Nel carcere “Hub Covid” di Bollate il Ministero della Giustizia di Bonafede assieme alle ASST della Regione Lombardia rischiano la strage dei detenuti contagiati!

 

La lotta, le denunce e la mobilitazione devono ripartire in tutte le forme contro questa decisione infame. Servono strutture sanitarie in sicurezza, servono massicce nuove assunzioni del personale sanitario!

Più che un ‘hub covid’ quello del carcere di Bollate sembra un lazzaretto: un medico e tre infermieri per 198 posti letto

businessinsider

Un medico e tre infermieri c’erano prima della “nascita dell’Hub, un medico e tre infermieri ci sono dopo.

Chiamereste “Hub Covid” un reparto con 198 posti-letto affidati a un solo medico e a tre infermieri? Probabilmente no. Ma nell’universo delle carceri italiane, anche un reparto adibito a ospitare solamente detenuti positivi diventa automaticamente un “Hub Covid”. Pur assomigliando più a un lazzaretto di manzoniana memoria che a un padiglione di terapie intensive…
Parliamo del nuovo “Hub” aperto il 9 novembre scorso nella Casa di Reclusione di Milano Bollate. Il reparto – partito con i primi 66 posti e che nei prossimi giorni sarà ampliato fino a raggiungere una disponibilità di 198 letti su tre piani detentivi – è stato ricavato all’interno del 7° reparto, di solito occupato dai sex offenders. Scelto perché l’unico ad avere una porta con apertura elettromagnetica all’ingresso, unica minima misura di sicurezza anche in ottica sanitaria.
Ma non bisogna farsi illusioni: il 7° reparto per il resto è assolutamente identico agli altri, con gli stessi spazi angusti che portano promiscuità, certamente non concepiti per il distanziamento sanitario. L’unica differenza rispetto agli altri reparti è di avere un paio di locali adibiti ad infermeria, in modo da renderlo “autonomo” nella dispensazione delle terapie. Stop.
Nonostante ciò, l’Hub a regime dovrà ospitare tutti i detenuti positivi delle carceri lombarde, ora assistiti dai singoli istituti: secondo il Provveditore regionale all’Amministrazione penitenziaria, Pietro Buffa, oggi ci sarebbero complessivamente 156 detenuti Covid-positivi tra tutte le carceri della regione. L’associazione Antigone stima che a San Vittore, al 7 novembre 2020, fossero 82 tra malati e asintomatici; a Bollate 45; 4 a Opera, più due in regime del 41 bis.
Questi i numeri ufficiali, tuttavia sono decine (probabilmente centinaia) i reclusi che attendono di fare il tampone. Una situazione che si fa ogni giorno più pesante e quindi preoccupante, perché tutti hanno ancora fresco il ricordo delle rivolte scoppiate nelle carceri italiane del marzo scorso. E dei morti che esse causarono, sui quali si sta ancora indagando. Continua a leggere

In due settimane contagi nelle carceri +600%. Ripartono le proteste contro la negazione dei colloqui

15/11
carcere di Larino, da venerdì le persone detenute rifiutano il cibo e non rientrano nelle celle di pernottamento.
16/11
Battiture a Salerno,Poggioreale,Secondigliano, Ariano Irpino,Torino,Trento,Novara;scioperi a Larino e a Viterbo;tre detenuti sono saliti sul tetto venerdì al carcere di Santa Maria Capua Vetere.
17/11
I dati ufficiali di ieri sera: 758 fra i detenuti (distribuiti in 76 penitenziari) i casi accertati di positività al virus.

Una vita vale una vita, AMNISTIA /INDULTO SUBITO maledetti assassini!

Incremento del 600% di casi Covid nelle carceri italiane
Continua l’incremento dei contagi tra detenuti e personale nelle carceri italiane (come confermato anche dall’OSAPP, il sindacato di polizia penitenziaria) fino al 600% in due settimane. Contemporaneamente sono aumentati anche gli ingressi: 1.200 in più da fine Luglio per un totale di 54.869 persone. Molti esperti delle realtà penitenziarie da Febbraio consigliavano d iridurre sensibilmente il sovraffollamento sostituendo la misura detentiva con alternative domiciliari o ospedaliere specialmente per soggetti con patologie.
Il governo e il parlamento non hanno dato alcun peso o importanza a queste indicazioni.
La seconda ondata è arrivata ed è del tutto evidente che la diffusione del virus all’interno delle carceri rischia di assumere dimensioni catastrofiche.
Una situazione insostenibile per la popolazione carceraria, che, dopo le rivolte dei mesi primaverili, ha ripreso a farsi sentire con battiture avvenute nelle carceri di #Salerno, #Poggioreale, #Secondigliano, Ariano Irpino, #Torino, #Trento e #Novara; e scioperi tra Larino, #Viterbo e Santa Maria Capua Vetere.
La riduzione del numero delle persone in carcere, come accaduto già in altri paesi europei, è una necessità improrogabile in questi mesi così complicati.
Fuori 1mt di distanza, dentro 10 in una stanza. #Amnistia e #indulto subito!

