Fusako Shigenobu, prigioniera internazionalista della lotta di liberazione palestinese, sarà rilasciata il 28 maggio. Ci uniamo a Samidoun nel salutare la sua prossima liberazione, nel lottare per la libertà di tutti i prigionieri politici palestinesi!

Da Samidoun Palestine 

L’ESERCITO ISRAELIANO USA UNA RAGAZZA DI 16 ANNI COME SCUDO UMANO A JENIN

I soldati israeliani hanno costretto Ahed a stare di fronte a un veicolo militare israeliano la scorsa settimana a Jenin, durante uno dei loro raid e mentre i palestinesi reagivano sparando contro i veicoli militari, secondo le informazioni raccolte da Defense Children International (DCI Palestine)

L’esercito di occupazione ha usato il sedicenne Ahed Mohammad Rida Mereb come scudo umano a Jenin il 13 maggio. (Foto: cortesia della famiglia Mereb)

Le forze israeliane hanno ordinato ad Ahed di rimanere fuori dal veicolo militare per circa due ore mentre si sedevano all’interno.

“Il diritto internazionale è esplicito e proibisce assolutamente l’uso di scudi umani da parte delle forze armate o dei gruppi armati”, ricorda Ayed Abu Eqtaish, direttore del DCI. Questo costituisce un crimine di guerra.

Le forze israeliane hanno assediato la casa di Ahed intorno alle 6 del mattino del 13 maggio per arrestare suo fratello di 20 anni. Hanno ordinato ad Ahed, ai suoi genitori e ai suoi due fratelli minori di uscire di casa e di andarsene in un cortile dall’altra parte della strada. Poi si sono scambiati colpi di arma da fuoco con il fratello maggiore di Ahed, che è rimasto in casa. Intorno alle 8 del mattino, i palestinesi hanno sparato contro i veicoli militari israeliani.

“Proiettili provenivano da tutte le direzioni”, ha detto Ahed a DCI. Tremavo, piangevo e urlavo ai soldati di tirarmi fuori di lì perché i proiettili mi stavano passando sopra la testa, ma uno di loro mi ha ordinato in arabo attraverso un finestrino del veicolo dell’esercito israeliano: “Resta dove sei e non muoverti”. “Sei una terrorista. Rimani dove sei finché non dirai addio a tuo fratello.

Ahed ha cercato di inclinare la testa di lato per schivare i proiettili, ma uno dei soldati israeliani le ha ordinato di stare in piedi. È rimasta davanti al veicolo militare israeliano per circa due ore prima di correre verso un albero vicino e crollare a terra. Poco dopo, i soldati hanno evacuato la casa a due piani, dove Ahed viveva con i suoi genitori, i suoi tre fratelli, i suoi nonni, i suoi due zii e le loro mogli, così come i loro otto figli di età compresa tra 1 e 11 anni.

Dopo che la famiglia è stata evacuata, l’esercito ha bombardato la casa con granate a propulsione a razzo, dandogli fuoco. Ha anche sparato proiettili veri contro la casa e si è ritirata dal quartiere intorno alle 11:00, riferisce la DCI.

Ahed ha appreso che le forze israeliane avevano arrestato suo fratello maggiore e che i residenti locali avevano postato sui social media che veniva usata come scudo umano dalle forze israeliane, portando i palestinesi a smettere di sparare contro il veicolo militare.

Ahed è stata trasferita all’ospedale di Jenin e curata per un intenso shock psicologico e una grave mancanza di ossigeno, secondo la documentazione raccolta dal DCIP.

“L’uso di civili come scudi umani, dove i civili sono costretti ad assistere direttamente operazioni militari o usati per proteggere forze armate o gruppi armati o oggetti dagli attacchi, è proibito dal diritto internazionale. La pratica è vietata anche dalla legge israeliana sulla base di una sentenza del 2005 dell’Alta Corte di giustizia israeliana”, sottolinea la DCI.

Eppure DCI ha documentato almeno 26 casi che coinvolgono bambini palestinesi usati come scudi umani dai militari israeliani dal 2000. Solo uno di questi casi ha portato alla condanna di due militari per “comportamento inappropriato” e “abuso di autorità”. Entrambi sono stati retrocessi e condannati a tre mesi di reclusione con sospensione della pena…

Fonte: Ayed Abu Eqtaish
Direttore del programma di responsabilità
Defense for Children International – Palestina

CAPJPO-EuroPalestina

Il 15 ottobre 2011 si è concluso con le condanne di 6 compagn*. Solidarietà e sostegno in tutti i modi possibili!

