Per un’assemblea nazionale contro il carcere e la repressione – riunione preparatoria il 27 settembre a Bologna

Data la presenza a Bologna il 27 settembre, per l’assemblea nazionale delle lavoratrici e lavoratori combattivi – sala Dumbo, in via Casarini 72 dalle 9.30 – di alcun* compagn* lavoratrici/ori interessat* alla riunione aperta del soccorso rosso proletario, l’appuntamento è alle ore 14 ad latere dell’assemblea nazionale del patto d’azione.

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La riunione preparatoria del 27 a Bologna è aperta a tutte le forze e compagn* interessat* a preparare insieme un’assemblea nazionale contro il carcere e la repressione, ridefinendo data, luogo, percorso e appello

Torino – Dana e Stefano Liberi Subito! la lotta non si arresta! manifesti e scritte in tutta italia – la proposta di soccorso rosso proletario

naturalmente se ne parla nella riunione preparatoria per una assemblea nazionale su carcere e represssione nazionale e internazionale

convocata da Srp aperta a tutti il 27 settembre – bologna ore 14

info srp@inventati.org

In Val Susa la vergogna dello Stato. Dana e Stefano liberi subito!

Sono venuti che era ancora notte e sono venuti in forze. Hanno la paura di chi sa di avere torto.Questa mattina alle 5, con un blitz in pieno stile, con blindati e celerini, le forze dell’ordine hanno applicato la paradossale sentenza nei confronti di Dana emessa dal Tribunale di sorveglianza di Torino nella persona della giudice Elena Bonu. Ma ad attenderli hanno trovato il popolo No Tav deciso a sostenere Dana in questo momento e a non far passare sotto silenzio questa vergognosa prepotenza contro una donna, una compagna e contro un intero territorio.Un intero quartiere di Bussoleno è stato militarizzato per ore, impediti gli accessi agli abitanti del paese che volevano testimoniare con un gesto d’affetto la loro vicinanza a Dana. Nonostante il dispiegamento di forze però i No Tav sono riusciti a raggiungere la casa e a gridare forte il dissenso verso questa ingiustizia. Una marcia della vergogna per chi è venuto a prelevare Dana, che ha reagito con spintoni a giovani e anziani, minacce e insulti. La Digos di Torino si è distinta come al solito nell’esercizio dell’arroganza verso chi lotta per difendere la propria valle.I volti di questi loschi individui con i distintivi erano pieni di paura e vergogna mentre Dana a testa alta ha salutato i solidali prima di venire condotta all’auto.Come se non bastasse, mentre questo enorme dispositivo di uomini e mezzi veniva messo in campo per tradurre Dana i carcere, tre volanti dei carabinieri notificavano a Stefano, compagno No Tav, i domiciliari per 5 mesi.Dopo che l’auto con a bordo Dana era già lontana dall’abitazione la celere ha caricato a freddo un gruppo di abitanti di Bussoleno la cui unica colpa è quella di aver voluto salutare una propria concittadina finita nelle mani dell’ingiustizia, ferendo alla testa un giovane No Tav.Questa mattinata ha sancito che la Val Susa è fuori dallo Stato di Diritto, è un territorio occupato come diciamo da anni, dove le forze dell’ordine possono fare il buono e il cattivo tempo al servizio dei potenti senza che nessuno dagli scranni istituzionali faccia domande. Un luogo dove Telt, l’azienda promotrice dell’opera, amministra direttamente la giustizia utilizzando tribunali e polizia come una milizia privata. Un luogo dove un reato sociale, una iniziativa durata dieci minuti, una lettura di un volantino al megafono può costare due anni di carcere.E che dire di questo governo supino allo strapotere delle lobbies del cemento e del mattone? Che dire di quella parte di maggioranza che per anni si è professata No Tav? Quelli che si professavano vicini alle esigenze dei cittadini adesso tacciono di fronte allo Stato d’eccezione che viene applicato in tutta la sua violenza in Val Susa.Quanto ci è costato questo abuso di potere che è andato in scena questa mattina? Quanto ci costano i pool di magistrati, quanto ci costano le decine di agenti della Digos che si occupano quasi esclusivamente dei No Tav?Mentre una pandemia sta sconvolgendo il pianeta le priorità che vengono portate avanti sono chiare, continuare a finanziare il sistema delle grandi opere inutili e perseguitare, arrestare, colpire chi vi si oppone.In valle però si continua a resistere da trent’anni con determinazione e senza paura, in questa valle abbiamo imparato a prenderci cura del territorio e del nostro prossimo, a non lasciare nessuno indietro, abbiamo imparato che il concetto di giustizia, quello vero, non coincide quasi mai con la violenza della legge. Abbiamo appreso che si è vivi, si è giusti solo se ci si ribella, e noi continueremo a farlo, perché sappiamo che questa grande opera è mortifera, sappiamo che non vogliamo un futuro di devastazione, inquinamento, tumori e desolazione sociale per il territorio in cui viviamo. Quindi non lasceremo sola Dana, non lasceremo solo Stefano e continueremo la loro, la nostra battaglia, come sempre pronti con il cellulare sul comodino e gli scarponi vicino al letto.Per questo motivo stasera, alle 20:30 ci troveremo a Bussoleno in Piazza Cavour per una fiaccolata in cui portare tutta la nostra solidarietà a Dana e a Stefano, gridare il nostro disgusto e la nostra determinazione. Resisteremo un metro, un giorno, un’ora più di loro!

