Equador, ennesimo bagno di sangue tra i detenuti: circa 68 detenuti uccisi e 25 feriti nella prigione di Guayaquil

Venerdì sera ci sono stati violenti scontri tra bande rivali nel carcere di Guayaquil, nell’Ecuador occidentale, durante i quali sono state uccise 68 persone e ne sono rimaste ferite almeno 25. La prigione del Litoral di Guayaquil è la più grande del paese e gli scontri si sono tenuti in un’area dove secondo le autorità si trovavano circa 700 persone. Nello stesso carcere a fine settembre erano morte più di 100 persone, sempre a causa di scontri tra gruppi rivali.

Secondo il governatore della provincia del Guayas, Pablo Arosemena, gli scontri sono dovuti a una disputa territoriale all’interno del carcere in seguito alla liberazione di uno dei leader di una banda. «Dal momento che questa sezione della prigione era senza un capobanda», ha commentato Arosemena, «gli altri gruppi hanno provato a inserirsi e hanno compiuto un vero massacro». Gli scontri sono proseguiti con minore intensità nella giornata di sabato: la polizia ha ritrovato armi da fuoco, esplosivi e coltelli, e per mantenere la sicurezza è stato chiamato anche l’esercito, che sta presidiando l’edificio con carri armati.

La rivalità tra bande criminali, legate per lo più alla droga, era stata al centro degli scontri violentissimi di fine settembre, che secondo le autorità ecuadoriane erano stati i peggiori della storia del paese: almeno cinque persone erano state trovate decapitate ed erano state utilizzate anche granate. Per fermare gli scontri erano intervenuti più di 400 agenti. A inizio novembre sempre nello stesso carcere c’era stata una rivolta più piccola, in cui erano rimasti uccisi tre detenuti.

Nelle carceri di alcuni paesi latinoamericani, che sono quasi sempre sovraffollate, gli scontri mortali tra bande sono frequenti, e perlopiù iniziano per ottenere il controllo delle strutture, spesso usate come centri di gestione dei traffici di droga e altre attività criminali. Dall’inizio dell’anno nelle prigioni dell’Ecuador sono morte quasi 300 persone in scontri di questo tipo: il carcere del Litoral è stato progettato per ospitare 5.300 detenuti, ma attualmente ce ne sono circa 8.500.

13 novembre a Napoli contro la repressione e le politiche del Governo Draghi – Nessun divieto e limitazione è accettabile per il corteo!

NESSUN DIVIETO: DOMANI CORTEO! GIÙ LE MANI DA CHI LOTTA!

info degli organizzatori

PUNTO DELLA SITUAZIONE PER CHI PARTECIPERA’ ALLA MANIFESTAZIONE DI SABATO 13 NOVEMBRE A NAPOLI

Il nostro obiettivo è garantire il corteo e l’agibilità dei disoccupati, lavoratori, precari di poter manifestare contro la repressione, l’ulteriore stretta repressiva usando la crisi sanitaria e le politiche del Governo Draghi.

La Questura di Napoli ha indicato un presidio statico a Piazza Garibaldi o Piazza Plebiscito a seguito della circolare del Ministero degli Interni sul divieto di cortei il fine settimana nei centri cittadini.

Il movimento ha deciso di organizzarsi per garantire che il corteo si faccia: chiariamo a tutte e tutti che l’obiettivo quindi della giornata è una manifestazione partecipata, ampia e che veda gli interventi di lavoratori e lavoratrici, disoccupati e disoccupate, precari e studenti, realtà di lotta. Noi vogliamo partire da Piazza Garibaldi ed arrivare a Piazza Plebiscito. E lo faremo.

Il nostro movimento è in piazza tutti i giorni e l’importanza di questa mobilitazione per noi nel rompere l’isolamento e dare visibilità ed allargare la solidarietà attorno alle ragioni della nostra lotta. Il corteo aprirà con un chiaro riferimento all’indagine di Associazione a Delinquere che coinvolgerebbe alcuni nostri portavoce a seguito di un clima repressivo che conta decine e decine di processi, multe, denunce.

