DELLA PERICOLOSITA’ DEI FASCISTI E DI COME VANNO LE COSE A BERGAMO
Da Prc/SE Lombardia
Paolo #Berizzi è l’unico cronista europeo attualmente sotto protezione per minacce neofasciste e neonaziste.
Dopo quasi tre anni, la Procura di Bergamo ha notificato l’avviso di chiusura indagini a 13 neofascisti bergamaschi accusati di minaccia aggravata nei confronti dell’inviato bergamasco di Repubblica, da tempo oggetto di insulti e atti intimidatori per il suo lavoro d’inchiesta sul mondo dell’estrema destra.
Non vi è dubbio che l’avvio di questo procedimento sancisca definitivamente, se ce ne fosse stato bisogno, la pericolosità dei soggetti che gravitano nelle formazioni neofasciste orobiche. Eppure lunedì 15 si terranno presso il tribunale di Bergamo le udienze per due processi inerenti i fatti avvenuti al cimitero di Lovere il 28 maggio del 2016.
Riassumendo in quel giorno, come avveniva e avviene da qualche anno, sul lungolago della cittadina dell’Alto Sebino, con la scusa di commemorare due fascisti della Tagliamento uccisi nel 1945, si svolse una cerimonia di esponenti neofascisti con il solito corollario di bandiere della repubblica sociale, saluti romani e slogan fascisti.
Incredibilmente non solo la polizia non è intervenuta a contestare i reati commessi dai neofascisti, ancora oggi nessuno risulta indagato, ma addirittura gli è stato concesso di organizzare un corteo e di salire al cimitero di Lovere.
Questo corteo si era già svolto l’anno precedente e pertanto il presidente del Comitato Antifascista Bergamasco e il segretario dell’ANPI provinciale avevano in precedenza incontrato a Bergamo le autorità competenti che si erano impegnate a non consentire l’accesso al cimitero dove non vi sono sepolti fascisti caduti, ma all’entrata vi è il memoriale dei 13 giovani partigiani fucilati nel dicembre del 1943 (“Tredici Martiri”) e della Resistenza loverese, mentre, all’interno del cimitero, vi sono le tombe dei partigiani loveresi tra cui i fratelli Pellegrini (“Falce” e “Martello”), nonché quella del comandante della 53a Brigata Garibaldi Giovanni Brasi (“Montagna”, morto nel 1974).
Lo stesso sindaco di Lovere aveva avuto rassicurazioni in tal senso. Non rassicurati invece dalle garanzie date dalle autorità alcuni antifascisti loveresi avevano comunque lanciato un appello per tenere un presidio antifascista davanti al cimitero di Lovere, ma i manifestanti, tra cui esponenti sindacali e il Segretario Provinciale dell’ANPI, al loro arrivo hanno trovato il piazzale antistante sbarrato con transenne e con l’indicazione di divieto di sosta per previsto corteo.
Non solo: sull’entrata del cimitero era anche presente un nutrito gruppo di carabinieri. Dopo varie tensioni ai fascisti è stato consentito, schierando anche un reparto della Celere, l’accesso al cimitero.
A questo punto è avvenuto l’incredibile: la celere ha spintonato senza alcun motivo i dimostranti (tra l’altro sospingendoli verso il cimitero in cui stavano entrando i fascisti), e alla fine, senza motivi chiari, caricava i dimostranti antifascisti ferendone a colpi di manganello tre: un quasi settantenne a cui hanno rotto la testa, un ex assessore di Bergamo ferito al volto e un ragazzo colpito alla schiena.
Per questi fatti lunedì 15 novembre si terranno presso il tribunale ben due processi: il primo alle 9 in cui sono indagati per vari reati contro le forze dell’ordine dieci antifascisti (tra cui due dei feriti), e un altro alle 12 in cui sono sotto accusa i celerini accusati dei pestaggi contro i manifestanti. Nessun fascista risulta denunciato o sotto processo per i palesi reati commessi in sfregio alla Costituzione.
Insomma ci chiediamo chi ha autorizzato quel corteo?