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Ridotto il numero delle telefonate concesse. Scatta la protesta dei detenuti del carcere imperiese

Imperia. Protesta pacifica di buona parte dei detenuti del carcere cittadino. La causa sarebbe da ricercare in una riduzione delle telefonate così come previsto dall’ordinamento penitenziario.
Durante l’emergenza Covid erano state concesse in aggiunta a quelle di norma previste atte a favorire i colloqui sia telefonici che visivi a distanza, anche con l’utilizzo di Skype e whatsapp.
«Dalle 21.50 circa di ieri per circa un’ora, una rumorosissima protesta con la battitura delle stoviglie è cominciata nel carcere di Imperia. In Liguria tra gli istituti penitenziari di Imperia e Sanremo, rischiamo il default ed è arrivata la manifestazione a suon di decibel anche ad Imperia» –. «Sembra che i detenuti non abbiano digerito l’ordine del Direttore di ade guare le telefonate all’Ordinamento Penitenziario, ovvero 1 a settimana in un carcere che vanta un sovraffollamento “esagerato” di 100 detenuti presenti su una capienza di 69»
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Il boia Erdogan fa arrestare 55 avvocati accusandoli di “terrorismo”

Mentre l’ ÖHD (l’Associazione degli Avvocati per la Libertà) nel suo rapporto trimestrale sulle carceri regionali a Marmara denuncia torture, isolamento, detenuti malati lasciati senza cure e peggioramento generale delle condizioni dei detenuti nelle carceri per diffusione dei contagi della pandemia 

Turchia: Ordine di arresto per 55 avvocati colpevoli di difendere i dissidenti

settembre 16, 2020
I 55 avvocati di Ankara vanno ad aggiungersi ai 1480 indagati, di cui 570 detenuti e 441 condannati con la stessa accusa

Il primo settembre, commentando la morte di Ebru Timtik, il sultano Erdogan aveva detto: «È l’ora di discutere se si debba introdurre previsioni come l’espulsione dalle professioni. Come i ladri non dovrebbero essere difesi da avvocati che rubano, così i terroristi non dovrebbero essere difesi da avvocati terroristi».

Questa la dichiarazione di intenti ed infatti il solerte Parlamento sta studiando l’introduzione di una legge che sospenda o espella dalla professione gli avvocati accusati di terrorismo. E, sapendo con quali parametri si muove l’accusa di terrorismo in Turchia, c’è da tremare prevedendo quale uso ne verrà fatto.Ma la Procura di Ankara è stata ancor più tempestiva e il giorno 12 settembre ha emesso 55 mandati di arresto contro avvocati (48 avvocati e sette praticanti) con l’accusa di terrorismo per avere “agevolato” appartenenti alla organizzazione FETHO, quella di Fethullah Gulen che nel luglio 2016 mise in piedi quel tentativo di colpo di stato che diede la stura ad arresti e licenziamenti di massa.

