Soccorso Rosso Proletario

Soccorso Rosso Proletario

il carcere assassino uccide ancora ad Ivrea

L’isolamento di quarantena è stato fatale a un detenuto rumeno

Nel carcere di Ivrea si allunga la lista dei suicidi. Come già nel 2018 e nel novembre 2019 anche nel 2020 un detenuto si è tolto la vita, questa volta impiccandosi nel bagno della cella. Arrivato da Asti con denunce di maltrattamento della moglie, l’uomo, di nazionalità rumena di 39 anni, da tre giorni era stato posto in isolamento, 14 giorni, come da regolamento per prevenzione Covid. Lunedì 9 novembre è stato però trovato morto dagli agenti di Polizia penitenziaria.
Le norme di quarantena preventiva applicate in una struttura come quella carceraria si sommano evidentemente con l’isolamento già vissuto normalmente dai detenuti, cui in questo periodo sono negati anche visite parentali, colloqui e attività sportive. In questo senso si può enumerare anche questa tra le vittime del Covid, visto che anche per una denuncia di maltrattamento un detenuto viene posto in un isolamento rigido come un capo mafioso, senza contromisure che ne mitighino l’effetto di solitudine.
Esiste un “protocollo anti-suicidiario” ma evidentemente non è misura sufficiente, in specie nella attuale situazione di sovrapposizione con l’emergenza sanitaria Covid.
L’elenco dei detenuti suicitatisi in cella arriva così in Italia nel 2020 a 51 persone, 5 dei quali in Piemonte, 2 italiani e 3 stranieri, su un totale di 130 morti in totale nelle carceri. Cioè quasi la metà delle morti sono volontarie e la percentuale non varia molto negli anni precedenti. A Ivrea purtroppo ogni anno, con tragica ripetitività, la lista si allunga e la percentuale è ben maggiore rispetto alle altre carceri piemontesi.
Nella Casa circondariale di Ivrea, struttura giudicata tra le più carenti sia dai detenuti che dal personale, sono state sospese, per “prevenzione Covid” dai primi di marzo scorso, le attività scolastiche, di volontariato, i colloqui in presenza, l’uso del campo sportivo interno, senza che venisse attivata qualunque attività alternativa in modalità online. In verità il campo sportivo è stato dotato di moderne attrezzature ginniche ma la soddisfazione dei detenuti è durata solo un giorno, visto che poi sono state subito accantonate e mai utilizzate.
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giu’ le mani dagli antifascisti genovesi – massima solidarietà e mobilitazione nelle forme possibili – SRP

Condannati a 8 mesi per aver saldato la porta di una sede neofascista a Genova. Identica condanna a 8 mesi per i 3 neonazi  che nel 2018 hanno accoltellato alla schiena un compagno antifa

I compagni: “saldare una porta o accoltellare un uomo sarebbe uguale?”

 

 

Genova Antifascista

14 nov

L’AZIONE ANTIFASCISTA FA PAURA

Questa settimana alcuni nostri compagni sono stati condannati per aver chiuso simbolicamente con dell’acciaio liquido l’ormai ex sede di Lealtà Azione. Nel 2017 quei compagni avevano dato vita all’Assemblea Permanente di Genova Antifascista, un coordinamento fra realtà e cani sciolti che si riconoscevano nella pratica dell’antifascismo militante e che sentivano l’urgenza e il dovere di fermare con ogni mezzo necessario il tentativo di avanzata dei neofascismi nella nostra città. Ogni sabato per diverse settimane l’Assemblea si è riunita in Via Serra per esigere che quella sede, che costituiva uno sfregio per Genova, venisse chiusa. Da quel 2017 ad oggi sono state tante le denunce ai quei compagni, che sempre in prima linea, si sono battuti con forza contro il fascismo, e se non sempre i risultati sono arrivati, sicuramente a loro va il merito di aver alzato il livello del conflitto nelle nostre strade. Quel conflitto, che dopo le grandi conquiste degli anni Settanta, senza il quale non sarebbero state possibili, è stato messo a tacere in nome della pace sociale. Quel conflitto che agli occhi dei ben pensanti, ormai totalmente assopiti dalla retorica mainstream, coincide con la violenza, ed è allora che il sistema capitalistico incorpora in sé il dissenso rendendolo innocuo e socialmente accettabile, ed ecco il proliferare di macchiettistici flash mob, performance e presidi. Ma la violenza non è costituita da una porta sigillata, da un muro colorato o da un fumogeno, la vera violenza è la VOSTRA: di chi con la sua impassibilità complice sta a guardare i morti in mare, i lavoratori ridotti a schiavi, la sanità pubblica al collasso, la scuola che cade su se stessa e tutte le altre storture del sistema capitalistico.

CERTI DI ESSERE DALLA PARTE GIUSTA DELLA BARRICATA,

NON LASCEREMO MAI NESSUNO INDIETRO.