Il 15 ottobre 2011 si è concluso con le condanne di 6 compagn*, ma i motivi di quella lotta sono ancora là, aggravati dalla pandemia e dalla guerra. SRP fa appello ad unirsi e lottare per riprenderci il futuro, per riprenderci i nostri compagni e compagne.

Il 24 maggio, si è concluso l’ultimo grado di giudizio per i fatti del 15 ottobre 2011.

A distanza di 11 anni e mezzo dalla manifestazione oceanica che invase le vie di Roma, lo Stato e i suoi tribunali hanno confermato a 6 compagn* pene che vanno dai 5 anni e 4 mesi ai 6 anni e 6 mesi.

Come documentiamo da anni, questo processo “politico” si è sviluppato in diversi filoni volti a differenziare la natura dei reati, con alcuni compagni e compagne ai quali è stata affibbiata la premeditazione degli scontri e della resistenza che impedì alle forze dell’ordine l’agibilità di movimento nell’intero quadrante intorno Piazza San Giovanni.

Il 15 ottobre è stato il momento di precipitazione di una stagione di mobilitazioni contro la crisi e il costante impoverimento scaturito da essa. Una manifestazione che nessun soggetto politico era in grado di controllare o gestire nella quale la rabbia di 200 mila persone ha messo in atto una giornata vivace e di riscatto collettivo.

Giornate come questa e come il 14 dicembre hanno segnato un punto di non ritorno non solo per chi le ha vissute con il sogno di sfidare il presente ma anche per l’apparato repressivo che con questo processo ricorda che in questo paese “democratico” non c’è spazio per un dissenso che radicalizzi le istanze di chi sta in basso nella catena alimentare capitalista.

A Roma, centinaia si sono riuniti davanti al “palazzaccio” della cassazione che ha confermato le pesanti condanne comminate in secondo grado.

Domani più che mai il nostro compito sarà quello di continuare a sostenere coloro che pagano il prezzo per la rivolta di tutt*, pretendendo la liberazione di chi è divenuto capro espiatorio da dare in pasto alla stampa.

Oggi a distanza di 11 anni, le possibilità di una vita dignitosa si sono ancora più ristrette, compressi tra una ripresa economica che non c’è stata, la tragicità della pandemia e l’attualità di una guerra che è monito del futuro che ci aspetta per garantire la riproduzione di un’sistema fondato sulla privazione di molti a fronte della ricchezza di pochi.

Quest’ennesima manovra repressiva su una giornata di riscatto non deve scalfire la nostra consapevolezza della necessità di reagire allo stato di cose presenti.

da InfoAut

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Di seguito il comunicato del

15 ottobre 2011: lo stato si assolve e chiude in carcere la dignità

Intorno alle ore 22:00 di ieri, 24 maggio 2022, abbiamo appreso il verdetto della Corte di Cassazione – l’ennesimo – sui fatti del 15 Ottobre 2011.

Per i 6 compagn@ imputat@ sono state confermate, senza nessun ripensamento, le condanne sproporzionate e ingiuste già affibbiate in appello: 5 anni e 4 mesi di carcere a testa.

Questa ennesima e vergognosa sentenza chiude il terzo e ultimo grado di giudizio: pertanto le condanne diventano definitive e subito esecutive. Tutt@ colpevoli di dignità per aver manifestato insieme a centinaia di migliaia di persone contro la precarietà e lo sfruttamento, per il diritto all’abitare e alla salute, contro le nocività e per la difesa dei territori.

Alla manifestazione del 15 Ottobre 2011, sfociata negli scontri durati ore a piazza San Giovanni, c’eravamo tutte e tutti: era il grido di dolore e soprattutto di rabbia di generazioni intere schiacciate da un capitalismo sempre più selvaggio e disumano che distrugge l’ambiente di cui noi stessi facciamo parte e ci nutriamo, che annienta le radici stesse della solidarietà e del vivere comune.

Condannare in maniera esemplare alcun@ di noi vorrebbe essere un monito per chiunque si voglia ribellare e liberare di questa realtà, per strappare diritti e costruire un mondo nuovo. E’ il loro modo per tenere strette ai polsi di tutte e tutti le catene che ci opprimono.

