Pestano un detenuto a San Vittore: condannati otto agenti

L’uomo è stato stato picchiato della polizia penitenziaria affinchè non testimoniasse in tribunale contro gli agenti.

Le pene vanno da un anno e mezzo a 4 anni di reclusione. Altri quattro agenti imputati sono stati assolti. L’uomo, ora 56enne, sarebbe stato picchiato perché non testimoniasse in tribunale contro gli agenti.

Sono stati condannati a pene comprese tra un anno e mezzo e quattro anni di reclusione sette agenti del carcere milanese di San Vittore imputati per le violenze a Ismail Ltaief, un detenuto tunisino all’epoca 51enne, tra il 2016 e il 2017. Lo ha deciso lunedì pomeriggio la settima sezione penale del tribunale di Milano. Altri quattro agenti imputati sono stati assolti. Il pm titolare dell’inchiesta, Leonardo Lesti, aveva chiesto condanne fino a 4 anni di carcere.

Stando all’indagine, Ltaief, che si trovava in cella per un tentato omicidio avvenuto nel cosiddetto “boschetto” di Rogoredo (qui il suo racconto ad Andrea Galli sugli orrori del bosco), sarebbe stato “punito” perché nel 2011, quando era in carcere a Velletri (Roma), aveva denunciato degli agenti della polizia penitenziaria – di recente assolti dalla Corte d’Appello di Roma – per presunti furti in mensa e percosse. I pestaggi sarebbero avvenuti pure per impedirgli di testimoniare nel processo “bis” davanti al Tribunale della cittadina laziale sulla vicenda delle presunte ruberie.

La maggior parte degli imputati, con le loro famiglie, erano presenti in tribunale durante la lettura della sentenza. Le motivazioni verranno depositate entro 60 giorni. Il legale di parte civile, Matilde Sansalone, dopo la lettura del dispositivo ha commentato: “Al di là della tristezza della situazione che non è edificante, esprimo soddisfazione non per le condanne ma perché è un bene che vengano alla luce comportamenti non consoni a servitori dello Stato e che sono stati così a lungo sottaciuti”.

dal Corriere della Sera

Ancora repressione del dissenso in val di Susa: 2 arresti e 11 misure cautelari contro i notav. Solidarietà dal SRP

Questa mattina all’alba è andata in scena l’ennesima operazione di polizia ai danni del movimento No Tav tra la valle e Torino. Due attivisti, Giorgio e Umberto, sono stati portati in carcere e sono state emesse altre 11 misure cautelari tra arresti domiciliari, obblighi di firma e divieti di dimora.

L’operazione riguarderebbe una serie di iniziative e manifestazioni che hanno avuto luogo dall’estate del 2020 in Val Clarea, a San Didero mescolate in un unico calderone con fatti avvenuti a Torino. Ad essere contestati agli attivisti e alle attiviste sono i reati di violenza privata e resistenza a pubblico ufficiale. Sono state perquisite le case degli attivisti e delle attiviste ed i presidi No Tav dei Mulini e di San Didero alla ricerca di non si capisce bene cosa.

L’operazione condotta questa mattina tenta nuovamente di indebolire il movimento riproponendo la solita retorica a cui ci hanno abituato questura e procura nella nostra lotta ultratrentennale: si tenta di praticare una distinzione tra buoni e cattivi all’interno del movimento, si cerca di ricostruire fantasiose regie oscure e si ripropone nuovamente un’inversione tra aggressori e aggrediti. L’obbiettivo è ben chiaro, costruire il clima per tentare di silenziare le resistenze dei Mulini e di San Didero che in questi anni hanno rappresentato, nonostante le difficoltà della pandemia, due esperienze importanti di lotta popolare e opposizione al business della grande opera inutile. Due resistenze che hanno evidenziato il prisma di contraddizioni di un sistema politico e di sviluppo che si cala la maschera del green mentre inquina e devasta i territori, che mostra un paternalismo insopportabile verso i giovani mentre ignora le loro paure, i loro bisogni e le loro volontà, che spende miliardi in opere inutili mentre la sanità e la scuola sono al collasso, che si dice pacifista mentre finanzia il riarmo.

