Soccorso Rosso Proletario

Soccorso Rosso Proletario

Informazioni su soccorso rosso proletario

Un filosofo produce idee, un poeta poesie, un pastore prediche, un professore manuali ecc. Un delinquente produce delitti. Se si esamina più da vicino la connessione che esiste tra quest’ultima branca di produzione e l’insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi. Il delinquente non produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò anche il professore che tiene lezioni sul delitto criminale, e inoltre l’inevitabile manuale, in cui questo stesso professore getta i suoi discorsi in quanto “merce” sul mercato generale. Con ciò si verifica un aumento della ricchezza nazionale, senza contare il piacere personale, come [afferma] un testimonio competente, il professor Roscher, che la composizione del manuale procura al suo stesso autore. Il delinquente produce inoltre tutta la polizia e la giustizia criminale, gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc.; e tutte queste differenti branche di attività, che formano altrettante categorie della divisione sociale del lavoro, sviluppano differenti facoltà dello spirito umano, creano nuovi bisogni e nuovi modi di soddisfarli. La sola tortura ha dato occasione alle più ingegnose invenzioni meccaniche e ha impiegato, nella produzione dei suoi strumenti, una massa di onesti artefici. Il delinquente produce un’impressione, sia morale sia tragica, a seconda dei casi, e rende così un “servizio” al moto dei sentimenti morali ed estetici del pubblico. Egli non produce soltanto manuali di diritto criminale, non produce soltanto codici penali, ma anche arte, bella letteratura, romanzi e perfino tragedia, come dimostrano non solo La colpa del Müllner e I masnadieri dello Schiller, ma anche l’Edipo [di Sofocle] e il Riccardo III [di Shakespeare]. Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese. Egli preserva cosi questa vita dalla stagnazione e suscita quell’inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe. Egli sprona così le forze produttive. Mentre il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al mercato del lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e impedendo, in una certa misura, la diminuzione del salario al di sotto del minimo indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della stessa popolazione. Il delinquente appare così come uno di quei naturali "elementi di compensazione" che ristabiliscono un giusto livello e che aprono tutta una prospettiva di "utili" generi di occupazione. Le influenze del delinquente sullo sviluppo della forza produttiva possono essere indicate fino nei dettagli. Le serrature sarebbero mai giunte alla loro perfezione attuale se non vi fossero stati ladri? La fabbricazione delle banconote sarebbe mai giunta alla perfezione odierna se non vi fossero stati falsari? Il microscopio avrebbe mai trovato impiego nelle comuni sfere commerciali (vedi il Babbage) senza la frode nel commercio? La chimica pratica non deve forse altrettanto alla falsificazione delle merci e allo sforzo di scoprirla quanto all’onesta sollecitudine per il progresso della produzione? Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l’assalto alla proprietà, chiama in vita sempre nuovi modi di difesa e così esercita un’influenza altrettanto produttiva quanto quella degli scioperi (‘strikes’) sull’invenzione delle macchine. E abbandoniamo la sfera del delitto privato: senza delitti nazionali sarebbe mai sorto il mercato mondiale? O anche solo le nazioni? E dal tempo di Adamo l’albero del peccato non è forse in pari tempo l’albero della conoscenza? ...

Solidarietà ad Alfredo Cospito – proletari comunisti

 Solidarietà ad Alfredo Cospito

NO ALL’ERGASTOLO OSTATIVO

NO AL 41BIS PER I PRIGIONIERI POLITICI

Proletari comunisti esprime la sua massima solidarietà e vicinanza ad Alfredo Cospito, che sta mettendo la sua vita in pericolo con uno sciopero della fame per una battaglia giusta, quella di respingere una condanna ingiusta all’ergastolo e attualmente una detenzione persecutoria al 41bis, dettata da una  logica di Stato di vendetta, di rappresaglia e di intimidazione reazionaria verso i compagni anarchici e i compagni rivoluzionari.

