Soccorso Rosso Proletario

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Il processo per le violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

Da napolimonitor

In questi due anni l’attenzione mediatica nei confronti di quanto accaduto il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere è diminuita progressivamente. La forza di quella storia che descrive ancora oggi il disastro permanente del sistema dell’esecuzione penale, è stata lentamente assorbita dai nostri corpi stanchi e assuefatti all’era post-umana. Tuttavia, il clima nell’aula bunker è sempre teso, l’ansia non si smaltisce con le sigarette fumate durante le pause trascorse nel cortile delle mura del carcere perché i difensori delle parti continuano a studiarsi reciprocamente. Tutti guardano tutto, il freddo mantiene lucidi.

Il 3 febbraio è proseguita l’udienza preliminare e il giudice D’Angelo, dopo aver riunito nel faldone principale alcune posizioni inizialmente stralciate per difetti di notifica, finalmente ha sciolto la riserva sulla richiesta di costituzione delle parti civili. I detenuti che ne hanno fatto richiesta sono stati ammessi, questo risultato era quasi certo, soltanto per difetti formali degli atti di costituzione sarebbero stati estromessi. Il tribunale ha accolto anche la richiesta degli enti: ministero di giustizia, Asl casertana, garante nazionale e regionale delle persone private della libertà.

Non era scontata l’ammissione delle associazioni, infatti con questa decisione il giudice ha anche espresso il taglio da dare al processo, perché riconoscendo gli interessi e i diritti difesi dalle associazioni ha evitato di restringere il rapporto processuale alle sole parti necessarie.

Il Carcere PossibileAcadYairaiha Onlus e Antigone affronteranno insieme questo lungo processo, e il loro apporto sarà necessario per affrontare da un punto di vista complessivo, non soltanto dalla prospettiva della singola vicenda o del ruolo, l’interazione nella catena di comando, le fasi operative della “perquisizione straordinaria” e delle violenze successive al 6 aprile. Il processo è stato rinviato all’8 febbraio per permettere alle parti processuali di citare i responsabili civili.

Prima della chiusura dell’udienza, la procura ha depositato una richiesta di patteggiamento per trentadue imputati: il procuratore aggiunto Milita ha precisato che riguardano posizioni marginali e condotte di minore gravità. Infine, le persone offese che non hanno ancora depositato l’atto di costituzione di parte civile potranno farlo fino all’apertura del dibattimento. Non è molto, ma c’è ancora un po’ di tempo per prendere coraggio e bilanciare i rapporti di forza tra le parti nel processo. (napolimonitor)

sempre e solo carcere assassino!

Morto in cella, i famigliari: “Non è stato un suicidio”

Nel corso dell’autopsia sarebbe stata riscontrata nel sangue di un detenuto trovato morto in cella nell’aprile del 2020 l’alta concentrazione di un farmaco, pari all’assunzione di ben 48 pastiglie. Si trattava di un medicinale che l’uomo, che all’epoca della morte aveva 34 anni, non avrebbe avuto motivo di prendere e quindi di possedere. L’avvocato Ugo Fogliano per conto della famiglia si è opposto ieri alla richiesta di archiviazione del caso presentata dalla Procura. Le indagini erano state coordinate dal pm Federico Carrai, oggi trasferito in Lazio, che inizialmente aveva ipotizzato che la morte dell’uomo fosse dovuta a un omicidio preterintenzionale. In particolare l’attenzione si era focalizzata sull’infermiera che in quel periodo si occupava della distribuzione dei vari farmaci ai detenuti della casa circondariale. Nel corso dell’attività investigativa non sarebbero però stati trovati riscontri, tanto da convincere il magistrato ad archiviare l’episodio. Una decisione mai accettata dai familiari del ragazzo, che in quel periodo stava per essere trasferito in una struttura della Lombardia, regione in cui vive la sua famiglia, destinata a un reparto a tutela attenuata. Nonostante l’uomo avesse già sofferto di problemi psichiatrici i genitori ritengono che non avesse mai avuto la tendenza a gesti autolesionistici e quindi escludono che abbia ingerito un numero così elevato di pastiglie volontariamente, anche perché, ha ribadito ieri l’avvocato Fogliano davanti al gip, non avrebbe dovuto mai entrare in contatto con quel tipo di medicinali. La decisione se accettare l’opposizione e quindi riaprire di fatto il caso spetto ora al giudice Arianna Pisano, che si pronuncerà nei prossimi giorni.

