Rebibbia, un altro detenuto suicidato dallo stato. La vostra e la nostra “conta”

Carceri, un altro detenuto si toglie la vita in isolamento. Si tratta del 22esimo suicidio in carcere dall’inizio del 2020
Si è impiccato in carcere ieri mattina all’alba P.B., 42 anni, detenuto a Rebibbia, a Roma, in isolamento. Si tratta del 22esimo suicidio dall’inizio del 2020 in carcere e il terzo in isolamento sanitario preventivo. L’uomo che si è tolto la vita avrebbe terminato di scontare la sua pena nel 2022 e lavorava al G 12. Dato che il 25 maggio aveva fatto ingresso nel carcere un nuovo detenuto, che poi era risultato asintomatico, si erano disposti per i nuovi ingressi isolamenti precauzionali di detenuti e staff venuti in contatto con l’uomo.

Da Rete evasioni

“Già 22 detenuti suicidi dall’inizio dell’anno 2020…”,
“…sottolinea come questo sia l’ottavo decesso in un carcere del Lazio nel 2010, il terzo per suicidio”.

Questi gli incipit degli articoli, per altro pochissimi, seguiti alla morte di un uomo nel carcere di Rebibbia.
Nel carcere la conta è una prassi che vede i secondini, più volte nella giornata, presenti nella sezione e impegnati nell’odioso compito di contare le persone detenute.
Quelle vive, però…
Evidentemente questa attività trova la sua continuazione anche nella “conta” dei morti di carcere.
Perché, lo affermiamo per l’ennesima volta, quelle morti non possono essere annoverate nella categoria dei suicidi. Troppo comodo delegare il tutto alla volontà soggettiva. Troppo utile, troppo in odor di alibi.

Le morti in carcere sono dovute alla condizione di prostrazione psico-fisica a cui il sistema carcere induce. Una condizione che chiunque abbia vissuto la galera sulla propria pelle conosce molto bene e che non sempre si riesce a superare.
Una condizione che, per altro, è abbondantemente prevista dagli stessi operatori interni (guardie e non solo), visto che il primo colloquio di ingresso avviene con la figura dello psicologo il quale (con la freddezza e l’insensatezza tipica dei protocolli) ti chiede “Hai intenzioni suicidarie?”.
E parliamo della condizione detentiva “normale”, quella cioè non ulteriormente influenzata da contingenze particolari quale, per esempio, quella attuale data dall’emergenza Covid.
Persone detenute trattate come sempre (perché anche questa è prassi del sistema carcerario) da infanti, a cui non dare alcuna spiegazione su quanto stesse accadendo, salvo improvvise comunicazioni di interruzione dei colloqui con i propri affetti. Le uniche notizie erano quelle diffuse attraverso i canali televisivi e chiunque può ravvisare quanto elevato fosse il livello di paura che causavano.
Ci sono volute le rivolte di marzo, legittimamente rabbiose perché spinte dalla autodifesa a salvaguardia della propria vita, a far sì che ci fosse una parvenza di presa in carico da parte delle istituzioni, governative e sanitarie, della salute delle persone detenute.
Tutto colpevolmente tardivo, tutto colpevolmente superficiale.
Tavoli di confronto e discussione istituzionali sul come organizzare le patrie galere e come intervenire per prevenire la diffusione del contagio, dai cinici titoli tipo #iorestoincarcere, hanno avuto alla fine come unico risultato alcune sezioni destinate a reparti Covid, in cui isolare le persone contagiate.
Non bisogna per forza essere anarchici estremisti per porsi la banale domanda “se svuotano un reparto per destinarlo alle persone contagiate, non si causerà inevitabilmente un affollamento degli altri?”
Ma è l’identico, perenne, futile giochetto a cui con tanta solerzia si dedica il DAP: le patrie galere come un’enorme scacchiera sulla quale spostare le pedine da un quadrato ad un altro, senza che nulla accada.
“Tutto cambia perché nulla cambi”.

Chi ha deciso di andarsene dalla galera Rebibbia, nell’unico modo che ha ritenuto in quel momento possibile, era in isolamento sanitario e non sappiamo né mai sapremo cosa davvero l’ha spinto a quell’estremo gesto.
Eppure non è necessario chissà quale particolare sforzo intuitivo (se ancora proviamo anche solo empatia) per comprendere la condizione emotiva in cui poteva versare, considerato per altro la procrastinata chiusura dei colloqui e, più in generale, di qualsiasi entrata dall’esterno, fatto salvo di chi con il carcere ha garantita la propria sopravvivenza economica, operatori e secondini.