Noi comunisti abbiamo ideologie, programmi, teorie, politiche e prassi differenti da Alfredo e gli anarchici; ma siamo uniti contro la repressione di Stato e vogliamo che la battaglia di Alfredo vinca per sé e per tutti i prigionieri politici.

La posizione della Corte di Cassazione e del PM di Torino è forcaiola e, come dice Manconi, di violazione della Costituzione. Il rinvio della Corte d’Appello alla Consulta è una posizione pilatesca che comunque costituisce un risultato della lotta e della mobilitazione intransigente dei compagni anarchici e del movimento a sostegno della battaglia di Cospito.

Questa lotta deve continuare ed estendersi e le pratiche di mobilitazione devono essere giuste e coerenti all’allargamento del fronte per questo obiettivo.

Proletari comunisti/PCm Italia

6.12.22

Sul processo ad Alfredo Cospito a Torino e la manifestazione – Un commento

INTIMARE NON SIGNIFICA CHIEDERE

Nel giorno in cui il Tribunale di Torino avrebbe dovuto decidere la rideterminazione delle pene per due anarchici ritenuti responsabili dell’attentato alla Scuola Allievi Carabinieri di Fossano (Cuneo), avvenuto nel 2006, la scena viene presa da un fatto increscioso e dalle reazioni politiche.
Per quell’azione dimostrativa, per il principale imputato – Alfredo Cospito – è stata richiesta la condanna all’ergastolo ostativo, con la pena accessoria del regime del 41 bis, quello comminato agli appartenenti alla nalavita organizzata: a causa di ciò egli protesta, attraverso l’attuazione dello sciopero della fame, da oltre quarantacinque giorni.
E dire che – come precisa lui stesso nel corso della dichiarazione spontanea letta, in videoconferenza dal carcere di Sassari, prima che la Corte decidesse di rinviare gli atti alla Consulta, non prendendo così posizione – i due gesti dimostrativi furono fatti «in piena notte, in luoghi deserti (e per questo) non dovevano e non potevano uccidere nessuno».
Per questo, se la Corte Costituzionale accogliesse la tesi delle difese, all’imputato verrebbero concesse le attenuanti generiche: ciò comporterebbe una riduzione della pena che a quel punto andrebbe ricalcolata, dovendo nel caso ammontare ad una cifra compresa tra i ventuno ed i ventiquattro anni di reclusione.
Fuori da Palazzo di Giustizia, nel frattempo, si è formato un presidio di circa trecento solidali con il Cospito e la sua compagna Anna Beniamino Saluzzo, detenuta nel carcere romano di Rebibbia, per la quale la Procura ha chiesto, in relazione agli stessi eventi, la pena di anni ventisette e mesi uno.
A seguito del “non verdetto”, si è formato un corteo di protesta che ha attraversato le vie della città: durante il tragitto, come è abitudine in questi casi, al passaggio della manifestazione sono stati vergati sui muri slogan inerenti i motivi della dimostrazione.
Giunti davanti ad un locale, il barista è uscito per – sono parole sue, come risulta dal video pubblicato su TorinOggi, nel quale lo si vede coprirsi il volto, evidentemente per non essere riconosciuto – «intimare di non danneggiare il muro del bar»
A quel punto è scattata l’aggressione di “un gruppo di dieci persone che lo avrebbero malmenato al punto da costringerlo a recarsi al pronto soccorso”: verrebbe da dire “chi è causa del suo mal pianga se stesso”, visto che avrebbe potuto ben immaginare, utilizzando la normale “diligenza del buon padre di famiglia”, quali potevano essere le conseguenze.
Ma più che lui è la reazione dei pennivendoli ad infastidire.
In questo sport nazionale a chi fa peggio si distingue, diremmo naturalmente, il fogliaccio telematico fascista Secolo d’Italia che, in maniera del tutto arbitraria, scrive che il tizio del locale sarebbe stato attaccato da quindici persone, mentre egli stesso non sa quantificarli.
Un’ultima annotazione per i “colleghi” della stampa borghese; la lingua italiana distingue chiaramente tra i verbi intimare e chiedere: secondo il vocabolario Treccani, la prima forma verbale ha come significato «ordinare in modo deciso e con autorità».
Se quella è la modalità con la quale si è riferito ai manifestanti, come risulta dalle sue stesse parole, il barista in questione doveva mettere in conto una reazione stizzita da parte loro: non avendolo fatto, egli ha messo in atto un comportamento quanto meno incauto, dalle possibili pesanti ripercussioni.
Bosio (Al), 07 dicembre 2022
Stefano Ghio – Proletari Comunisti Alessandria/Genova

