13 novembre a Napoli contro la repressione e le politiche del Governo Draghi – Nessun divieto e limitazione è accettabile per il corteo!

NESSUN DIVIETO: DOMANI CORTEO! GIÙ LE MANI DA CHI LOTTA!

info degli organizzatori

PUNTO DELLA SITUAZIONE PER CHI PARTECIPERA’ ALLA MANIFESTAZIONE DI SABATO 13 NOVEMBRE A NAPOLI

Il nostro obiettivo è garantire il corteo e l’agibilità dei disoccupati, lavoratori, precari di poter manifestare contro la repressione, l’ulteriore stretta repressiva usando la crisi sanitaria e le politiche del Governo Draghi.

La Questura di Napoli ha indicato un presidio statico a Piazza Garibaldi o Piazza Plebiscito a seguito della circolare del Ministero degli Interni sul divieto di cortei il fine settimana nei centri cittadini.

Il movimento ha deciso di organizzarsi per garantire che il corteo si faccia: chiariamo a tutte e tutti che l’obiettivo quindi della giornata è una manifestazione partecipata, ampia e che veda gli interventi di lavoratori e lavoratrici, disoccupati e disoccupate, precari e studenti, realtà di lotta. Noi vogliamo partire da Piazza Garibaldi ed arrivare a Piazza Plebiscito. E lo faremo.

Il nostro movimento è in piazza tutti i giorni e l’importanza di questa mobilitazione per noi nel rompere l’isolamento e dare visibilità ed allargare la solidarietà attorno alle ragioni della nostra lotta. Il corteo aprirà con un chiaro riferimento all’indagine di Associazione a Delinquere che coinvolgerebbe alcuni nostri portavoce a seguito di un clima repressivo che conta decine e decine di processi, multe, denunce.

Dopo l’apertura dei disoccupati, il corteo in ordine sarà composto dai lavoratori e lavoratrici solidali, i movimenti di lotta per la casa, studenti ed a seguire le organizzazioni politiche solidali che verranno a sostenere la manifestazione.

Domani h 9:00 alla Sede della Rai, Via Marconi Conferenza stampa per denunciare l’assurdo tentativo di vietare cortei e per rilanciare gli obiettivi e le ragioni della nostra mobilitazione.

Non possiamo accettare divieti da un Governo che garantisce i profitti della loro economia non di certo la salute delle classi popolari seguendo i diktat di Confindustria ed utilizza lo stato d’emergenza per portare avanti un altro attacco al diritto di manifestare ed al diritto di sciopero.

Per chi arriva in treno la fermata è quella della stazione centrale di Piazza Garibaldi, uscendo dalla stazione si arriva al concentramento andando verso la storica Piazza Mancini.

Per chi arriva con i pullman, sempre a Piazza Garibaldi, è utile indicare ai pullman nelle aree parcheggio presenti al fianco della stazione. Per il ritorno, invece, sarebbe preferibile, chiedere che i pullman possano sostare nella zona Porto dove sarà più facile ritornare a conclusione della manifestazione. Informazioni logistiche in più.

In auto: indicazioni Napoli Centro-Porto-Stazione.

In metro: linea 1 e linea 2 stazione Piazza Garibaldi-Napoli centrale.

In pullman: 151, tram 1, tram 4, R7.

In caso di pioggia di certo non ci fermeremo: portate impermeabili ed ombrelli e tanta energia.

Per le realtà che vogliono intervenire lungo il corso del corteo, chiediamo anticipatamente di contattarci, perché sarà complesso durante la manifestazione improvvisare e dare il microfono a tutti/e.

Facciamo appello a tutte e tutti ad esserci Sabato e garantire una bella, ampia e partecipata mobilitazione che rimetta al centro le ragioni dei proletari!

Una nuova caccia alle streghe in periodo pandemico: l’operazione “Sibilla” contro chi sobilla, che non ha nulla a che fare con le posizioni no-vax, condivise da anarchici, sbirri, bottegai, ristoratori e fascisti

Negli stessi giorni in cui il governo Draghi sta ulteriormente restringendo e limitando il diritto a manifestare attraverso una direttiva del Viminale, si riscatena in Umbria la caccia agli anarchici, accusati di terrorismo per aver diffuso la rivista di propaganda anarchica, niente affatto clandestina, “Il vetriolo”.

