Archivi giornalieri: 01/03/2021
Mercoledì 3 marzo ore 11.00 presidio davanti al Tribunale di Milano – L’antisionismo non è antisemitismo
solidarietà e invito alla partecipazione da parte di soccorso rosso proletario
Il 3 marzo 2021 alle ore 11.00 si terrà presso il Tribunale di Milano la seconda udienza del processo contro 4 compagni rinviati a giudizio per la contestazione della presenza delle bandiere dello Stato sionista di Israele alla manifestazione del 25 aprile 2018 a Milano, condito con accuse che vanno dalle minacce alla resistenza a Pubblico Ufficiale, aggravate dell’incitamento all’odio razziale.
Si tratta, a tutti gli effetti, di un processo politico che ha l’obiettivo preciso di criminalizzare la solidarietà alla Resistenza del popolo palestinese contro l’occupazione sionista della propria terra e le vessazioni e persecuzioni razziste che subiscono da quasi un secolo con stragi, omicidi mirati, deportazioni, apartheid, torture e anni di galera, al di fuori di qualsiasi stato di diritto.
Il fatto che oggi la giustizia del nostro Stato decida di incriminare dei compagni accusandoli di incitamento all’odio razziale, per aver contestato la presenza delle bandiere di un regime costituzionalmente e visceralmente razzista, più che un dato paradossale è la dimostrazione concreta dell’ipocrisia di una giustizia al servizio degli interessi dominanti che, per la loro proiezione imperialista, vedono in Israele uno dei complici più affidabili, come mostra la fitta rete di scambi che ha al centro il commercio di sistemi di armamento.
Da parte nostra abbiamo l’intenzione di trasformare il processo nei nostri confronti in processo contro il sionismo, in quanto concezione politica razzista e colonialista, e contro l’azione dello Stato di Israele che ne incarna il progetto di occupazione della Palestina e di annientamento delle sacrosante ragioni del popolo palestinese.
Consideriamo inoltre odiosa e respingiamo risolutamente l’accusa di incitamento all’odio razziale. La nostra vita politica, sociale e culturale è sempre stata improntata a combattere il razzismo in qualsiasi forma esso si presenti e consideriamo una vera e propria provocazione essere processati con questa accusa.
Denunciamo anche il fatto che il nostro non è un caso isolato, ma fa parte di una campagna orchestrata a livello internazionale che vede il sionismo all’offensiva nel tentativo di contrastare la solidarietà alla causa palestinese, come mostrano gli esempi di processi analoghi al nostro o le leggi di equiparazione dell’antisionismo all’antisemitismo in Francia, Gran Bretagna e Germania.
Mobilitiamoci perché questo processo non costituisca un precedente che possa discriminare la solidarietà al popolo palestinese, ma ne diventi invece occasione di rilancio.
Tutti gli imputat
CHE LO SCIOPERO DELLE DONNE ENTRI ANCHE NELLE NERE GALERE!
Lettera aperta alle donne, proletarie, immigrate, compagne detenute
Siamo donne, lavoratrici, immigrate che anche in questo periodo pandemico non abbiamo mai smesso di lottare per i nostri diritti, contro il doppio sfruttamento e doppia/tripla oppressione, per un mondo migliore.
In un‘istituzione classista e patriarcalista come il carcere la pandemia ha inasprito di molto le condizioni già dure delle donne detenute; ma da Pozzuoli a Rebibbia, da Latina a Vigevano, da Torino a Trieste ecc. avete fatto emergere con le denunce e la cruda evidenza dei fatti, con la lotta e la solidarietà, unita alle proteste fuori dal carcere, che è giusto e necessario ribellarsi!
Isolate nel sovraffollamento, distanziate dagli affetti, alle proletarie detenute anche l’accesso a servizi e beni primari è precluso, compresa l’assistenza legale e un vitto decente.
