Studenti torinesi incensurati hanno subito provvedimenti durissimi dopo le manifestazioni contro l’alternanza scuola-lavoro dello scorso febbraio
Da lunedì sono agli arresti domiciliari due studenti che erano rimasti coinvolti in alcuni scontri con la polizia avvenuti lo scorso febbraio a Torino durante un corteo studentesco: da settimane si trovavano in carcere per resistenza a pubblico ufficiale, e sono tornati a casa con cinque giorni di ritardo perché non si trovavano materialmente i braccialetti elettronici. Un altro studente è invece ancora in carcere e altri otto, tra studenti e studentesse, sono tuttora sottoposti ad altre forme di misure cautelari.
La severità delle misure cautelari decise per gli studenti e le studentesse, tutti intorno ai vent’anni, stanno attirando critiche e proteste, in particolare per quanto riguarda i tre che sono finiti in carcere: questo nonostante fossero incensurati, e sebbene negli scontri i poliziotti non avessero riportato lesioni particolarmente gravi.
Lo scorso 18 febbraio a Torino c’era stata una mobilitazione studentesca per chiedere grosse riforme e l’abolizione dei programmi di alternanza scuola-lavoro, in seguito alla morte di due studenti durante un apprendistato a inizio anno. La manifestazione faceva parte di una serie di proteste e occupazioni organizzate a livello nazionale, in alcuni casi violentemente represse dalla polizia. Durante il corteo torinese di febbraio c’erano stati degli scontri e alcuni ragazzi avevano provato a forzare il cancello della sede locale di Confindustria. Per questi fatti, 11 studenti erano stati sottoposti a varie misure cautelari che erano state applicate dal 12 maggio: tre di loro erano stati arrestati e portati in carcere, quattro erano stati sottoposti direttamente ai domiciliari, e altri quattro erano stati sottoposti all’obbligo di firma giornaliera.
A fine maggio, il Tribunale del Riesame ha poi riformato l’ordinanza disponendo l’obbligo di firma quotidiana per tre su quattro studenti prima ai domiciliari, diminuendo la frequenza dell’obbligo di presentazione per altri tre su quattro già sottoposti all’obbligo di firma, e disponendo gli arresti domiciliari con divieto di comunicazione e applicazione del braccialetto elettronico per due degli studenti in carcere, Emiliano e Jacopo. I due sono comunque rimasti in carcere per altri cinque giorni perché non erano ancora stati materialmente recuperati i braccialetti elettronici. Da lunedì 6 giugno si trovano a casa. Infine, sono state confermate le ordinanze per uno degli studenti in carcere e per una studentessa ai domiciliari.
Valentina Colletta, l’avvocata che con Claudio Novaro assiste gli undici studenti coinvolti, spiega che «Emiliano e Jacopo, incensurati, sono sì ai domiciliari ma con le restrizioni più restrittive che si possano ipotizzare: hanno il divieto di contatto con chiunque non sia un familiare convivente, per cui non hanno possibilità di contatto né telefonico, né epistolare né telematico con altre o altri». Continua a leggere