Una vita vale una vita
Il virus è entrato con violenza nelle nostre carceri. Perfino al 41 bis, luogo di assoluto isolamento. Il sistema non ha retto. Il sovraffollamento endemico dei nostri istituti di pena li rende bombe epidemiologiche in cui è impossibile proteggersi. Destano grave preoccupazione anche le condizioni psicologiche delle persone ristrette ormai da febbraio costrette ad una situazione di sostanziale interruzione degli affetti e delle opportunità trattamentali. Le rivolte, stigmatizzate per la loro violenza e che hanno condotto in circostanze ancora non del tutto chiarite alla morte di 13 persone detenute, devono essere valutate anche quale esplosione patologica di una inevitabile disperazione. Occorrono rimedi efficaci e urgentissimi. Quelli proposti dal governo non possono risolvere, come non l’hanno fatto nella precedente ondata pandemica, un dramma crescente. Il Parlamento approvi amnistia e indulto; provvedimenti non solo clemenziali ma, da sempre, strumento dello Stato di deflazione di una giustizia al collasso per mancanza di risorse umane ed economiche. Oggi come mai risultano doverosi e non procrastinabili per evitare che nelle carceri il contagio si propaghi inarrestabile. Si stabilisca la detenzione domiciliare per tutte le pene inferiori ai due anni senza esclusione alcuna. Quando lo spirito della norma è la tutela della salute non è ammessa differenziazione tra ‘buoni’ e ‘cattivi’. Si obblighi il giudice di cognizione ad una valutazione rafforzata che contempli il carcere davvero come extrema ratio. Si renda operativa la liberazione anticipata speciale di 75 giorni anziché 45 ogni semestre già contenuta in una proposta di legge (A.C. 2650) presentata a settembre alla Camera, poi tradotta in emendamento al dl ‘Ristori 1’. Si agisca, subito, ché se uno non vale uno, una vita vale una vita.

cronache di ordinaria repressione a trento

Trento: prove di militarizzazione e di resistenza ai tempi del Conte-bis

Riceviamo dai compagni anarchici del Trentino e volentieri pubblichiamo la descrizione di un ennesimo intervento della polizia di stato contro le iniziative volte a denunciare l’azione dell’asse governo-Confindustria in questa epidemia.

A Trento per il tardo pomeriggio di venerdì 6 novembre era stato lanciato un corteo che intendeva protestare contro il coprifuoco e denunciare in strada le responsabilità di governo e Confindustria sull’impatto sociale dell’epidemia. Fin da metà pomeriggio via Verdi, dove era stata pubblicizzata la partenza del corteo, si presenta completamente
transennata e inaccessibile, nel mentre in diversi punti limitrofi al centro inizia a schierarsi la celere. Alle 18.00, orario della manifestazione, si contano complessivamente una decina di blindati distribuiti tra Piazza Duomo, Via Verdi, Piazza Santa Maria Maggiore, Piazza
della Portela: 4 schieramenti di celere in un tratto di strada lungo forse 600 metri, tra la piazzetta adiacente allo spazio anarchico El Tavan, il luogo del concentramento e la piazza centrale della città. A questo si aggiungono la presenza asfissiante della digos che da ore ronzava attorno allo spazio anarchico e consistenti posti di blocco sulle principali strade di
accesso al centro città, in cui la polizia ferma due auto e porta sei compagni in questura


.