Un tempo si parlava di istituzioni totali di cui il carcere ne era degno rappresentante.
Oggi il linguaggio democratico sembra aver epurato il proprio vocabolario da definizioni così inequivocabili.
Quella sostanza per noi resta ed è irriformabile.
Ogni morte in carcere non sarà mai da noi annoverata tra i suicidi.
Le vostre “conte” ci fanno ribrezzo e mai le dimenticheremo.
L’unica sicurezza è la libertà!

Rete Evasioni

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Spagna – Pablo Hasel rapper comunista condannato dalla corte suprema

Ma il canto della rivoluzione non si può fermare

Lundi 8 juin, le rappeur communiste Pabló Hasél a appris, par voie de presse, que l’Audience Nationale (la cour suprême espagnole) rejetait son recours contre la peine de 9 mois de prison et l’amende de 5.040 euros à laquelle il avait été condamnée en 2018. Il était poursuivi pour avoir écrit des tweet militants et des chansons en solidarité avec des prisonniers communistes et antifascistes notamment ceux membres du PCE(r) et des GRAPO Pabló Hasél a déjà été condamné à plusieurs peines de prison dans le cadre de ses activités et de ses prises de position militantesCes peines avaient été suspendues mais avec cette nouvelle condamnation, le tribunal doit décider si le rappeur entrera en prison. Pabló Hasél ne regrette pas ses prises de positions et affirme qu’il recommencera si nécessaire.
solidaridad con Pablo Hasel

PABLO HASÉL – CANCIONES PARA LA REVUELTA (Videolyric)

Verso il 19 giugno – Sosteniamo le denunce dei detenuti! Pretendiamo verità e giustizia per le morti in carcere! Pretendiamo che i responsabili dei pestaggi siano puniti

Carcere – Pavia, la denuncia choc di un detenuto: “Umiliato e pestato dagli agenti”

Un detenuto del carcere di Pavia ha denunciato di essere stato picchiato e umiliato da alcuni agenti di polizia penitenziaria. L’atto è stato depositato lunedì alla Procura di Pavia. Non è l’unico caso: un altro detenuto sta predisponendo in questi giorni la propria denuncia, anche altri si sarebbero rivolti ai loro legali per la stessa vicenda.

L’episodio si sarebbe verificato lunedì 9 marzo, all’indomani della rivolta della sera precedente durante la quale erano stati appiccati incendi all’interno del carcere e circa trenta detenuti si erano asserragliati sul tetto fino a notte fonda. Il motivo della protesta, le limitazioni imposte a causa dell’epidemia. Il denunciante, un italiano di 47 anni, ha segnalato alle autorità che l’indomani mattina circa 35 agenti avrebbero iniziato a picchiare i detenuti: l’uomo ha spiegato che vedendo la situazione aveva indossato più indumenti per attutire eventuali colpi. Ha riferito poi di essere stato accusato di essere salito sul tetto durante la rivolta, ma lui afferma di non esserci andato. Ha quindi denunciato di esser stato obbligato a spogliarsi e fare alcuni piegamenti nudo per poi venir picchiato. Una situazione che si è ripetuta per due volte, secondo il denunciante. Il detenuto ha segnalato che al suo rientro in cella ha trovato la spesa gettata nel gabinetto e che per alcuni giorni non ha potuto far la doccia né disporre dell’ora d’aria. Nella denuncia è riportato anche che non avrebbe potuto accedere all’infermeria e di aver avviato uno sciopero della fame.

Solidarietà ai lavoratori TNT – Taranto sabato 13 piazza immacolata ore 18

Dagli operai in lotta e dal SI COBAS
”Facciamo appello a tutte le realtà aderenti al “Patto d’azione per un fronte unico di classe” ad attivarsi quanto prima per mettere in campo forme di solidarietà attiva con la lotta che i lavoratori TNT-FEDEX stanno mettendo in campo a Milano e in tutta Italia contro l’arroganza della multimedialità americana, la cui linea di condotta arbitraria e antisindacale è analoga a quella a cui abbiamo assistito in FCA…”

Taranto sabato 13 piazza Immacolata ore 18
in occasione presidio solidale con la lotta negli Usa indetto da diverse realtà cittadine

per iniziativa dei compagni aderenti al
PATTO D’AZIONE
portiamo informazione, denuncia e solidarietà

A Borgo Mezzanone si muore di razzismo e sfruttamento ancora una volta

Mohammed è morto stamattina all’alba, carbonizzato in una baracca nei pressi di Borgo Mezzanone (FG), come tanti suoi fratelli e sorelle prima di lui.