La mancanza di informazione sulla situazione sanitaria all‘interno del carcere si unisce alla mancanza di comunicazione con l’esterno. Non si contano i rigetti o gli arresti delle pratiche per le misure alternative, anche per le detenute che per legge ne avrebbero diritto. L‘assistenza sanitaria e psicologica è inadeguata o inesistente, attività e percorsi formativi all’interno assenti e così pure un effettivo reinserimento lavorativo e abitativo all’esterno. Le strutture in cui le detenute sono costrette a vivere sono per lo più fatiscenti, carenti di servizi igienici, e l‘acqua calda è un miraggio, come pure, spesso, il rispetto delle regole sulle ore d’aria, e di apertura. A causa della totale assenza di socialità e di attività al di fuori della cella, le detenute passano la maggior parte del tempo rinchiuse, e il consumo della cosiddetta “terapia psichiatrica’’ è aumentato.
Molte donne sono entrate nelle carceri proprio durante il lockdown, quando con la pandemia in corso, queste andavano svuotate!
Raccogliendo le vostre denunce e richieste, diciamo:
– libertà, svuotare le carceri, accesso a misure alternative per le donne/proletarie detenute, come tutela del diritto alla salute, anti covid, alla genitorialità, e come difesa dalle violenze, abusi sessuali in carcere che colpiscono soprattutto immigrate, soggettività trans, ecc.
– nessuna repressione, riconoscimento del diritto delle donne all’autodifesa per aver reagito alla violenza maschile. Per loro il diritto all’autodifesa, sancito invece per legge a tutela della proprietà privata, non è contemplato. E alla violenza subita fuori si aggiunge la violenza del carcere, e non poche volte dei suoi uomini in divisa.
Come donne/lavoratrici combattive noi vorremmo che in questo 8 marzo, a un anno dalla strage di stato nelle carceri, in questa giornata in cui tante donne scenderanno in Italia e in tanti paesi in sciopero contro padroni, governo, Stato, sistema capitalista patriarcale, uomini che odiano le donne, anche la voce delle donne nelle carceri si faccia sentire forte e unita, per dire insieme: tutta la vita deve cambiare!
Che lo sciopero delle donne entri e “illumini” le nere galere, in tutte le forme possibili e creative da voi decise!
Un forte abbraccio solidale dalle donne/lavoratrici combattive
Pubblicato da redstar a 23:05 Nessun commento:
massacro nelle carceri equadoregne – riceviamo dai compagni del Frente
MASACRE EN LAS CÁRCELES, LA EXPRESIÓN DE UNA SOCIEDAD DECADENTE
La influencia del delincuente en el desarrollo de las fuerzas productivas puede ser demostrada hasta en detalle. ¿Se habrían desarrollado las cerraduras hasta su perfección actual si no hubiera robos? ¿Se habría desarrollado la fabricación de billetes de banco hasta su perfeccionamiento actual si no hubiera falsificadores de moneda?… Y si abandonamos la esfera del delito privado: sin delitos nacionales, ¿habría surgido alguna vez el mercado mundial? ¿Incluso las naciones exclusivamente?
Marx
Las cárceles no son un cáncer de la sociedad, son la sociedad misma expuesta en todas sus formas pero en un escenario en particular.
En días pasados cerca de un centenar de presos fueron masacrados de la forma más cruel que ser humano pueda imaginar. Extirpación de órganos, mutilación de extremidades, decapitamiento, colgamiento, y otras más que exponen la falacia del discurso rehabilitador y de la eficiencia de las instituciones del Estado, además, de la tremenda crisis que aqueja a la sociedad que está corroída en todos sus frentes.
Ante estos hechos, muchos sectores levantan la voz para señalar la necesidad de implementar la cadena perpetua o la pena de muerte. También hay quienes sostienen sobre la condición “natural” de la delincuencia o de una derivación congénita de estos aberrantes comportamientos.
La prensa habla de la debilidad del sistema carcelario, como si este estuviese por fuera de la estructura social del país. Se habla de carencia de valores éticos, morales, En definitiva, se buscan pretextos o argumentos para tratar de justificar lo injustificable.
Los sistemas de vigilancia y control de los centros penitenciarios del país son de los más modernos de la región. Prácticamente es imposible ingresar una moneda de 10 centavos sin que sea detectada por los distintos filtros de seguridad que cuenta con cámaras de vigilancia, detectores de metales, escáner y otros.
