Un presidio non molto numeroso da un punto di vista numerico, ma combattivo, determinato e importante da un punto di vista qualitativo, si è svolto ieri davanti al carcere dell’Aquila, “emblema” del regime di tortura bianca del 41 bis e l’unico ad avere anche una sezione femminile in cui è reclusa, già da 18 anni, la prigioniera comunista Nadia Lioce.
Al presidio erano presenti una quarantina di compagne e compagni, provenienti principalmente da Roma e da varie realtà abruzzesi, soprattutto anarchiche; c’è stato un collegamento con Radio Onda Rossa in staffetta radiofonica con altre radio indipendenti.
Due ragazze, per la prima volta di fronte a un carcere di massima sicurezza, sono rimaste colpite, nonostante ne avessero sentito parlare, vedendo i pannelli in plexiglass, oltre le sbarre, ad impedire la vista del cielo. Ma da quei pannelli qualcuno è riuscito a sventolare qualcosa in segno di saluto.
Alla musica si sono alternati vari interventi al microfono da parte delle compagne di ROR, Cassa di solidarietà La Lima, Soccorso rosso proletario-MFPR, e di un compagno del Soccorso Rosso Internazionale.
E’ stata ripercorsa la lotta contro il 41 bis, il carcere tortura e assassino, sin da metà degli anni 2000, con la manifestazione a L’Aquila del 2007, la campagna “pagine contro la tortura”, la protesta di Nadia Lioce contro le vessazioni continue
di questo regime, lo sciopero della fame delle compagne anarchiche recluse nella sezione AS2 dell’Aquila, dove di fatto vigeva il regime di 41 bis, e le battiture di solidarietà che ne seguirono e che, insieme ai presidi fuori di quel carcere, portarono alla chiusura di quella sezione.
Una lotta che è proseguita e si è estesa alla denuncia di tutto il sistema carcerario, della repressione e il razzismo istituzionale con la strage del marzo 2020, le torture e i pestaggi dei detenuti in rivolta.
Una lotta a cui lo sciopero della fame di 182 giorni di Alfredo Cospito ha dato maggior respiro, estendendola su tutti i fronti, rendendola popolare e internazionale, facendola conoscere e fare propria da ampi settori di movimento, da quello degli studenti delle scuole e delle Università, a quello dei lavoratori, delle donne, degli immigrati, fino ad arrivare ad infrangere il tabù persino all’interno delle istituzioni e dei media. Una lotta che ha aperto una breccia nella cappa di silenzio intorno agli abomini repressivi del 41 bis e dell’ergastolo ostativo che non si richiuderà, soprattutto ora, con una guerra esterna molto vicina e una guerra interna con cui questo governo fascista promette di governare la crisi, reprimendo ogni forma di dissenso.
Se la lotta di Alfredo ha ottenuto, sul piano giuridico, dei piccoli ma importanti risultati, dopo i quali ha interrotto lo sciopero della fame, a livello sociale e di opinione pubblica ha ottenuto una vittoria ancora più importante, denunciando la mostruosità del regime di 41 bis e dell’ergastolo ostativo, facendo emergere con forza la vera finalità di questi strumenti repressivi: avere in mano un forte deterrente contro le resistenze, le opposizioni sociali e politiche.
Ma il 41 bis e l’ergastolo ostativo sono finalmente diventati obiettivi da abbattere grazie anche alla solidarietà, alle azioni e alla lotta di tanti compagni e compagne che sono stati al suo fianco. Questa lotta deve ora proseguire fino al raggiungimento degli obiettivi, estendendola a tutte e tutti i prigionieri politici richiusi nelle galere, facendo crescere la consapevolezza che per una vera liberazione sociale non ci sono altre strade da percorrere se non quella della solidarietà di classe e della lotta rivoluzionaria. E il presidio di ieri a L’Aquila è stato una tappa di questo percorso.
E’ stato ricordato più volte come tanti giovani e giovanissimi hanno animato ed animano questo movimento di solidarietà, il suo carattere internazionale e internazionalista, la mobilitazione ampia di altri prigionieri politici e comuni, come sia entrato anche nelle lotte dei lavoratori. In particolare il Soccorso Rosso Internazionale ha citato una lotta dei lavoratori della logistica a Modena, che hanno messo, tra i punti di rivendicazione dello sciopero, l’uscita di Alfredo Cospito dal 41 bis.
Il Soccorso rosso proletario è tornato sulla natura aberrante del 41 bis, una forma di tortura, perché non può definirsi altrimenti un regime che sopprime il più elementare diritto, quello della parola, di esplicazione di un pensiero, una violenza della stessa natura umana. E la sua applicazione ai detenuti politici rivoluzionari ne disvela sempre più la sua reale funzione, quella di una misura massima che grava su tutto l’apparato repressivo e si estende a cascata, come una minaccia che incombe sempre più verso l’esterno. Un esterno di cui si vuole impedire anche la manifestazione del pensiero antagonista, del dissenso, perché da questo può nascere una scintilla che brucerà la prateria, e di questo ha paura lo Stato borghese. Il suo timore, ora come ora, non è tanto e non è solo del collegamento dei detenuti con le manifestazioni esterne e di un loro presunto ruolo di “incitatori” della lotta sociale e politica – questa, per dirla con Cospito, ha ben altri “istigatori”, e la Francia, ancora oggi, lo dimostra – quanto piuttosto l’inverso: il collegamento dell’esterno con l’interno.
Un collegamento innescato dalla lotta di Alfredo e che la solidarietà di classe ha reso possibile, portando la denuncia e la lotta nelle piazze, nelle Università, nei posti di lavoro, nelle fabbriche, nelle assemblee, facendo crescere la consapevolezza di ciò che rappresenta e ciò che è in gioco con il regime del 41 bis, come testimonia la
lettera di un operaio dell’ex Ilva di Taranto ad Alfredo Cospito, di cui è stata data lettura a conclusione dell’intervento.