I 55 avvocati di Ankara vanno così ad aggiungersi ai 1480 indagati, di cui 570 detenuti e 441 condannati da quel fatale luglio. Niente di nuovo, dunque, dirà qualcuno.La novità, invece c’è ed è inquietante. Era successo già in moltissimi casi (compreso Ebru Timtik) che l’arresto dell’avvocato discendesse dall’abusato paradigma per cui se difendi il terrorista sei terrorista anche tu. Ma qua, esplicitamente, per la prima volta, l’ordine di arresto si basa sul fatto di “avere difeso affiliati all’associazione di Gulen” e “avere cercato di manipolare i processi in favore dell’organizzazione terroristica con la scusa di avvalersi della legge”. Insomma, di avere svolto la loro professione.Per arrestare i 55 colleghi si sono mobilitati 1500 poliziotti, quando potevano essere fermati ogni mattina in Tribunale (alcuni infatti sono stati arrestati proprio lì) e due colleghe incinte sono state portate via con le manette dietro la schiena. Agli arrestati non è stato concesso di nominare difensori di propria scelta, ma sono stati forniti difensori indicati dalla procura.L’attacco all’avvocatura è evidente.

In questo caso vi è la specificità della presunta appartenenza a FETHO, ma è un attacco più generale ad un settore, quello degli avvocati, che secondo il governo troppo spesso si esprime con accenti e con un impegno chiaramente di opposizione rispetto alla politica governativa in tema di diritti umani e soprattutto di diritto di difesa. Non a caso fra breve gli avvocati saranno chiamati ad eleggere i propri Consigli dell’Ordine e, sulla base di una nuova legge del luglio scorso, nelle quattro città più grandi potranno presentarsi più liste per eleggere più Consigli dell’Ordine, purché raggiungano 2000 voti su più di 50000. Il tentativo di scompaginare la compattezza critica degli avvocati è palese e non è detto che non riesca.

Ezio Menzione da il dubbio

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Turchia, condannati i colleghi di Ebru Timtik

La Corte Suprema conferma la maggior parte delle sentenze per i 18 legali dell’Associazione Avvocati Progressisti

La 16° Sezione della Corte di Cassazione turca ha confermato le pesanti condanne a carico dei 18 avvocati dell’Associazione Avvocati Progressisti ( Çhd), di cui faceva parte Ebru Timtik, la legale turca morta il 27 agosto dopo 238 giorni di sciopero della fame. Per lei, per sua sorella Barkin e per il presidente dell’associazione Selgiuk Kosaacli, la Corte ha ribaltato la sentenza di appello, mentre ha confermato la condanna per gli altri 14 imputati.

Tra questi anche l’avvocato Aytac Unsal, condannato in appello a 10 anni e sei mesi di detenzione con l’accusa di terrorismo e scarcerato temporaneamente il 3 settembre a causa delle gravi condizioni di salute in cui versava dopo oltre 200 giorni di digiuno. L’associazione era stata messa fuori legge con i decreti emergenziali del 2018: i 18 avvocati progressisti erano stati condannati a 189 anni di carcere complessivi, con pene variabili da un minimo di 3 anni fino a 19 anni di reclusione, per presunti reati di terrorismo. Il loro processo è stato caratterizzato da gravissime violazioni delle più elementari regole processuali e del diritto di difesa, come accertato anche da una missione internazionale di avvocati, provenienti da sette paesi europei, a cui ha partecipato il Cnf, che si è recata nell’ottobre del 2019 anche presso il carcere di Sliviri, a Istanbul, dove era detenuta Ebru Timtik.