ALFREDO QUESTA MATTINA IN VIDEOCONFERENZA AL TRIBUNALE DI TORINO

Leggo soltanto quattro righe. Prima di scomparire definitivamente nell’oblio del regime del 41 bis lasciatemi dire poche cose e poi tacerò per sempre. La magistratura della repubblica italiana ha deciso che, troppo sovversivo, non potevo più avere la possibilità di rivedere le stelle, la libertà.

Seppellito definitivamente con l’ergastolo ostativo, che non ho dubbi mi darete, con l’assurda accusa di aver commesso una “strage politica”, per due attentati dimostrativi in piena notte, in luoghi deserti, che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno e che di fatto non hanno ferito e ucciso nessuno.

Non soddisfatti, oltre all’ergastolo ostativo, visto che dalla galera continuavo a scrivere e collaborare alla stampa anarchica, si è deciso di tapparmi la bocca per sempre con la mordacchia medievale del 41 bis, condannandomi ad un limbo senza fine in attesa della morte. Io non ci sto e non mi arrendo, e continuerò il mio sciopero della fame per l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo fino all’ultimo mio respiro, per far conoscere al mondo questi due abomini repressivi di questo paese.

Siamo in 750 in questo regime ed anche per questo mi batto. Al mio fianco i miei fratelli e sorelle anarchici e rivoluzionari. Alla censura e alle cortine fumogene dei media sono abituato, queste ultime hanno l’unico obiettivo di mostrificare qualunque oppositore radicale e rivoluzionario.

Abolizione del regime del 41 bis.

Abolizione dell’ergastolo ostativo.

Solidarietà a tutti i prigionieri anarchici, comunisti e rivoluzionari nel mondo.

Sempre per l’anarchia.

Alfredo Cospito

Il procuratore generale Francesco Saluzzo, a conclusione della sua requisitoria, durante l’udienza d’Appello in corso a Torino, ha chiesto per l’anarchico Alfredo Cospito l’ergastolo e dodici mesi di isolamento diurno mentre per Anna Beniamino  la Procura ha chiesto 27 anni e un mese.

In primo grado erano stati condannati rispettivamente a 20 anni e 16 anni e sei mesi, ma la Procura di Torino ha deciso di accanirsi contro i due anarchici aumentando la richiesta di condanna, in un caso addirittura all’ergastolo

Le eccezioni presentate dagli avvocati dei detenuti anarchici Alfredo Cospito e Anna Beniamino sono state accolte dalla Corte d’Assise d’Appello di Torino e verranno inviate alla Consulta.

“Condannato in un limbo senza fine, in attesa della fine dei miei giorni Non ci sto e non mi arrendo ma continuerò il mio sciopero della fame per l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo fino all’ultimo mio respiro per far conoscere al mondo questi due abomini repressivi di questo Paese”, ha detto Cospito in una dichiarazione spontanea nel corso dell’udienza che si è aperta a a Torino.

L’anarchico, sotto regime del 41 bis, è collegato in video conferenza dal carcere di Sassari.

