Blitz nel carcere di Santa Maria Capua Vetere: infiltrazioni d’acqua e disabili portati in braccio
I liberi non sono semplici spettatori della vita dei reclusi. Non in un paese civile. Non in piena pandemia. Soprattutto se nel carcere piove persino in cella perché manca la guaina isolante sul tetto. Soprattutto se non c’è un ascensore funzionante capace di trasportare un detenuto disabile, se la condotta per l’acqua non è stata ancora costruita dal Comune di Santa Maria Capua Vetere, dopo 5 anni di annunci e promesse. E così, i detenuti scioperano, non mangiano, «battono» pentole sulle grate, fanno rumore a costo di un provvedimento disciplinare e con la tagliola delle punizioni sulla testa. «C’è solo da indignarsi», spiega Samuele Ciambriello, garante dei detenuti della Campania.
LA STORIA
E poi, c’è chi neanche può difendersi perché in carcere si trova su una sedia a rotelle. Come il detenuto di 60 anni che ha consegnato una lettera al deputato Antonio Del Monaco (M5s), quest’ultimo entrato nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere con Emanuela Belcuore, Garante provinciale dei detenuti, per verificare le condizioni della struttura Uccella di Santa Maria Capua Vetere nell’era Covid. L’edificio, per intenderci, che in sè ha anche un’aula bunker per i maxi-processi alla criminalità organizzata, interamente costruita da imprese legate al clan dei Casalesi. Sprazzi di storia, fra un disagio e l’altro. Ma ciò che conta è il presente. O il recente passato, chissà. Perchè il detenuto disabile, un anno fa, scrisse la lettera inviandola all’amministrazione della casa circondariale, lamentando anche la presenza di un citofono rotto da due anni nella sua cella. Ma da allora nulla è cambiato, stando a ciò che ha raccontato. E infatti: «Il detenuto del reparto Nilo deve essere preso in braccio per poter prendere parte ai colloqui. Anche per l’ora d’aria, è la stessa storia. È in cella con il figlio – spiega Del Monaco -. Nel reparto Tamigi, invece, alcuni detenuti dormono su letti su cui, però, cade pioggia perché, nonostante i lavori appena conclusi in quell’ala del carcere, filtra acqua dal soffitto». E ancora, le detenute del reparto femminile lamentano la lontananza del presidio medico, posizionato nell’area maschile (fino alle ore 20 c’è un presidio nel settore femminile, ma subito dopo quell’ora le detenute fanno riferimento all’altro settore maschile). C’è, inoltre, un carente allineamento fra l’Asl e la struttura carceraria. Alcuni agenti della polizia penitenziaria attendono da un mese il rientro al lavoro, ma l’Asl di Caserta tarda a eseguire il terzo tampone: «E noi non possiamo andare a lavorare», spiegano gli agenti.
LA REPLICA
Per ogni problema, la dirigente del carcere fornisce una risposta: «L’ascensore è stato riparato», spiega Elisabetta Palmieri. «Le infiltrazioni d’acqua? Non abbiamo possibilità economiche per riparare le finestre, ma indicheremo alla ditta di permealizzare le finestre con guaine». Restano i nodi del citofono, dell’Asl e dell’acqua. Ma tanti altri problemi aspettano di essere risolti.