interrogati ex appartenenti alle Brigate Rosse
La moglie di Renato Curcio, a capo della colonna torinese delle Br, rimase uccisa con l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso nel conflitto a fuoco in provincia di Alessandria durante la liberazione dell’imprenditore Vittorino Gancia
La Procura di Torino ha riaperto le indagini sulla morte di Mara Cagol e dell’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso, rimasti uccisi in un conflitto a fuoco in provincia di Alessandria durante la liberazione dell’imprenditore Vittorino Gancia, il 5 giugno 1975. L’inchiesta, affidata all’aggiunto Emilio Gatti, ha portato a individuare alcuni reperti che sono stati analizzati dai carabinieri del Ris di Parma. Nelle scorse settimane, a quanto si apprende, sono anche stati sentiti alcuni testimoni, tra cui alcuni ex appartenenti alle Brigate Rosse. Gli accertamenti del Ris potrebbero quindi dare un nome a chi partecipò a quello che è passato alla storia come il primo sequestro di persona a scopo di autofinanziamento operato dalle Brigate Rosse. Uno dei carcerieri di Gancia riuscì a fuggire. Sono passati 47 anni da allora e non si è mai saputo chi fosse quel terrorista scampato alla giustizia. Ancora oggi è un uomo libero.
L’attività investigativa fa seguito agli accertamenti scientifici cui sono stati sottoposti, con le più moderne tecniche, i reperti sequestrati all’epoca della sparatoria. In particolare, le analisi riguarderebbero la macchina per scrivere che sarebbe stata usata da un brigatista (mai identificato) e utilizzata per comporre uno dei documenti di rivendicazione poi trovato nel covo di via Maderno a Milano, nel gennaio 1976, dove furono catturati Renato Curcio insieme a Nadia Mantovani.
A far riaprire le indagini è stato l’esposto presentato, con il tramite di un avvocato, da Bruno D’Alfonso, anche lui carabiniere, figlio dell’appuntato morto nella sparatoria del 5 giugno 1975. «Al momento si tratta di indagini, non ci sono ancora accuse precise nei confronti di alcuno, ma sono abbastanza soddisfatto che qualcosa si stia muovendo da parte della procura di Torino a cui ho presentato un esposto nel novembre dello scorso anno». Queste le sue parole all’Adnkronos. «So che sono stati effettuati interrogatori di persone informate sui fatti, quindi qualche elemento in più rispetto a quello che si sapeva prima sembra che stia venendo fuori visto che c’è comunque ancora un brigatista che non ha mai pagato nulla per quell’episodio», ha aggiunto D’Alfonso.