Prima dell’alba dell’11 novembre 2021 ci sono state in Italia decine e decine di perquisizioni in case di compagni e compagne anarchici a Genova, Carrara, Pisa, Cremona, Bergamo, Roma, Perugia, Viterbo, Lecce, Taranto, Cosenza e Cagliari. Le indagini svolte dai carabinieri del ROS, su ordine della Procura di Perugia, si concentrano sulle sobillazioni anarchiche e in particolar modo sul giornale Vetriolo e a “contorno” i siti di contro-informazione come roundrobin.info e malacoda.noblogs. Il reato principale che viene contestato ai compagni e alle compagne è quello di aver costituito e/o partecipato a una associazione sovversiva con finalità di terrorismo (270bis), poiché, tramite le pubblicazioni sopra citate, i compagni/e avrebbero istigato a commettere atti di terrorismo contro lo Stato.

Oltre alle decine di perquisizioni in tutta la penisola, 6 le misure cautelari: l’”arresto” di Alfredo Cospito, già detenuto nel carcere di Terni, un compagno sottoposto agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico e altri 4 con obbligo di dimora e firme.

Di seguito il comunicato stampa del “Comitato solidarietà inquisiti rivista vetriolo”

Dalla stampa borghese, corredata delle prove schiaccianti dei Ros contro gli anarchici inquisiti:

Neo terrorismo: la dottrina anarchica diffusa in tutt’Italia, retata dall’Umbria alla Calabria

Una rivista clandestina dal nome decisamente simbolico, ovvero “Vetriolo”: distribuita a livello nazionale dal febbraio del 2017, sarebbe servita per diffondere, in tutto il Paese, la dottrina cosiddetta “federativista anarchica”.

Dunque – e secondo gli inquirenti – uno strumento che sarebbe servito per istigare al terrorismo e all’eversione dell’ordine democratico, “distribuendo” le idee di un gruppo di anarco-insurrezionalisti, che farebbe riferimento al Fai, la Federazione Anarchica Italiana, con base nel Circolaccio Anarchico di Spoleto, in provincia di Perugia, un luogo di aggregazione dove si sarebbe discussa e approfondita e poi diffusa la stessa dottrina.

È quanto emerge dall’indagine che oggi ha portato a far scattare l’operazione chiamata in codice “Sibilla” (QUI). Su ordine della Procura del capoluogo umbro, che ha lavorato costantemente in collegamento con quella di Milano, sono oggi finite in arresto due persone, una in carcere ed una posta ai domiciliari; mentre altre quattro sono state sottoposte ad altrettanti obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria congiunti all’obbligo di dimora.

Le accuse contestate sono a vario titolo di istigazione a delinquere e istigazione a delinquere aggravata dalle finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico.

Il blitz è partito all’alba di stamani quando i Carabinieri del Ros, con il supporto dei colleghi dei relativi Comandi competenti territorialmente, hanno operato in ben dieci province di otto regioni: Cagliari, Cremona, Genova, Lecce, Massa, Perugia, Roma, Taranto, Viterbo, arrivando anche in Calabria, a Cosenza in particolare.

Come accennavamo, l’inchiesta apre uno spaccato sul presunto gruppo anarchico che avrebbe utilizzato la rivista clandestina su cui sono stati pubblicati degli articoli riconducibili ad Alfredo Cospito, considerato l’ideologo della Federazione Anarchica Informale, ma anche ad altri soggetti ritenuti appartenere allo stesso circuito eversivo.

“L’ATTACCO ALLO STATO E AL CAPITALE”
Articoli il cui contenuto – oltre a quello di propaganda e di proselitismo – secondo gli inquirenti integrerebbe l’istigazione alla commissione di “delitti non colposi contro la personalità dello Stato”.

Fin dal primo numero pubblicato, il nr. 0, infatti, gli articolisti avrebbero chiarito che il loro intento non sarebbe stato solo quello di fare un “giornale di denuncia di fatti particolarmente gravi” ma di far ripartire “l’attacco allo stato e al capitale”.