Lo hanno fatto sfruttando ancora una volta il reato di devastazione e saccheggio, eredità del codice penale fascista, ancora vigente, utilizzato da Genova 2001 in poi per reprimere manifestazioni di carattere sociale e politico.

Queste condanne rappresentano l’ennesimo gravissimo atto della guerra che oramai da molti anni i potenti portano avanti contro i proletari. Non ci fermeranno. Ora che i nostri compagn@ affronteranno il carcere, abbiamo un motivo in più per lottare, per coltivare e organizzare la nostra rabbia.

Non passerà un giorno, un’ora, un minuto e neppure un secondo senza pensare a voi, senza starvi vicini, senza fare tutto il possibile per sostenervi.

Ne usciremo ancora più forti e più consapevoli: più decisi nel lottare per riprenderci il presente che vogliono rubarci.

NADIA E RICHARD LIBERI

TUTTE E TUTTI LIBERI

Questa mattina due compagn* del movimento per il diritto all’abitare sono entrati nel carcere di Rebibbia per scontare le condanne arrivate ieri in Cassazione per la manifestazione nazionale del 15 Ottobre 2011, dove centinaia di migliaia di persone scesero in piazza contro un presente di miseria e precarietà.

Radio Onda Rossa ne ha  parlato con un compagno del movimento per il diritto all’abitare.

Condanne inaccettabili per i compagni del 15 ottobre 2011

 

il  24 maggio, si è concluso l’ultimo grado di giudizio per i fatti del 15 ottobre 2011.

A distanza di 11 anni e mezzo dalla manifestazione oceanica che invase le vie di Roma, lo Stato e i suoi tribunali hanno confermato a 6 compagn* pene che vanno dai 5 anni e 4 mesi ai 6 anni e 6 mesi.

Come documentiamo da anni, questo processo “politico” si è sviluppato in diversi filoni volti a differenziare la natura dei reati, con alcuni compagni e compagne ai quali è stata affibbiata la premeditazione degli scontri e della resistenza che impedì alle forze dell’ordine l’agibilità di movimento nell’intero quadrante intorno Piazza San Giovanni.

Il 15 ottobre è stato il momento di precipitazione di una stagione di mobilitazioni contro la crisi e il costante impoverimento scaturito da essa. Una manifestazione che nessun soggetto politico era in grado di controllare o gestire nella quale la rabbia di 200 mila persone ha messo in atto una giornata vivace e di riscatto collettivo.

Giornate come questa e come il 14 dicembre hanno segnato un punto di non ritorno non solo per chi le ha vissute con il sogno di sfidare il presente ma anche per l’apparato repressivo che con questo processo ricorda che in questo paese “democratico” non c’è spazio per un dissenso che radicalizzi le istanze di chi sta in basso nella catena alimentare capitalista.

Ieri a Roma, centinaia si sono riuniti davanti al “palazzaccio” della cassazione che ha confermato le pesanti condanne comminate in secondo grado.

Domani più che mai il nostro compito sarà quello di continuare a sostenere coloro che pagano il prezzo per la rivolta di tutt*, pretendendo la liberazione di chi è divenuto capro espiatorio da dare in pasto alla stampa.

Oggi a distanza di 11 anni, le possibilità di una vita dignitosa si sono ancora più ristrette, compressi tra una ripresa economica che non c’è stata, la tragicità della pandemia e l’attualità di una guerra che è monito del futuro che ci aspetta per garantire la riproduzione di un’sistema fondato sulla privazione di molti a fronte della ricchezza di pochi.

Quest’ennesima manovra repressiva su una giornata di riscatto non deve scalfire la nostra consapevolezza della necessità di reagire allo stato di cose presenti.

C’è l’antiterrorismo dietro le indagini contro gli studenti che hanno contestato l’alternanza scuola-lavoro. L’appello che scuote le coscienze

La repressione dei giovani è ormai conclamata, è di dominio pubblico che le indagini contro i ragazzi, anche minorenni, ai quali abbiamo sottratto un futuro, sono coordinate dall’antiterrorismo

di Fabrizio Maffioletti

Pubblichiamo l’appello, che riguarda le misure cautelari applicate a Torino agli studenti, tutti incensurati, che hanno manifestato contro il PCTO (alternanza scuola-lavoro), che ha causato la morte di Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci, morti nelle mani dello Stato, e il grave ferimento di un altro studente di 17 anni avvenuto a Merano 4 giorni fa.