L’ANTIFASCISMO NON SI PROCESSA

solidali con eddi

“Bombing per Eddi” dopo l’oscuramento dei profili social della combattente contro l’Isi

La Marcucci è sottoposta a sorveglianza speciale: “i social unico strumento per comunicare”
I profili social di Eddi Marcucci, la compagna torinese che nel 2017 si unì, in Siria, alle milizie curde che combattevano lo Stato Islamico, sono stati oscurati. Così, nell’attesa di avere spiegazioni, i compagni annunciano di essere pronti al social bombing nel caso non venissero riaperti. Marcucci, 29 anni, lo ha comunicato ieri, giorno successivo all’udienza al palazzo di Giustizia di Torino per il ricorso contro il regime di sorveglianza speciale cui è stata sottoposta. Anche in virtù di questo appuntamento i profili social erano stati riempiti di messaggi di solidarietà e di vicinanza ma ora sono irraggiungibili. “Stiamo cercando di avere informazioni specifiche sulle motivazioni della loro chiusura, confidando di poterli riaprire presto”, si legge sulla pagina web dei compagni

Nel post, titolato “Bombing per Eddi”, ricordano anche le restrizioni a cui è stata sottoposta Eddi con la sorveglianza speciale richiesta dalla procura di Torino,  come il ritiro di passaporto e patente, la carta di identita invalidata per l’espatrio e il divieto di partecipare a eventi e manifestazioni pubbliche ma anche frequentare locali pubblici dopo le 18 o lasciare l’abitazione tra le 21 e le 7. “In questi mesi Eddi, privata della possibilità di parlare in pubblico, ha potuto continuare a fare informazione sulla Rivoluzione Confederale in Siria del nord-est, a cui ha preso parte tra le fila dell’Unità di difesa delle donne (YPJ) , e far conoscere la sua vicenda soltanto tramite i social network, denunciando l’assurdità della misura a cui è sottoposta, e ribadendo l’importanza di lottare per la libertà da ogni forma di oppressione e per un mondo in cui la libertà delle donne e la difesa e l’autonomia dei territori sono centrali”. E annunciano “se non riusciremo a riaprire l’account, tutti/e pronti/e a spammare quello nuovo”.

Nicoletta Libera – Ora vogliamo anche Dana, Emilio, Stefano liberi!

da notav

L'immagine può contenere: 5 persone, persone in piedi????NICOLETTA LIBERA!!! Dopo quasi un anno tra carcere e arresti domiciliari, da domani, #Nicoletta sarà di nuovo libera!

Undici mesi a testa alta, tre mesi di carcere, anche lei nella terza sezione, proprio come #Dana, e poi altri otto a Bussoleno, nella sua casa. Con tutte le problematiche connesse, anche legate al covid-19, che poi hanno portato i magistrati a condurla agli arresti domiciliari.

Se lo scopo della carcerazione, come abbiamo potuto leggere nella sentenza di Dana, era una fantomatica “rieducazione”, crediamo che nessuna donna abbia bisogno di conoscere l’educazione della privazione dell’umanità e della libertà, per poter poi vivere abbassando la testa di fronte alle ingiustizie.
Se lo scopo era quello, cari magistrati non ha funzionato! Al massimo siete voi a dover imparare dalla dignità di Nicoletta, di Dana e di tutte/i le/i #notav.

Nicoletta, una donna tenace, modello di resistenza e coraggio per tutte e tutti. Siamo felici di sapere che prestissimo potrà tornare sui sentieri della amata Val Clarea.

“Non posso essere davvero contenta, se da sola…. Aspetto altre liberazioni. Vi abbraccio tutte e tutti”

Ora vogliamo anche Dana, Emilio, Stefano liberi! Libertà per le/i No Tav! Tutte e tutti liberi!
Avanti No Tav

L’11 marzo 2017 c’eravamo tutti! Massima solidarietà agli antirazzisti napoletani che hanno osato contestare Salvini

