Roma, rivolta detenuti a Rebibbia: 9 arresti e 55 indagati

Responsabili del dilagare della pandemia nelle carceri sono questo Stato e questo governo, l’ignobile ministro Bonafede, i giudici che perseguitano chi si è ribellato. Nelle carceri il diritto alla salute viene negato, gli unici provvedimenti di chi ha già ammazzato 15 detenuti durante le rivolte sono sempre e solo repressione e colloqui vietati, lazzaretti invece che cure, invece di svuotare le carceri. Stato e governo devono finire sotto processo!

Roma, rivolta detenuti a Rebibbia: 9 arresti e 55 indagati. Reati: dalla devastazione al sequestro di persona

Una rivolta nata per la paura sulle mancate misure anti Covid nei penitenziari, ma secondo la procura strumentalizzata da alcuni detenuti per ottenere benefici.

di Fulvio Fiano

Nove arresti e cinquantacinque persone indagate per la rivolta del marzo scorso a Rebibbia. Una rivolta nata per la paura sulle mancate misure anti Covid nei penitenziari, tanto da coinvolgere diversi istituti di pena in tutta Italia. Ma, secondo la procura, strumentalizzata da alcuni detenuti per ottenere benefici.

I pm Eugenio Albamonte e Francesco Cascini contestano a vario titolo i reati di devastazione, saccheggio, sequestro di persona, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale sulle prove fornite dai video delle telecamere di sorveglianza. La sommossa era partita dal reparto G11 per poi estendersi ad altri settori del Nuovo complesso coinvolgendo centinaia di detenuti. Nel corso della rivolta, oltre a essere stata saccheggiata l’infermeria, la biblioteca e devastati interi settori, un ispettore finì in ospedale dopo essere stato accerchiato e colpito con calci e pugni riportando una prognosi di 40 giorni. I nove detenuti arrestati hanno tra i 23 e 41 anni.

24 novembre 2020

Covid in carcere, più di 258 in sciopero della fame anche a Marassi per indulto e amnistia

Il motivo di questa protesta è legato alla situazione Covid nelle carceri italiane: i numeri noti del contagio sono di 827 detenuti e 1020 tra agenti e personale divisi tra 82 istituti (con diversi ricoveri in ospedale ed alcuni decessi), ma sono ampiamente sottostimati in quanto il DAP non li comunica regolarmente e il numero dei tamponi e dei test eseguiti è molto basso.

Questa situazione è stata riscontrata anche nelle carceri liguri dove spesso gli agenti di polizia penitenziaria hanno lamentato poche precauzioni: in diverse segnalazioni emerge che ci siano casi di detenuti che non risultano mai avere ricevuto mascherine e disinfettanti, di isolamento fiduciario dei nuovi giunti svolto in celle promiscue in assenza di test, di isolamento sanitario svolto in condizioniprecarie per l’impossibilità di recuperare spazi adeguati (ad Imperia e Marassi in particolare), di screening di detenuti e personale non più eseguiti dai test dello scorso aprile e dati aggiornati sui contagi che le Direzioni e la Regione non comunicano. Continua a leggere

Napoli 12 dicembre, manifestazione contro la strage di marzo. Basta morire di carcere!

12 DICEMBRE MANIFESTAZIONE

Sono passati oltre cinquant’anni dal periodo delle stragi di Stato e dalla strategia della tensione, eppure per mano dello Stato si continua a morire.

Nelle carceri, sui luoghi di lavoro, alle frontiere, lo Stato continua a essere il responsabile di veri e propri massacri.

A Marzo 2020, mentre tutti e tutte eravamo chiusi in casa “per il nostro bene”, 14 detenuti sono morti durante le proteste nelle carceri di tutta Italia.

La scusa ufficiale è che la causa di quelle morti fosse legata alle overdose di farmaci sottratti alle infermerie degli istituti circondariali.

Ma la realtà è ben diversa: lo Stato si è fatto mandante di 14 omicidi, un monito per stroncare ogni futuro proposito di rivolta.

I contagi in carcere, nei mesi successivi alle proteste, hanno continuato ad aumentare, così come le morti.

Ogni giorno il carcere uccide.

Ora che fuori si torna a parlare di lockdown, dentro crescono nuovamente le cifre dei contagi tra i detenuti e le detenute, senza che nessuna misura seria venga presa, né per la tutela e la cura di chi è recluso, né per svuotare le carceri sovraffollate.

È chiaro che a chi governa non interessa la salute delle persone incarcerate.

I detenuti e le detenute non producono, e quindi non servono a questo sistema: per lo Stato possono pure morire.

È quindi evidente che il carcere non ha quella funzione “rieducativa” a cui ci si appella continuamente, ma di discarica sociale dove rinchiudere e punire chi non si adegua al sistema di sfruttamento in cui viviamo.

Per chi vive nei quartieri popolari della nostra città le opzioni sono tre: continuare a subire la miseria, essere ammazzato – spesso per mano della polizia, finire in carcere.

E non solo: eliminando i colloqui, trascurando la salute e i bisogni di chi è richiuso, il carcere di fatto punisce le persone nei familiari, amici e solidali che ruotano attorno alle e ai prigionieri.

Per non dimenticare la strage di Marzo, perché si smetta di morire di carcere

Alziamo la voce lottiamo insieme dentro e fuori le mura solidali e complici con chi si ribella

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