Il PCTO è figlio della riforma (non c’è mai limite al peggio?) operata dal Governo Renzi (allora PD) nel 2015 (Legge 107/2015), chiamata “Buona scuola”, di cui stiamo vedendo i drammatici effetti.

L’appello di questa donna, anch’essa madre, scuote le coscienze sulla parossistica risposta dello Stato al dissenso dei ragazzi, risposta che abbiamo visto essere messa in atto anche nelle perquisizioni ai danni degli attivisti di Fridays For Future. Repressione operata anche, in più occasioni, con la violenza dei manganelli.

Emiliano ha 22 anni, Emiliano è figlio di un’amica. Un ragazzo gentile che ti incontra e sorride.
Emiliano è vegano e per questo motivo non tira neanche un uovo alle manifestazioni, ma Emiliano adesso è in carcere alle Vallette perché era in prima fila alla manifestazione degli studenti, irosa per le morti dei loro compagni e per le manganellate subite.
Emiliano è in carcere come Francesco e Jacopo, con solo accuse e prima di un regolare processo.
Siamo stufe del silenzio assordante di questa città che non si scandalizza neanche più e non reagisce di fronte allo scempio che la Procura sta facendo ai nostri ragazzi.
Ti chiedo almeno un minuto del tuo tempo per ascoltare questa storia e, se puoi, indignarti e condividerla.

da pressenza

Nuova Delhi, 26 maggio 2022: Il prigioniero politico, il dottor GN Saibaba, che è fisicamente disabile al 90% e incarcerato nella prigione centrale di Nagpur, è stato ricoverato in ospedale dopo aver intrapreso uno sciopero della fame di quattro giorni chiedendo che una telecamera a circuito chiuso fosse rimossa dalla sua cella di prigione . Lo sciopero ha lasciato Saibaba, già gravemente malato, con gravi problemi di salute. Oltre ai movimenti del sangue, la sua pelle si è allentata, ha notato il Comitato per il suo rilascio. Il 25 maggio è stato ricoverato all’ospedale della prigione. Tuttavia, le autorità carcerarie hanno risposto solo in parte alle sue richieste. Il “Comitato per la difesa e il rilascio del dottor GN Saibaba” ha rilasciato una dichiarazione chiedendo il suo rilascio immediato. Il comitato afferma che Saibaba ha iniziato lo sciopero della fame sabato 21 maggio. Lo sciopero doveva chiedere la rimozione di una telecamera a circuito chiuso grandangolare installata davanti alla sua cella “Anda”. “Anda” in hindi significa “uovo”, la forma di tali celle, che si ritiene siano costruite per garantire la visibilità dei prigionieri. Tuttavia, la famiglia di Saibaba ha affermato che lo studioso in sedia a rotelle ha difficoltà a muoversi nella cella a causa della sua forma, dimensione e compattezza. “La sorveglianza 24 ore su 24 della telecamera è una chiara violazione del suo diritto fondamentale alla privacy, alla vita, alla libertà e all’integrità fisica”, ha esortato il comitato. “La telecamera CCTV installata registra tutto 24 ore su 24, 7 giorni su 7, compreso l’uso del bagno, il bagno e tutte le sue attività fisiche. Questo è contro i diritti umani fondamentali. I diritti, anche di una persona condannata, dovrebbero essere rispettati”, ha affermato il comitato. Pochi giorni fa sua moglie e suo fratello avevano inviato una lettera al ministro dell’Interno del Maharashtra con la stessa richiesta. Con lo sciopero della fame, Saibaba chiedeva anche la libertà condizionale che non gli era stata concessa nonostante diverse domande, cure mediche adeguate, alloggio fuori dalla cella di Anda e trasferimento alla prigione centrale di Cherlapally a Hyderabad, un’altra richiesta per la quale diverse domande sono state andato inascoltato. Un anno e mezzo fa, durante il blocco, Saibaba aveva intrapreso un simile sciopero della fame, chiedendo l’immediata consegna dei medicinali forniti dai suoi familiari e avvocati, insieme ai libri e alle lettere che gli avevano inviato. Alcune di queste richieste del precedente sciopero della fame non sono state soddisfatte. L’avvocato di Saibaba, Aakash Sorde, ha affermato che nei primi quattro giorni dello sciopero della fame, le autorità carcerarie hanno deciso di cambiare la direzione della telecamera a circuito chiuso. Le autorità carcerarie hanno inoltre affermato: Per risolvere le richieste di competenza del Direttore Generale Addizionale delle Carceri, Saibaba deve scrivere una lettera che le autorità carcerarie inoltreranno all’ADG; Saibaba deve scrivere un’altra lettera al ministro dell’Interno del Maharashtra – che le autorità carcerarie hanno accettato di inoltrare – in modo che le questioni di competenza del ministro possano essere risolte; Le autorità sono ora pronte a dargli una bottiglia d’acqua che avevano precedentemente rifiutato; e Tutte le altre richieste “saranno accettate una per una a tempo debito”. Saibaba è stato condannato all’ergastolo da un tribunale di Gadchiroli nel 2007 ai sensi della legge sulle attività illegali (prevenzione) per presunti legami con il CPI (maoista). Il suo appello contro la sentenza al banco di Nagpur dell’Alta corte di Bombay è pendente.