Poco prima delle 18.00 un nutrito gruppo di compagni esce dal Tavan per raggiungere il concentramento. All’altezza di Santa Maria Maggiore, a metà strada tra la sede e Via Verdi, la celere cerca di circondare i compagni. Immediatamente ci si mette in strada, viene bloccato il traffico, si apre uno striscione (“Che la crisi la paghino i ricchi”) e con volantinaggio e interventi si spiegano ai passanti le ragioni del corteo, e la risposta, alquanto evidente, dello stato a chi, in questa fase, intende scendere in piazza, organizzarsi,
lottare. Parecchie persone si aggiungono al blocco, molte altre comprensibilmente non se la sentono di tentare di oltrepassare il cordone di celere, ma rimangono in piazza, per cui paradossalmente gli sbirri, che volevano impedire un corteo, si trovano stretti tra una cinquantina di compagni (e non solo) che bloccano la strada da un lato e una variegata
presenza di passanti, giovani, immigrati che ascoltano gli interventi (e di certo non simpatizzano con la polizia) dall’altro. Nel frattempo sul luogo del concentramento si ritrovano (nonostante sbirri e transenne) una trentina di persone che, dopo vari interventi, partono in corteo dietro lo striscione “Fabbriche aperte e coprifuoco serale. Profitto e controllo, altro che salute”, per raggiungere il gruppo bloccato in Piazza Santa Maria Maggiore. Anche da lì si prova a muoversi per tornare verso il Tavan, ma a poche decine
di metri dalla sede il corteo viene nuovamente fermato da un ulteriore cordone di celere.

Dopo un po’ la situazione si sblocca, ma la strada davanti al Tavan rimarrà chiusa dalla celere fino a tarda sera. Nel frattempo i compagni fermati sono ancora trattenuti dagli sbirri, per non meglio precisate “notifiche”. Vengono divisi per genere, fatti spogliare per essere perquisiti coi piegamenti, fotosegnalati e vengono loro prese le impronte. Ci si sposta sotto la questura, dove tra cori, battiture e qualche spintone con la celere, si cerca di mettere un minimo di pressione affinché i fermati vengano rilasciati, cosa che accadrà verso l’una di notte, dopo oltre 7 ore di fermo. Bilancio: sei fogli di via per tre anni dal comune di Trento, quattro telefoni sequestrati per una presunta inchiesta per “porto di oggetti atti a offendere” (!), sequestrata anche una bottiglia di grappa che nei verbali viene
spacciata per “contenitore di liquido infiammabile”.

Inoltre, durante la fotosegnalazione la digos sottrae la mascherina ad una compagna: un tentativo, piuttosto maldestro, di impossessarsi del suo dna.
Il giorno dopo, sabato mattina, nel quartiere di San Pio X un gruppo di compagni e compagne installa una bacheca in un punto di passaggio, e volantina un testo in cui invita a pratiche di mutuo appoggio per far fronte a questi tempi grami. Dopo poco sopraggiungono diverse volanti, due compagni vengono portati in questura, la bacheca viene rimossa.

Non ci aspettavamo che scendere in piazza sarebbe stato facile. Le “misure di contenimento” che abbiamo visto nei giorni scorsi sembrano riecheggiare le ultime circolari del Ministero dell’Interno (e le ordinanze provinciali della giunta leghista) che permettono la possibilità di chiudere strade o piazze ritenute “zone di assembramento” a qualsiasi ora (non più dopo le 21.00), con una semplice ordinanza del sindaco (ed è difficile distinguere l’operato del neoeletto sindaco di centrosinistra da ciò che avrebbe fatto, per lo stesso corteo, una qualsiasi amministrazione leghista), del prefetto o del presidente della provincia. Una dimostrazione in più di ciò che ci aveva spinto a chiamare il corteo di venerdì: coprifuoco, chiusura selettiva delle piazze in cui ancora si può incontrarsi e discutere, divieto di manifestare, la volontà dichiarata di chiuderci in casa se non per lavorare e consumare, la polizia che diventa l’unica presenza permessa nelle
strade… tutto questo non ha nulla a che vedere con la tutela della salute.

Di questa crisi, come di tutte le altre, lo Stato sta approfittando per approfondire la propria presa sulla società, per garantirsi pace sociale, sottomissione e capillare controllo poliziesco. I padroni, Confindustria in testa, ne stanno facendo una formidabile occasione di ridefinizione dei rapporti di sfruttamento e di accumulazione di nuovi profitti. Gli scontri
di Napoli, Firenze, Milano, Torino, le rivolte nelle carceri a cui lo Stato ha risposto con una vera e propria strage, gli scioperi nelle fabbriche e nel comparto della logistica che hanno saputo imporre un, seppur parziale, blocco della produzione sono stati una prima risposta di classe ai progetti di lacrime e sangue del duo Conte-Bonomi. Il corteo di venerdì intendeva dare voce a queste lotte. Ben altri momenti di conflitto saranno necessari
per ricacciare indietro i piani dei padroni e l’epidemia di cui sono responsabili.