Il militante della Federazione anarchica informale (Fai) rischia l’ergastolo, per l’attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano (Cuneo), quando due ordigni vennero fatti esplodere nel 2006.

Per questo episodio Cospito è stato condannato a 20 anni, ma la Corte D’Appello di Torino, presieduta da Piera Caprioglio, dovrà decidere se rideterminare il reato in strage politica. In aula è iniziata la requisitoria del procuratore generale Francesco Saluzzo e del pm Paolo Scafi In collegamento, dal carcere di Rebibbia anche Anna Beniamino “Questo è un processo politico” per “una strage senza strage attribuita senza prove”, ha detto.

Gli anarchici in corteo hanno chiesto la liberazione di Alfredo Cospito, per le vie di Torino. In circa 250 si sono mossi dal presidio davanti a Palazzo di Giustizia, dove si sta svolgendo l’udienza d’Appello.

Per seguire più nello specifico la vicenda di Alfredo Cospito, La difesa del nemico è una pagina curata da avvocati/e e giuristi/e che si occupa anche di documentare le torsioni del diritto penale intorno a certe categorie.

La santa inquisizione contro il movimento NoTAV

Torino, pm chiede misure cautelari per 22 No Tav: gip ne concede una

Gli attivisti sono indagati per due dimostrazioni avvenute nei mesi scorsi in Valle di Susa

 La Procura di Torino ha chiesto la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per 22 attivisti No Tav indagati per due dimostrazioni avvenute nei mesi scorsi in Valle di Susa. Il gip Irene Gallesio ne ha concessa una soltanto, respingendo le altre.

Il procedimento riguarda un presidio del 30 giugno nei dintorni di Susa contro dei sondaggi dei terreni e un’iniziativa del 15 settembre a Bruzolo contro il passaggio di camion sospettati di trasportare «materiale inquinante».

Gli indagati sono in tutto una quarantina e fra essi figurano i leader storici del movimento No Tav della Valle di Susa.

Morire di carcere. Cosa racconta lo sciopero della fame di Alfredo Cospito

Caterina Calia, Iniziativa alla Sapienza in solidarietà con
Alfredo Cospito in sciopero della fame da 40 giorni contro la
tortura del 41 bis e il carcere ostativo.

Alfredo Cospito, anarchico, è in sciopero della fame dal 20 ottobre. Vuole denunciare le condizioni della pena di chi è condannato al 41bis, come lui. Soprattutto se il verdetto è emesso per opinioni politiche e come strumento di repressione

di Giulia Galzigni

È passato più di un mese da quando Alfredo Cospito ha intrapreso uno sciopero della fame a oltranza per denunciare le disumane condizioni detentive a cui è sottoposto, ergastolo ostativo e regime speciale 41 bis. Alfredo è recluso dal 2012 per la sua attività politica di matrice anarchica, ovvero il coinvolgimento in azioni dimostrative e la diffusione di idee e contenuti sovversivi. Dall’inizio della sua protesta sono stati scritti vari resoconti dei reati che gli sono imputati e dei diversi processi in cui è coinvolto (come ad esempio il testo uscito su “Napoli Monitor”).

La lotta estrema di Alfredo è occasione per un dibattito pubblico più ampio sul senso della pena, sulle attuali tendenze politiche in materia di giustizia e sullo stato delle carceri in Italia. Da qualche settimana prendono la parola in sostegno alla sua denuncia esponenti della giurisprudenza, dell’università, della cultura e della società civile, e si organizzano numerose e diffuse iniziative di solidarietà in Italia e all’estero.

Proviamo a tracciare qui sotto gli elementi più significativi del dibattito, con alcuni rimandi a risorse esterne utili all’approfondimento dei diversi aspetti.