Nuova Delhi, 26 maggio 2022:  Il prigioniero politico, il dottor GN Saibaba, che è fisicamente disabile al 90% e incarcerato nella prigione centrale di Nagpur, è stato ricoverato in ospedale dopo aver intrapreso uno sciopero della fame di quattro giorni chiedendo che una telecamera a circuito chiuso fosse rimossa dalla sua cella di prigione .

Lo sciopero ha lasciato Saibaba, già gravemente malato, con gravi problemi di salute. Oltre ai movimenti del sangue, la sua pelle si è allentata, ha notato il Comitato per il suo rilascio. Il 25 maggio è stato ricoverato all’ospedale della prigione.

Tuttavia, le autorità carcerarie hanno risposto solo in parte alle sue richieste.

Il “Comitato per la difesa e il rilascio del dottor GN Saibaba” ha rilasciato una dichiarazione chiedendo il suo rilascio immediato. Il comitato afferma che Saibaba ha iniziato lo sciopero della fame sabato 21 maggio.

Lo sciopero doveva chiedere la rimozione di una telecamera a circuito chiuso grandangolare installata davanti alla sua cella “Anda”. “Anda” in hindi significa “uovo”, la forma di tali celle, che si ritiene siano costruite per garantire la visibilità dei prigionieri. Tuttavia, la famiglia di Saibaba ha affermato che lo studioso in sedia a rotelle ha difficoltà a muoversi nella cella a causa della sua forma, dimensione e compattezza.

“La sorveglianza 24 ore su 24 della telecamera è una chiara violazione del suo diritto fondamentale alla privacy, alla vita, alla libertà e all’integrità fisica”, ha esortato il comitato.

“La telecamera CCTV installata registra tutto 24 ore su 24, 7 giorni su 7, compreso l’uso del bagno, il bagno e tutte le sue attività fisiche.   Questo è contro i diritti umani fondamentali. I diritti, anche di una persona condannata, dovrebbero essere rispettati”, ha affermato il comitato.

Pochi giorni fa sua moglie e suo fratello avevano inviato una lettera al ministro dell’Interno del Maharashtra con la stessa richiesta.

Con lo sciopero della fame, Saibaba chiedeva anche la libertà condizionale che non gli era stata concessa nonostante diverse domande, cure mediche adeguate, alloggio fuori dalla cella di Anda e trasferimento alla prigione centrale di Cherlapally a Hyderabad, un’altra richiesta per la quale diverse domande sono state andato inascoltato.

Un anno e mezzo fa, durante il blocco, Saibaba aveva intrapreso un simile sciopero della fame, chiedendo l’immediata consegna dei medicinali forniti dai suoi familiari e avvocati, insieme ai libri e alle lettere che gli avevano inviato. Alcune di queste richieste del precedente sciopero della fame non sono state soddisfatte.

L’avvocato di Saibaba, Aakash Sorde, ha affermato che nei primi quattro giorni dello sciopero della fame, le autorità carcerarie hanno deciso di cambiare la direzione della telecamera a circuito chiuso.

Le autorità carcerarie hanno inoltre affermato:

  • Per risolvere le richieste di competenza del Direttore Generale Addizionale delle Carceri, Saibaba deve scrivere una lettera che le autorità carcerarie inoltreranno all’ADG;
  • Saibaba deve scrivere un’altra lettera al ministro dell’Interno del Maharashtra – che le autorità carcerarie hanno accettato di inoltrare – in modo che le questioni di competenza del ministro possano essere risolte;
  • Le autorità sono ora pronte a dargli una bottiglia d’acqua che avevano precedentemente rifiutato; e
  • Tutte le altre richieste “saranno accettate una per una a tempo debito”.

