Il Tav è strategico per i Corridoi di Mobilità Militare Europei

E’ finalmente stampato e disponibile l’opuscolo sul Tav e i corridoi della mobilità militare europei richiamati in questi giorni anche nel documento del vertice straordinario dell’Unione Europea a Bruxelles.

L’accanimento giudiziario e poliziesco contro il movimento No Tav si spiega anche con la dimensione strategica e militare di questa grande opera che, ormai è chiaro, ha una funzione che va ben oltre quella del traffico di merci come dichiarato ufficialmente.

L’opuscolo contiene gli atti degli interventi ad una conferenza online tenutasi a luglio 2021 su questo aspetto della questione Tav.

Pubblichiamo la prefazione e l’indice dei contributi dell’opuscolo realizzato dal Movimento No Tav della cintura torinese.

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Le vicende che si susseguono in questi giorni sul continente europeo riportano al centro del dibattito pubblico quello che provammo a mettere in luce in questo confronto nel 2021. Con il precipitare della crisi militare in Ucraina assistiamo alla scriteriata reazione dell’Unione Europea e dei governi del continente , che non perdono tempo nel rilanciare una spirale militarista che vede direttamente coinvolto il nostro Paese.
Se parlare di infrastrutture di mobilità militare europea non appare più come qualcosa proiettato in un indefinito futuro ma di drammaticamente attuale, diviene invece necessario rimettere con forza al centro dei nostri discorsi e del nostro agire la necessità di fermare i venti di guerra in cui siamo immersi e mobilitarsi per un’effettiva demilitarizzazione della realtà che ci circonda.

Per averne una copia scrivere alla pagina NO TAV- Torino&Cintura
Pubblichiamo di seguito l’indice dell’ opuscolo tratto dall’iniziativa svoltasi a luglio 2021 (Qui l’incontro completo https://www.facebook.com/NoTavTorinoeCintura/videos/2947695842142393/)

Indice:
1- “Chi non si muove non sente le sue catene” – Nicoletta Dosio
2 – “Il Tav all’interno dei corridoi di mobilità militare europea” – Assemblea No Tav Torino e cintura
3 – “La persecuzione contro il movimento No Tav ha la Nato come mandante” – Sergio Cararo
4 – “Tav, guerra e ricerca: rilanciare la lotta antimperialista e antimilitarista nei luoghi di formazione” – Cambiare Rotta Torino
5 – “Il MUOS e la guerra nel Mediterraneo” – No Muos
6 – “Mediterraneo allargato: l’intervento militare italiano all’estero e le aziende piemontesi dell’industria bellica” – Assemblea antimilitarista torinese
7 – “Le reti di trasporto trans-europee e la guerra” – Centro studi Sereno Regis
8- “Resistere, resistere e ancora resistere per poter far si che i giovani possano ancora esistere” – Alberto Perino

Sciopero della fame di Dimitris Chatzivasileiadis 11-18/3. Solidarietà con i prigionieri politici in Grecia e Turchia.

Il 13 di marzo Mitzotakis [primo ministro greco, ndt] incontrerà Erdogan. Il governo Mitzotakis, esattamente due anni fa il 19 marzo, imprigionò undici rivoluzionari provenienti dalla Turchia come scambio per la chiusura ai migranti delle frontiere turche. Gli undici combattenti sono stati condannati da un tribunale greco solamente in base alla lista europea sul “terrorismo” ad un totale di 333 anni di prigione. Durante l’ultimo incontro di Tsipras con Erdogan, il 4 dicembre 2017, il governo greco consegnò come dono al regime fascista turco la cattura di nove combattenti che vennero torturati al momento dell’arresto e che vennero rilasciati diciotto mesi dopo. Gli Stati greco e turco sono buoni collaboratori contro la lotta rivoluzionaria popolare. Gli Stati greco e turco sono soci in prima linea dell’imperialismo NATO. L’ordine militare turco è la lama affilata del terrorismo NATO nel medioriente, sul Mediterraneo e sul Mar Nero. In questo contesto, rappresenta il protettore intermediario nei confronti del fascismo jihadista. L’attività coloniale del fascismo turco in Irak e Siria fa da mediatrice per la politica imperialista degli USA e per la collaborazione controrivoluzionaria tra tutti i poteri imperialisti. L’invasione del fascismo turco ad Afrin, che ha imposto una occupazione da pulizia etnica, con omicidi, sequestri e stupri, è stata condotta con la benedizione dell'”ecumenico” patriarca greco. Nelle montagne del Kurdistan iracheno fin dagli inizi del 2021 l’esercito turco sta dispiegando armi chimiche nel disperato tentativo di sradicare le basi della lotta di guerriglia curda. Ma i suoi alleati NATO, che ogni volta che vogliono invadere un territorio e cambiarne il regime sventolano la bandiera della “democrazia” e “scoprono” armi chimiche nucleari, fanno finta di non vedere, e continuano ad armare il fascismo e perseguitare e imprigionare i combattenti.