In quest’ottica gli investigatori sostengono si possano leggere una serie di danneggiamenti e attentati registrati a partire dall’ottobre 2017, e rivendicati da gruppi rientranti appunto nell’anarco-insurrezionalismo.

Fatti che dimostrerebbero quindi l’esistenza di un movimento “violento, potenzialmente interessato e recettivo rispetto ai messaggi provenienti dalla rivista Vetriolo”, spiegano gli inquirenti.

Su alcuni di questi episodi le indagini hanno portato a raccogliere degli elementi probatori anche relativi alla divulgazione sul web di documenti in chiave anti-carceraria, antimilitarista, di solidarietà ai detenuti e di istigazione alla violenza nei confronti delle Forze Armate dello Stato, oggetto di vilipendio anche attraverso scritte murali.

Contestualmente alle misure cautelari, sono state eseguite numerose perquisizioni su tutto il territorio nazionale. Inoltre, è stato eseguito un provvedimento di sequestro preventivo, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari, che ha previsto l’oscuramento di due siti internet utilizzati dal gruppo per diffondere, anche via web, i contenuti della rivista.

Cinque poliziotti indagati per la morte di Moussa Balde al cpr di Torino

Da Osservatorio repressione

Moussa Balde

L’accusa è di omicidio colposo in concorso con il medico e il direttore della struttura

Si allarga l’indagine per omicidio colposo sulla morte, per suicidio, del giovane Moussa Balde, avvenuta nel Cpr di Torino il 23 maggio scorso. A svelarlo è La Stampa di Torino che, questa mattina, da notizia dell’iscrizione tra gli indagati, nel fascicolo aperto dai magistrati Vincenzo Pacileo e Rossella Salvati – nel quale figuravano già indagati il medico e il direttore della struttura -, di cinque poliziotti della Questura piemontese: tre agenti semplici e due graduati. A loro i pm contesterebbero il medesimo reato in concorso.

A far scattare le indagini non è stato il solo caso del giovane guineano che fu spedito nel Cpr di Torino con un foglio di via dalla provincia di Imperia, dopo essere stato aggredito nel centro di Ventimiglia (e trovato senza permesso di soggiorno), ma una serie di altri fatti anomali – in tutto una cinquantina – di migranti trattenuti nel Centro permanente per il rimpatrio del capoluogo piemontese che hanno tentato di togliersi la vita nell’ultimo periodo. La domanda che si pongono i magistrati è se questi casi sospetti, alcuni finiti in tragedia, potevano essere evitati o prevenuti. Quesiti sostenuti anche dalle associazioni umanitarie e dall’avvocato che sta seguendo il caso Balde.

da riviera24.it

Grecia: Condannato a 142 anni per aver salvato 33 vite

Rifarei tutto da capo“. Condannato a 142 anni carcere per aver salvato 33 vite umane. Quando Hanad Abdi Mohammed, somalo, nel dicembre 2020 sale sul barcone che lo deve trasportare dalla costa turca in Grecia non immagina che cosa sta per succedergli. “Avevo paura di annegare, di morire. Ma non pensavo di finire in una cella“. Al largo dell’isola di Lesbo i trafficanti turchi – come spesso accade – abbandonano il barcone e lo lasciano ai migranti. Così Mohammed, senza pensarci due minuti, afferra il timone e si mette alla guida. Ha paura ma è determinato a salvare se stesso e i suoi compagni di viaggio.

Poi, però, una volta arrivato a terra, Mohammed viene arrestato. L’accusa è di traffico internazionale di esseri umani. E in primo grado viene condannato a 142 anni di cella. “È una sentenza ingiusta e crudele“, spiega  il deputato greco di Syriza Stelios Kouloglou che domenica ha fatto visita a Mohammed in carcere sull’isola di Chios insieme a una delegazione di eurodeputati. “Nonostante la situazione, l’ho trovato calmo e lucido“, spiega ancora.