La existencia al interior de las cárceles de chuchillos, machetes industriales, munición, pistolas, granadas de mano, fusiles (en varias requisas se encontraron fusiles de guerra), teléfonos y desde luego, el meollo de todo esto, droga de distinta índole, son producto de la alianza entre las bandas criminales con policías, guías y personal administrativo; es decir, si bien es cierto las pandillas son el centro, la complicidad de toda una estructura institucional, policíaca y administrativa son las que le dan funcionalidad y sustentabilidad al interior y al exterior de los centros penitenciarios.
Es difícil establecer cuánto dinero se mueve al interior de los llamados Centros de Rehabilitación. En Latacunga están detenidos aproximadamente 5000 internos. Cada uno debe pagar cuotas mensuales por uso de celda, talleres y hasta de educación. Adicionalmente, un teléfono al interior puede costar entre 800 a 1200 dólares. De hecho, los guías y policías los venden; luego de 3 meses se los quitan a los internos en requisas y los vuelven a vender a otros presos en distintos pabellones. Si en el país hay cerca de 40.000 presos y básicamente 4 bandas fuertes y numerosas que tienen presencia en todos estos centros, lo expuesto se viene a constituir, para estos y sus cómplices, en una buena razón para matar.
El problema de las cárceles del país es sistémico. La criminalidad crece boyantemente y no habrá leyes y/o medidas coercitivas que logren controlar en la medida que estas responde a la torpe dinámica de un modo y relaciones de producción semifeudales, incapaces de eliminar las condiciones estructurales que generan la descomposición de ciertas capas de la sociedad.
Cierto es, 82 individuos fueron asesinados cuando de acuerdo a la Constitución del viejo estado, estaban bajo su responsabilidad, cuyos objetivos iban desde ejercer castigo por la comisión del delito, rehabilitar al detenido y posteriormente reinsertarlo a la sociedad; sin embargo, al igual que a estos reos, a las víctimas de estos, y al común de las masas, el Estado les vuelve a fallar, y no porque quiera hacerlo, sino porque esa es su lógica, está organizado de tal manera que defienda los intereses de un pequeño puñado de grandes burgueses y grandes terratenientes, el resto de la población es utilizable, descartable o reemplazable.
Las leyes no están diseñadas para establecer cierto equilibrio en el comportamiento social de la población, por el contrario, está diseñada para sostener el capitalismo burocrático y el viejo Poder. Basta ver como en los llamados Centros de Rehabilitación hay población penitenciaria adulta mayor, con patologías catastróficas, y nada se hace para darles atención oportuna y eficaz. Decenas de presos mueren por enfermedades y falta de atención en estos centros; no obstante, hace pocos días un juez determinó que a Jacobo Bucarám (hijo del expresidente y reo de la justicia Abdalá Bucarám) se le otorgue medidas sustitutivas porque al miserable le cuesta manejar con el frio de Quito. ¡Vaya estupidez!, ¡lo enviaron a que preste arresto domiciliario en Guayaquil!
Engels, con profunda objetividad señalaba que: “Cuando un individuo hace a otro individuo un perjuicio tal que le causa la muerte, decimos que es un homicidio; si el autor obra premeditadamente, consideramos su acto como un crimen. Pero cuando la sociedad pone a centenares de proletarios en una situación tal que son necesariamente expuestos a una muerte prematura y anormal, a una muerte tan violenta como la muerte por la espada o por la bala; cuando quita a millares de seres humanos los medios de existencia indispensables, imponiéndoles otras condiciones de vida, de modo que les resulta imposible subsistir; cuando ella los obliga por el brazo poderoso de la ley a permanecer en esa situación hasta que sobrevenga la muerte, que es la consecuencia inevitable de ello; …cuando ella sabe demasiado bien que esos millares de seres humanos serán víctimas de esas condiciones de existencia, y sin embargo permite que subsistan, entonces lo que se comete es un crimen, muy parecido al cometido por un individuo, salvo que en este caso es más disimulado, más pérfido, un crimen contra el cual nadie puede defenderse, que no parece un crimen porque no se ve al asesino, porque el asesino es todo el mundo y nadie a la vez, porque la muerte de la víctima parece natural, y que es pecar menos por comisión que por omisión. Pero no por ello es menos un crimen.” (F Engels: La Situación de la Clase Obrera en Inglaterra.)
