indegna campagna di criminalizzazione contro i giovani ambientalisti di Ultima generazione

I “vigliacchi” del clima

martedì 3 gennaio 2023

Ieri gli attivisti di “Ultima Generazione” hanno imbrattato con della vernice lavabile Palazzo Madama, sede del Senato, contro le politiche climaticide del governo italiano al sesto posto tra i finanziatori di energie fossili.

Apriti cielo: condanna bipartisan di tutto l’arco costituzionale, tre attivisti sono stati arrestati e due denunciati, il governo di Fratelli d’Italia si è messo subito in moto per inasprire le pene per l’imbrattamento dei palazzi del potere e nessuno si è preoccupato del messaggio mandato dagli attivisti, mentre l’Europa a gennaio sta vivendo già la peggiore ondata di caldo mai registrata.

Particolarmente tragicomica è la dichiarazione di Ignazio La Russa, Presidente del Senato, che ha dato agli attivisti dei “vigliacchi” dato che avrebbero “scelto palazzo Madama perché è meno protetto”. E ancora “nessun alibi, nessuna giustificazione per un atto che offende tutte le istituzioni e che solo grazie al sangue freddo dei carabinieri non è trasceso in violenza” quando in realtà gli attivisti dopo l’azione si sono seduti a terra per resistere passivamente all’arresto. Evidentemente si è sentito ferito nell’orgoglio, ma non sono state le sue le uniche dichiarazioni paradossali. Il Ministro della Difesa Crosetto ha dichiarato: “Scegliere di sporcare opere d’arte o edifici storici, per difendere l’ambiente sarebbe un po’ come organizzare una cena tra amici a tema Asado argentino, per fare battaglie vegane”, voi capite dov’è il nesso? Ma anche fuori dallo schieramento di governo il solito Matteo Renzi regala un bel pezzo di paternalismo d’antan: “Chi vandalizza un palazzo delle Istituzioni pensando di difendere l’ambiente capisce poco”, forse che lui può insegnare come si combatte il cambiamento climatico celebrando il “Rinascimento saudita”.

Ma chi sono i veri vigliacchi? Oggi per opportunità in Italia nessuno schieramento politico nega il cambiamento climatico, è troppo evidente e persistente ormai nella percezione comune. Se il negazionismo è stato formalmente messo in soffitta nella sostanza non è cambiato nulla.

Ciò si nota facilmente guardando ai primi mesi del Governo Meloni partendo banalmente dalla semantica. Nel decreto Aiuti Quater, di metà novembre, si è notata da subito una piccola, rivelatrice, modifica che compare nel comma 1 all’articolo 6 dello stesso decreto. La parola “decarbonizzazione” viene infatti sostituita dal termine “ottimizzazione”. Ma è la sostanza quella che conta in fondo e la sostanza è fatta di trivelle, rigassificatori e depositi di gas, continuando a puntare sulle fonti fossili. Non solo, mentre i sussidi per le energie inquinanti vengono confermati la legge di bilancio introduceva nuove e più stringenti misure di tassazione per le fonti rinnovabili.

Ma la tutela delle energie fossili e delle produzioni inquinanti da parte del governo non si ferma qui, la Meloni durante la conferenza di fine anno ha dichiarato “irragionevole” il bando dei motori termici siglato per il 2035 da parte dei governi dell’UE. Nello specifico, l’obiettivo per l’intera flotta dell’UE è quello di ridurre del 100% le emissioni di CO2 prodotte dalle autovetture e dai veicoli commerciali leggeri nuovi rispetto al 2021. L’intesa raggiunta la scorsa estate prevede una riduzione delle emissioni di CO2 del 55% per le vetture nuove (e del 50% per i furgoni) entro il 2030, rispetto ai livelli del 2021.

Altrettanto indicativo è il modo in cui il governo ha scelto di misurarsi con le crisi industriali del nostro paese: il Presidente del Consiglio dice che riguardo all’ex Ilva di Taranto “l’obiettivo che ci diamo è farne una grande acciaieria verde (che significa ndr?), aumentando la produzione e recuperando le persone in cassa integrazione» e nel frattempo reintroduce lo scudo penale per chi inquina.

Ma la totale indifferenza del governo Meloni al cambiamento climatico non la si deduce solo dal modo in cui vengono affrontate le cause, ma anche dalla sostanziale inazione sugli effetti. Infatti nonostante l’aumento dei fenomeni meterologici estremi (1.503 in un decennio, che hanno coinvolto 780 comuni e hanno causato 279 morti) e la ormai continua ripetizione di catastrofi collegate al clima, alla fragilità del nostro territorio e alla cementificazione, il governo ha scritto un aggiornamento al “Piano di adattamento ai cambiamenti climatici” senza destinare in legge di bilancio alcuna risorsa a questo tema. Pura aria fritta.

Intanto il peso dello strapotere delle industrie dell’energia lo vedremo ulteriormente già da prossimi mesi con lo sblocco degli aumenti in bolletta concessi dalla Meloni, un vero regalo alle imprese che fanno extraprofitti che potranno nuovamente ritoccare al rialzo i contratti ancora in corso in maniera unilaterale.

Dunque chi è il vigliacco? Chi denuncia la follia delle istituzioni che ci porteranno a sbattere contro il muro della crisi climatica o chi fa finta di niente e va a braccetto con le imprese che devastano e ci impoveriscono?