L’accusa, infatti, si basava esclusivamente sui cosiddetti “testimoni segreti”, la cui identità è sconosciuta, impedendo un reale contraddittorio. Le violazioni erano state tali e tante che era legittimo aspettarsi che la Cassazione non potesse sostenere simili ingiustizie. Ma così non è stato. Ora ai condannati non resta che la Corte Costituzionale, se del caso, e poi la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Intanto, il clima di repressione in Turchia si fa sempre più grave. La notizia dell’ennesima rappresaglia nei confronti degli avvocati, con l’arresto di 55 legali accusati di terrorismo da parte della procura di Ankara nell’ambito dell’indagine “Feto” ( di cui si parla in altro servizio del Dubbio ndr), ha provocato la dura reazione di istituzioni e associazioni forensi che condannano la sistematica criminalizzazione della professione forense. Molti ordini degli avvocati, tra cui quello di Ankara, Instanbul, e Smirne, hanno denunciato l’arbitrarietà degli arresti, seguiti a persequisizioni illegali e atti intimidatori.

«Forte preoccupazione e massima solidarietà all’Avvocatura turca» è stata espressa anche dal presidente della commissione Giustizia della Camera e deputato M5s, Mario Perantoni, in seguito all’ultima “retata” del 12 settembre.

«L’avvocatura – commenta Perantoni – è un baluardo del diritto, guardiana dei principi fondamentali della civiltà giuridica e l’azione di massa contro gli avvocati turchi deve scuotere le coscienze, perchè non si può essere colpevoli di svolgere la propria professione in maniera indipendente. Questi arresti hanno tutto il sapore di una ritorsione per il lavoro svolto in difesa di sospetti affiliati alla presunta rete golpista di Fethullah Gulen».

Francesca Spasiano da il dubbio

Libertà subito per Dana

Da giorni si attendeva l’esito della sentenza del tribunale di Torino. I fatti contestati a Dana Lauriola, attivista No Tav, sono la giornata di lotta del 3 marzo 2012. A 8 anni di distanza si concretizza così un altro pezzo di criminalizzazione del movimento No Tav. Dana in particolare, secondo i giudici che così si sono espressi, dovrà scontare 2 anni di carcere. Sono state rifiutate tutte le misure alternative proposte dalla difesa. Una delle motivazioni della sentenza è che Dana non si sarebbe allontanata nè dal movimento No Tav nè dal territorio continuando a vivere in valle a Bussoleno.

Dopo la vicenda della carcerazione di Nicoletta Dosio, attivista di 73 anni e malata di tumore portata in carcere nel dicembre 2019, un nuovo caso di accanimento giudiziario del tribunale di Torino contro il movimento popolare in Val di Susa.

Qui di seguito la lettera di Dana

Ho la fortuna di potervi salutare tutt* ancora da qui in attesa di essere tradotta in carcere.

Questa vicenda rivela la vergognosa condotta del tribunale, della Questura e della procura di Torino che hanno lavorato intensamente, in vista della ripresa dei lavori, per eliminare dalla loro strada chi può dare forza al movimento No Tav.

Uno dei motivi per cui vado in carcere, scritto nero su bianco, che non mi sono dissociata dalla lotta No Tav, l’altro che ho continuato a vivere in Valle di Susa.

Sono tranquilla per tutte le scelte che ho fatto in questi anni, ho amato la valle e la lotta No Tav per oltre 15 anni e continuerò a farlo anche se fisicamente lontana.

Intanto vi abbraccio, vi farò avere mie notizie. Vi chiedo di continuare la lotta, con tutta la forza e il coraggio che avete.