STRAGE POLITICA E ERGASTOLO OSTATIVO

Il 6 luglio 2022 la Cassazione ha riqualificato una delle accuse, che vede Alfredo Cospito co-imputato insieme ad Anna Beniamino nell’ambito del processo Scripta Manent, da strage contro la pubblica incolumità (strage comune) a strage contro la sicurezza dello stato (strage politica). La vicenda in questione riguarda l’esplosione di due ordigni a basso potenziale davanti a una scuola carabinieri, di notte e in un’area extraurbana, che non causò feriti né tanto meno decessi.

Il reato di strage politica è il più grave del nostro ordinamento giuridico, nel quale è stato introdotto dal codice Rocco del 1930. Secondo l’Avvocato Gianluca Vitale la scelta di riqualificare l’accusa in tal senso solleva un problema giuridico e politico noto come diritto penale del nemico:  «è il classico reato che disegna un diritto penale diverso per il nemico: io ti condanno a una pena così alta perché tu sei un nemico dello stato. […] Prevedere l’ergastolo al di là della concreta pericolosità dell’azione è fuori del perimetro costituzionale». È utile inoltre ricordare che l’anarchismo non contempla né rivendica in alcun modo lo stragismo tra le sue pratiche. Risulta quindi paradossale e indicativo che si sia deciso di ricorrere a questa accusa per un reato come quello contestato ad Anna Beniamino e Alfredo Cospito, e che invece non sia stata utilizzata per le grandi stragi degli anni ’80 e ’90 come quelle di Piazza Fontana, della stazione di Bologna, di Capaci, di via D’Amelio, di via dei Georgofili, seppure abbiano causato molti morti e rappresentato effettivamente una minaccia per lo stato.

La riqualificazione in strage politica implica la trasformazione della pena in ergastolo ostativo, il regime detentivo del “fine pena mai” che impedisce alla persona condannata di accedere a misure alternative e altri benefici come liberazione condizionale, lavoro all’esterno, permessi premio, semilibertà. Il “fine pena mai” confligge con la finalità rieducativa della pena, ed è stato contestato dalla Corte costituzionale che nel 2021 ne aveva stabilito l’incostituzionalità, e dalla Corte europea per i diritti umani che nel 2019 aveva invitato l’Italia a rivedere la legge, ritenendola in contraddizione con la Convenzione europea che proibisce «trattamenti inumani e degradanti».

Pochi giorni dopo l’inizio dello sciopero della fame di Alfredo, proprio l’ergastolo ostativo era al centro del primo consiglio dei ministri del nuovo governo Meloni, la cui decisione è stata in sostanza quella di confermarne l’esistenza e anzi di restringere ulteriormente le condizioni di accesso ai benefici penitenziari, con il beneplacito delle opposizioni.

IL REGIME SPECIALE 41 BIS

Dal mese di aprile scorso Alfredo è stato trasferito nel carcere di Bancali (Sassari) in regime di 41 bis. Forma più estrema tra i regimi speciali di Alta Sorveglianza, il 41 bis è stato inizialmente introdotto per combattere le associazioni mafiose ed è volto a impedire la comunicazione tra il detenuto e l’associazione criminale all’esterno.

Il 41 bis non è una condanna, ma una modalità di trattamento penitenziario, caratterizzata da restrizioni molto pesanti in cui tutto è sottratto tranne le funzioni biologiche primarie. Il regime prevede un’afflizione sensoriale, cognitiva e affettiva estrema: è vietato leggere, studiare, informarsi e comunicare con l’esterno tramite corrispondenza. Le ore d’aria sono ridotte a due in un cubo di pochi metri quadri con alte pareti che impediscono qualunque profondità visiva, e il cielo è coperto da una rete metallica. Un’ora di socialità al giorno insieme a tre altri detenuti sottoposti al medesimo regime da numerosi anni, indicati ovviamente dall’amministrazione penitenziaria.