Per arrivare a questa sentenza “i giudici si sono basati su una legge greca del 2014, articolo 30 della legge 4251/2014 – spiega ancora Kouloglou – chi prende il timone è considerato un contrabbandiere e riceve una condanna a 15 anni per persona trasportata e l’ergastolo per ogni persona morta durante il viaggio“. Ma non solo. “All’imputato sono stati forniti inizialmente avvocati d’ufficio che non hanno studiato il caso e non gli è stata fornita un’appropriata assistenza nella traduzione durante gli interrogatori“, denuncia Kouloglou. Così, dopo un’udienza di circa quarantacinque minuti e di un’ora e mezza di Camera, arriva il verdetto. Uno choc.

Il caso di Mohammad non è l’unico. Secondo un rapporto pubblicato a novembre da Border Monitoring, una ong tedesca, sono stati identificati almeno 48 casi solo a Chios e Lesbo, dove “gli imputati non hanno tratto alcun profitto dal business del contrabbando“. Nella stessa prigione di Chios sono rinchiusi due afghani, di 24 e 26 anni, entrambi condannati a 50 anni sulla base della stessa accusa. “Uno di loro ha viaggiato con la moglie incinta e il figlio, nessun trafficante farebbe una cosa del genere“, dice Kouloglou.

E un uomo siriano di 28 anni è in prigione ad Atene dopo aver ricevuto una condanna a 52 anni ad aprile dopo aver attraversato la Turchia con sua moglie e tre figli, mentre un altro afghano è stato accusato per la morte del figlio durante la traversata provocata invece – secondo i testimoni – dallo speronamento della Guardia costiera greca. Una prassi comune, secondo le associazioni per i diritti umani. E proprio la condanna di Mohammad è stata aggravata dal fatto che due donne sono annegate in quella traversata. “Ma otto migranti che erano sulla barca hanno testimoniato come il trafficante turco che li trasportava avesse abbandonato l’imbarcazione dopo che una nave della Guardia costiera turca l’ha spinta a entrare in acque greche”, spiega ancora.

Il meccanismo dunque è chiaro. Accusare i migranti per cercare di fermare il flusso. Una deterrenza che “oltre che a violare i diritti umani non funziona“, concordano gli esperti. La pratica di processare i migranti per traffico di migranti è iniziata nel periodo della crisi del 2015-2016, quando più di 1 milione di rifugiati hanno attraversato la Grecia.

E si è intensificata da quando la Turchia all’inizio del 2019 ha smesso di far rispettare un accordo raggiunto con Bruxelles nel 2016 per fermare il flusso e rimpatriare tutti coloro che riescono a entrare illegalmente in Grecia che non hanno diritto alla protezione dell’UE“, dicono alcuni osservatori. Inoltre “è molto difficile per la Grecia, ma anche per l’UE, cooperare con la Turchia per reprimere il traffico”. La Grecia, dal canto suo, si difende, affermando che i suoi tribunali sono equi e che ha l’obbligo di sorvegliare i propri confini.

Negli ultimi due anni, secondo Dimitris Choulis e Alexandros Georgoulis, gli avvocati che difendono Mohammad e altri come lui, le accuse vengono mosse senza prove reali, come prova il fatto che un uomo afghano sia sotto processo contrabbando semplicemente perché aveva il Gps aperto sul suo cellulare durante un attraversamento. Ma nei confronti dei veri trafficanti non viene fatto nulla. Con il risultato che nulla cambia. Perché, come ha sintetizzato al New York Times Clio Papapadoleon, un importante avvocato per i diritti umani, “processare un rifugiato come contrabbandiere significa trattare un piccolo criminale per droga come Escobar. E forse anche peggio“.

Marta Serafini

da il Corriere della Sera

Solidarietà internazionale contro la campagna militare “prahar” scatenata dal governo fascista indiano

Info: Proletari comunisti

P ARTITO COMUNISTA DELL’INDIA (MAOISTA)

Comitato Centrale

Comunicato stampa

7 novembre 2021

Facciamo della “Giornata internazionale d’azione” del 24 novembre contro la campagna militare “prahar” scatenata dal governo fascista Modi un grande successo!