Dopo l’apertura dei disoccupati, il corteo in ordine sarà composto dai lavoratori e lavoratrici solidali, i movimenti di lotta per la casa, studenti ed a seguire le organizzazioni politiche solidali che verranno a sostenere la manifestazione.

Domani h 9:00 alla Sede della Rai, Via Marconi Conferenza stampa per denunciare l’assurdo tentativo di vietare cortei e per rilanciare gli obiettivi e le ragioni della nostra mobilitazione.

Non possiamo accettare divieti da un Governo che garantisce i profitti della loro economia non di certo la salute delle classi popolari seguendo i diktat di Confindustria ed utilizza lo stato d’emergenza per portare avanti un altro attacco al diritto di manifestare ed al diritto di sciopero.

Per chi arriva in treno la fermata è quella della stazione centrale di Piazza Garibaldi, uscendo dalla stazione si arriva al concentramento andando verso la storica Piazza Mancini.

Per chi arriva con i pullman, sempre a Piazza Garibaldi, è utile indicare ai pullman nelle aree parcheggio presenti al fianco della stazione. Per il ritorno, invece, sarebbe preferibile, chiedere che i pullman possano sostare nella zona Porto dove sarà più facile ritornare a conclusione della manifestazione. Informazioni logistiche in più.

In auto: indicazioni Napoli Centro-Porto-Stazione.

In metro: linea 1 e linea 2 stazione Piazza Garibaldi-Napoli centrale.

In pullman: 151, tram 1, tram 4, R7.

In caso di pioggia di certo non ci fermeremo: portate impermeabili ed ombrelli e tanta energia.

Per le realtà che vogliono intervenire lungo il corso del corteo, chiediamo anticipatamente di contattarci, perché sarà complesso durante la manifestazione improvvisare e dare il microfono a tutti/e.

Facciamo appello a tutte e tutti ad esserci Sabato e garantire una bella, ampia e partecipata mobilitazione che rimetta al centro le ragioni dei proletari!

Una nuova caccia alle streghe in periodo pandemico: l’operazione “Sibilla” contro chi sobilla, che non ha nulla a che fare con le posizioni no-vax, condivise da anarchici, sbirri, bottegai, ristoratori e fascisti

Negli stessi giorni in cui il governo Draghi sta ulteriormente restringendo e limitando il diritto a manifestare attraverso una direttiva del Viminale, si riscatena in Umbria la caccia agli anarchici, accusati di terrorismo per aver diffuso la rivista di propaganda anarchica, niente affatto clandestina, “Il vetriolo”.

Prima dell’alba dell’11 novembre 2021 ci sono state in Italia decine e decine di perquisizioni in case di compagni e compagne anarchici a Genova, Carrara, Pisa, Cremona, Bergamo, Roma, Perugia, Viterbo, Lecce, Taranto, Cosenza e Cagliari. Le indagini svolte dai carabinieri del ROS, su ordine della Procura di Perugia, si concentrano sulle sobillazioni anarchiche e in particolar modo sul giornale Vetriolo e a “contorno” i siti di contro-informazione come roundrobin.info e malacoda.noblogs. Il reato principale che viene contestato ai compagni e alle compagne è quello di aver costituito e/o partecipato a una associazione sovversiva con finalità di terrorismo (270bis), poiché, tramite le pubblicazioni sopra citate, i compagni/e avrebbero istigato a commettere atti di terrorismo contro lo Stato.

Oltre alle decine di perquisizioni in tutta la penisola, 6 le misure cautelari: l’”arresto” di Alfredo Cospito, già detenuto nel carcere di Terni, un compagno sottoposto agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico e altri 4 con obbligo di dimora e firme.