Giovedì 19 Novembre si terrà l’udienza del processo che vede 9 persone imputate per devastazione e saccheggio in seguito al corteo che l’11 marzo del 2017 si è opposto al comizio di Matteo #Salvini, venuto a #Napoli per diffondere i suoi discorsi razzisti, in cerca dei voti di quel Sud che solo pochi anni fa era invece il bersaglio preferito dei suoi discorsi di odio e delle sue narrazioni razziste.
Ricordiamo bene come sono andate quelle giornate. Il giorno precedente il comizio alcun* abitanti della città hanno occupato la Mostra d’Oltremare dove questo si doveva svolgere, nel tentativo di sabotare l’evento; un’azione a cui l’allora Ministro degli Interni Marco #Minniti reagì imponendo lo svolgimento del comizio nonostante la rescissione del contratto da parte del gestore della Mostra, una esplicita provocazione da parte del governo #Gentiloni a guida #PD. A questa imposizione la città rispose con un corteo di migliaia di persone: un pezzo ampio di società napoletana si mobilitò e scese in piazza per raggiungere la vastissima zona rossa che proteggeva il comizio razzista di Salvini e per consegnargli un “foglio di via” dalla città. Alle violente cariche della polizia sono seguite le dichiarazioni della Questura e le narrazioni mediatiche dei giorni successivi, che hanno descritto scene di guerriglia e devastazione, con il chiaro intento di ridurre quella mobilitazione cittadina a una semplice esplosione di violenza immotivata e di oscurarne le ragioni.
Questa falsificazione si è concretizzata nella scelta della Procura di colpire 9 persone, 9 antirazzisti napoletani, stigmatizzandole come “professionisti della violenza”, come nemici pubblici da dare in pasto alla repressione. L’imputazione è infatti quella di devastazione e saccheggio, articolo 419 del codice penale, una legge presente nel codice penale Rocco di epoca fascista. Vale la pena ribadire che si tratta di una legge pensata per reprimere situazioni assimilabili alla guerra civile e all’insurrezione armata, e che prevede pene durissime, dagli 8 ai 15 anni di reclusione; rimasta inutilizzata per anni, dalla fine degli anni ‘90 questa imputazione è stata utilizzata sempre di più per colpire manifestazioni di piazza, negli stadi, nei centri di detenzione per migranti. La scelta della Procura non ci sembra casuale: in primo luogo, si vogliono isolare 9 persone per colpirle meglio, definendoli come un pugno di “barbari” violenti separati dal resto della manifestazione; in secondo luogo, si è deciso di servirsi di un’imputazione tanto spietata quanto vaga, in cui la definizione della “devastazione” e del “saccheggio” sono volutamente indefinite e la loro applicazione è lasciata alla fantasia degli inquirenti, che possono renderle concrete con la narrazione di uno scenario apocalittico che intimidisca il resto della società e respinga qualsiasi possibile sentimento di solidarietà. Si isolano alcune persone, un pugno di “cattivi” da punire in maniera esemplare, dalle/dai “buon*”, facendo pesare la minaccia della repressione su chiunque non voglia finire nel registro delle/dei “cattiv*”. Crediamo sia dunque necessario contrastare questa narrazione falsificata, e rivendicare quel corteo come la mobilitazione ampia e determinata di un intero territorio contro le politiche economiche che saccheggiano i nostri territori e il discorso pubblico di politici come Salvini che devasta la società usando l’odio per dividere e isolare. Contro questi tentativi che mirano a limitare gli spazi di agibilità politica e di dissenso, servendosi della paura instillata da pene tanto pesanti, ribadiamo la necessità di rafforzare i legami di solidarietà di fronte a ogni repressione.
Oggi viviamo una società sempre più apertamente fascista, razzista e patriarcale.
Contro chi esclude pezzi sempre più ampi di società, si è mobilitata la società napoletana l’11 marzo 2017; contro questa idea di società, che reprime e mette ai margini, dobbiamo continuare a mobilitarci.
È necessario mettere in campo una solidarietà ampia e compatta che non lasci soli gli imputati di fronte alla repressione che mira a isolare, dividendo tra “buoni” e “cattivi”; non accettiamo il gioco strumentale di chi vuole depoliticizzare quella manifestazione criminalizzando 9 persone e rivendichiamo quella giornata di mobilitazione cittadina contro ogni fascismo, razzismo e sessismo.
L’11 MARZO IN QUELLA PIAZZA C’ERAVAMO TUTT*!
GIOVEDÌ 19 NOVEMBRE ORE 09:30 DAVANTI AL TRIBUNALE PRESIDIO IN SOLIDARIETÀ CON GLI IMPUTATI!
Laboratorio Politico ISKRA
Mensa Occupata
S.I. Cobas – Sindacato Intercategoriale
Mezzocannone Occupato
Laboratorio Insurgencia
Collettivo Autorganizzato Popolare 80010
Assemblea Anticarceraria Napoletana
Parenti e Amici dei detenuti a Poggioreale, Pozzuoli e Secondigliano
Collettivo Studenti Federico II
Studentato Autorganizzato Orso
Stella Rossa 2006
Asd Quartograd
L.O.SKA
C.S.O.A. Officina99
Sgarrupato
Campagna per il diritto all’abitare “magnammece o’ pesone!”
Collettivo antifà 80053
Giardino Liberato
Potere al Popolo
Ex Opg – Je so Pazzo
Collettivo Autorganizzato Universitario
Cobas Napoli
Rete dei Comunisti
Gruppo Anarchico “F. Mastrogiovanni” FAI-NA
Zero81 – Laboratorio di mutuo soccorso
Vesuviano Anticapitalista