E se non era autorizzato come mai si è svolto?
E se era autorizzato come mai le forze dell’ordine presenti non hanno rilevato i reati di apologia del fascismo compiuti e documentati da foto e filmati?
E come mai si è proceduto a colpire così duramente i manifestanti antifascisti che – come dimostra la documentazione filmata, anche quella prodotta dalle stesse forze dell’ordine – erano pressoché in grande parte anziani e inermi?
Che senso ha perseguire i neofascisti che minacciano Berizzi se poi gli si consente di scorrazzare nelle strade compiendo reati alla luce del sole?
Con le forze dell’ordine che colpiscono i cittadini che si mobilitano contro i fascisti e che chiedono il rispetto delle disposizioni di legge e della Costituzione?
Insomma c’è molta confusione in bergamasca, ma la situazione non pare per nulla eccellente. Invitiamo chi volesse ad essere presente all’inizio del processo presso il tribunale di Bergamo lunedì mattina alle 9.00.
Fabrizio Baggi, segretario regionale Lombardia
Francesco Macario, segretario provinciale Bergamo
Partito della Rifondazione Comunista / Sinistra Europea
A due mesi dalla chiusura dell’indagine la Procura di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) ha chiesto il rinvio a giudizio per 108 tra agenti e funzionari dell’amministrazione penitenziaria, indagati per i pestaggi nel carcere campano. Per 12 indagati ha chiesto l’archiviazione ma è probabile che ai 12 venga comunque notificato un decreto penale di condanna a pena pecuniaria per non aver, in qualità di pubblici ufficiali, denunciato quello che stava accadendo in carcere. L’udienza preliminare inizierà 15 dicembre. Il gup dovrà valutare le accuse nei confronti degli imputati per gli abusi compiuti da agenti della polizia penitenziaria nel carcere il 6 aprile 2020.
Qui i nomi di 100 indagati:
Migliaia di persone hanno manifestato ieri pomeriggio a Napoli, sfidando il provvedimento ministeriale che vieta lo svolgimento di cortei nei centri storici delle città durante i fine settimana. Il corteo, partito da piazza Garibaldi intorno alle tre del pomeriggio, ha percorso il Rettifilo, via Medina, via Acton ed è giunto fino a piazza Plebiscito, dove i manifestanti sono rimasti in presidio per circa un’ora.
Proprio in considerazione del recente divieto di svolgere manifestazioni il sabato e la domenica al centro città, la piazza napoletana ha assunto una doppia valenza. Era stata convocata infatti mesi fa dai
Anche alla luce delle difficili condizioni di agibilità politica nel corso di questa infinta emergenza per chi lotta sui territori, per gli operai, gli studenti, i lavoratori, i movimenti per la casa, la manifestazione si era trasformata nel giro di qualche mese dalla sua indizione in una manifestazione nazionale. Tante sono state infatti le adesioni di movimenti, sindacati di base e gruppi organizzati provenienti da tutto il paese, e tante persone si sono radunate a Napoli per mostrare solidarietà ai 7 Novembre, una solidarietà che si è poi tramutata, simbolicamente, in una presa di posizione rispetto all’ennesima limitazione della libertà di stare in piazza.
Il corteo si è svolto in maniera determinata ma tranquilla, senza interferenze da parte delle forze dell’ordine che l’hanno preceduto e seguito a una distanza di sicurezza. Ad aprire il lungo serpentone alcuni disoccupati hanno mostrato i volti di Draghi, Landini e Bonomi, accompagnati da dei cartelli con scritto: “L’associazione a delinquere sono loro”. Dietro, a seguire, lo spezzone dei 7 Novembre, e poi via via tutti gli altri partecipanti. Al microfono si sono alternati interventi di narrazione delle numerose lotte, da quelle dei facchini della logistica a quella dei No Tav, e altri di solidarietà ai disoccupati napoletani. Arrivati in piazza Plebiscito, il presidio è rimasto attivo a lungo, tra cori, fumogeni e altri interventi, davanti a un folto cordone di polizia schierato a protezione della prefettura.
Da Osservatorio repressione