Lo Stato greco è un avamposto dell’ordine militare NATO nella regione del confine orientale del capitalismo europeo. Il dominio dell’ordine militare americano e del Capitale centro europeo sul territorio greco aumenta di anno in anno. Ma la collaborazione tra gli Stati greco e turco nel contesto controrivoluzionario della NATO non è né temporanea né senza precedenti. Nel 1998 il governo greco consegnò Abdullah Ocalan agli agenti turchi e americani, per assecondare la mobilitazione NATO contro la Siria. Il leader del movimento curdo per la libertà è da allora in isolamento carcerario, mentre su altri rivoluzionari curdi e turchi pende la taglia del Dipartimento di Stato americano. Nelle prigioni del regime turco oggi hanno luogo scioperi della fame, uno dopo l’altro, contro l’isolamento che perdura per anni, l’incarcerazione assassina dei prigionieri politici gravemente malati senza cure mediche e i processi-spettacolo senza diritto alla difesa. Eppure lo Stato greco continua a tenere in ostaggio i combattenti turchi e curdi.

Il 13 marzo i capi della borghesia greca e turca si incontreranno a spartirsi la loro parte dei profitti dello sfruttamento monopolistico e imperialista delle risorse energetiche e dei flussi nel Mediterraneo orientale. Hanno appena assunto una posizione attiva nella partecipazione della NATO nella guerra per i territori ucraini. Quello stesso giorno, i nazionalismi greco e turco strilleranno gli uni al “nemico turco” e gli altri al “nemico greco”.

Greci, turchi e genti migranti sfruttate, nulla ci divide. Non combatteremo per i padroni.
Costruiamo un fronte comune rivoluzionario su entrambi i lati dei confini greco-turchi.
Blocchiamo la rivalità guerrafondaia e il nazionalismo.
Rendiamo la regione greco-turca un luogo inospitale per l’ordine militare NATO.
Rovesciamo la loro comune politica controrivoluzionaria.
Sosteniamo la lotta rivoluzionaria nella regione turca.
Difendiamo il territorio greco come spazio di accoglienza e amicizia per le genti curde perseguitate, per il movimento rivoluzionario turco perseguitato e per i migranti strappati dalle loro terre.
Libertà per gli undici combattenti provenienti dalla Turchia che sono tenuti in ostaggio dallo Stato greco.
Contro il mercanteggiare dei padroni, lotta comune del popolo.
Non dimentichiamo che in un incontro simile a quello che avrà luogo il 13 di marzo, il precedente governo greco attaccò il movimento turco.
Non dimentichiamo il pakistano Muhammad Gulzar e il siriano Muhammad al Arab che sono stati uccisi dal piombo dei poliziotti greci a Evros il 4 marzo 2020, all’interno dell’azione controrivoluzionaria e anti-immigrazione propria delle guardie dei confini imperialisti con il sostegno dell’unione europea.

Dimitris Chatzivasileiadis
11 marzo 2022

Solidarietà e sostegno- Basta con “due pesi e due misure” i diritti degli immigrati sono uguali; dall’Africa, all’Asia all’Ucraina, basta con il razzismo!

Il 31 saremo in piazza in tutta Italia per chiedere:

permesso di soggiorno incondizionato per tutti, non legato al contratto di lavoro né alla residenza;

cittadinanza per tutti i bambini nati in Italia;

abolizione di tutti i decreti sicurezza;

fine degli abusi e dei lunghi tempi di attesa nelle questure;

azzeramento dei costi dei permessi;

chiusura dei centri di detenzione (CPR) e fine dei rimpatri;

permesso di soggiorno valido in tutta l’unione europea.

Documenti per tutti/e, contro razzismo e repressione!

https://www.ondarossa.info/redazionali/2022/03/31-marzo-sciopero-degli-immigrati-e

Pestano un detenuto a San Vittore: condannati otto agenti

L’uomo è stato stato picchiato della polizia penitenziaria affinchè non testimoniasse in tribunale contro gli agenti.

