Da Osservatorio repressione
I fatti sarebbero accaduti nell’istituto della città marchigiana pochi giorni dopo la rivolta avvenuta nella casa circondariale di Modena. “Picchiati molti stranieri”. La Procura di Ascoli Piceno apre un’indagine
di Nello Trocchia
“Individuate gli eventuali responsabili delle violenze che sarebbe state commesse da alcuni agenti della polizia Penitenziaria a danno di alcuni detenuti”.
È la richiesta che arriva dall’associazione Antigone, in un esposto presentato in questi giorni alla procura marchigiana alla luce delle testimonianze rese dai detenuti reclusi nella casa circondariale, nel marzo 2020. Un fascicolo è già aperto contro ignoti e prende l’abbrivio proprio dal racconto degli ospiti del carcere nel periodo iniziale dell’emergenza pandemica, tutti detenuti che erano stati trasferiti ad Ascoli da Modena dove, nel carcere Sant’Anna, c’era stata una violenta rivolta.
“Individuate gli eventuali responsabili delle violenze che sarebbe state commesse da alcuni agenti della polizia Penitenziaria a danno di alcuni detenuti”. È la richiesta che arriva dall’associazione Antigone, in un esposto presentato in questi giorni alla procura di Ascoli Piceno alla luce delle testimonianze rese dai detenuti reclusi nella casa circondariale, nel marzo 2020. Un fascicolo è già aperto presso la procura marchigiana e si fonda sul racconto dei reclusi del carcere nel periodo iniziale dell’emergenza pandemica. Gli avvocati hanno scoperto l’esistenza di un fascicolo dalla consultazione degli atti, un fascicolo modello 44, iscritto contro ignoti. Le testimonianze dal quale si origina sono quelle dei detenuti trasferiti ad Ascoli da Modena dove, nel carcere Sant’Anna, c’era stata una violenta rivolta. All’inizio della pandemia le carceri italiane sono teatro di rivolte, a Modena viene devastata una parte del penitenziario, ma soprattutto muoiono 9 detenuti per assunzione di un mix letale di farmaci dopo l’assalto alla farmacia dell’istituto.
Le indagini di Modena – A Modena, nel carcere Sant’Anna, l’8 marzo 2020, i detenuti hanno inscenato una rivolta violenta che è stata arginata dagli agenti della polizia penitenziaria, intervenuti per “riprendere” il controllo del carcere. Per i fatti accaduti in quelle ore la procura ha aperto tre fascicoli. Uno per le devastazioni compiute dai detenuti, un altro per la morte di nove reclusi e, infine, uno per le violenze che i poliziotti penitenziari avrebbero compiuto durante e dopo la rivolta.
La prima indagine è ancora in corso. La seconda inchiesta è stata archiviata perché i detenuti sono morti, secondo i risultati delle indagini, per overdose di metadone e non sono emerse altre responsabilità. Contro l’archiviazione del fascicolo è stato presentato un ricorso, poi respinto. L’inchiesta relativa alle violenze sui detenuti è, invece, nella fase delle indagini preliminari, sul registro degli indagati ci sono 4 agenti della polizia penitenziari, coinvolti per i reati di lesioni e tortura. Un fascicolo che è stato aperto dopo la presentazione di diversi esposti da parte di Antigone e di alcuni detenuti. Le indagini di Modena si intrecciano con quelle della procura marchigiana. Le violenze denunciate dai detenuti nel carcere di Ascoli Piceno emergono dalla lettura di alcuni atti relativi alla morte di uno dei reclusi trasferiti da un carcere all’altro: Salvatore Piscitelli.
La morte di Piscitelli – Un procedimento penale è stato aperto dalla procura di Ascoli per ricostruire le ore precedenti la morte del detenuto. Piscitelli era stato pestato, emerge dall’autopsia e dalle testimonianze, ma muore per aver assunto un mix letale di sostanze e, secondo i pubblici ministeri, anche nel ritardo nei soccorsi non è configurabile alcun reato. Contro questa archiviazione ha presentato ricorso proprio Antigone, tramite l’avvocata Simona Filippi. Nel fascicolo dell’inchiesta, nata per ricostruire eventuali responsabilità nella morte di Piscitelli, vengono allegati gli interrogatori di diversi detenuti. I reclusi, ascoltati come persone informate sui fatti, dopo la presentazione di un esposto, hanno denunciato sia violenze e pestaggi che avrebbero subito sia di cui sono stati testimoni.
Così si arriva all’indagine della procura di Ascoli e al nuovo esposto di Antigone che prende spunto proprio dalla lettura delle testimonianze depositate nel fascicolo Piscitelli. L’associazione chiede alla procura marchigiana di individuare i responsabili della mattanza tra il personale della polizia penitenziaria. Ora c’è un fascicolo contro ignoti dei magistrati di Ascoli, che dovranno riscontrare le dichiarazioni prima di decidere se proseguire nell’inchiesta. Ma cosa raccontano i detenuti? Torniamo a quelle ore quando i reclusi vengono trasferiti da Modena ad Ascoli. È la notte dell’8 marzo.
Il racconto dei detenuti – Claudio C. racconta, il 18 dicembre 2020, la prima mattina nell’istituto di pena, un risveglio a colpi di manganello. “Prima della conta che si fa verso le otto, otto e qualcosa (…) è arrivata su la squadretta, otto-nove appuntati, casco, scudo e manganello. Sono partiti dal lato destro (…) cella per cella, ‘Collega, apri qua’, entravano si sentivano solo le urla dei detenuti (…) Certo il personale di Ascoli Piceno. Cella per cella. Non ne hanno saltata una, cioè tranne qualcuna di noi italiani, agli stranieri non hanno saltato una cella”, spiega ai pubblici ministeri di Modena che lo ascoltano, prima che gli atti prendano per competenza la strada della procura ascolana.
Gli stranieri venivano massacrati, ma non tutti gli italiani si salvano dalle botte. “La mattina sono venuti e ci hanno picchiati (…) il giorno invece sentivo urlare altri, altri ragazzi delle altre stanze (…) Poi dopo sono ancora tornati, ma senza più i manganelli, solo con gli schiaffi. Per ricordarci che noi eravamo pezzi di merda, figli di puttana”, dice Bianco F.
Le testimonianze sono convergenti, i detenuti presentano l’esposto solo a dicembre per paura di ritorsioni. “Invece nei giorni successivi, non ricordo se il 10,11,12 o 13 marzo, siamo stati picchiati tutti, me compreso, dagli agenti della polizia Penitenziaria del carcere di Ascoli Piceno. Ricordo che gli agenti, in quei giorni, passavano, non ricordo se di mattino o di pomeriggio, ma passavano e aprivano le celle, tutti muniti di sfollagente, casco protettivo e scudo, e ci picchiavano col manganello, colpendoci ripetutamente su tutto il corpo, per più minuti (…) A me personalmente è accaduto almeno due volte e sono entrambe avvenute nei primi giorni di detenzione”, dice Belmonte C, ascoltato il 24 giugno 2021.
“La maggior parte delle persone che venivano picchiate erano stranieri (…) a un detenuto albanese, che noi chiamavamo Gas, ma non so dire quale fosse il suo vero nome, una mattina hanno rotto la mano, tra il mignolo e l’anulare”, dice Nicola T. ai magistrati, il 19 dicembre 2020. L’accoglienza, a colpi di manganello, raccontata dai detenuti ospiti del carcere di Ascoli Piceno è il seguito di quanto accaduto a Modena dove i reclusi raccontano di aver subito altre botte: il pestaggio nello stanzone.
da Il Domani