MÉXICO. 10 de Junio NO SE OLVIDA. A 51 años del HALCONAZO 1971. Matanza del Jueves de Corpus fue un CRIMEN de ESTADO. El 10 de junio 1971, ‘Halcones’ paramilitares entrenados por el criminal PRI-gobierno del genocida Luis Echeverría, entonces presidente de México, que en la Matanza de la Plaza de las Tres Culturas de Tlatelolco 1968 era secretario (ministro) de Gobernación; por la siniestra policía política de la Dirección Federal de Seguridad (DFS) y la CIA, atacaron con armas de fuego , porras y palos, una marcha de estudiantes del Instituto Politécnico Nacional y la UNAM,primera desde la masacre del 2 de octubre 1968, que había partido desde el Casco de Santo Tomás . La represión genocida causó al menos 120 asesinados…¡NI PERDÓN NI OLVIDO!..JUSTICIA.. ¡Castigo a los genocidas! NUNCA MÁS UN CRIMEN de ESTADO, NUNCA MÁS REPRESIÓN…NUNCA MÁS un ‘Halconazo’, NO MÁS Tlatelolco 68, NO MÁS Atenco, NUNCA MÁS Ayotzinapa…¡La MEMORIA la mantienen VIVA los PUEBLOS! NI UN MINUTO de SILENCIO, TODA una VIDA de LUCHA..MARCHA el 10 de Junio a las 16:00 horas desde el Casco de Santo Tomás, del Instituto Politécnico Nacional (IPN) al Zócalo de la Ciudad de México.
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Il 10 giugno 1971 è popolarmente conosciuto in Messico come “El Halconazo” o “La Masacre del Jueves de Corpus Christi”: quel giorno si perpetrò una vera e propria strage ai danni degli studenti messicani durante una manifestazione a Città del Messico, il cui scopo era commemorare il massacro di Tlatelolco del 2 ottobre 1968 e appoggiare la protesta partita dall’Universidad Autónoma dello stato di Nuevo León contro l’emanazione della Ley Orgánica varata dal governatore Eduardo Angel Elizondo Lozano.
“El Halconazo” rappresenta una data nerissima nella storia dei diritti civili e politici messicani: la repressione scatenata contro gli studenti ricorda, per ferocia, quelle di Atenco e Oaxaca, nel 2006, e la mattanza di Acteal, nel Chiapas il 22 dicembre 1997. La denominazione della strage ha origine dal nome del gruppo paramilitare Continua a leggere→
Scarsa trasparenza, assistenza sanitaria e diritti umani negati. La detenzione senza reato nei centri di permanenza per i rimpatri (cpr) è lo strumento normativo prediletto dal legislatore italiano per le persone straniere prive di documenti che riescono ad arrivare in Italia (almeno 600 persone sono morte attraversando il Mediterraneo nei primi tre mesi del 2022). Con esso si sono ampliati: la mappa dei lager per immigrati, la durata della misura restrittiva e i motivi per cui l’autorità di pubblica sicurezza può farvi ricorso. I luoghi di trattenimento o detenzione amministrativa dei migranti sono principalmente dei luoghi di attesa in cui i diritti fondamentali vengono trascurati o completamente negati.
Suicidi e tentativi di suicidio, materassi incendiati, atti di autolesionismo fino ad ingoiare lamette e candeggina solo per ricevere cure ed essere trattati come “persone”. Ma non c’è limite al peggio. Alle continue minacce di rimpatrio, alle condizioni di totale abbandono, alla mancanza di assistenza sanitaria, sociale, legale e psicologica, si aggiunge anche la beffa di dover pagare ai propri carcerieri quelle inumane condizioni di detenzione, come è successo pochi giorni fa ai migranti detenuti al CPR di Gradisca d’Isonzo, che hanno ricevuto uno scontrino a loro carico di 8.90 euro da parte della ditta, Edeco (ora Ekene) che gestisce la struttura e che dal marzo 2022 gestisce anche il CPR di Macomer in Sardegna.