In Val di Susa abbiamo vissuto anni di pandemia in cui mentre chiedevamo risorse per affrontare la crisi sul territorio, mentre cercavamo di prenderci cura della nostra comunità e dei nostri affetti il sistema del Tav occupava intere porzioni del nostro territorio con migliaia di uomini, idranti e lacrimogeni per installare cantieri che servono solo a drenare denaro pubblico. Il nostro è un movimento con decenni di storia alle spalle, abbiamo visto passare governi, questori e prefetti. Abbiamo sempre deciso collettivamente come portare avanti la nostra resistenza, come affrontare la violenza istituzionale che nonostante la contrarietà popolare all’opera ha militarizzato senza remore un’intera valle. Non ci faremo certo intimorire da questa operazione, consapevoli che in questi tempi di guerra, crisi climatica e sociale la nostra lotta, nel nostro piccolo, è uno spiraglio per costruire una speranza per il futuro.

2 quadri dell’NPA assassinati a sangue freddo dalle forze di sicurezza nella provincia di Negros Occidental

10 marzo 2022

Secondo le indagini sui testimoni a Barangay Amin, Isabela, nella provincia di Negros Occidental, Virgilio Marco “Ka Bidam” Tamban e Ben Jack “Ka Yuhan” Rueles furono catturati senza pietà e uccisi dal 62esimo battaglione di fanteria e dal PNP-Isabela intorno alle 3 AM lo scorso 9 marzo. La casa in cui alloggiava l’unità NPA è stata saccheggiata, provocando l’arresto immediato e il successivo omicidio di Ka Bidam e Ka Yuhan, contrariamente alle affermazioni dell’AFP secondo cui i due sarebbero stati uccisi in un incontro.

Inoltre, Robert “Ka Kits” Ansino inizialmente è scappato, ma è stato ferito dopo il tiro al volo del nemico durante l’omicidio. Mentre rispondeva al fuoco e ferendo 2 soldati dell’AFP, ha riportato gravi ferite e ha cercato rifugio nel vicino villaggio. Non più in grado di combattere, fu catturato dal nemico e portato in ospedale.

La squadra dell’NPA è stata inviata nell’area per condurre lavori di massa, indagare e risolvere i reclami tra i residenti nell’area, soprattutto dopo che le continue operazioni militari hanno causato il terrore nei villaggi.

Una cosa è chiara: non c’era intenzione di scontare un mandato di perquisizione alle 3 del mattino. Il chiaro motivo del raid è l’omicidio di Tamban e dei suoi compagni, coerentemente con l’ordine del loro comandante in capo Duterte di non fare prigionieri, violando chiaramente l’Accordo globale per il rispetto dei diritti umani e il diritto umanitario internazionale (CARHRIHL). Questa, però, non è una storia nuova per AFP e PNP, come è accaduto nei massacri di Ka Dennis e altri 4 compagni a Mabinay lo scorso 2020 e Ka Anita e compagni Manapla lo scorso 2021.

L’LPC-NPA saluta Ka Bidam, 23 anni, residente a Barangay Maniak, città di Guihulngan, e Ka Yuhan, 25 anni, di Barangay Jonobjonob, città di Escalante. Erano entrambi rivoluzionari esemplari, nonostante la loro giovane età. Ka Yuhan e Ka Bidam hanno dato l’esempio che i giovani dovrebbero prendere le armi contro uno stato che uccide i suoi cittadini per il bene degli interessi di pochi elite. In quanto veri soldati del popolo, i loro ricordi vivranno e ispireranno di più a intraprendere il percorso che hanno intrapreso, il percorso dedicato a costruire una società di pace giusta e duratura, una società che può essere costruita solo dalla rivoluzione armata del oppresso contro gli oppressori.

Giustizia per Ka Bidam e Ka Yuhan!
Resisti alla guerra sporca e brutale del regime USA-Duterte!
Unisciti all’NPA!