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Processo Brennero Condannati i compagni e le compagne

Processo Brennero Condannati i compagni e le compagne

Posted on 2020/11/17 by oltreilponte

CONDANNE PER LA MANIFESTAZIONE DEL BRENNERO

La Questura ordina, la procura esegue, il giudice condanna.

Il 16 novembre 2020 presso il Tribunale di Bolzano, come ormai di consueto militarizzato con decine di poliziotti, carabinieri e celerini e questurini di tutti i tipi, sono state pronunciate le condanne contro 61 compagni e compagne imputati per aver partecipato alla manifestazione contro la costruzione del muro antimigranti al Brennero il 7 maggio 2016.

Militarizzazione del Tribunale di Bolzano in occasione della sentenza per il primo troncone del processo del Brennero. 16.11.2020

Come abbiamo già scritto, la procura bolzanina, nelle persone di Andrea Sacchetti e Igor Secco, dopo aver chiesto, come se fosse fare la lista della spesa e in una perfetta rappresentazione pratica di applicazione del diritto penale del nemico, oltre 330 anni di carcere per i compagni/e imputati nel processo per “Devastazione e saccheggio” ne aveva chiesti altri 85 per compagni e compagne imputati di reati più “lievi” ovvero interruzione di pubblico servizio, radunata sediziosa e travisamento.

Di fatto per ognuno veniva richiesto il massimo della pena possibile, prefigurando una sorta di reato collettivo, nell’evidente intento politico di intimidire e colpire chi, di fronte alle ingiustizie più inaccettabili, aveva deciso che fosse venuto il momento di dire basta. Continua a leggere

No alla sorveglianza speciale per CHADLI ALOUI – Oggi al Tribunale a Palermo

Se toccano uno toccano tutti!

Lottare contro la repressione delle lotte è urgente e necessario!

Gli Assistenti igienico-personale in lotta a Palermo in delegazione
portano oggi la solidarietà diretta al tribunalr a Chadli
Slai Cobas per il sc
l’intervento di una lavoratrice precaria Slai
L'immagine può contenere: 1 persona, il seguente testo "L'IMPEGNO SOCIALE NON E' PERICOLO SOCIALE. AMRI NO ALLA SORVEGLIANZA SPECIALE PER CHADLI ALOUI 17 NOVEMBRE PRESIDIO ORLANDO (DAVANTI IL TRIBUNALE) PIAZZA VITTORIO EMANUELE ORE 9.30"
IN CORSO
Solidarietà a Chadli Aloui – Presidio sotto il Tribunale in occasione della prima udienza 

Ancora repressione di Stato contro il movimento Antifascista/antirazzista. Massima solidalidarietà ai compagni di Genova e Pavia

Condannati a 8 mesi per aver saldato la porta di una sede neofascista a Genova. Identica condanna a 8 mesi per i 3 neonazi  che nel 2018 hanno accoltellato alla schiena un compagno antifa

I compagni: “saldare una porta o accoltellare un uomo sarebbe uguale?”

Genova Antifascista

14 nov

L’AZIONE ANTIFASCISTA FA PAURA

Questa settimana alcuni nostri compagni sono stati condannati per aver chiuso simbolicamente con dell’acciaio liquido l’ormai ex sede di Lealtà Azione. Nel 2017 quei compagni avevano dato vita all’Assemblea Permanente di Genova Antifascista, un coordinamento fra realtà e cani sciolti che si riconoscevano nella pratica dell’antifascismo militante e che sentivano l’urgenza e il dovere di fermare con ogni mezzo necessario il tentativo di avanzata dei neofascismi nella nostra città. Ogni sabato per diverse settimane l’Assemblea si è riunita in Via Serra per esigere che quella sede, che costituiva uno sfregio per Genova, venisse chiusa. Da quel 2017 ad oggi sono state tante le denunce ai quei compagni, che sempre in prima linea, si sono battuti con forza contro il fascismo, e se non sempre