I Cpr sono gestiti da enti privati e da vere e proprie multinazionali, che in tutta Europa gestiscono i Centri di trattenimento o i servizi di istituti penitenziari. E questa è una delle principali condizioni peggiorative per i migranti “trattenuti”, sia perché vi è un interesse basato sulla massimizzazione del profitto, sia perché, di conseguenza, l’attenzione ai bisogni delle persone detenute è inesistente e le condizioni all’interno di questi centri non rispettano gli standard dettati dal Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura.
Né CPR né ghetti! Basta repressione, sfruttamento e omicidi di lavoratori immigrati. Basta razzismo, documenti, case e contratti per tutt*!
Ma non bastano i cpr a saziare le pance dei padroni! Per controllare i flussi migratori, e di conseguenza la forza lavoro a basso costo, oltre alle guerre, alle false sanatorie, ai vari decreti “sicurezza”, questo governo ha istituito l’alternanza accoglienza-lavoro.
Lo scorso 16 maggio è stato annunciato a mezzo stampa che il futuro modello di accoglienza introdurrà ulteriori strumenti di sfruttamento del lavoro migrante, compreso quello minorile. Questo è ciò che si evince dal Protocollo d’intesa che i ministri Orlando e Lamorgese – in accordo con i sindacati confederali e l’associazione padronale dell’edilizia – hanno siglato per reclutare almeno 3.000 giovani migranti nell’edilizia, in modo da conciliare l’accoglienza con le esigenze del mercato del lavoro.
Oltre a tenere i migranti in gabbia, quindi, questa accoglienza li spinge nelle mani dei padroni dell’edilizia, uno dei settori più inondato di soldi e sangue di vite operaie.
E nell’agricoltura?
Solo nelle ultime settimane, nelle campagne pugliesi, 5 braccianti sono morte/i e 5 sono rimaste/i ferite/i sul lavoro o in itinere, per condizioni lavorative di estremo sfruttamento o di trasporto disastrose. Lo scorso week end, a Foggia, almeno una decina di braccianti sono stati inseguiti, presi a sassate e pestati mentre in bicicletta si recavano a lavorare nei campi, e questo solo perché neri. Questo è lo sfruttamento che i lavoratori e le lavoratrici delle campagne vivono, denunciano e combattono da anni.
Per tutto questo e altro il soccorso rosso proletario esprime la massima solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici delle campagne della provincia di Foggia e il massimo sostegno alla manifestazione antirazzista che si terrà sabato mattina, 11 giugno, alle h. 10 al piazzale della stazione di Foggia.
BASTA CACCIA AL NERO! L’11 GIUGNO SCENDIAMO IN PIAZZA CONTRO LA VIOLENZA RAZZISTA
COMITATO LAVORATORI DELLE CAMPAGNE
Come già accaduto in anni passati, i braccianti africani tornano a denunciare molteplici aggressioni a evidente sfondo razzista, accadute lo scorso fine settimana, che hanno coinvolto almeno una decina di persone attaccate in diverse zone della città di Foggia, e altre a Borgo Mezzanone. Le aggressioni sono avvenute alle prime luci dell’alba: mentre i braccianti si recavano al lavoro a bordo delle loro biciclette sono stati avvicinati da auto o motorini, da cui sono partiti lanci di pietre, schiaffi e pugni. In altri casi chi si trovava sui veicoli ha deliberatamente cercato di fare cadere i lavoratori africani dalle loro biciclette per poi aggredirli una volta a terra. Tre di questi lavoratori sono rimasti feriti ma non tutti si sono recati in ospedale, per paura e con la consapevolezza che difficilmente avrebbero ricevuto le cure necessarie.
“E’ ora di dire basta a queste violenze, figlie della stessa cultura che discrimina gli immigrati attraverso leggi fatte per dividere e sfruttare, attraverso ostacoli burocratici, ghettizzazione e personale razzista negli ospedali, nelle questure e in altri uffici pubblici”. I lavoratori e le lavoratrici delle campagne della provincia di Foggia chiamano all’appello gli e le antirazziste in tutta Italia, affinché sostengano la loro battaglia contro tutte le forme di violenza razzista e per il riconoscimento di documenti, case e contratti che rendano loro la vita vivibile. Abbiamo sofferto abbastanza e siamo stanchi di parole al vento!