/ Il caso di Alfredo Cospito finisce davanti alla Corte Costituzionale

 

Si apre uno spiraglio nella assurda vicenda che riguarda Alfredo Cospito, militante anarchico condannato all’ergastolo, per di più “ostativo” (con il divieto dunque di accedere agli sconti di pena previsti dalla “legge Gozzini”) e perciò detenuto in regime di 41bis (isolamento pressoché assoluto).

La cosa giuridicamente assurda è nel fatto – riconosciuto anche dalla condanna – che Cospito non ha ucciso nessuno. Però è stato riconosciuto colpevole in via definitiva (dopo i tre normali gradi di giudizio) di aver piazzato un ordigno nei pressi di una caserma dei Carabinieri.

L’esplosione, avvenuta di notte, non ha ferito né i militari né eventuali passanti. Ma la Procura di Torino – e successivamente il Tribunale di quella città – ha ritenuto di doverlo processare per “strage”, contestandogli l’art. 285 del codice penale.

Questa contestazione non è di per sé “strana”, e viene sollevata ogni volta che viene usato dell’esplosivo per un attentato, indipendentemente dal fatto che ci siano oppure no delle vittime. Non esiste, in altri termini, il reato di “tentata strage” e dunque il codice prevede una sola possibile pena: l’ergastolo, appunto.

Le centinaia di processi avvenuti in Italia per fatti simili, e anche decisamente più gravi, quanto alle conseguenze, hanno però sempre mantenuto un criterio di proporzionalità tra reato in astratto ed effetti reali. E quindi l’ergastolo è stato comminato soltanto nel caso ci fossero state vittime decedute. E neanche in tutti i casi.

Di più. In quelle centinaia di processi è stato affinato con il tempo anche un criterio di proporzionalità rispetto ai “mezzi” usati per un attentato con l’esplosivo, visto che ne esistono di molti tipi e con grandissime differenze di pericolosità.

La stessa sentenza di condanna di Cospito riconosce che sono stati usati 500 grammi di “polvere pirica”, ovvero la polvere da sparo che si usa comunemente nei “botti” di Capodanno. E’ forse l’esplosivo meno potente che si trova in circolazione, lontano anni luce dalla dinamite o dal “plastico” per usi militari. Insomma, poco più di un petardo, come “strumento adeguato a compiere una strage” lasciava molto a desiderare…

Il caso di Alfredo costituisce dunque un unicum che ha sollevato non poche perplessità anche in ambienti decisamente non in sintonia con gli anarchici. Troppo evidente che contro di lui si sia voluta “forzare” l’interpretazione della legge, come mai era avvenuto prima, per costituire un precedente minaccioso verso tutti i “dissidenti”.

La Corte d’Appello di Torino, nel raccogliere un ricorso presentato dall’avvocato Flavio Rossi Albertini, ha riconosciuto che – pur essendo accertata giudiziariamente la colpevolezza di Cospito (ovvero quanto stabilito dai tre gradi di giudizio) – l’entità della pena è decisamente sproporzionata rispetto ai fatti contestati. Anche in virtù di quel vincolo al “massimo della pena” previsto nel codice per la “strage” (anche quando non avviene, come in questo caso).

Chi si districa nella terminologia giuridica potrà apprezzare i dettagli dell’ordinanza con cui la Corte ha rinviato gli atti alla Corte Costituzionale perché decida se “Il divieto inderogabile di prevalenza della circostanza attenuante dell’art. 311 c.p. in relazione al delitto di cui all’art. 285 c.p. non appare dunque compatibile con il principio di determinazione di una pena proporzionata”.

Nel linguaggio comune diremmo: se è costituzionalmente possibile che, in assenza di vittime, si possa condannare qualcuno all’ergastolo solo perché ha messo in atto un’azione “contro la personalità dello Stato” e non se ne è “pentito”.

Quest’ultimo non è un dettaglio, perché proprio la “personalità” è stata indicata come un elemento di “pericolosità” sociale secondo il Tribunale di Sorveglianza che gli ha confermato di recente il 41bis.

A noi sembra pacifico che sia un’assurdità, ricordando innumerevoli processi in cui un fatto del genere veniva punito con 5 o 10 anni di carcere (che non sono comunque pochi, no?). La stessa Corte d’Appello ricorda che, in caso, di accoglimento del ricorso, la condanna potrebbe essere rideterminata dentro una forbice comunque mostruosa: tra i venti e i ventiquattro anni di reclusione.

Ma è immediatamente evidente che in quel caso Cospito non potrebbe più essere rinchiuso in regime di 41bis (che andrebbe abolito comunque e per tutti, e su cui pende un procedimento apposito davanti alla stessa Consulta), con tutto quel che ne consegue per quanto riguarda “l’esecuzione della pena” e le condizioni di prigionia.

I tempi non saranno ovviamente brevi, ma prendiamo atto che questo spiraglio si è aperto e ci auguriamo che la Corte Costituzionale tega fermi i princìpi della Carta, com’è suo dovere, nonostante le infinite “interpretazioni creative” di legislatori improvvisati e di magistrati che si sentono “in prima linea” anziché su uno scranno ottimamente retribuito.

ORDINANZA-19.12.2022