i risultati sono arrivati, sicuramente a loro va il merito di aver alzato il livello del conflitto nelle nostre strade. Quel conflitto, che dopo le grandi conquiste degli anni Settanta, senza il quale non sarebbero state possibili, è stato messo a tacere in nome della pace sociale. Quel conflitto che agli occhi dei ben pensanti, ormai totalmente assopiti dalla retorica mainstream, coincide con la violenza, ed è allora che il sistema capitalistico incorpora in sé il dissenso rendendolo innocuo e socialmente accettabile, ed ecco il proliferare di macchiettistici flash mob, performance e presidi. Ma la violenza non è costituita da una porta sigillata, da un muro colorato o da un fumogeno, la vera violenza è la VOSTRA: di chi con la sua impassibilità complice sta a guardare i morti in mare, i lavoratori ridotti a schiavi, la sanità pubblica al collasso, la scuola che cade su se stessa e tutte le altre storture del sistema capitalistico.

CERTI DI ESSERE DALLA PARTE GIUSTA DELLA BARRICATA,

NON LASCEREMO MAI NESSUNO INDIETRO.

L’ANTIFASCISMO NON SI PROCESSA

Pavia: Due decreti di condanna penale per una assemblea di Black Lives Matter

Osservatorio

A Pavia sono stati emessi 2 decreti penali di condanna nei confronti di due compagni del Movimento locale per aver partecipato e promosso il 20 giugno 2020 un’assemblea in solidarietà alle lotte antirazziste che si stavano producendo negli Stati Uniti d’America dopo l’assassinio di George Floyd.

Una assemblea di “Black Lives Matter” si era  tenuta in piazza Duomo e aveva visto la partecipazione di “migranti, lavoratrici e lavoratori sfruttati, giovani di seconda generazione, disoccupati e persone pesantemente colpite dalla crisi economica e sanitaria” come ricorda il Movimento Pavese in una nota in cui denuncia quanto accaduto.

Ricordano che “in quell’occasione vi furono collegamenti con altre piazze dagli Stati Uniti a Parigi, grazie a Radio Onda d’Urto, a Bologna con il Coordinamento Migranti Bologna” e  precisano che “questa assemblea, senza le necessità di contenimento imposte dalla pandemia, si sarebbe tenuta al chiuso, come anche specificato ai funzionari di p.s. accorsi a gestire la situazione”.

novembre 15, 2020

il comunicato:

 Ci chiediamo se questa ridicola condanna non rappresenti la precisa volontà di colpire con un’ammenda molto salata (2300 € a testa) chi porta avanti le lotte sociali in questa città. Per una questione di metodo, non ci piace lagnarci delle denunce e della repressione che subiamo, tuttavia, riteniamo sia giusto portare all’attenzione delle cronache questo episodio, che fa seguito ad altre decreti penali che ci hanno raggiunto in questi mesi, di cui uno per una manifestazione di solidarietà con il popolo palestinese nel pieno delle proteste contro la decisione di Trump di trasferire l’ambasciata americana in Israele a Gerusalemme e vari altri per aver partecipato attivamente alle lotte della logistica al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici del Si Cobas. Vogliamo denunciare questo ennesimo episodio di repressione nei nostri confronti perché si inscrive in una gestione degli spazi cittadini da parte di una giunta leghista che ha utilizzato l’allarmante emergenza pandemica come pretesto per chiudere arbitrariamente spazi pubblici ai cittadini, lasciandone aperti altri. Guarda caso, si è scelto di chiudere quegli spazi di aggregazione a costo zero, come i gradini del duomo o il ponte coperto, per dare spazio ai locali della movida beneficiati di ampi dehors.

Ci rendiamo conto della natura vendicativa di questo provvedimento, anche alla luce dei numerosi tentativi di criminalizzazione a mezzo stampa e non solo, portati avanti da questa giunta che continua a evitare un confronto con noi sui temi dell’emergenza abitativa perché saremmo, a loro dire, delinquenti e non una controparte. Non ci ha fermato la pandemia, non ci ferma neanche questa piccola subdola vendetta.

Sappiamo che gli spazi, come i diritti, si prendono e si conquistano con la lotta…riteniamo che le nostre lotte contro un sistema che anche a livello locale non fa niente per tutelare la vita umana e i diritti umani, valgano bene una misera vendetta da parte di quelle stesse istituzioni che sappiamo essere le prime responsabili, per incapacità, inettitudine, interessi particolari, di questo macello.

Al fianco di Matteo e Delo, quel giorno c’eravamo tutt*