Saibaba è stato condannato all’ergastolo da un tribunale di Gadchiroli nel 2007 ai sensi della legge sulle attività illegali (prevenzione) per presunti legami con il CPI (maoista). Il suo appello contro la sentenza al banco di Nagpur dell’Alta corte di Bombay è pendente.

MILANO: UNA BELLA GIORNATA DI SOLIDARIETÀ E UN RISULTATO, non scontato, CHE RIBADISCE CHE LA REPRESSIONE NON VINCE CONTRO CHI LOTTA report dei compagni dello Slai Cobas sc MI/BG

Oggi si è tenuto il processo di 2° grado contro i compagni del cs Vittoria e Si Cobas per lo sciopero alla DHL di Settala del 2015. Davanti il tribunale e dentro si sono ritrovati, circa 60, compagne/compagni del Vittoria; lavoratrici/lavoratori del Si Cobas; militanti dello Slai Cobas sc; compagni della FGC; Pcl; Panetteria e altri sodali, preswenti per sostenere i/le compagni/compagne imputati e rispondere all’appello “SE TOCCANO UNO, TOCCANO TUTTI!”.

Come Slai Cobas sc nei giorni precedenti avevano rilanciato l’appello Si Cobas/Vittoria citando la campagna repressiva che colpisce dagli studenti di Torino ai giovani di Friday for future, dai disoccupati e Si Cobas di Napoli alle lavoratrici Slai Cobas Palermo o chi lotta contro la guerra imperialista di Taranto.

 di seguito il comunicato:

Nel marzo 2015, in concomitanza con lo sciopero generale della logistica indetto dal Si Cobas, venne organizzata la presenza massiccia alla DHL di Settala dove alle rivendicazioni della logistica di carattere nazionali si univa una vertenza del magazzino per migliorare le condizioni lavorative e l’agibilità sindacale.

Per l’assemblea di lotta tenuta davanti ai cancelli diversi compagni, solidali sono stati condannati in primo grado a pene da 1 anno e 8 mesi fino a 2 anni e 6 mesi.

Mercoledì 25 maggio si terrà il processo di 2° grado per compagni del csa Vittoria e del Si Cobas

Lo Slai Cobas per il sindacato di classe esprime la massima solidarietà, parteciperà ed invita a partecipare al presidio solidale davanti al Tribunale, a partire dalle 9.30

Stiamo assistendo a una forte ondata repressiva, in primis contro le lotte dei lavoratori, ma, oggi, la repressione è legata alla guerra imperialista che richiede zittire ogni voce di protesta : gli arresti degli studenti di Torino in lotta contro l’alternanza scuola-lavoro, nei giorni scorsi le perquisizioni a Milano a militanti di Friday for future, intimidazioni a carico dei disoccupati e Si Cobas di Napoli, processo a decine di lavoratrici dello Slai Cobas per il sindacato di classe a Palermo, criminalizzazione a Taranto per le proteste contro l’invio di navi da guerra….

Per questo è più che mai valido, “Toccano uno, toccano tutti”, ed è necessaria la massima solidarietà e risposta comune contro ogni repressione

Sali Cobas per il sindacato di classe – Milano

Mentre ci si preparava ad entrare è arrivato un carabiniere che comunicava che il presidente aveva deciso che in aula potevano entrare solo gli imputati e che non si potevano portare striscioni e bandiere. Questo ha creato malumore, ma non ha impedito che si entrasse in massa per accompagnare i nostri compagni, e che dentro il tribunale li hanno “spinti” tra gli applausi dentro l’aula.

Dopo aver sentito le testimonianze, i compagni sono usciti comunicandoci che il pubblico ministero aveva chiesto la conferma della sentenza di 1° grado, si prevedeva un esito negativo, nonostante le stesse testimonianze della digos affermavano che quel giorno non era “successo niente di grave” e che non ci fossero i presupposti. Dopo 20 minuti è arrivata la sentenza: “ASSOLUZIONE PIENA, IL FATTO NON SUSSISTE”. E allora è esploso un lungo applauso liberatorio ed un abbracciarsi, con foto collettiva fuori dal tribunale ed al grido “IL PROLETARIATO NON HA NAZIONE, ITERNAZIONALISMO RIVOLUZIONE”

Una buona notizia non solo per i compagni imputati ma per tutto il movimento di classe e la lotta contro la repressione.