Come racconta l’Avvocata Caterina Calia, il 41 bis viene applicato per reati politici dal 2003. Un caso eclatante è quello che vede sottoposti a questo regime da 17 anni Nadia Lioce, Roberto Morandi e Marco Mezzasalma per il loro coinvolgimento nelle nuove Brigate Rosse. Questo caso è particolarmente significativo in quanto non sussiste il presupposto minimo che giustifica l’applicazione del 41 bis, ovvero l’esistenza di un’organizzazione di appartenenza all’esterno con cui si intende impedire la comunicazione, visto che da anni nessuna azione viene rivendicata con la sigla BR.

Calia osserva come «già con questi i tre prigionieri in realtà la finalità è rompere qualsiasi vincolo di solidarietà, di classe, impedire il passare di idee, di un confronto di qualsiasi natura tra interno ed esterno. […] Siccome il conflitto sociale è ineliminabile, vengono mantenuti come ostaggi con la finalità di prevenzione che non è più sul singolo, ma è diretta a chi all’esterno porta la solidarietà, denuncia le condizioni di vita del 41bis. Questo è scritto nero su bianco sui decreti fatti dal ministero per questi tre prigionieri quindi già lì si capisce che la volontà è non far uscire fuori le idee. Con l’applicazione per la prima volta del 41 bis ad un anarchico si è sdoganata ulteriormente, c’è stato un passaggio che è ancora più esplicito: tu non devi più comunicare col mondo, non devi più sapere nulla, devi essere sepolto vivo».

Nel caso di Alfredo, il pretesto per la disposizione 41 bis è la sua appartenenza al sodalizio FAI, la cui esistenza in quanto gruppo terroristico però non è dimostrata giuridicamente, ma solo ipotizzata. È cosa nota tra l’altro che l’anarchismo non prevede l’esistenza di organizzazioni strutturate e gerarchiche a cui fare riferimento.

ACCANIMENTO GIUDIZIARIO E REPRESSIONE

L’accanimento penale contro Alfredo Cospito non è un caso isolato. Negli ultimi anni c’è stata a una proliferazione di processi e di condanne contro imputate e imputati di area anarchica: nel luglio di quest’anno sono stati dati 28 anni a Juan Sorroche per un attentato senza feriti alla sede della Lega Nord; nel 2020 cinque ordinanze di custodia cautelare in regime di Alta Sorveglianza per terrorismo, nonostante reati minori quali manifestazioni non preavvisate e imbrattamenti; due processi a Perugia qualificati come istigazione a delinquere aggravata dalla finalità di terrorismo per diffusione di slogan violenti anarchici; e altre iniziative giudiziarie a Trento, Torino, Bologna e Firenze, con diffusa applicazione di misure cautelari in carcere. Da notare che molte di queste sentenze fanno riferimento al reato di propaganda sovversiva, fattispecie però abrogata nel 2006, sulla base dell’assunto che la diffusione di idee, anche di sovversione violenta, debba essere tollerata da uno stato che si dica democratico, pena la negazione del suo stesso carattere fondante.

Queste ricorrenze allarmanti hanno spinto decine di avvocate e avvocati a esporsi sottoscrivendo una lettera aperta. La denuncia degli avvocati rileva una torsione giuridica in atto, finalizzata allo spegnimento di qualcosa che sta ben oltre il ruolo della magistratura, segno di “un pericoloso slittamento verso funzioni meramente preventive e neutralizzatrici degli strumenti sanzionatori”. Emerge infatti un doppio binario nella valutazione delle condotte, non più legate ai fatti ma agli autori, in cui le garanzie dell’imputato subiscono un deterioramento in vista di un risultato da raggiungere. Lo scardinamento delle garanzie costituzionali e la sproporzione della pretesa punitiva sono emblematici di «una deriva giustizialista che rischia di contrapporre a un modello di legalità penale indirizzato ai cittadini, con le garanzie e i tre diritti tipici degli stati democratici, uno riservato ai soggetti ritenuti pericolosi, destinatari di provvedimenti e misure rigidissimi, nonché di circuiti di differenziazione penitenziaria».

