IN SOLIDARIETÀ CON ALFREDO COSPITO E TUTTI I PRIGIONIERI E LE PRIGIONIERE POLITICHE
Alfredo Cospito, compagno anarchico, è in lotta ininterrotta dal 20 ottobre tramite lo sciopero della fame nel carcere di Sassari contro il regime inumano del 41bis e contro l’ergastolo ostativo, il “fine pena: mai”. La decisione coraggiosa ed estrema di Alfredo sta rompendo, di fatto, il silenzio che da sempre vige sulla vendetta e tortura di Stato che rappresenta il regime di 41bis. Un silenzio colpevole, soprattutto in Italia e nell’UE, l’autoproclamatasi “giardino” delle democrazie liberali e ipocrita protettrice dei diritti fondamentali dell’uomo.
Come ormai noto, Alfredo sta portando avanti questa lotta contro la condanna comminatagli per un attentato dimostrativo nel quale nessuno è rimasto minimamente leso: il reato che gli è stato attribuito inizialmente è stato quello di “strage” (422 cp), riqualificato dalla Corte di Cassazione nel luglio dello scorso anno nel reato di “strage politica” con le finalità di attentare alla sicurezza dello stato (285 cp), che prevede l’ergastolo ostativo. Una condanna non applicata nemmeno nelle stragi di mafia, come quelle di Capaci o via d’Amelio, che si aggiunge all’applicazione del regime di 41bis disposto dai giudici a seguito dell’invio dal carcere di articoli e testi da parte di Alfredo a delle riviste anarchiche.
Non ci soffermiamo tanto sulla evidente sproporzione della pena e del regime di detenzione rispetto ai fatti realmente commessi, in barba anche a quei famosi principi di “offensività, proporzionalità e rieducativitá” della pena del Codice Rocco, di natura fascista. Quello che denunciamo invece è l’ennesimo utilizzo vendicativo della repressione che questo stato attua nei confronti di compagni, militanti e attivisti sociali che hanno portato avanti in passato o portano avanti attualmente un’ipotesi e un’azione di rottura radicale e rivoluzionaria del sistema dominante. Uno stato che dopo 40 anni ancora tiene in carcere detenuti e detenute politiche che provengono dalle esperienze rivoluzionarie degli anni 70 e che richiede l’estradizione nei confronti di esuli politici italiani che da 40 anni vivono e lavorano in Francia. Uno stato che, adesso, si arma di “decreti anti-rave” dai limiti sottili e che reagisce con pene esemplari per un po’ di vernice sul senato da parte di gruppi ambientalisti.
Attualmente siamo in un contesto di crisi generale del sistema capitalista, dove sacrosante proteste per ottenere condizioni di vita e di lavoro migliori o per lottare contro la devastazione di territori e dell’ambiente in cui viviamo vengono sistematicamente represse. Una repressione gestita tramite una politica e una narrazione mediatica manettara e giustizialista che vede il carcere come una discarica sociale per soggetti “non conformi” che meritano condizioni di vita disumane, fra sovraffollamento, regimi di isolamento, abusi e brutali violenze della polizia penitenziaria in caso di ribellioni.
Al contrario, quella strage quotidiana (questa sì, reale) che avviene sui luoghi di lavoro o durante l’alternanza scuola lavoro, così come le violenze e gli omicidi a opera delle forze dell’ordine e della polizia penitenziaria continuano a restare pressoché impunite.
In questo contesto, Alfredo e la sua lotta ci ricordano che è necessaria e possibile un’alternativa che parta dalla rottura radicale e rivoluzionaria con questo sistema che produce povertà, ingiustizia sociale e repressione.
Di questi temi parleremo sabato 21 gennaio, alle ore 18, ai Magazzini Popolari di Casalbertone (via Baldassare Orero, 61) insieme a:
– Flavio Rossi Albertini e Caterina Calia, legali di Alfredo Cospito e di altri detenuti politici in 41bis
– Nunzio D’Erme, Osservatorio Repressione
In solidarietà con Alfredo e con tutte le prigioniere e i prigionieri politici.
Intanto oggi 19 gennaio 2021 Alfredo è stato visitato in carcere dalla dottoressa di fiducia Angelica Milia: “Dopo 90 giorni di sciopero della fame Alfredo ha perso 40 kg, le condizioni sono stabili rispetto alla settimana scorsa, ma le riserve di grasso e zuccheri sono ormai esaurite”. “Siamo sull’orlo del precipizio – aggiunge – gli ho consigliato di camminare durante l’ora d’aria per quello che gli sarà possibile. In modo da recuperare un po’ di energia”
Parlare di carcere e repressione non è mai facile. In particolare quando si attacca il regime 41 bis in quanto strumento di tortura ci si imbatte nel muro di silenzio eretto attorno al moloch dell’antimafia, che dal 2015 ha accorpato anche l’antiterrorismo. Dobbiamo riconoscere allo sciopero della fame di Alfredo, ai prigionieri che lo hanno sostenuto e alla mobilitazione internazionale iniziata in seguito al suo trasferimento in 41bis la capacità di aver fatto crollare questo muro di silenzio.
Alfredo Cospito, detenuto al carcere di Bancali, ha descritto così al suo avvocato Flavio Albertini Rossi la sua vita al 41bis. “C’é una finestra nella cella di due metri e mezzo per tre metri e mezzo – racconta il suo legale all’Adnkronos – una finestra schermata dal plexiglass che non si apre quasi mai e che si affaccia, al di là delle sbarre, su un cubicolo interno circondato da muri di cemento alti metri e metri, schiacciati da una rete metallica a chiudere il quadrato di cielo. Cospito vive in quella cella da solo, come impone il regime carcerario al quale è sottoposto, ci passa 21 ore della sua vita. Le restanti tre le divide tra socialità, un colloquio di un’ora con gli altri 3 detenuti del suo gruppo di socialità, e due ore d’aria in quella sorta di cubicolo di cemento dal quale non può vedere un albero, una siepe, un fiore o un filo d’erba, un colore, solo sbarre e cemento”.