Le pene vanno da un anno e mezzo a 4 anni di reclusione. Altri quattro agenti imputati sono stati assolti. L’uomo, ora 56enne, sarebbe stato picchiato perché non testimoniasse in tribunale contro gli agenti.

Sono stati condannati a pene comprese tra un anno e mezzo e quattro anni di reclusione sette agenti del carcere milanese di San Vittore imputati per le violenze a Ismail Ltaief, un detenuto tunisino all’epoca 51enne, tra il 2016 e il 2017. Lo ha deciso lunedì pomeriggio la settima sezione penale del tribunale di Milano. Altri quattro agenti imputati sono stati assolti. Il pm titolare dell’inchiesta, Leonardo Lesti, aveva chiesto condanne fino a 4 anni di carcere.

Stando all’indagine, Ltaief, che si trovava in cella per un tentato omicidio avvenuto nel cosiddetto “boschetto” di Rogoredo (qui il suo racconto ad Andrea Galli sugli orrori del bosco), sarebbe stato “punito” perché nel 2011, quando era in carcere a Velletri (Roma), aveva denunciato degli agenti della polizia penitenziaria – di recente assolti dalla Corte d’Appello di Roma – per presunti furti in mensa e percosse. I pestaggi sarebbero avvenuti pure per impedirgli di testimoniare nel processo “bis” davanti al Tribunale della cittadina laziale sulla vicenda delle presunte ruberie.

La maggior parte degli imputati, con le loro famiglie, erano presenti in tribunale durante la lettura della sentenza. Le motivazioni verranno depositate entro 60 giorni. Il legale di parte civile, Matilde Sansalone, dopo la lettura del dispositivo ha commentato: “Al di là della tristezza della situazione che non è edificante, esprimo soddisfazione non per le condanne ma perché è un bene che vengano alla luce comportamenti non consoni a servitori dello Stato e che sono stati così a lungo sottaciuti”.

dal Corriere della Sera

Ancora repressione del dissenso in val di Susa: 2 arresti e 11 misure cautelari contro i notav. Solidarietà dal SRP

Questa mattina all’alba è andata in scena l’ennesima operazione di polizia ai danni del movimento No Tav tra la valle e Torino. Due attivisti, Giorgio e Umberto, sono stati portati in carcere e sono state emesse altre 11 misure cautelari tra arresti domiciliari, obblighi di firma e divieti di dimora.

L’operazione riguarderebbe una serie di iniziative e manifestazioni che hanno avuto luogo dall’estate del 2020 in Val Clarea, a San Didero mescolate in un unico calderone con fatti avvenuti a Torino. Ad essere contestati agli attivisti e alle attiviste sono i reati di violenza privata e resistenza a pubblico ufficiale. Sono state perquisite le case degli attivisti e delle attiviste ed i presidi No Tav dei Mulini e di San Didero alla ricerca di non si capisce bene cosa.

L’operazione condotta questa mattina tenta nuovamente di indebolire il movimento riproponendo la solita retorica a cui ci hanno abituato questura e procura nella nostra lotta ultratrentennale: si tenta di praticare una distinzione tra buoni e cattivi all’interno del movimento, si cerca di ricostruire fantasiose regie oscure e si ripropone nuovamente un’inversione tra aggressori e aggrediti. L’obbiettivo è ben chiaro, costruire il clima per tentare di silenziare le resistenze dei Mulini e di San Didero che in questi anni hanno rappresentato, nonostante le difficoltà della pandemia, due esperienze importanti di lotta popolare e opposizione al business della grande opera inutile. Due resistenze che hanno evidenziato il prisma di contraddizioni di un sistema politico e di sviluppo che si cala la maschera del green mentre inquina e devasta i territori, che mostra un paternalismo insopportabile verso i giovani mentre ignora le loro paure, i loro bisogni e le loro volontà, che spende miliardi in opere inutili mentre la sanità e la scuola sono al collasso, che si dice pacifista mentre finanzia il riarmo.