En el país hay cierta suerte de doble moral. Precisamente pocos días antes de las masacres en los reclusorios, una docena de individuos fueron detenidos por la permanente y sistemática violación de un grupo de niños que tienen discapacidades físicas y mentales; desde luego, esa aberración ha sido soslayada por la prensa burguesa y mucho más de la intervención estatal para dar un correcto tratamiento a víctimas y victimarios. Hoy, las violaciones, asesinatos, descuartizamiento, robo, abigeato, narcotráfico, corrupción de empresarios privados o de funcionarios públicos es vista como si se tratase de una normosis, de algo inevitable y con lo que debemos acostumbrarnos a vivir.
Si un funcionario público o un empresario privado son capaces de falsificar pruebas para detectar el Covid 19 y vacunas para blindar a la población de la pandemia o, cometer actos de corrupción en la compra y distribución de todos estos insumos contra el Covid, ¿podemos acaso asombrarnos con lo que pasa en las cárceles? Desde luego que no, son delitos iguales o más graves aún en relación con los asesinatos y delincuencia organizada en las cárceles, porque se compromete a un mayor número de personas a las que se perjudica, atenta contra la salud y vida de las masas desde la institucionalidad pública y privada.
Marx, en el trabajo “La Sagrada Familia”, indicó la necesidad de “…destruir las fuentes antisociales de los delitos”. La lucha contra la delincuencia mediante el incremento y soporte de leyes carcelarias y la mayor reaccionarización de los aparatos represivos, solo alcanzaría soluciones estrechas, por lo tanto, en el marco de esta sociedad semifeudal y semicolonial estamos condenados a vivir en medios del lastre social, del accionar del lumpen de todos los estratos o niveles sociales en la medida que las causas estructurales que los generan se mantengan intocadas o evolucionen tibiamente; consiguientemente, la tarea está en trasformar radicalmente la vieja sociedad, destruirla, sobre sus ruinas erigir un nuevo Estado, nuevas leyes, nuevos instrumentos.
Moreno ha salido a manifestar que buscará ayuda internacional para poder combatir la violencia de las cárceles y del crimen organizado. Eso es todo; los representantes del viejo estado aprovecharán de estas oportunidades, del endurecimiento de leyes, fortalecimiento del aparato militar para propiciar la criminalización de la lucha y la protesta y el movimiento social, mientras tanto, los prestadores extranjeros (gringos o israelitas) de asistencia policial y militar aprovecharán para sentar bases militares o dirigir los aparatos represivos con fines más direccionados a neutralizar a todos aquellos quienes de una u otra manera los combatimos en el país.
El viejo estado está podrido; apesta, vomita sangre, miseria, explotación. Las masas son lanzadas a una violencia cada vez más abyecta; nos cruzamos de brazos y nos lanzamos a la línea del revisionismo y el oportunismo buscando soluciones por vía electoral, o tomamos las cosas con mayor seriedad y objetividad generando los instrumentos necesarios para desatar guerra popular y no dejar piedra sobre piedra de esta vieja sociedad.
¡AL VIEJO ESTADO TERRATENIENTE BUROCRÁTICO NO SE LO REFORMA, SE LO DESTRUYE!
¡LA REBELIÓN SE JUSTIFICA, AQUÍ, Y AHORA!
non si ferma la mobilitazione a Barcellona per la libertà di pablo hasel
CATALUÑA: Nueva jornada de lucha en Barcelona por la libertad de Pablo Hasél, la amnistía total y la república
Los manifestantes se han concentrado a partir de las 18 horas en la plaza Universitat de Barcelona para reivindicar la liberación de Pablo Hasél, la amnistía total y la república, así como también para pedir la disolución de los antidisturbios de los Mossos.
Por otra parte, algunos manifestantes han rociado con líquido inflamable el Hotel NH de Rambla Catalunya con la calle Diputació, así como el concesionario de coches del lado. También se han hecho destrozos en varias tiendas, bancos y terrazas, como el restaurante El Glop situado en la calle Aragó con Rambla Catalunya o en la tienda Zara de Plaça Catalunya.