Di seguito il comunicato stampa del “Comitato solidarietà inquisiti rivista vetriolo”

Dalla stampa borghese, corredata delle prove schiaccianti dei Ros contro gli anarchici inquisiti:

Neo terrorismo: la dottrina anarchica diffusa in tutt’Italia, retata dall’Umbria alla Calabria

Una rivista clandestina dal nome decisamente simbolico, ovvero “Vetriolo”: distribuita a livello nazionale dal febbraio del 2017, sarebbe servita per diffondere, in tutto il Paese, la dottrina cosiddetta “federativista anarchica”.

Dunque – e secondo gli inquirenti – uno strumento che sarebbe servito per istigare al terrorismo e all’eversione dell’ordine democratico, “distribuendo” le idee di un gruppo di anarco-insurrezionalisti, che farebbe riferimento al Fai, la Federazione Anarchica Italiana, con base nel Circolaccio Anarchico di Spoleto, in provincia di Perugia, un luogo di aggregazione dove si sarebbe discussa e approfondita e poi diffusa la stessa dottrina.

È quanto emerge dall’indagine che oggi ha portato a far scattare l’operazione chiamata in codice “Sibilla” (QUI). Su ordine della Procura del capoluogo umbro, che ha lavorato costantemente in collegamento con quella di Milano, sono oggi finite in arresto due persone, una in carcere ed una posta ai domiciliari; mentre altre quattro sono state sottoposte ad altrettanti obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria congiunti all’obbligo di dimora.

Le accuse contestate sono a vario titolo di istigazione a delinquere e istigazione a delinquere aggravata dalle finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico.

Il blitz è partito all’alba di stamani quando i Carabinieri del Ros, con il supporto dei colleghi dei relativi Comandi competenti territorialmente, hanno operato in ben dieci province di otto regioni: Cagliari, Cremona, Genova, Lecce, Massa, Perugia, Roma, Taranto, Viterbo, arrivando anche in Calabria, a Cosenza in particolare.

Come accennavamo, l’inchiesta apre uno spaccato sul presunto gruppo anarchico che avrebbe utilizzato la rivista clandestina su cui sono stati pubblicati degli articoli riconducibili ad Alfredo Cospito, considerato l’ideologo della Federazione Anarchica Informale, ma anche ad altri soggetti ritenuti appartenere allo stesso circuito eversivo.

“L’ATTACCO ALLO STATO E AL CAPITALE”
Articoli il cui contenuto – oltre a quello di propaganda e di proselitismo – secondo gli inquirenti integrerebbe l’istigazione alla commissione di “delitti non colposi contro la personalità dello Stato”.

Fin dal primo numero pubblicato, il nr. 0, infatti, gli articolisti avrebbero chiarito che il loro intento non sarebbe stato solo quello di fare un “giornale di denuncia di fatti particolarmente gravi” ma di far ripartire “l’attacco allo stato e al capitale”.

In quest’ottica gli investigatori sostengono si possano leggere una serie di danneggiamenti e attentati registrati a partire dall’ottobre 2017, e rivendicati da gruppi rientranti appunto nell’anarco-insurrezionalismo.

Fatti che dimostrerebbero quindi l’esistenza di un movimento “violento, potenzialmente interessato e recettivo rispetto ai messaggi provenienti dalla rivista Vetriolo”, spiegano gli inquirenti.

Su alcuni di questi episodi le indagini hanno portato a raccogliere degli elementi probatori anche relativi alla divulgazione sul web di documenti in chiave anti-carceraria, antimilitarista, di solidarietà ai detenuti e di istigazione alla violenza nei confronti delle Forze Armate dello Stato, oggetto di vilipendio anche attraverso scritte murali.

Contestualmente alle misure cautelari, sono state eseguite numerose perquisizioni su tutto il territorio nazionale. Inoltre, è stato eseguito un provvedimento di sequestro preventivo, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari, che ha previsto l’oscuramento di due siti internet utilizzati dal gruppo per diffondere, anche via web, i contenuti della rivista.