L’utilizzo di misure repressive come strumento per contrastare fenomeni sociali è una pratica in uso allo stato fin dalla stagione del terrorismo degli anni ’80. La risposta a un fenomeno sociale, che dovrebbe situarsi su un piano politico, affrontando le condizioni che tale fenomeno fa emergere, viene invece demandata alla magistratura. Lo strumento giuridico viene quindi usato in maniera impropria, soprattutto nei confronti delle categorie rispetto alle quali si è sviluppata una politica di emergenza: il terrorismo, la mafia, le tossicodipendenze, i migranti. Il carcere fa parte di un complesso sistema repressivo e punitivo che negli ultimi anni viene rinforzato senza sosta dai governi di ogni colore, per mezzo di decreti e ordinanze che producono morti in mare, chiusura dei confini, criminalizzazione della socialità, limitazioni a diritti fondamentali come la libertà di circolazione e di espressione. Tanto più è forte questa tendenza giustizialista, tanto più la controparte dei movimenti conflittuali sociali dal basso si indebolisce, e questi rapporti di forza entrano nelle aule di giustizia alterandone i processi.

STRAGE DI STATO

Nelle carceri italiane si sta consumando una vera e propria strage. A novembre 2022 si contano 79 suicidi dall’inizio dell’anno, il numero più alto da quando si registra questo dato. Gli ultimi tre casi proprio negli ultimi giorni: ad Ariano Irpino un ragazzo quarantenne arrivato da una settimana soltanto, tossicodipendente; a Firenze un detenuto marocchino, anche lui con problemi di dipendenze e con un noto disagio psicologico; a Foggia un detenuto nigeriano.

L’osservatorio Antigone ha pubblicato lo scorso 2 settembre il rapporto “Suicidi. Persone, vite, storie. Non solo numeri ” aggiornato al 2022, che rileva che il tasso di suicidi più elevato è tra persone giovani (tra i 20 e i 39 anni), e mette in luce la presenza massiccia di persone carcerate con disagi psichici e problemi di dipendenza da farmaci o da sostanze. I dati raccontano che il carcere è un luogo che crea isolamento e disperazione, e che la finalità di accompagnare il condannato nel reinserimento sociale, prevista dall’articolo 27 della Costituzione, è completamente mancata. Il record macabro dei suicidi di quest’anno si aggiunge al triste elenco di tragedie, abusi e violenze in ambito penitenziario, tra i quali ricordiamo i morti per le rivolte nel marzo 2020, a inizio pandemia, e le torture sui detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.

È importante segnalare come proprio dall’area anarchica arriva da anni una delle rarissime voci di denuncia sulla questione carceraria e sulle lotte condotte all’interno dei CPR – Centri di Permanenza per Rimpatri, vere e proprie galere per migranti.

MOVIMENTO DI OPINIONE E INIZIATIVE DI SOLIDARIETA’

La storia di Alfredo e più largamente ergastolo ostativo, 41 bis e condizioni di detenzione sono oggetto di una crescente attenzione da parte del mondo accademico e culturale, di cui citiamo alcuni esempi che ci sembrano rilevanti, senza alcuna pretesa di esaustività.

Il Dubbio”, giornale degli avvocati, ha condiviso le riflessioni dei professori universitari Spangher e Fiandaca, che denunciano lo stravolgimento dello strumento penale dall’epoca dello stragismo in avanti. Massimo Cacciari ha scritto un articolo su “La Stampa” in cui sottolinea la sproporzione tra reato commesso e pena inflitta. “Il post” invece si concentra sullo sciopero della fame come unica forma di protesta rimasta alle persone prigioniere e ne traccia i precedenti. Su “Ristretti Orizzonti” inoltre si più consultare una rassegna stampa quotidiana sul tema carcerario. L’Avvocato Flavio Rossi Albertini, che segue personalmente il caso Cospito insieme a Maria Grazia Pintus, ha rilasciato nelle ultime settimane diverse interviste, tra le quali segnaliamo questa perché più recente su Radio Città Fujiko. Nella puntata del 20 novembre di Zazà su Radio3 prende la parola il giornalista e docente universitario Luigi Manconi, che ha anche curato un articolo uscito su “Repubblica”.