Appuntamento quindi per sabato mattina, 11 giugno, alle h. 10.00 al piazzale della stazione di Foggia. Da qui corteo per arrivare alla Prefettura, dove “chiediamo di incontrare le autorità per avere risposte immediate. Basta razzismo, documenti case e contratti per tutt!”.
Da Radio Onda d’Urto, la voce di un lavoratore immigrato della provincia di Foggia:
SABATO 11 GIUGNO DALLE ORE 18:00 ALLE 23:30 presso il Csoa Corto Circuito: La solidarietà è la nostra arma
ore 18:00: Dibattito contro la Repressione.
Intervengono:
📌 le studentesse e gli studenti Osa
📌 l’avvocato Marco Lucentini,
📌 Osservatorio Repressione,
📌 Cambiare Rotta,
📌 Potere Al Popolo VII municipio.
🔴 ore 20:00: Lettura di poesie di Sante Notarnicola e poesia performativa di Iris Basilicata, Cecilia Lavatore, Stefano Tarquini, Francesco De Simone, Alessandro Fusto.
🔴 dalle ore 21:30: Cena sociale e DJ SET con L’amorte
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Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un salto di qualità dal punto di vista autoritario e repressivo nella gestione dell’ordine pubblico e del conflitto, reale e potenziale. Abbiamo visto e vissuto negli anni la chiusura di spazi occupati, la criminalizzazione del conflitto e nuove forme di gestione dell’ordine pubblico nelle città metropolitane, senza contare nuove modalità di repressione sperimentate nel movimento No Tav.
Anche senza un conflitto sociale di massa i meccanismi della repressione allargano le proprie maglie in nuove direzioni: provvedimenti coercitivi come fogli di via e divieti di dimora, sanzioni economiche spropositate, licenziamenti da posti di lavoro pubblici o privati, intimidazioni e schedature anche solo per aver partecipato ad assemblee o iniziative.
Queste nuove forme repressive hanno sempre di più un carattere “preventivo” volto non solo a colpire gli attivisti di oggi ma a scoraggiare nuove possibili attivazioni di conflitto futuro. Questo è ciò che è successo agli studenti di OSA che sono stati colpiti dalla macchina repressiva in maniera martellante e spropositata. Colpiti dal punto di vista giudiziario quanto disciplinare, andando ad intaccare i loro percorsi formativi e il loro rapporto con una scuola che mira sempre più ad emulare lo sfruttamento e l’alienazione della fabbrica piuttosto che a costruire un pensiero critico e fornire spazi di socialità e discussione. Fabbrica a cui gli studenti, ormai, accedono direttamente, abbandonando le aule e i libri per venire scaraventati in quel mondo del lavoro fatto di sfruttamento, dove si ringrazia per lavorare gratuitamente, dove si percepiscono salari da fame e dove, spesso, si perde la vita anche fin da adolescenti.
Ed è invece proprio dove si agita conflitto ed organizzazione, lì che si muove la macchina repressiva per andare a sedare ogni spirito di iniziativa: e così le lotte studentesche che hanno animato le piazze e le scuole in questo anno scolastico così come non si vedeva ormai da tempo; così le lotte operaie, della logistica, dei braccianti, che da soggetti ricattati e non sindacalizzabili sono diventati anima e motore della riconquista della dignità sul posto di lavoro. Quel posto di lavoro in cui non si può, non si deve morire.
La stretta repressiva ha radici molto profonde e ha visto diversi governi sulla stessa linea: privatizzazioni, politiche di austerità, precarizzazione del lavoro, chiusura degli spazi democratici, affossamento dei diritti, appoggio incondizionato alle grandi opere e alla devastazione dei territori, repressione del conflitto.
