compagni di proletari comunisti di Ravenna esprimono la loro solidarietà e sostengono la continuità delle mobilitazioni perché non passi l’azione repressiva dello Stato.

La sentenza di primo grado del Tribunale di Forlì per la manifestazione contro l’apertura della sede dei neofascisti di Casapound nel 2018 a Cesena ha comminato a 3 antifascisti multe di 800€ per diffamazione e 7 mesi di carcere (pena sospesa) per tentata violenza privata per un altro compagno (con l’accusa di avere tentato verbalmente di convincere i proprietari a non affittare il loro negozio) e, tra spese legali e processuali, pure 9 mila € per “danno all’immagine” dei proprietari dell’immobile adibito a fogna neofascista (che hanno ricevuto telefonate di persone indignate per la loro scelta opportunista oppure di “affinità” ideologica), che si sono costituiti parte civile al processo. Un processo-montatura basato sulle dichiarazioni dei poliziotti!

Una condanna che non solo colpisce i compagni in maniera diretta ma è un attacco repressivo più generale che mira a colpire tutte le lotte dell’opposizione politica e sociale.  Una condanna che non è isolata ma è all’interno di quel “clima politico” che è l’attacco dello Stato con arresti, denunce, manganelli contro le lotte antifasciste, antirazziste, dei lavoratori, dei movimenti, mentre è lo stesso Stato che protegge i fascisti così come attacca il diritto di sciopero e difende i mazzieri contro i lavoratori in lotta davanti ai magazzini e gli aguzzini in divisa nelle carceri e nei lager antimmigrati.

Questo è il clima che porta miserabili giudici a sentirsi onnipotenti, ad emettere condanne a difesa della sacralità borghese della proprietà privata, così come proteggere i servi fidati dell’ordine capitalista.

Condanne su condanne il moderno fascismo avanza, nessun compagno deve rimanere da solo a fronteggiare la vendetta di questo Stato. Ma non di certo aiuta la lotta generale la mobilitazione solo quando vengono colpiti i propri compagni. Abbiamo bisogno di una risposta unitaria e organizzata su questo fronte di lotta. Continuiamo nelle mobilitazioni/assedio dei Tribunali, perché “tocca uno/tocca tutti”!

Proletari comunisti-Ravenna

prolcomra@gmail.com

 

Antifascisti condannati a Forlì, il srp condivide e sottoscrive il loro comunicato

IL TRIBUNALE DI FORLÌ CONDANNA L’ANTIFASCISMO!

Mercoledì 15 settembre 2021 al Tribunale di Forlì si è tenuta l’udienza definitiva di primo grado, con relativa sentenza, del processo che vedeva imputate 5 persone per diversi reati riguardanti la composita opposizione contro l’apertura della sede di Cesena di Casapound aperta in Via Albertini 28/D nel gennaio 2018.
Nella fattispecie, i fatti si riferiscono a delle “pressioni” – che sarebbero avvenute subito prima dell’apertura del covo dei fascisti del terzo millennio – nei confronti dei proprietari del negozio che sarà poi di fatto affittato proprio al gruppo di estrema destra, e a un volantino che ricordava le complicità di chi concede i propri locali a questi gruppi affisso per Cesena, con indicati nomi e cognomi dei summenzionati proprietari.
Dopo diverse udienze – e diversi presidi antifascisti solidali di fronte al Tribunale – il giudice, Ilaria Rosati, ha assolto una di queste cinque persone e condannato le altre quattro. Tre di queste sono state condannate, con pena sospesa, ad una multa di 800 euro a testa per diffamazione, per la diffusione del già detto volantino, sebbene non ci fosse una sola prova a carico nei loro confronti: né un fermo di polizia con identificazione, né immagini di telecamere e nemmeno il sequestro del volantino in questione. É bastata la sola testimonianza di un paio di poliziotti che dicono di averle viste affiggere il volantino per farle condannare, anche se queste hanno sempre affermato di aver distribuito un volantino differente da quello preso in esame (un volantino esistente, effettivamente diffuso davanti a negozi sfitti, che genericamente, senza far nomi, invitava i proprietari a non affittare i propri spazi a movimenti fascisti).

Un’altra persona è stata invece condannata a sette mesi di carcere, con pena sospesa, per tentata violenza privata, con l’accusa di avere tentato verbalmente di convincere i proprietari a non affittare il loro negozio ad un manipolo di picchiatori fascisti dichiarati.
Oltre alle condanne, c’è da aggiungere anche il pagamento complessivo delle spese legali e processuali e un risarcimento di circa 9.000 euro in totale per i proprietari del negozio, Daniele e Francesco Lombardini, padre e figlio (quest’ultimo avvocato) costituitisi come parte civile, che hanno lamentato un danno di immagine e psicologico, telefonate di persone risentite per la scelta di affittare il negozio a un gruppo di fascisti ed esprimendo il timore di ipotetiche ritorsioni.
In tutto si parla quindi di circa 15.000 euro da dover sborsare se in appello la sentenza di condanna dovesse essere confermata.
Come già detto altre volte, senza voler fare qui dello sterile vittimismo, queste persone pagano anche per le tante iniziative e lotte antifasciste portate avanti a Cesena a seguito dell’apertura della sede di Casapound (sede che fu oggetto anche di esposti da parte dei condomini dello stabile in cui era situata, che certo non gradivano questo tipo di vicinato, e che oggi risulta in vendita e frequentata pochissimo, con parte del gruppo di Casapound impegnata come settore attivo nell’organizzazione dei cosiddetti “No Paura Day” ed un’altra transitata sul carro di Fratelli d’Italia, partito che in città ha recentemente aperto una sua sede in piazza del Popolo, dove prima c’era la sezione del PD).
Ancora di più, anche se non una novità, queste condanne ci sembrano il frutto del clima che respiriamo oggi in Italia, dove tra discriminazioni etniche e di genere, aggressioni ai lavoratori in lotta da parte di squadracce private pagate dalle imprese, manovre poliziesche e giudiziarie contro l’opposizione dal basso agli ultimi governi e sempre nuovi e affinati strumenti repressivi non ci deve stupire che un giudice nell’epoca attuale si senta giustificato a condannare quattro antifascistx….per antifascismo! In questo modo legittimando indirettamente la presenza dei gruppi fascisti e delle loro gesta sui territori.
Ovviamente, è chiaro che le antifasciste e gli antifascisti che sono statx condannatx andranno sostenutx, anche riguardo l’aspetto solidale-monetario per quella che ci appare come una vera e propria estorsione da migliaia di euro.
Il tentativo palese è quello di intimidire le persone disposte a lottare per un’idea di esistenza in totale contrapposizione con l’ideologia autoritaria, sfruttatrice e sostanzialmente fascista.
Spetta a tutte e tutti noi – antifasciste e antifascisti, persone libere, solidali – dimostrare che non hanno raggiunto lo scopo, e dimostrare che chi lotta non è mai solx!

– ANTIFASCISTE ED ANTIFASCISTI DI FORLÌ E CESENA
– INDIVIDUALITÀ LIBERTARIE

Per sottoscrivere il presente comunicato, da parte di gruppi, collettivi, spazi, etc, la mail a cui fare riferimento è questa: cesenantifa@inventati.org