Da Osservatorio repressione

La polizia ha bloccato un’azione di protesta di attivisti di Greenpeace al festival di Sanremo, 10 fogli di via. A Roma denunciati quattro attivisti di Extinction Rebellion per il blitz al Ministero della transizione ecologica

A Sanremo, attiviste e attivisti di Greenpeace hanno scavalcato le transenne del «green carpet» e prima di essere fermati dalla polizia sono riusciti a mostrare uno striscione con la scritta: «ENI green? Se la suona e se la canta!».

Nel frattempo, da un balcone che sovrasta l’ingresso del teatro Ariston sono stati esposti altri due striscioni con le scritte: «Basta pubblicità di aziende inquinanti» e «ENI inquina anche la musica!». Altri attivisti hanno simbolicamente verniciato di “nero petrolio” un cartellone pubblicitario di ENI/Plenitude.

10 attivisti sono stati identificati e segnalati alla procura per danneggiamento, getto pericoloso di cosa e resistenza passiva e saranno oggetto di allontanamento con foglio di via obbligatorio.

In un comunicato Grenpeace ha rivendicato il blitz in una nota, spiegando il perché dell’azione dimostrativa: una protesta contro Eni, tra i principali sponsor del Festival, per denunciare l’operazione di greenwashing. Secondo l’organizzazione non governativa, il colosso del gas e del petrolio starebbe “sfruttando infatti proprio la vetrina di Sanremo per rifarsi un’immagine di azienda attenta all’ambiente che non corrisponde affatto alla realtà“.

Nel mirino di Greenpeace il lancio di Plenitude, la realtà azienda presentata come la svolta sostenibile della compagnia energetica, ma secondo l’ong “nei prossimi anni Eni continuerà a puntare principalmente su gas e petrolio, combustibili fossili che alimentano il riscaldamento globale”. Ricordiamo che nelle scorse ore sono stati esposti due striscioni contro il gruppo da un balcone che sovrasta l’ingresso del teatro Ariston: “Basta pubblicità di aziende inquinanti” e “Eni inquina anche la musica!“.

A Roma sono quattro gli attivisti denunciati dai carabinieri di Roma in relazione al blitz messo in atto dal gruppo ecologista Extinction Rebellion, con una decina di attivisti che si è introdotta e ha imbrattato di vernice la sede del ministero della Transizione Ecologica.

Gli attivisti si sarebbero introdotti nell’edificio riuscendo questa volta a raggiungere il quinto piano, quello del ministro Cingolani, ed avrebbero imbrattato le pareti del ministero salvo poi essere successivamente fermati dai carabinieri. Si tratterebbe del secondo attacco consecutivo, dato che anche nella giornata di ieri quattordici attivisti di Extinction Rebellion appartenenti precisamente alla campagna Ultima Generazione – Assemblee Cittadine ORA! sono entrati all’interno del Ministero della Transizione Ecologica ed hanno lasciato sulle pareti scritte quali “Ministero della truffa” e “Ministero delle bugie”. Gli obiettivi della campagna portata avanti dai membri dal gruppo di Extinction Rebellion sono due: in primis, sensibilizzare i cittadini sulle problematiche legate ai cambiamenti climatici tramite l’organizzazione di un’Assemblea Cittadina nazionale con il potere di deliberare su queste tematiche. Il secondo punto invece, è ottenere un incontro pubblico con i vertici del governo, incluso il premier Mario Draghi, per confrontarsi e cercare soluzioni alla crisi climatica globale.

Il ministro Cingolani, ha dichiarato che l’azione alla sede del MiTe è da considerarsi come “un attacco e non come attivismo”. Gli attivisti hanno  comunicato che fino a che tali richieste non verranno considerati il gruppo continuerà con le azioni, non violente, di disobbedienza civile.