A presto compagn*

cena solidale a Parigi per georges ibrahim abdallah – verso la manifestazione del 24 ottobre a lannemezan

ne parliamo il 27 a bologna in ocasione della riunione preparatoria per una assemblea nazionale – carcere e repressione antiproletaria – nazionale e internazionale – info srp@invntati.org

10e manifestation devant la prison de Lannemezan, samedi 24 octobre 2020

Ce samedi 24 octobre 2020, triste anniversaire de son arrestation, Georges Abdallah entamerait une 37e année de détention pour avoir résisté à l’envahisseur colonisateur sioniste épaulé par les États impérialistes occidentaux.
☞ Malgré deux libérations prononcées par un tribunal d’application des peines et toujours en attente d’une expulsion signée par un ministre de l’intérieur actuellement renouvelé,
☞ malgré les nombreux courriers d’élus, d’organisations politiques et syndicales, d’associations et de collectifs solidaires adressés aux gouvernements français et libanais,
☞ malgré les nombreuses signatures (jusqu’à ce jour de 120 organisations et 195 citoyens) d’un appel de la Campagne unitaire à réclamer sa libération
☞ et toujours soutenu avec acharnement par de nombreux militants nationaux et internationaux à travers diverses initiatives visant l’exigence toujours plus forte de sa libération,
Georges Abdallah, aujourd’hui vit courageusement son 13 049e jour de détention loin de son pays, loin de sa famille et sans jamais renier son engagement politique.
Il est maintenu en prison pour des raisons politiques. Notre exigence de sa libération est aussi politique.
A tous ceux et toutes celles qui se sont engagé·e·s à poursuivre et à amplifier cette campagne,
A tous ceux et toutes celles qui, comme lui, combattent l’impérialisme, le colonialisme, le sionisme et le système capitalisme qui cause de plus en plus de destructions économiques et humaines,
Ne lâchons rien, rassemblons nos forces, et faisons en sorte d’établir un réel rapport de force pour faire comprendre aux représentants de l’impérialisme français que l’incarcération de notre Camarade peut peser réellement plus lourd que la menace inhérente à sa libération…

Soyons nombreux à Lannemezan, samedi 24 octobre

Per un’assemblea nazionale contro il carcere e la repressione – riunione preparatoria il 27 settembre a Bologna

Data la presenza a Bologna il 27 settembre, per l’assemblea nazionale delle lavoratrici e lavoratori combattivi – sala Dumbo, in via Casarini 72 dalle 9.30 – di alcun* compagn* lavoratrici/ori interessat* alla riunione aperta del soccorso rosso proletario, l’appuntamento è alle ore 14 ad latere dell’assemblea nazionale del patto d’azione.

https://www.facebook.com/events/294595905143667

La riunione preparatoria del 27 a Bologna è aperta a tutte le forze e compagn* interessat* a preparare insieme un’assemblea nazionale contro il carcere e la repressione, ridefinendo data, luogo, percorso e appello (quello qui sotto pubblicato è un testo provvisorio del SRP-L’Aquila per una riunione preparatoria in vista dell’assemblea)

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A fronte della crisi economico/pandemica, frutto del modo di produzione capitalista nella fase imperialista, il governo sfrutta le lezioni dell’emergenza per imporre le leggi e gli interessi dei padroni ed affinare le armi della repressione a tutti i livelli.

La Fase 2 per padroni e stato si è svolta all’insegna di leggi e provvedimenti liberticidi. Ai vari decreti e pacchetti sicurezza si sono aggiunte misure emergenziali, sanzioni e controllo sociale sempre più capillare, per impedire le lotte sociali e indebolire i movimenti di opposizione politica anticapitalista, antifascista, antirazzista e antimperialista.

Il cuore della repressione padronale e di Stato è stato l’attacco preventivo al diritto di sciopero in occasione della giornata internazionale delle donne in un quadro in cui, cancellare ogni forma di libertà di espressione, di manifestazione sindacale e politica, è stato gioco facile anche attraverso la militarizzazione di ogni aspetto della vita sociale.

Il diritto alla salute è stato usato dal governo durante il lockdown per garantire la sicurezza dei padroni, perché primario deve essere solo “lavorare per produrre profitto”. Quel profitto al quale sacrificare la sicurezza e la salute delle popolazioni e dei territori; la libertà di chi lotta contro le devastazioni, a quella dei mercati.

Ogni manifestazione di dissenso viene punita, sia attraverso multe comminate a proletari, sia con divieti assurdi, denunce, aggressioni, misure “cautelari”, arresto e carcere per punire la solidarietà proletaria, la solidarietà con le lotte dei migranti, per una vita dignitosa, contro i CPR, con le lotte di detenuti e detenute.