Negli ultimi anni la politica di “sinistra” ha incentrato unicamente la sua battaglia contro la campagna mediatica di stampo autoritario di Salvini, Ministro dell’Interno del governo Lega-5Stelle. Una battaglia di facciata in quanto i Decreti Sicurezza sono stati adottati dal governo Conte-bis senza essere messi in discussione da alcun partito. Così diventano molto meno sostanziali le differenze tra Lega e Partito Democratico. Partito che ha cercato di far dimenticare, con un antifascismo e un antirazzismo di facciata, tutte quelle politiche di austerità e la costruzione di modello repressivo di società, portato avanti da Minniti, attraverso i decreti sui migranti, i Daspo urbani, lo sdoganamento delle forze fasciste, modello che non si discosta da quello leghista. D’altro canto anche i 5-Stelle hanno fatto passare senza problemi la TAV e i due decreti Sicurezza, incapaci di rappresentare e dare voce agli interessi popolari non hanno esitato a formare un governo proprio col Pd.
Tutti questi elementi sono collegati tra loro: la repressione del conflitto reale e potenziale, la gestione sempre più autoritaria della società, la chiusura degli spazi democratici rimangono l’unica arma in mano alle classi dominanti.
Cosa possiamo fare noi?
Portare avanti le lotte ogni giorno, mettere al centro il conflitto sociale, la solidarietà incondizionata a chi viene colpito dalla repressione, la controinformazione, mostrare nei fatti come la repressione non sia altro che l’altra faccia della medaglia delle politiche di austerità, privatizzazioni, tagli ai diritti e al welfare perseguite da tutti i governi di questi anni.
Portiamo in piazza questo dibattito a partire da chi ha subìto direttamente la repressione, come gli studenti romani di OSA che con l’occupazione di oltre 50 scuole hanno mostrato tutto il proprio malessere nei confronti di un modello di Scuola che non è riuscito a mettere in sicurezza tutte e tutti gli studenti e il personale scolastico e che mette a profitto la vita scolastica dei ragazzi. La risposta delle istituzioni è stata la repressione, nelle scuole così come nelle piazze. Il Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale ha addirittura chiesto di denunciare e sanzionare chi tra studentesse e studenti avesse occupato. A seguito delle molte sospensioni e denunce si sono susseguite iniziative di protesta e gli attivisti si sono mossi anche per vie legali e con una campagna di crowdfunding (https://www.gofundme.com/…/la-vostra-represisone-non-ci…).
Portiamo tutta la nostra solidarietà alle studentesse e agli studenti di OSA, colpevoli solo di lottare per un futuro migliore.
“La vostra repressione non ci fermerà, la solidarietà è la nostra arma”
Il 27 giugno si terrà presso la corte di Cassazione, l’ultima udienza del processo ’’scripta manent” in cui anarchiche e anarchici verranno giudicati per associazione sovversiva con finalità di terrorismo ed altri reati specifici, tra cui strage. In un momento in cui la crisi del sistema capitalista è sotto gli occhi di tutti e nuove forme di autoritarismo si intrecciano con una tendenza alla guerra generalizzata, il compagno anarchico Alfredo Cospito, imputato in questo processo, è stato sottoposto al regime di 41 bis e in seguito trasferito al carcere di Bancali (Sassari), dove attualmente si trova.
Un regime di vera e propria tortura e annientamento, all’apice del sistema di repressione italiano.
Questo trasferimento in 41 bis riguarda tutti e tutte i/le rivoluzionari/e, tutti e tutte quelle che si oppongono nei fatti a questo sistema.
Solidarietà internazionale con tutte le compagne ed i compagni colpiti dalla repressione.
Francia. Questo 18 giugno sono attese nuove proteste per chiedere il rilascio del compagno Georges Ibrahim Abdallah, prigioniero politico nelle segrete dell’imperialismo francese per ordine del sionismo e dell’imperialismo yankee. L’azione si svolgerà nell’ambito della Giornata dell’eroismo (19/06) e dei prigionieri rivoluzionari del mondo.