Nel 2009 le classi dominanti indiane lanciarono la Operazione Green Hunt, una guerra contro popolo agli ordini degli imperialisti allo scopo di sradicare il movimento rivoluzionario. Da allora tante organizzazioni proletarie internazionali, organizzazioni di sinistra, democratiche e rivoluzionarie si sono fatte avanti per opporsi a questa operazione. Poi, nel 2011, in seguito all’assassinio del compagno Kisanji (membro del nostro Ufficio Politico), tante organizzazioni proletarie, e altri organizzazioni e partiti maoisti costituirono insieme a a Milano, Italia, un comitato internazionale a sostegno della guerra popolare in India (ICSPWI) che negli ultimi 10 anni ha sostenuto la Guerra popolare in India da una prospettive di classe, proletaria e internazionale. Questa organizzazione si oppone oggi alla campagna militare Prahar-3, che è una campagna repressiva controrivoluzionaria delle classi dominanti indiane Hindutva. Per opporsi alla campagna Prahar-3 e a sostegni della guerra popolare in India, hanno deciso di tenere il prossimo 24 novembre (decimo giorno del martirio del compagno Kisanji) una Giornata internazionale d’azione. Il Comitato Centrale del nostro partito rivolge il suo saluto rivoluzionario all’ICSPWI. Il Partito fa appello alle organizzazioni di massa rivoluzionarie di tutto il paese, ai Comitati Popolari Rivoluzionari e al EGPL a fare della Giornata internazionale d’azione un grosso successo. Facciamo appello ai simpatizzanti rivoluzionari di tutto il paese, alle organizzazioni di sinistra, democratiche e patriottiche, alle forze laiche anti-Hindutva, ai proletari, contadini, studenti, intellettuali, donne, alle minoranze, ai dalit e agli adivasi a parteciparvi e farne un successo.

Nei giorni scorsi il fantoccio delle multinazionali, il fascista Modi, ha stretto nuovi protocolli di intesa con le aziende imperialiste. Modi ha battuto ogni primato mondiale di svendita del paese e imposizione di un regime fascista in India. Perciò le agenzie internazionali di rating sbandierano Modi come lo statista più popolare al mondo.

Il 26 settembre 2021, i primi ministri dei 10 stati dell’India in cui agisce il movimento maoista e alti funzionari della presidenza del ministro degli Interni centrale, Amit Shaw, hanno concordato, presentandolo come un piano di sviluppo, un piano controrivoluzionario grazie a cui si intensificheranno le campagne oppressive nella parte centrale dell’India. . Più recentemente, il 3 novembre, hanno dichiarato che le loro truppe sono pronte e che in Odisha e Chattisgarh sarebbero arrivati stati creati 24 campi di polizia. Non c’e nessun programma di welfare nel presunto piano di sviluppo dichiarato dal ministro dell’Interno. Il nostro partito che condanna questa offensiva controrivoluzionaria e fa appello al popolo di questo paese, a prepararsi per risolvere i problemi vitali del popolo.

Da una parte, nell’ultimo anno i contadini, con forte determinazione e spirito combattivo, hanno lottato contro le leggi anti-contadine, dall’altra, gli adivasi del Bengala occidentale, Jharkhand, Odisha, Chattisgarh, Andhra Pradesh, Telangana e Maharashtra stanno combattendo per la terra e il controllo su foreste e acque. E allora il governo mobilita le sue truppe e installa campi di polizia, per reprimere il movimento adivasi in Dandakaranya, Jharkhand, AOB e Odisha. Da 6 mesi continua il movimento contro i campi di polizia in Silinger, distretto di Sukma, Chattisgarh, nonostante la dura repressione. Lo scopo della campagna Prahar-3 è sradicare tutti i movimenti di massa, di qualsiasi tipo. Le forze del governo Hindutva definiscono il movimento rivoluzionario diretto dal PCI (maoista) una minaccia alla sicurezza interna. In realtà, sono la cricca dominante fascista di Modi e Amit Shaw la vera minaccia e la più pericolosa per la vita e il benessere della popolo di questo paese. La cricca al potere pianifica l’eliminazione del movimento rivoluzionario senza risolvere i problemi vitali di questo paese. Condanniamo con forza i nefasti piani del governo e facciamo appello al successo della Giornata Internazionale d’Azione del il 24 novembre. La Prahar-3 e le altre campagne repressive non fermeranno i movimenti rivoluzionari. Chiamiamo le masse a intensificare la loro lotta e sollevarsi in massa per la vittoria della rivoluzione di nuova democrazia in India. Combattiamo fino all’ultimo e otterremo la vittoria finale.