Moltissime anche le iniziative di solidarietà organizzate nel corso degli ultimi mesi.Qui una raccolta in costante aggiornamento delle azioni e dei presidi in Italia e all’estero, tra cui citiamo l’occupazione della sede di Amnesty International a Roma, che mette in risalto il parallelo tra l’indignazione verso il sistema carcerario degli altri paesi e il silenzio su quello che succede nel nostro.

Il 1° dicembre è fissato a Roma il riesame della disposizione di 41 bis nei confronti di Alfredo Cospito. Il 5 dicembre a Torino ci sarà l’udienza in appello per la conferma della pena.

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Altri otto agenti di polizia penitenziaria arrestati per tortura

Altri otto agenti di polizia penitenziaria arrestati, ieri, per tortura e lesioni personali. Questa volta il carcere è il “Panzera” di Reggio Calabria e a finire nell’ordinanza del procuratore reggino

Altri otto agenti di polizia penitenziaria arrestati, ieri, per tortura e lesioni personali. Questa volta il carcere è il “Panzera” di Reggio Calabria e a finire nell’ordinanza del procuratore reggino Giovanni Bombardieri e della pm Sara Perazzan c’è anche il comandante del reparto al quale vengono contestati anche i reati di falso ideologico, omissione d’atti d’ufficio, calunnia e tentata concussione. Per lui e altri quattro poliziotti penitenziari il Gip ha disposto la custodia cautelare ai domiciliari, mentre per altri due agenti indagati è scattata la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio.

I fatti contestati agli indagati risalgono al 22 gennaio 2022 e riguardano l’episodio di un detenuto trentenne campano, Alessio Peluso, che avrebbe subito violenza per essersi rifiutato di rientrare in cella dopo l’ora di passeggio all’interno del carcere. Dopo la sua denuncia altri reclusi avrebbero presentato esposti in cui riferivano altri episodi di violenza.

Secondo un rapporto di Antigone sono oltre 200 gli operatori penitenziari indagati per tortura e violenze avvenute nelle carceri italiane.

criminalizzazione contro film No tav e lotta continua al festival di torino

Torino Film Festival, polemica su film No Tav. Augusta Montaruli attacca Steve Della Casa

La sottosegretaria all’Università Augusta Montaruli (Fdi) contro Steva della Casa e la selezione artistica del Torino film festival, di cui domani sarà inaugurata la 40esima edizione e nel cui programma vi è anche, all’interno della sezione ‘Dei conflitti e delle idee’
un film su Lotta continua e uno sulla Tav .
Montaruli posta uno screen dalla pagina Instagram del film sul movimento No Tav “La scelta”, che ha pubblicato un post che inizia così: “In questi dieci anni di lavorazione del film abbiamo vissuto nel movimento No Tav in una forte consonanza ideale con esso”.
Post a cui Montaruli replica: “Se si mette come direttore artistico di Torino film festival Steve Della Casa il risultato è questo: ‘consonanza ideale’ con chi attacca ogni giorno operai e polizia e ulula pure alla repressione dello Stato dimenticando che è proiettato grazie al contributo pubblico”.
Il direttore del Torino film festival Steve Della Casa, parlando dei due film ‘politici’ in concorso, questa mattina ha dichiarato: “Quello su Lotta continua, tema che conosco bene (ne è stato militante negli anni ’70, ndr), è molto equilibrato e montato benissimo. Il film sui No Tav è invece molto più squilibrato”, ha ammesso Della Casa, “ma racconta le persone prima ancora delle loro scelte”.