E nelle carceri, dove dal 8 marzo è esploso il conflitto, la repressione di stato ha causato il massacro di almeno 14 persone, torture, pestaggi, riduzione alla fame, umiliazioni, trasferimenti punitivi e ulteriore aggravamento delle già tragiche condizioni sanitarie e di sovraffollamento, che hanno favorito il diffondersi dell’epidemia nel silenzio più totale.

Dal rapporto di Antigone emerge che fino al 7 luglio sono stati 287 i detenuti contagiati da coronavirus, 4 i detenuti morti per Covid19, 34 quelli suicidati dallo stato.

Invece di svuotare le carceri e ridurre i rischi di altri focolai, queste vengono ulteriormente blindate, così come anche l’impunità della polizia penitenziaria, il cui reparto mobile, il famigerato GOM, ha oggi acquisito completa autonomia nella gestione del 41 bis, dove, lo ricordiamo, sono ancora rinchiusi in totale isolamento 3 prigionieri rivoluzionari.

Nei centri di detenzione per migranti, al terrore di essere deportati si aggiunge il trattenimento coatto in condizioni igienico-sanitarie atroci. Il distanziamento sociale usato all’esterno per contenere la pandemia qui non esiste, le persone sono ammassate a decine tutto il giorno in gabbia. Il cibo scadente e le carenze igieniche strutturali causano problemi sanitari di varia natura e l’accesso alle cure mediche è praticamente impossibile, grazie ai vari pacchetti sicurezza. Qui, dove il razzismo istituzionale ha edificato i moderni lager, la gestione delle persone detenute è affidata a privati, consentendo a questi ultimi grandi profitti e infliggendo ai nostri fratelli e sorelle migranti gravissime perdite. Notizie di pestaggi, violenze, angherie, morti e continui atti di autolesionismo, ma anche di rivolte, trapelano spesso da quelle gabbie, ma senza il coraggio dei detenuti che a rischio della propria incolumità riescono a diffonderle all’esterno, non se ne sarebbe mai parlato.

Ma parlare non basta. Da tempo associazioni per i diritti umani e operatori legali denunciano l’inumanità di questi luoghi, ma la linea, anche di questo governo è di crearne di nuovi.

E’ chiaro che denunciare e lottare contro ogni violazione dei diritti umani, contro ogni violenza poliziesca, repressione, sopruso è necessario e basilare, così come è fondamentale smascherare la natura anti-insurrezionale, funzionale al capitale, di tutto l’apparato repressivo e del sistema detentivo.

Ma il vero vaccino alla pandemia di repressione, che attacca a 360° la libertà e dignità di tutte e tutti, lavoratrici e lavoratori, immigrat*, proletar*, detenut*, ribelli, è l’organizzazione solidale e internazionale di tutti i proletari e proletarie in lotta contro la repressione.

Occorre unire le forze e le energie, rafforzare e allargare la rete di informazione e solidarietà esistente, costruire un nuovo strumento unitario, organizzato e di massa, in grado di coordinare, sviluppare e amplificare le lotte per contrastare a 360° l’attacco repressivo dello stato.

A questo scopo proponiamo a tutte e tutti di costruire un’assemblea nazionale contro la repressione con presenza diretta, da preparare con una riunione il 26 settembre – luogo da destinarsi – che ne fissi il percorso di lotta e la data.

Vi chiediamo di esprimervi su questo circa la vostra disponibilità, motivando con pareri, informazioni e altre proposte la vostra risposta a questo appello, scrivendo a sommosprol@gmail.com / srp@inventati.org (3287223675 per messaggistica diretta)

In attesa esprimiamo solidarietà a chi è stato/a colpito/a dalla repressione e ci auguriamo di compiere insieme questo primo passo verso un fronte unito contro la repressione e il sistema carcerario.

19/08/2020

Soccorso rosso proletario – L’Aquila

https://soccorsorossoproletario.noblogs.org/