 Il 24 novembre organizziamo manifestazioni e assemblee in tutti i villaggi contro la Prahar 3!

 Teniamo iniziative pubbliche nei centri del movimento e opponiamoci alla campagna Prahar 3!

 Facciamo una campagna di propaganda su larga scala, smascheriamo le menzogne delle forze Hindutva e della Operazione Prahar 3!

 Bruciamo ritratti di Modi, Amitshaw, Bhagavath e denunciamo il loro piano repressivo, inviamo rapporti e denunce alle organizzazioni internazionali per i diritti umani, compreso l’ICSPWI!

 Comitato Centrale, PCI (maoista)

Tortura nelle carceri brasiliane: detenuti per 15 giorni nudi per terra e senza bagno

Da Osservatorio repressione

Le denunce di tortura nelle carceri di Goiás e Minas Gerais rivelano condizioni disumane a cui i detenuti, per lo più neri, sono sottoposti dalle autorità.

Nella regione centro-occidentale di MG, le Associazioni per la difesa dei diritti umani e le famiglie dei detenuti del penitenziario di Formiga hanno denunciato violazioni che erano state commesse da agenti criminali all’interno del luogo. Il 22 ottobre, i detenuti sono stati tenuti nudi e seduti nel cortile sporco del carcere per 8 ore e mezza, secondo Maria Tereza dos Santos, presidente dell’Associazione degli amici e delle famiglie delle persone private della libertà di Minas Gerais.

Questa assurdità si sarebbe verificata dopo che i detenuti avevano chiesto condizioni migliori in carcere, come il miglioramento della qualità del cibo offerto, una maggiore disponibilità di acqua e il ritorno al sistema delle visite pre-pandemia.

Il responsabile di ciò era il Gruppo di Intervento Rapido (GIR) della Polizia Criminale, legato al Dipartimento di Stato di Giustizia e Pubblica Sicurezza (Sejusp), che ha confermato quanto accaduto e ha dichiarato che l’allontanamento di prigionieri ed effetti personali dalle celle è avvenuto” dopo movimenti di eversione dell’ordine». Gli agenti hanno anche raccolto il cibo inviato dalle famiglie tramite Sedex, poiché a molti è impedito l’ingresso nelle carceri a causa delle restrizioni legate alla pandemia.

I detenuti si lamentano spesso della mancanza di acqua e cibo. Secondo la segreteria, gli agenti di pronto intervento sono stati chiamati dopo che i prigionieri hanno bruciato pezzi di materassi e, da allora, il direttore regionale della Polizia criminale della 7° Regione Integrata di Pubblica Sicurezza (Risp) ha assunto temporaneamente la direzione del reparto penitenziario. Il gruppo di intervento rapido è entrato nella cella, ha fatto spogliare tutti i detenuti, uscire nudi nel cortile e sedersi sul pavimento freddo e sporco. Coloro che si sono lamentati sono stati ancora ammanettati e picchiati.

A Goiás, presso l’unità carceraria di Caldas Novas, 99 detenuti hanno firmato una lettera in cui denunciavano una routine di tortura all’interno del carcere. Oltre alle torture, la lettera racconta le minacce del direttore del reparto di detenuto Gabriel Vilela, il cui padre aveva denunciato gli attacchi: “Siamo stati più volte torturati con spray al peperoncino negli occhi, acqua fredda, calci nelle costole, allo stomaco, schiaffi nell’orecchio e diverse aggressioni, sono rimasti da 10 a 15 giorni senza lavarsi i denti e senza fare il bagno con il sapone, solo inzuppandosi con l’acqua del tubo, dormendo sulla pietra, senza materasso, hanno rimosso i fan da alcune celle, molti di loro erano ammalati di caldo, ritiravano parte del loro cibo, senza materasso per punizione”, si legge nella dichiarazione resa da Wender e consegnata al Pubblico Ministero per evitare che Gabriel venisse assassinato.