La Campagna Unitaria per la liberazione del compagno Abdallah ha lanciato un appello in cui si legge: “A l’heure où l’Etat tente par tous les moyens – nous l’avons vu tout particulièrement ces derniers mois – de bâillonner toutes les voix dissidentes soutenant la résistance – antifasciste ou en soutien avec la lutte héroïque du peuple palestinien ; à l’heure où nous avons su nous mobiliser en soutien avec nos camarades du Comité Action Palestine et du Collectif Palestine Vaincra pour dénoncer leur dissolution puis appuyer leur recours en suspension et au final, nous réjouir, de leur victoire – preuve que la lutte paie ! A l’heure aussi où dans ce contexte du tout répressif, certains appellent désormais à faire front et où chacun devrait bien comprendre que cette « convergence des luttes » à laquelle appelle Georges Abdallah pour « faire face à ce système qui n’est plus que destruction et pillage » vaut naturellement aussi pour sa libération, nous appelons tous les soutiens à Georges Abdallah – partis, syndicats, organisations et collectifs – à converger vers Paris le 18 juin 2022, comme cela a été possible de le faire à Lannemezan, pour manifester massivement notre volonté de voir enfin notre camarade Georges Abdallah libéré.
Sono previste azioni anche in altre aree geografiche per Georges Ibrahim Abdallah e altri prigionieri rivoluzionari in tutto il mondo.
In Italia, per il 18 giugno, La Rossa Primavera 🚩 organizza la proiezione del Video-documentario “Fedayin – la lotta di Georges Abdallah”, con dibattito sulla prigionia politica in Italia e nel mondo.
Il Video-documentario, una produzione del Collettivo Vacarme(s) Films, si può richiedere a https://fedayin-lefilm.com/
Mattias Berrocal Terrones, conosciuto tra la sua gente come Jordano, è uno dei tantissimi giovani incarcerati nel contesto dell’esplosione sociale iniziata in Cile nell’ottobre 2019. A soli 20 anni, Mattias viene detenuto nell’ottobre 2020 come risultato di un’indagine investigativa durata quasi due anni che lo vede implicato in diversi fatti.
Si trova ad oggi in carcere, da quasi due anni, scontando prigione preventiva.
Il pubblico ministero ha presentato, in qualità di accusa, pene complessive per un totale di 34 anni.
False promesse elettorali
La richiesta di libertà per i prigionieri politici della rivolta ha generato disagio per il governo Boric. Diversi media riferiscono conversazioni tra governo e parenti per una futura legge di amnistia. Tuttavia, questi incontri non stanno andando a buon fine
Il 21 marzo Gabriel Boric aveva annunciato la massima urgenza per il disegno di legge che chiede l’amnistia per i reati commessi tra il 7 ottobre 2019 e il 9 dicembre 2020. Questa legge sull’amnistia esclude gli atti più gravi, come il tentato omicidio o le aggressioni alla polizia. Pertanto, è una legge che classifica il carcere politico in base al reato e non rimuove le condanne. In ogni caso, ad oggi, il testo del disegno di legge è ancora sulla carta
Continuano le proteste
Anche venerdì scorso si sono verificati scontri durante le proteste per chiedere il rilascio dei prigionieri politici che hanno partecipato alle rivolte contro il governo arcireazionario di Sebastián Piñera. Nonostante ora governi la pseudo-sinistra di Gabriel Boric, la situazione giudiziaria e penitenziaria dei compagni incarcerati non è cambiata, così come la militarizzazione contro il territorio mapuche. Adesso in Cile intendono presentare l’idea che con questo governo fantoccio, fatto di burocrati e socialdemocratici “è stato tutto risolto”, che è una bugia. Le masse del popolo cileno e del popolo mapuche continueranno a resistere.
Un ex comandante subzonale del PCI (maoista) è stato arrestato in una giungla nel distretto di Garhwa, nello Jharkhand. Una squadra speciale di polizia ha arrestato Bhanu Singh Kharwar e un’altra persona.
Contro la repressione e la guerra al popolo indiano, sviluppiamo nuove iniziative di solidarietà internazionalista!
Cari compagni e amici della rivoluzione indiana all’estero,
Saluto rosso!