Nei ghetti, come alle frontiere o nei magazzini della logistica, non si respira, ma chi si ribella riceve repressione e botte, come è successo da Oulx, a Peschiera Borromeo.

Che la nostra rabbia si unisca a quella che infiamma le strade, le centrali di polizia, le carceri, che abbatte i simboli del potere, negli Stati Uniti e in ogni angolo del mondo dove ci soffocano. Nessuna giustizia, nessuna pace.

Per i proletari la solidarietà di classe è un’arma – Da Bergamo e Palermo con gli operai TNT

La repressione non ferma ma alimenta le lotte

sabato 13 a Bergamo

i lavoratori porteranno in piazza la solidarietà con gli operai TNT massacrati dalla polizia di Stato e la necessità di rafforzare la lotta contro la repressione unendosi alla giusta mobilitazione per la ‘verità e giustizia’, contro padroni e giunta regionale lombarde, responsabili della trasformazione della pandemia in strage, nel presidio organizzato da un largo schieramento di forze sabato alle ore 16.00

domenica 14 nell’assemblea di fabbrica alla Montello, già prevista contro la cassa integrazione

da slai cobas sc palermo

Esprimiamo la nostra massima solidarietà ai lavoratori della Fedex TNT vigliaccamente caricati dalla polizia mentre difendevano il posto di lavoro e i propri diritti
12 giugno – la solidarietà dell’assemblea delle lavoratrici e lavoratori delle coop sociali ore 16
E’ in preparazione anche una iniziativa di piazza contro la repressione
I servi in divisa al servizio dei padroni pensano di spaventare chi lotta ma non fanno mai i conti con la determinazione operaia: la repressione non spegne, ma alimenta la ribellione!

La solidarietà ai prigionieri politici ancora nel mirino dello Stato: 7 anarchici arrestati a Roma

“Gli inquirenti parlano di un gruppo di azione che aveva elaborato un programma strutturato e radicato per portare avanti una conflittualità viva e accesa. Lo scopo sarebbe stato quello di ricostituire il movimento anarchico per poi avviare la fase dell’insurrezione.”

fanpage:
Gli arrestati sono in tutto sette. Claudio Zaccone di 33 anni, Roberto Cropo di 34 anni, Flavia Di Giannantonio 39 anni, Nico Aurigemma di 30 anni, Francesca Cerrone di 31 anni, sono ritenuti facenti parte della stessa cellula con base nello squat ‘Bencivenga Occupato’ nel quartiere di Montesacro a Roma. A loro sono addebitate soprattutto azioni di solidarietà come scritte e volantini, ma anche attentati incendiari e di aver redatto un documento clandestino dal titolo ‘Dire e Sedire’ per riorganizzare la galassia anarchica. Gli arrestati erano molto vicini al gruppo di anarchici fiorentini arrestati per aver portato a termini una serie di attentati incendiari e con ordigni artigianali, e condannati nel luglio del 2019. Particolare attenzione per il detenuto Pierloreto Fallanca, finito anche lui oggi agli arresti domiciliari.

A Roma il Ros scopre e smantella cellula (?) anarchica: 7 arresti
12 giugno 2020
ilsole24ore
Milano, 12 giu. (askanews) – I carabinieri del Ros hanno arrestato 7 militanti anarco-insurrezionalisti ritenuti responsabili di una serie di azioni violente. I sette avevano come base il centro sociale “Bencivenga Occupato” di Roma. Per loro le accuse sono “associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, detenzione e porto di materiale esplosivo, istigazione a commettere delitti contro la personalità dello Stato, incendio e danneggiamenti aggravati dalla finalità di terrorismo ed eversione dell ordine democratico.”L’indagine si è sviluppata dopo l’attentato esplosivo alla stazione dei carabinieri di Roma San Giovanni nel 2017, con un ordigno artigianale nascosto in un termos di metallo. Attacco rivendicato dal Fai “Federazione anarchica informale”, a cui la cellula è riconducibile secondo gli inquirenti.

Due persone sono state arrestate anche all’estero, in Spagna e Francia.