Secondo gli intervistati da Jornal Metamorfose, responsabile della pubblicazione della lettera, dopo le denunce ci sono state ancora ritorsioni: i prigionieri sono stati picchiati e i familiari hanno ricevuto minacce di morte e umiliazioni.

La moglie di uno dei detenuti ha anche raccontato a Jornal Metamorfose di aver visto di recente un giovane essere picchiato durante la sua visita e che: “quando arriviamo sono tutti spaventati, con la paura negli occhi che chiedono aiuto, ma la polizia nasconde gli infortuni, non ce lo fanno vedere”.

Mentre la fame e la miseria affliggono milioni di famiglie brasiliane colpite dalla pandemia, dalla disoccupazione, dalla precarietà della vita imposta dai governi regolatori, mentre nel nostro Paese ci sono 15 milioni di disoccupati e 30 milioni di persone che vivono con uno stipendio come minimo, tra questi milioni di persone, 20 milioni sono neri e neri, che sono quelli che soffrono maggiormente il lavoro precario e sono vittime della violenza razzista dello Stato. All’interno delle carceri, che sono per lo più composte da neri, queste persone, molte delle quali incarcerate senza un giusto processo, sono sottoposte a condizioni disumane e torture, alle quali si risponde con crescente violenza.

da Esquerda Diario

Il governo prende a pretesto le manifestazioni Novax-Nogreen pass per limitare fortemente i cortei sindacali, di opposizione sociale e politica proletaria

NESSUN DIVIETO A MANIFESTAZIONI/CORTEI SINDACALI E SOCIALI per gli interessi di commercianti, ristoratori e padroni!

Il governo con le ultime disposizioni alle Prefetture del Ministero degli Interni pone una pesante restrizione, divieto di fatto, a tutti i cortei e manifestazioni. Prende a pretesto le manifestazioni Novax-Nogreen pass (che invece continuano ad essere permesse sia pur con un formale ed inutile “non autorizzazione” e minacce di sanzioni), per, in realtà, limitare fortemente i cortei sindacali, di opposizione sociale e politica proletaria a padroni e governo, in un momento in cui le lotte e le manifestazioni per il lavoro, per il salario, per la sicurezza/salute, per i diritti sono quanto mai in corso, necessarie e urgenti.

Il Ministero degli Interni ha permesso ignobili iniziative reazionarie dei novax, come l’attacco alla Cgil e ad un Ospedale di Roma – che non si sarebbero potute fare senza il “lasciapassare” della polizia (piena di novax) – e ora pretende in nome di queste manifestazioni di imporre restrizioni a tutte le manifestazioni, in particolare quelle proletarie, di studenti, donne, disoccupati, attaccando diritti costituzionali.

Ma la cosa più inaccettabile è che queste restrizioni vengono fatte in realtà per difendere gli interessi economici di commercianti, ristoratori.

Scrive infatti la Direttiva ai prefetti del Ministero degli Interni (che riportiamo sotto integrale)

Quindi, mettendo sullo stesso piano i diritti di lotta, di manifestazione con il “diritto” al profitto dei padroni di negozi ed esercizi – anzi questo viene messi su un piano più elevato, visto che il “diritto” al profitto si difende mentre i diritti delle masse si contraggono.

Prima il governo ha permesso le manifestazioni di protesta di commercianti, ristoratori per i loro mancati utili – a cui i mass media hanno dato largo e immeritato spazio, come ora per i novax -, ora sempre in nome di questi padroni e padroncini, per non disturbare le loro vendite/entrate, vuole confinare i cortei in zone periferiche in cui non siano visibili e non diano fastidio agli affari dei commercianti.

Nello stesso tempo, la Direttiva parla della nuova ondata pandemica, ma ancora una volta il governo, in questa situazione aggira il vero problema, la sua responsabilità di fare la vaccinazione per tutti, obbligatoria, e invece “si impegna” sul fronte della repressione.

Questo non deve passare!

Il diritto di manifestazione si difende esercitandolo!