Il nostro CC trasmette il suo saluto rivoluzionario a tutti voi in solidarietà militante con la nostra guerra popolare in India. Abbiamo superato l’operazione SAMADHAN scatenata dalle classi dominanti indiane grazie alla fiera resistenza del nostro eroico esercito popolare, il PLGA, e delle masse rivoluzionarie del nostro paese, in particolare quelle delle zone di lotta maoista in tutto il paese, grazie agli amici e tutti i partiti e forze di sinistra del paese, tra cui ci sono sostenitori della rivoluzione indiana. Abbiamo ricevuto un enorme sostegno e solidarietà internazionali dai partiti e dalle forze rivoluzionarie maoiste, dal loro grande zelo e determinazione. Gli amici della rivoluzione indiana all’estero non sono estranei a tutte queste attività. In particolare, esprimiamo i nostri sinceri saluti rivoluzionari all’ICSPWI.
L’operazione SAMADHAN è stata scatenata contro il nostro movimento rivoluzionario il 17 maggio 2017 con un piano della durata di cinque anni. Le classi dominanti indiane Hindutva dichiararono apertamente che entro quel termine avrebbero eliminato completamente il nostro movimento. Da ultimo, nell’aprile 2021, hanno iniziato gli attacchi con i droni. Che si sono intensificati nell’aprile 2022. Hanno utilizzato decine di droni che hanno lanciato ognuno decine di bombe a ogni attacco anche su obiettivi civili (villaggi tribali). In questi anni hanno incriminato e incarcerato in quanto “maoisti urbani” tanti democratici, artisti, attivisti culturali, scrittori, avvocati, intellettuali rivoluzionari, difensori delle popolazioni indigene, professori universitari e persino giornalisti. Feroci forze di sicurezza di ogni tipo, in particolare forze statali, hanno assassinato in falsi scontri decine di elementi delle masse rivoluzionarie. Hanno arrestato e incarcerato centinaia di persone in tutto il paese. Durante tutto questo tempo le donne tribali in particolare sono state vittime delle infami forze di sicurezza, che ne hanno violentato decine nelle zone del movimento di lotta. Gli attivisti per i diritti umani sono rimasti saldamente al fianco del popolo in lotta e lo hanno appoggiato nella lotta legale contro le atrocità subite. Il nemico ha fatto di tutto per cancellare il movimento popolare, ma hanno fallito nel suo nefasto compito. Gli ultimi cinquant’anni della lunga storia della rivoluzione indiana hanno ancora una volta ha dimostrato che fino a quando esisterà lo sfruttamento, niente può annientare il movimento popolare. In questo contesto, il nostro partito, sinceramente e con spirito militante augura quanto di meglio a tutti quanti hanno sostenuto il nostro movimento in questo periodo cruciale.
Per difendere e far avanzare il movimento, in questi anni abbiamo perso tanti dei nostri amati eroici compagni, tra cui membri del Comitato Centrale. Hanno tenuto alta la bandiera rossa e sacrificato le loro vite per il bene della nostra rivoluzione. Il nostro CC china umilmente i capo per rendere loro omaggio con l’impegno a realizzare le loro aspirazioni rivoluzionarie. In questi anni tanti guerriglieri rossi sono rimasti feriti sul campo di battaglia combattendo contro le sanguinarie forze di sicurezza. Il nostro CC rivolge loro il suo saluto, mentre ritornano ai loro doveri con maggiore determinazione. Il nostro CC condivide il dolore e la pena delle famiglie dei martiri che hanno dato la loro vita per amore della rivoluzione indiana.
Compagni,
Il 26 settembre dello scorso anno, il ministro dell’Interno indiano, il famigerato criminale fascista indù Amit Sha, ha ribadito l’intenzione di eliminare i maoisti entro un anno, grazie a un’offensiva militare speciale, la Prahaar-3. Essa prevede campi e stazioni di polizia rifornite di bombe e droni per rastrellare le foreste e i villaggi delle zone in lotta. Essa sta letteralmente terrorizzando migliaia e migliaia di persone, che si stanno mobilitando per difendere le loro vite. Perciò, in questo momento cruciale, vi invito a unirvi a loro e contrastare dai vostri paesi gli attacchi dei droni. Vi chiedo di fare appello a organizzare presidi e manifestazioni davanti alle ambasciate indiane dei vostri paesi. È il momento di salvare la rivoluzione indiana. Ci auguriamo e confidiamo che ci incoraggiate, come già fate, per far avanzare il nostro movimento.