Oggi 4 febbraio alle ore 12:00 a Roma, le forze dell’ordine hanno fatto irruzione, senza un regolare mandato, in un appartamento situato in via Cattaneo dove erano presenti ragazzi che avevano partecipato alla campagna “Ultima Generazione – Assemblea Cittadina Ora” organizzata dal gruppo ecologista Ultima Generazione, parte di Extinction Rebellion.

Giornalisti locali presenti sul posto, hanno riferito che i ragazzi, tra cui alcuni minorenni, sono stati trattenuti diverse ore senza potere comunicare, nonostante all’interno dell’appartamento non fossero state rinvenute ne armi, ne sostanze proibite e i ragazzi non avessero opposto resistenza. Le forze dell’ordine hanno in seguito riferito ai giornalisti che l’operazione era legata al rispetto delle norme Covid negli appartamenti in affitto tramite AirBnB. Nonostante, a quanto riferito, nessun altro appartamento dello stabile sia stato perquisito, ad eccezione di quello dove si trovavano gli attivisti di Extinction Rebellion.

Dopo alcune ore, le forze dell’ordine hanno poi deciso di portare i ragazzi (5 tra cui una minorenne) in questura. Tra questi, uno è stato portato fuori dallo stabile in manette.

il comunicato di Extinction Rebellion

Ultima Generazione: irruzione delle forze dell’ordine nell’abitazione degli attivisti

“Questa è la risposta dello stato ai ragazzi spaventati per la crisi climatica che chiedono di avere un semplice incontro con i ministri”

Roma, 04 febbraio 2022. Mentre i sei attivisti della campagna  “Ultima Generazione – Assemblea Cittadina ORA!” sono stati fermati dopo il blocco stradale di Largo Susanna e sono stati trascinati via di peso, le forze dell’ordine alle 12 sono entrate senza mandato nell’appartamento Air B&B in via Carlo Cattaneo in cui erano presenti alcune persone che nei giorni scorsi hanno preso parte alla campagna e una ragazza minorenne. Alcuni giornalisti erano presenti al piano di sotto fin da pochi minuti dopo l’inizio dell’operazione. Queste fonti ci riferiscono che i ragazzi sono stati tenuti chiusi diverse ore, impedendo loro di comunicare con l’esterno e di mostrare uno striscione dalla finestra.

Ai giornalisti è stato detto che era in corso una operazione legata alle norme covid dell’Air B&B: tuttavia nello stabile sono presenti altri appartamenti affittati con questa modalità e nessun altro appartamento è stato perquisito, né tantomeno gli occupanti tenuti chiusi per due ore e mezzo con le forze dell’ordine.

Apprendiamo alle 14:45 che le F.F.O.O. stanno portando i ragazzi fuori dall’appartamento due per volta, e che non stanno non stanno opponendo alcuna resistenza. Una persona dunque è stata prelevata da dentro l’appartamento in cui dormiva ed è stata portata fuori in manette. Altre cinque persone sono state portate via con la volante in questura, compresa la minorenne. Nell’appartamento non era presente alcuna arma né alcuna droga. Le persone non hanno opposto resistenza ai pubblici ufficiali. La scientifica è stata poi mandata sul posto.

In seguito alle azioni alla sede del MiTe di martedì e mercoledì, il gruppo di cittadini coinvolti nella campagna di Extinction Rebellion è stato trattenuto in questura fino a tarda notte. Alcuni dei ragazzi coinvolti sono stati portati alla Stazione Termini per lasciare la città, mentre i rimanenti sono rientrati nella loro temporanea abitazione a Roma. Da allora sono stati pedinati e fermati dalle forze dell’ordine che, localizzando e presidiando l’ingresso della loro abitazione, hanno nuovamente portato in questura 3 degli attivisti mentre facevano la spesa.

Il clima di repressione si è esacerbato quando questa mattina, alle 9.30, 6 dei rimanenti cittadini coinvolti hanno deciso di tornare in strada per dirigersi verso il Ministero del Lavoro. Naturalmente pochi metri dopo la partenza, sono stati bloccati dalle forze dell’ordine, e hanno quindi deciso di attuare un blocco stradale nel luogo in cui si trovavano.