In Val di Susa abbiamo vissuto anni di pandemia in cui mentre chiedevamo risorse per affrontare la crisi sul territorio, mentre cercavamo di prenderci cura della nostra comunità e dei nostri affetti il sistema del Tav occupava intere porzioni del nostro territorio con migliaia di uomini, idranti e lacrimogeni per installare cantieri che servono solo a drenare denaro pubblico. Il nostro è un movimento con decenni di storia alle spalle, abbiamo visto passare governi, questori e prefetti. Abbiamo sempre deciso collettivamente come portare avanti la nostra resistenza, come affrontare la violenza istituzionale che nonostante la contrarietà popolare all’opera ha militarizzato senza remore un’intera valle. Non ci faremo certo intimorire da questa operazione, consapevoli che in questi tempi di guerra, crisi climatica e sociale la nostra lotta, nel nostro piccolo, è uno spiraglio per costruire una speranza per il futuro.

2 quadri dell’NPA assassinati a sangue freddo dalle forze di sicurezza nella provincia di Negros Occidental

10 marzo 2022

Secondo le indagini sui testimoni a Barangay Amin, Isabela, nella provincia di Negros Occidental, Virgilio Marco “Ka Bidam” Tamban e Ben Jack “Ka Yuhan” Rueles furono catturati senza pietà e uccisi dal 62esimo battaglione di fanteria e dal PNP-Isabela intorno alle 3 AM lo scorso 9 marzo. La casa in cui alloggiava l’unità NPA è stata saccheggiata, provocando l’arresto immediato e il successivo omicidio di Ka Bidam e Ka Yuhan, contrariamente alle affermazioni dell’AFP secondo cui i due sarebbero stati uccisi in un incontro.

Inoltre, Robert “Ka Kits” Ansino inizialmente è scappato, ma è stato ferito dopo il tiro al volo del nemico durante l’omicidio. Mentre rispondeva al fuoco e ferendo 2 soldati dell’AFP, ha riportato gravi ferite e ha cercato rifugio nel vicino villaggio. Non più in grado di combattere, fu catturato dal nemico e portato in ospedale.

La squadra dell’NPA è stata inviata nell’area per condurre lavori di massa, indagare e risolvere i reclami tra i residenti nell’area, soprattutto dopo che le continue operazioni militari hanno causato il terrore nei villaggi.

Una cosa è chiara: non c’era intenzione di scontare un mandato di perquisizione alle 3 del mattino. Il chiaro motivo del raid è l’omicidio di Tamban e dei suoi compagni, coerentemente con l’ordine del loro comandante in capo Duterte di non fare prigionieri, violando chiaramente l’Accordo globale per il rispetto dei diritti umani e il diritto umanitario internazionale (CARHRIHL). Questa, però, non è una storia nuova per AFP e PNP, come è accaduto nei massacri di Ka Dennis e altri 4 compagni a Mabinay lo scorso 2020 e Ka Anita e compagni Manapla lo scorso 2021.

L’LPC-NPA saluta Ka Bidam, 23 anni, residente a Barangay Maniak, città di Guihulngan, e Ka Yuhan, 25 anni, di Barangay Jonobjonob, città di Escalante. Erano entrambi rivoluzionari esemplari, nonostante la loro giovane età. Ka Yuhan e Ka Bidam hanno dato l’esempio che i giovani dovrebbero prendere le armi contro uno stato che uccide i suoi cittadini per il bene degli interessi di pochi elite. In quanto veri soldati del popolo, i loro ricordi vivranno e ispireranno di più a intraprendere il percorso che hanno intrapreso, il percorso dedicato a costruire una società di pace giusta e duratura, una società che può essere costruita solo dalla rivoluzione armata del oppresso contro gli oppressori.

Giustizia per Ka Bidam e Ka Yuhan!
Resisti alla guerra sporca e brutale del regime USA-Duterte!
Unisciti all’NPA!

Palestina: tre palestinesi feriti in Cisgiordania. Un palestinese gravemente ferito il 1° marzo, durante una marcia a sostegno dei prigionieri politici, è morto

Ahmed Hikmat

Tre persone ferite da proiettili di metallo ricoperti di gomma, altre dozzine sono soffocate e sono svenute nell’assalto guidato dall’IDF alla festa del campus universitario Kadoorie, nella città di Arroub, a nord di Hebron. Nella Cisgiordania settentrionale, centinaia di palestinesi hanno partecipato al funerale del 23enne Ahmed Hikmat Seif nel villaggio di Burqa, a nord-ovest di Nablus. Seif è morto mercoledì per le ferite riportate all’inizio di questo mese. Era stato colpito il primo marzo da 3 proiettili all’addome e alla schiena durante una marcia a sostegno dei prigionieri nella città di Burqa repressa dalle forze di occupazione.